mercoledì 6 giugno 2012

Sicuro che la massoneria non abbia nulla a che fare col Risorgimento?

 
(Da La Padania del 6 dicembre 2000)
 
La Stampa del 2 dicembre pubblica il testo dell’intervento inviato da Norberto Bobbio al convegno “Il cosiddetto revisionismo” promosso a Roma dalla Fondazione Nenni.
Dopo aver distinto fra “revisione” (necessaria “per uno storico serio”) e “revisionismo” (tipo di “ideologia” con funzione “eminentemente pratica”), Bobbio accenna ad uno degli ultimi esempi di riscrittura ideologica della storia, quella del Risorgimento, proposta “con grande strepito” da parte di “gruppi cattolici militanti”. Si tratta, secondo Bobbio, di “una interpretazione che non esiterei a chiamare di destra, secondo cui il Risorgimento è stato un movimento guidato da élites anticlericali, per non dire addirittura massoniche, il cui scopo ultimo era l’abbattimento del potere temporale dei Papi”.
Per giudicare del coinvolgimento massonico nel processo risorgimentale conviene partire dalle affermazioni dei diretti interessati. Nel 1988 il Gran Maestro Armando Corona, tirando le conclusioni del convegno organizzato sul tema La liberazione d’Italia nell’opera della massoneria, afferma: «La liberazione d’Italia – opera eminentemente massonica – fu sorretta, in ogni suo passaggio fondamentale, dalla iniziativa delle Comunioni massoniche d’oltralpe». La Massoneria «fu il vero ispiratore e motore» del Risorgimento, «perché sua era l’idea guida della liberazione dei popoli». Sulla paternità massonica dell’unificazione italiana non hanno dubbi né i vertici del Grande Oriente d’Italia di palazzo Giustiniani, né quelli di Piazza del Gesù, vale a dire le due più rappresentative comunioni massoniche italiane. Ecco cosa scrive nell’ottobre del 1977 «Il libero muratore» (rivista di Piazza del Gesù) commemorando i 107 anni della presa di Roma: «Accadimento voluto dalle forze massoniche». La rivista riporta poi una citazione di Giuseppe Mazzoni, Gran Maestro dell’epoca: «la falange massonica, oggi, dopo essere stata ispiratrice ed iniziatrice dei movimenti che resero la Patria libera ed una, si colloca da Roma alla custodia dei diritti rivendicati». Per venire a giorni più recenti, il massone dichiarato Augusto Comba scrive in Valdesi e Massoneria di recente pubblicazione: “va detto che dopo aver contribuito con la partecipazione attiva dei suoi uomini, primo fra tutti Garibaldi, al Risorgimento come realtà, dagli anni 1880 in poi la massoneria contribuì a costruirne il mito, quel mito che è simboleggiato dal tricolore. E ciò non solo con i discorsi di Crispi, le poesie di Carducci e Pascoli, i racconti di De Amicis, le statue di Ettore Ferrari, ma anche localmente la toponomastica, la museografia, la monetazione ecc., insomma i minuti accorgimenti che quel mito hanno stampato durevolmente nella mente degli italiani”.
L’abbattimento del potere temporale dei papi, cui accenna Bobbio, non è certo il principale obiettivo dell’élite risorgimentale: a leggere quello che le fonti del secolo scorso scrivono (sia di parte massonica che cattolica), il Risorgimento mira alla pura e semplice scomparsa del cattolicesimo. I liberali sono convinti che per far crollare il potere spirituale dei papi sia sufficiente la scomparsa del papa re: per controllare la veridicità di questa affermazione basta leggere, da parte cattolica, l’intero magistero dei papi spettatori del Risorgimento (Pio IX e Leone XIII che, non a caso, definisce il risorgimento “risorgimento del paganesimo”), e, da parte liberale, la quasi totalità della letteratura risorgimentale a cominciare dal Bollettino del Grande Oriente.
Alcuni esempi, fra i più significativi. E’ del 1818 un interessantissimo documento noto col nome di Istruzione permamente; l’Alta Vendita della carboneria scrive: “Il nostro scopo finale è quello di Voltaire e della Rivoluzione Francese: cioè l’annichilimento completo del cattolicismo e perfino dell’idea cristiana”. Nel 1832 Mazzini così si rivolge Ai lettori italiani: “Il papato starà finché non lo rovesci dal seggio ov’ei dorme l’Italia rinata. In Italia sta dunque il nodo della questione europea”. “Da Roma sola –continua Mazzini- può muovere per la terza volta la parola dell’unità moderna, perché da Roma sola può partire la distruzione assoluta della vecchia unità”. Sulla stessa linea, nel 1865, il Bollettino del Grande Oriente Italiano scrive: “le nazioni riconoscevano nell’Italia il diritto di esistere come nazione in quanto che le affidavano l’altissimo ufficio di liberarle dal giogo di Roma cattolica. Non si tratta di forme di governo; non si tratta di maggior larghezza di libertà; si tratta appunto del fine che la Massoneria si propone; al quale da secoli lavora”.
Che (in nome della libertà e della costituzione) il Risorgimento realizzi la più grande persecuzione dopo Costantino (e che quindi l’élite liberale non sia anticlericale ma anticattolica) è scritto nei fatti. Lo Statuto albertino dichiara, nell’articolo primo, la “religione cattolica unica religione di stato”? Subito dopo la sua approvazione, il Parlamento decide la soppressione dei gesuiti e degli ordini definiti “gesuitanti”, nonché l’incameramento di tutti i loro beni. In nome della libertà e dello Statuto i liberali sopprimono uno dopo l’altro tutti gli ordini religiosi della chiesa di stato buttando sulla strada 57.492 persone (i membri degli ordini religiosi) ed appropriandosi per due lire del loro patrimonio (archivi, biblioteche e oggetti d’arte compresi). L’1% della popolazione diventa anche proprietario di circa due milioni e mezzo di ettari di terra (le proprietà della chiesa unite a quelle demaniali), come documenta Emilio Sereni, storico di sinistra doc.
Siamo sicuri che la riscrittura del Risorgimento sia una interpretazione “di destra”, e cioè di parte?

di Angela Pellicciari