mercoledì 16 maggio 2012

La Rivoluzione Francese in marcia (III) Commissione di studio ispirata al pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira

IL DIRETTORIO





Caratteristiche del nuovo regime

Un udienza pubblica del Direttorio
Prima di dissolversi, la Convenzione elaborò una nuova Costituzione, che dava il potere a un Direttorio, formato da cinque membri. Poiché gli eccessi commessi dai giacobini avevano risvegliato molte reazioni, la Rivoluzione tornò indietro, compiendo una ritirata tattica: il Direttorio fu un ristabilimento della Repubblica borghese.



Il nuovo regime era gestito da un governo corrotto, e dovette affrontare serie difficoltà. La situazione finanziaria era pessima; alle frontiere la guerra continuava.
Questo periodo fu dominato dai "noveaux riches", elementi arricchitisi durante la Rivoluzione, spesso con mezzi disonesti. Il Direttorio continuò la politica terzaforzista della reazione termidoriana: quando una fazione cominciava a guadagnare terreno, il Direttorio si appoggiava al gruppo opposto per combatterla.



La "congiura degli eguali"

Uno degli avvenimenti più importanti di questo periodo fu la cosiddetta "congiura degli eguali", opera di Babeuf, che, alla base della Repubblica degli Eguali, poneva la soppressione della proprietà individuale della terra e la sua sostituzione con un regime comunitario. Per lui, la Rivoluzione era "una guerra sociale fra ricchi e poveri". Le sue idee erano di già apertamente comuniste. Babeuf sosteneva che la rivoluzione sociale poteva essere realizzata solo con la presa del potere da parte dei comunisti. La cospirazione fu però denunciata, ed egli, condannato a morte, si suicidò. L'importanza di questo movimento consiste nel fatto di essere stato il primo ad auspicare un colpo di forza per l'instaurazione di una dittatura comunista.



La rivolta di Babeuf ebbe come conseguenza una forte reazione di destra. Nelle elezioni del 1797 i monarchici raggiunsero un'ampia maggioranza, e si giunse a parlare di una possibile restaurazione della monarchia.



Il Terrore Direttoriale


La nuova maggioranza fece entrare nel Direttorio il monarchico Barthélemy ed abolì le ultime misure contro gli emigrati e contro i preti "refrattari".



Il generale Bonaparte, che si trovava in Italia, vedendo minacciata la Rivoluzione, inviò a Parigi il più rude dei suoi ausiliari, il generale Augereau. Tutte le truppe disponibili strinsero d'assedio la capitale. Barthélemy venne destituito e tutti i capi monarchici catturati e deportati.



La minoranza repubblicana annullò le elezioni ed instaurò il Secondo Direttorio. I nuovi Direttori iniziarono un'ampia repressione: l'amministrazione fu epurata, i clubs chiusi, i giornali d'opposizione messi a tacere. Il Ministro dell'Interno, primo funzionario dello Stato, organizzava perquisizioni domiciliari, sorvegliava i teatri, esaminava persino la corrispondenza privata. Agli "emigrati" che erano tornati in Francia venne intimato di lasciare il paese entro 15 giorni, pena l'essere sottoposti alla corte marziale.
Molte persone furono imprigionate e giustiziate non con la ghigliottina ma per fucilazione.



La persecuzione alla Chiesa si riaccese, col pretesto che il cattolicesimo appoggiava la Contro- Rivoluzione. I riti religiosi furono proibiti, le chiese messe in vendita, i crocifissi ritirati dalle scuole, si giunse a proibire la vendita di pesce il venerdì, giorno d'astinenza. Il clero fu obbligato a prestare un giuramento di odio alla monarchia e i sacerdoti che rifiutavano erano imprigionati e deportati in Guyana.
Queste misure anti-cattoliche provocarono una ripresa della "chouannerie".






IL CONSOLATO



Situazione psicologica della Francia nel 1799

Nel 1799 la Francia era stremata. La paura, la corruzione, l'anarchia, il caos finanziario, avevano spossato l'opinione pubblica. Il popolo francese cominciava a desiderare qualcuno che rappresentasse l'ordine, la sicurezza, la stabilità. Fu questo stato d'animo che aprì le porte a Napoleone.



Napoleone Bonaparte, ufficiale d'artiglieria, cominciò a segnalarsi nella Rivoluzione quando durante la Convenzione aveva conquistato Tolone che si era ribellata e consegnata agli inglesi. Successivamente soffocò un colpo di Stato monarchico. Le notizie dei suoi successi militari in Italia ed Egitto, convinsero i francesi che avevano in lui un generale nel quale riporre un'assoluta fiducia. Napoleone divenne l'uomo del momento. Il mito creato intorno al suo nome lo trasformò nel simbolo della grandezza nazionale e dei successi della Rivoluzione. A misura che il governo del Direttorio diveniva antipatico all'opinione pubblica, Bonaparte era salutato come l'eroe che avrebbe salvato la nazione.



