lunedì 19 dicembre 2011

Bizantinismi di carta.

Costantino XI  Paleologo Dragases, Ultimo Imperatore di Bisanzio(Viene considerato santo e martire dalla Chiesa ortodossa).



tratto da: Tempi, anno XII, 7.12.2006, n. 47, p. 14s.

Con il Papa in Turchia i giornali straparlano di crociati selvaggi e turchi raffinati. Un gran medievalista restituisce onore al vero
Mario Meschini, storico, docente all'Università Cattolica di Milano



C'è un quasi-detto strisciante che s'aggira per le piazze di Ankara e Costantinopoli. S'avvolta sulle sacre colonne di marmo e tra quelle dei giornali di casa nostra. Sarà che i nostri giornalisti restano basiti davanti alla sublime imponenza di Santa Sofia, l'antica cattedrale del mondo ortodosso, a Costantinopoli. E ne subiscono le vertigini, il riverbero abbacinante dell'oro e dei mosaici, un po' oscurati - a dire il vero - da grossolani medaglioni lì collocati dai turchi. Ma tant'è, ora quella cattedrale mondiale non è altro che un museo. A pagamento.
In effetti, nel gran parlare che si è fatto del viaggio di papa Benedetto XVI in Turchia, non s'è persa l'occasione per magnificare la «grande esperienza» dell'Impero ottomano, di contro a quei selvaggi di latini che poi sarebbero, a occhio e croce, gli occidentali, e cioè noialtri.
Prendiamo, per esempio, Guido Rampoldi su «Repubblica» (29 novembre, pag. 4). L'articolo è denso, a tratti suggestivo, sul finale un disastro, ma qui non lo analizzo in toto; il passaggio (il-)logico da riprendere sta nel mezzo e recita: «Le astute manovre del doge trasformarono la quarta crociata in una spedizione punitiva contro l'impero bizantino da cui quest'ultimo mai più si rimise». Il punto è che qui la lunga agonia dell'Impero di Costantinopoli sarebbe una colpa veneziana in specie e occidentale in genere, come chiarisce subito Rampoldi: «Di quello scontro inter-cristiano sporco e duro è rimasta memoria nelle lingue colte della Slavia ortodossa, dove latino sta per infido e falso». Si potrebbe aggiungere che anche i latini, tanto per non essere da meno, ripeterono per secoli il detto «graeculus perfidus», con allusione alla «perfidia» dei greci (cioè, a spanne, gli ortodossi) e d'altronde è rimasta nell'uso comune la parola «bizantinismi» per indicare ragionamenti o pratiche cavillose e un po' subdole. Il punto però è un altro: l'Impero bizantino cadde nel 1203 e nel 1204 (sì, due volte in meno di un anno) perché era ormai marcito al suo interno, come la storiografia più seria e aggiornata ormai riconosce apertamente (e si veda la recensione qui sopra). Capita così di restare un poco di stucco, quando la nota e preparata bizantinista Silvia Ronchey, docente all'Università di Siena, prima imperversa a «Otto e mezzo» ospite di Giuliano Ferrara (28 novembre), quindi conferma sulla «Stampa» (29 novembre, pag. 5): «Non va dimenticato che, nell'analoga (a quella turca del 1453, ndr) e se possibile anche più rovinosa conquista di Costantinopoli del 1204». Ora: Ronchey sa benissimo che Costantinopoli, come detto, cadde due volte in quegli anni, e non per caso né per complotto, ma perché un pretendente bizantino «ingaggiò» una parte dei crociati riuscendo a conquistare il trono di Bisanzio nel 1203, salvo essere eliminato l'anno dopo da una congiura di palazzo che mise gentilmente alla porta i crociati. Fu solo in quel momento, dopo mesi di difficile convivenza, che quei crociati conquistarono «davvero» Costantinopoli, questa volta mettendo uno di loro sul trono.
Ciò detto, il punto è soprattutto questo: definire «analoghe» le conquiste del 1204 e del 1453 è gravemente errato, perché il mondo musulmano provò sin dal VII secolo d.C., a pochi decenni dalla morte di Maometto (632), a conquistare Costantinopoli manu militari. Tra il primo assedio (del 674) e l'ultimo (appunto 1453) i tentativi più o meno riusciti di attacco alle terre imperiali bizantine furono innumerevoli, e tutti animati dalla stessa volontà di sottomissione definitiva che, infine, si impose (almeno sino a oggi). Cosa che non è possibile dire sul versante latino, cioè occidentale, cioè cattolico: che i rapporti tra Impero bizantino ed Europa occidentale siano stati difficili, a volte anche molto tesi e altamente drammatici e persino tragici è vero; che l'Europa cattolica nel suo complesso abbia mirato programmaticamente a «fagocitare» l'Europa bizantina è una sciocchezza colossale.

Maometto II cultore delle belle arti
Ma procediamo: la conquista crociata del 1204 sarebbe stata «se possibile anche più rovinosa» perché il buon conquistatore Maometto II, contemplando il massacro dei bizantini nel 1453 dall'alto della stessa Santa Sofia, si sarebbe arrabbiato al vedere i suoi soldati «smantellare con l'ascia l'antico pavimento di marmo della basilica». Non c'è che dire: Maometto II era un cultore delle belle arti, tanto più che egli da quel giorno in poi sarebbe stato il padrone di Santa Sofia, ergo pure del suo bel pavimento. A proposito viene in mente un episodio altrettanto minuto del 1204: un crociato prende una fanciulla per violentarla e altri crociati prendono lui e lo malmenano, per impedirglielo. Che barbari, i crociati.
Ma la confusione non si ferma qui. Prosegue Ronchey: «L'islam turco mantenne in vita la tradizione statale, giuridica, amministrativa di Bisanzio, quella formidabile alleanza tra filosofia greca e diritto romano che è ciò che definisce la nostra civiltà europea». Ora, a parte quel «mantenere» su cui ci sarebbe da discutere, il fatto è che la «nostra civiltà europea» si fonda sì su Atene e Roma, ma pure su Gerusalemme. Per chi ragiona in termini riduttivi e minimalisti, il cristianesimo è un accidente storico rimpiazzabile senza rimpianti con un bel sultanato, un bell'Impero che ti mantiene in vita sottomettendoti. Ma è vita, la sottomissione?