domenica 27 maggio 2012

LIVORNO E LE STATUE DEI GRANDUCHI: RIDATECI “CANAPONE”



Che Livorno non brilli in quanto a decoro urbano è risaputo. Che certo non sia la capitale toscana della valorizzazione storica è ormai un fatto di dominio pubblico . Dopotutto, ci spiegano, è una “città portuale”, anche se non si capisce bene per quali motivi una città portuale dovrebbe calpestare la propria storia . Tralasciando per un momento il fatto che molti monumenti d’importanza della città (Fortezze medicee, I quattro mori, Porta S. Marco, ecc.) siano scarsamente valorizzati se non a volte lasciati cadere in rovina, questa volta vorrei soffermarmi sul trattamento riservato alle statue dei Granduchi.
In piazza XX settembre è presente una statua dedicata a Leopoldo II, Granduca di Toscana. Statua che per decenni è stata seminascosta , immersa com’era fra le baracche del ripugnante mercatino americano. Finalmente qualche anno fa qualcuno ha deciso di risanare questo obbrobrio, ma la statua di Leopoldo II risulta ancora imbrattatata da graffiti, opera dei soliti sciagurati, che nessuno si è preoccupato di togliere. E senza nessuna targa che lo ricordi .
Il perchè di questo trattamento è un mistero: infatti Leopoldo II non è stato per la Toscana un personaggio di secondo piano. Noto con il soprannome affettuoso di “Canapone”, come ultimo Granduca di Toscana si distinse per il suo buongoverno: completò la bonifica della Maremma, ampliò il nostro porto di Livorno, costruì nuove strade, sfruttò economicamente, per la prima volta al mondo, le attività turistiche (“industria del forestiero”), fece costruire la prima vera ferrovia del Paese (“La Leopolda”), la cui costruzione partì proprio da Livorno. Il suo Governo si distinse per progressismo: il Granducato era pressoché privo di censura, tanto da fare adirare l’ambasciatore austriaco, e all’avanguardia di democrazia in tutta Europa, e divenne rifugio di molti intellettuali e scienziati che erano perseguitati per le proprie idee. Sovrintese personalmente al completamento della bonifica della Maremma, avviata da suo padre Ferdinano III, e durante l’alluvione del 1844 spalancò la propria residenza regale di Palazzo Pitti agli alluvionati. Questi atteggiamenti ci rimandano forte i contorni della sua personalità esemplare .
Quando fu costretto all’esilio nel 1859, rifiutò di opporsi militarmente, sebbene probabilmente potesse avere ancora qualche freccia al proprio arco: “Per non far scorrere sangue fra toscani”, disse, mentre i fiorentini lo salutavano fra le lacrime quando si avviava , con la sua carrozza e pochi effetti personali, verso Bologna . Dall’esilio scrisse delle meravigliose, e a tratti commoventi, lettere sulla “sua” Toscana dal proprio esilio viennese [1] .
Di fronte a questa figura storica di importanza capitale per la Toscana non possiamo restare impassibili davanti alla sciatteria con cui viene trattata la statua di Leopoldo II presente in piazza XX Settembre a Livorno, deturpata come detto dalle bombolette spray. Ma fa male anche lo “sfregio storico” presente nell’altra statua di Piazza del Voltone (ora Piazza della Repubblica), sempre a Livorno, dove, in aggiunta alla solita incuria, è presente anche una targa , applicata in tempi successivi, che reca la beffarda e inveritiera dicitura (vedi foto allegata): “L’assemblea dichiara che la dinastia austro lorenese si è resa assolutamente incompatibile con l’ordine e la felicità della Toscana”. Frasi ingiuste per uno dei migliori governanti che abbia mai avuto la Toscana, in virtù delle cose che, sommariamente, abbiamo elencato.
Nella stessa “Piazza del Voltone” è presente una statua “gemella” che invece raffigura Ferdinando III. Anche Ferdinando III fu una persona straordinaria: confermò tutte le scelte di suo padre Pietro Leopoldo I, fra cui l’abolizione del reato di lesa maestà e sopratutto l’abolizione della pena di morte nel 1786 con la riforma del codice penale toscano: cosa che avvenne in Toscana per la prima volta al mondo. Tutte cose che ci recano pregio e lustro anche ai giorni attuali tanto che la festa della Toscana , decretata dalla Regione nel 2002 e celebrata ogni 30 Novembre, ricorda proprio l’abolizione della pena capitale da parte dei Granduchi. Ma l’impeto e l’amore con cui Ferdinando III governava la Toscana è esemplificato dalla sua morte, avvenuta nel 1824, quando il Granduca soccombette alla malaria mentre sovrintendeva alla bonifica della Maremma. Un esempio di abnegazione incredibile.
A fronte di tutti questi fatti storici che rendono gloria a questi due sovrani, credo che sarebbe necessario che Livorno portasse più rispetto ai monumenti che ricordano questi due personaggi illuminati e a tratti eroici. Mi si conceda un po’ di retorica: in questa epoca in cui soffia forte il vento dell’antipolitica fomentato dalla corruzione e dal malaffare dei politici odierni, forse forse, un qualcosa ci suggerisce dentro di noi “ridateci Canapone!”.

di EMILIANO BAGGIANI*

*emiliano.baggiani@gmail.com


[1]Riportate in A. Salvestrini “Il movimento antiunitario in Toscana (1859-1866)” , Olschki 1967