Il colpo di Stato del 18 brumaio

L'ex abate Sieyés
Il disgusto causato per la situazione del momento e le angustie della guerra contribuirono alla caduta del Direttorio. Un gruppo di politici, diretti dallo spretato Sieyés, si proponeva una riforma della Costituzione per la cui realizzazione giudicavano necessario un nuovo colpo di Stato: per questo avevano bisogno dell'aiuto di un generale popolare, proprio come Napoleone, la cui popolarità era immensa.



Il 18 Brumaio dell'anno VIII (9 novembre 1799), venne effettuato il colpo di Stato: il Direttorio fu abbattuto e sostituito da una commissione di tre consoli, uno dei quali era Napoleone. Di fatto, Napoleone era divenuto il padrone assoluto della situazione: fu varata una nuova Costituzione che consacrava una dittatura personale di Napoleone.



Il Concordato

Napoleone comprese presto che aveva bisogno dell'appoggio della Chiesa per mantenersi al potere ed iniziò una politica di riavvicinamento alla Gerarchia: Papa Pio VII, spirito propenso alla conciliazione, accettò un accordo. Nel 1801 i negoziati ebbero come risultato la firma di un Concordato.



Col Concordato il Papa accettava, "per amore di pace", la confisca dei beni della Chiesa fatta dalla Rivoluzione. In cambio, il Governo francese si impegnava ad assicurare un salario conveniente ai vescovi e sacerdoti. I nuovi vescovi sarebbero stati nominati di comune accordo: il Governo avrebbe designato i candidati ed il Papa avrebbe dato loro l'investitura spirituale, ma sarebbero stati ugualmente obbligati a prestare un giuramento di fedeltà al Capo dello Stato. Con ciò la Chiesa fu collocata alle dipendenze del Governo.



Ancora più vessatori erano gli "articoli organici" che accompagnavano il Concordato, redatti sotto l'ispirazione di Talleyrand ex-vescovo di Autun; ma per fortuna non furono accettati dal Papa. Le loro principali disposizioni erano: per la pubblicazione di qualunque documento su territorio francese era necessaria l'approvazione del Governo; per convocare un Sinodo si doveva attendere l'autorizzazione governativa; l'unico catechismo ammesso doveva essere approvato dallo Stato e vi si doveva insegnare che uno dei peccati più gravi era la disubbidienza all'autorità civile; non ci si poteva sposare in Chiesa senza prima averlo fatto con rito civile.



Il codice civile
Un altro importante avvenimento di questo periodo fu l'elaborazione del Codice Civile. Una commissione diretta da Cambacéres fu incaricata di codificare le leggi promulgate dalle assemblee rivoluzionarie: Napoleone prese parte attiva ai lavori.


Fu così composto il Codice Civile, chiamato anche Codice Napoleone che in gran parte è in diretta contrapposizione con la dottrina della Chiesa. Fu introdotto il matrimonio civile e permesso il divorzio. Gli articoli che trattano della successione e del diritto testamentario costituiscono un vero attentato al patrimonio familiare e diedero un colpo mortale all'istituzione familiare prescrivendo la divisione in parti uguali delle eredità. Il Codice non riconosce l'esistenza di Ordini Religiosi e rifiuta alla Chiesa il diritto di acquisire beni e possedere liberamente. Viene mantenuta la soppressione delle corporazioni e della libertà di associazione.



Pertanto, il Codice Civile significò il consolidamento dei principi rivoluzionari: non fu dunque per suscitare ammirazione che Napoleone si dichiarò più orgoglioso del Codice Civile che porta il suo nome, che delle sue vittorie come soldato.






L'IMPERO NAPOLEONICO



Le metamorfosi della Rivoluzione

Il processo rivoluzionario è lo sviluppo, per tappe, di certe tendenze disordinate dell'uomo. In ogni tappa queste tendenze ed errori presentano un aspetto proprio. La Rivoluzione, dunque, subisce continue metamorfosi, cioè, prende nuove forme, nel corso della Storia.



La Rivoluzione usa le sue metamorfosi non solo per avanzare, ma anche per operare quelle ritirate strategiche che le sono tanto frequentemente necessarie.



"Così, lo spirito della Rivoluzione Francese, nella sua prima fase usò maschera e linguaggio aristocratici e persino ecclesiastici. Frequentò la Corte e si sedette alla tavola del Consiglio del Re. Poi, divenne borghese, e lavorò alla estinzione incruenta della monarchia e della nobiltà, e a una velata e pacifica soppressione della Chiesa Cattolica. Appena poté, divenne giacobina, e si ubriacò del sangue del Terrore. Ma gli eccessi praticati dalla fazione giacobina suscitarono delle reazioni. Essa tornò indietro percorrendo le stesse tappe. Da giacobina si trasformò in borghese nel Direttorio, con Napoleone stese la mano alla Chiesa e aprì le porte alla nobiltà esiliata". (Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, cit., cap. IV).



