giovedì 12 luglio 2012

Ferdinando Massimiliano d'Asburgo-Lorena: Da Vienna a Querètaro (Parte 2°)

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Monogramma Imperiale dell'Imperatore Massimiliano I del Messico




L'offerta della Corona Imperiale Messicana a Massimiliano



Dagherrotipo in cui si vede la Delegazione messicana che si recò al Castello di Miramare .


L'esito sfortunato della guerra del 1859, con la quale l'Impero perse la Lombardia a favore del Regno di Sardegna, relegò Massimiliano e Carlotta a Trieste. Ma non fu un esilio: in questa città l'arciduca si trovò benissimo, amabile come sempre ed amato dai sudditi. Iniziò a vivere nel palazzo di Miramare, uno splendido edificio bianco arroccato su uno scoglio a picco sul mare, una specie di castello di stile normanno. E fu in questo palazzo che Massimiliano ricevette, domenica 10 aprile 1864, una delegazione di notabili messicani, guidata da Don José Maria Gutiérrez de Estrada, venuti per proclamarlo imperatore del Messico.
Già nel 1859, Massimiliano venne dapprima avvicinato da monarchici messicani con la proposta di diventare Imperatore del Messico; egli non accettò. La corona del Messico venne offerta anche a Francesco V d'Asburgo-Este , il duca ringraziò per la considerazione e spiegò la rinuncia con queste parole scritte nelle sue memorie: "... riguardando io la piccola sovranità di Modena, più come un dovere che come un diritto, non ero in alcun modo disposto a rinunziarvi, nemmeno a fronte di qualsiasi compenso, fosse pure brillante, vantaggioso e lusinghiero ...".
Dopo la cerimonia e i discorsi di prammatica avrebbe dovuto seguire il banchetto ufficiale; ma il neo - imperatore non vi partecipò, perché colto da collasso, né il suo medico personale, il dottor Jilek, si stupì: da troppo tempo vedeva Massimiliano passare dall'euforia per il titolo imperiale al dolore di lasciare le sue terre amate e di rinunciare ai diritti sul trono austriaco, e si aspettava un crollo fisico. La partenza per il Messico fu quindi rinviata al 14, dopo tre giorni di riposo assoluto. Prima di lasciare definitivamente l'Europa, Massimiliano e Carlotta si recarono a Roma, dal Papa Pio IX, per ricevere la sua benedizione.
E a Roma in quei giorni circolava una di quelle canzoncine popolari tanto diffuse per commentare i fatti d'attualità. Diceva: "Massimiliano, non ti fidare! Torna al castello di Miramare".


I dieci delegati messicani offrono a Massimiliano la Corona del Messico


Il signor Gutiérrez, capo della delegazione di notabili messicani, vedeva coronato il sogno della sua vita. Da giovane diplomatico alle prime armi (non aveva che ventuno anni) aveva fatto parte, come segretario, della missione di maggiorenti conservatori che nel 1820 avevano offerto il trono all'arciduca Carlo Luigi d'Asburgo quando il Messico aveva dichiarato la propria indipendenza dalla Spagna.

Carlo d'Asburgo-Teschen
Carlo Luigi d'Asburgo-Teschen  (Firenze, 5 settembre 1771Vienna, 30 aprile 1847)



Gutiérrez rappresentava il vero campione del vero conservatorismo messicano: ricco, ma onesto, proprietario terriero, cattolico, era fermamente cosciente che solo una monarchia poteva portare ordine nel paese, difendere la Chiesa, mantenere le indiscutibili divisioni di classe, volute da Dio stesso che aveva dato agli indios, selvaggi e sanguinari, la possibilità di conoscere la vera fede e la civiltà. I devoti messicani  erano i naturali eredi della missione divina in origine affidata alla Spagna. Questa consapevolezza si rafforzarono in Gutiérrez quando l'anarchia iniziò ad aggravarsi in Messico. Egli trascorse gran parte della sua vita in viaggio  per l'Europa in cerca di un Sovrano Cattolico per il Messico.

La situazione del Messico dal principio

Prima di proseguire con il racconto delle vicende susseguitesi all'offerta della Corona Messicana è d'obbligo spiegare la situazione nella quale si trovava il Messico, partendo dal principio:
Nel 1521 Hernan Cortes, partendo dal dominio spagnolo di Cuba con  soli settecento avventurieri, iniziava la conquista del Messico. I conquistadores spagnoli, guidati da quest'uomo che aveva doti militari e politiche non comuni, distrussero il decadente e pagano impero azteco di Montezuma perseguendo due obiettivi principali: trovare oro e convertire al cristianesimo le popolazioni pagane d'America. Trovarono poco oro, moltissimo argento (le miniere di San Luis Potosì, Guanajuato e Zacatecas producevano ancora, a metà dell'ottocento, un terzo dell'argento di tutta l'America) e moltissimi nuovi fedeli, compito questo non difficilissimo.