In questa prospettiva il regime napoleonico non deve essere visto come la fine o il declino del processo rivoluzionario, bensì come una nuova forma dello stesso, trasformata secondo le circostanze del momento. Così, il governo di Napoleone fu, sotto apparenze conservatrici, il consolidamento dei principi rivoluzionari. Appena poté, la Rivoluzione riprese il suo carattere violento ed aggressivo.



La trasformazione del Consolato

Queste metamorfosi della Rivoluzione producono effetti altamente nocivi alla causa controrivoluzionaria.

Perciò, a volte la Rivoluzione simula di essere morta. In apparenza la situazione si presenta come interamente tranquilla. La reazione contro-rivoluzionaria si addormenta. Ma la fermentazione va sempre guadagnando terreno, ed improvvisamente esplode in una convulsione inaspettata, frequentemente maggiore di quella precedente. Questo accadde nel caso di Napoleone. Infatti, quando salì al potere, molti monarchici videro in lui l'uomo che avrebbe lavorato al ritorno della monarchia dei Borboni: cessò ogni azione ed ebbe inizio una politica di conciliazione.


Ben lontano dal pensare a una restaurazione dei Borboni, Napoleone cercò di mantenere sé stesso al potere e di consolidare l'opera rivoluzionaria. All'inizio, la carica di Primo Console, che egli occupava, aveva la durata di 5 anni. Grazie ad una riforma della Costituzione, ottenne di dilatare il suo periodo di Governo a 10 anni. Approfittando della grande euforia popolare per la pace di Amiens, che poneva fine ad un insieme di guerre perduranti dal 1792, Napoleone ottenne, attraverso un plebiscito, di rendere la sua carica valida per tutta la vita ed il diritto di indicare un successore. Il 18 maggio 1804, Napoleone ebbe dal Senato un decreto che stabiliva: "il governo della Repubblica è affidato allo Imperatore Napoleone". Approfittando ancora una volta del delirio popolare suscitato dalle sue vittorie militari (la guerra era ricominciata nel 1803), Napoleone

ottenne che un plebiscito ratificasse l'Impero.



Le apparenze aristocratiche

Napoleone cercò di circondare il nuovo regime di tutte le apparenze aristocratiche. Fu creata una Corte, ristabilendo in primo luogo l'antico cerimoniale di Versailles. Fu anche improvvisata una nobiltà imperiale. I suoi fratelli furono elevati al rango di prìncipi francesi e furono concessi titoli nobiliari a vescovi e a grandi funzionari civili.



Il dispotismo

La monarchia napoleonica fu un regime dispotico; Napoleone governò da solo, senza ammettere qualsivoglia opposizione, sopprimendo progressivamente tutte le libertà. Il corpo legislativo stabilito dalla Costituzione, smise di riunirsi; il Senato, formato da suoi partigiani, fu sempre un docile strumento nelle mani dell'Imperatore; la libertà individuale perdette le sue garanzie; la polizia, diretta dal sinistro Fouché, imprigionava "per misura di sicurezza", qualunque elemento sospetto al regime; lo Stato monopolizzò l'insegnamento, con la creazione dell'università imperiale. La libertà di impresa fu soppressa e gli scrittori che dissentivano dagli orientamenti ufficiali furono perseguitati.



Il governo imperiale fu in realtà la dittatura personale di Napoleone, che stabilì un regime incomparabilmente più assolutista di quello esistente prima della Rivoluzione.



Conflitti con la Chiesa

Uno dei grandi errori della Rivoluzione Francese fu quello di attaccare la Chiesa. Napoleone l'aveva capito molto bene, e cercò di dare al suo governo una copertura religiosa. Oltre a fare il Concordato, volle conferire alla sua incoronazione ad Imperatore un carattere religioso. Papa Pio VII fu invitato a coronare l'Imperatore a Parigi ed accettò. Tuttavia un grande inganno aspettava il Papa. Durante la cerimonia dell'incoronazione, dopo essere stato unto dal Papa, Napoleone prese la corona con le proprie mani e se la collocò sulla testa; poi coronò sua moglie Giuseppina; volendo dimostrare di non riconoscere l'esistenza di alcuna autorità al di sopra della sua.



Napoleone cercò di servirsi della Chiesa come di uno strumento per il suo dispotismo e per la diffusione della Rivoluzione. Purtroppo gran parte del clero si prestò a questo ruolo infelice, mentre i cattolici rimasti fedeli alla vera ortodossia furono duramente perseguitati.



Nel 1807, siccome Pio VII rifiutava di aderire al Blocco Continentale, Napoleone annesse lo Stato Pontificio all'Impero Francese. Il Papa stesso fu fatto prigioniero e rinchiuso a Fontainebleu: l'Imperatore venne scomunicato. A furia di cedere per non perdere, Pio VII finì col perdere tutto... Ma i conflitti di Napoleone con la Chiesa gli fecero a sua volta perdere l'appoggio dei cattolici e contribuirono ad avvicinare la sua caduta.



La diffusione dei principi rivoluzionari

Napoleone, oltre a consolidare la Rivoluzione in Francia, lavorò alla loro diffusione in tutti i paesi europei: Deschamps lo indicò come "la Rivoluzione a cavallo".



Portate negli zaini dei soldati di Napoleone, le nuove dottrine si diffusero in tutta Europa trasformando profondamente la struttura politica, sociale e religiosa di varie nazioni. Nei paesi da lui dominati, cercò di abolire i diritti feudali e di imporre i principi del Codice Civile, cioè di affermare ovunque i principi imposti nell'89 alla Francia. Grazie alla sua opera, nel giro di pochi anni cominciarono a sorgere in vari Stati europei dei movimenti rivoluzionari, basati sui principi della Rivoluzione del 1789, che produssero le varie rivoluzioni del secolo XIX.



La mappa politica d'Europa fu profondamente modificata da Napoleone. Uno dei cambiamenti più

importanti consistette nell'estinzione, nel 1807, del Sacro Romano Impero Germanico.



Fine di Napoleone

Napoleone, accolto nel 1799 come il salvatore della Patria, 10 anni dopo aveva perso quasi tutta la sua popolarità; diversi fattori avevano contribuito allo svuotamento del suo mito: il suo dispotismo e il terrore poliziesco produssero un gran malcontento; le guerre avevano pregiudicato molto l'economia del paese, cosa che portava l'Imperatore a imporre nuove tasse; le continue campagne militari richiedevano nuove leve di soldati (nel 1810 il numero di giovani chiamati alle armi giunse a 160.000). I gemiti si alzavano per ogni dove, aggravati dai conflitti con la Chiesa; l'opinione pubblica era stremata ed aspirava alla pace.



All'estero la situazione non era migliore: le continue ed eroiche rivolte degli spagnoli (che non si piegarono mai al dispotismo napoleonico) e la disastrosa campagna di Russia del 1812, abbatterono duramente la potenza militare francese. Approfittando di questa situazione, le nazioni europee tentarono ancora una volta di farla finita col potere napoleonico.



Alla fine del gennaio del 1814, truppe prussiane, russe, inglesi e austriache, invadono la Francia. Parigi capitola il 30 marzo: l'Imperatore è destituito dal Senato, che richiama i Borboni. Napoleone tenta invano il suicidio ed è confinato all'isola d'Elba, sotto vigilanza inglese. Sale al trono Luigi XVIII, fratello di Luigi XVI.



Nel febbraio 1815, Napoleone riesce a evadere e sbarca in Francia e con la complicità di alcuni dei suoi antichi generali, fra i quali lo stesso comandante dell'esercito, il maresciallo Ney, entra a Parigi il 20 di marzo, mentre Luigi XVIII si rifugia in Belgio. Ma il secondo regno di Napoleone è effimero: dura appena 100 giorni.



La sconfitta finale di Napoleone si verificò il 18 giugno 1815, nella battaglia di Waterloo, in Belgio. L'Imperatore abdicò, chiese asilo a una nave inglese, e fu infine esiliato nell'isola di Sant'Elena, dove rimase fino alla morte. Con la caduta di Napoleone, salì al trono Luigi XVIII: il ritorno della monarchia, nella dinastia dei Borboni, è chiamata "restaurazione", ma, come disse molto assennatamente Joseph de Maistre, "tutto fu ristabilito, nulla fu restaurato". La Restaurazione si mostrò incapace di ricostruire l'antica monarchia francese, anzi, conservando tutte le istituzioni napoleoniche, tentò di adattarsi alle nuove idee.



La Rivoluzione, apparentemente ingabbiata, non era morta: aveva solo cambiato forma. Essa continuò a lavorare dietro le quinte, e, alcuni anni dopo, ricominciava la sua opera distruttrice.




continua...



Come per il cristiano non esiste una filosofia a sé stante,
così non esiste per lui neppure una Storia puramente umana...
la Storia rappresenta il grande palcoscenico sul quale si dispiega nella sua interezza
l'importanza dell'elemento soprannaturale,
sia quando la docilità dei popoli alla fede consente a tale elemento di prevalere
sulle tendenze basse e perverse presenti nelle nazioni come negli individui,
sia quando esso si indebolisce e sembra sparire a causa del cattivo uso della libertà umana
che porterebbe al suicidio degli imperi...

(Dom Prosper Gueranger O.S.B., Abate di Solesmes)