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Hernán Cortés Monroy Pizarro Altamirano (Medellín, 1485Castilleja de la Cuesta, 2 dicembre 1547)


Il territorio conquistato venne denominato Nuova Spagna e nel 1525 un decreto di Carlo V d'Asburgo trasferiva a un governo locale, detto Udienza Reale, i poteri amministrativo e giudiziario. Cortes cadde poi in disgrazia, accusato di aver cercato di crearsi il suo dominio personale, ma i suoi metodi furono ripresi in pieno dai funzionari spagnoli che sbarcarono nel Nuovo Mondo per consolidare il potere del Re Cattolico di Madrid. La Nuova Spagna assunse definitivamente il nome di Messico dal nome della capitale azteca, Mexico, distrutta e poi ricostruita sul modello delle città spagnole da Cortes. Chiesa e Corona procedevano in perfetta armonia, che creò uno stato di equilibrio che durò per tre secoli. La popolazione (agli inizi dell'ottocento si contavano circa sei milioni di abitanti) si divideva in una minoritaria classe dirigente formata da creoli (persone di origine spagnola nata in Messico) e da gachupines (nati in Spagna e venuti in colonia in genere per assumere cariche pubbliche) e in due classi inferiori, i mestizos, circa un milione, che erano nati da unioni tra spagnoli e donne indie, e gli indios, circa quattro milioni.



Questi ultimi in particolare, a causa di alcuni proprietari terrieri che approfittavano della distanza dalla madre Patria, vivevano in una condizione di servitù quasi assoluta, avendo il lavoro come braccianti agricoli o come servitori quale unica possibilità di sopravvivenza. Vi erano nel paese anche circa diecimila schiavi negri, ma la tratta degli schiavi non fu mai realmente praticata in Messico. Sottopagati, gli indios dovevano però pagare regolari tributi ai proprietari terrieri ed era per loro praticamente impossibile migliorare la propria condizione sociale.
Il Messico era il gioiello della corona del Re di Spagna, ma questo gioiello era conservato dai proprietari terrieri con così poca lungimiranza, sfruttando pesantemente sia le popolazioni locali sia i coloni, che i vincoli con la madrepatria si fecero sempre più tenui, mentre il desiderio dell'indipendenza cresceva, fomentato dall'Inghilterra che contribuì a creare disordini, aspettando solo il momento favorevole per tradursi in rivolta. Quando la Spagna conobbe, agli inizi del XIX secolo, la condizione di vassalla sotto le armi napoleoniche, scoppiarono rivolte anche in Messico, seguendo l'esempio degli insorti di Buenos Aires, Lima e Bogotà. Tre tentativi di insurrezione (nel 1810 con Hidalgo, nel 1815 con Morelos e nel 1816 con Mina), sempre finanziati dall'Inghilterra e dagli stessi proprietari terrieri , furono sedate  dalle truppe spagnole di stanza in Messico, comandate dal generale Calleja, che considerava, nel giusto,  suo dovere continuare a combattere per il Re di Spagna anche quando questi era stato illegittimamente  detronizzato da Napoleone.

Félix María Calleja del Rey Bruder Losada Campaño y Montero de Espinosa (Medina del Campo, 1º novembre 1753Valencia, 24 luglio 1828)


La sconfitta di Napoleone e la conseguente restaurazione in Europa restituirono al legittimo  Re Ferdinando VII di Borbone-Spagna il gioiello della corona. Ma Ferdinando non lo tenne a lungo; nel 1820 una rivoluzione portò i liberali al potere a Madrid: questi abolirono l'Inquisizione e confiscarono i beni della Chiesa, ingiungendo al viceré del Messico di fare altrettanto. Inoltre, doveva abolire la schiavitù, questo consigliato dalla macchiavellica Inghilterra,  la discriminazione razziale, i processi da parte dei tribunali militari ed ecclesiastici e proclamare la tolleranza religiosa, tutto il possibile per distruggere l'ordine delle cose. A questo punto i veri padroni del Messico, ossia  i proprietari terrieri , proclamarono l'indipendenza dalla Spagna.  Mentre negli altri domini spagnoli d'America le rivolte contro Madrid avevano matrici  puramente liberali, in Messico furono i liberali e presunti conservatori arrivisti che dichiararono l'indipendenza, puramente per proteggere i propri interessi. Il primo capo di stato messicano fu il generale Agustin de Iturbide, creolo, cattolico fervente, proprietario terriero, ma diverso dai suoi colleghi, che già si era distinto nella repressione dei moti guidati da Hidalgo e Morelos, di ispirazione liberale. Iturbide doveva reggere provvisoriamente lo stato, ma i maggiorenti conservatori, quelli più sinceramente Conservatori ,  decisero di fargli assumere il titolo di imperatore del Messico, con il nome di Agustin I, dopo un vano tentativo di far accettare all'arciduca Carlo Luigi d'Asburgo la corona del Messico.

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Ferdinando VII di Borbone-Spagna, in spagnolo Fernando VII de Borbón (San Lorenzo de El Escorial, 14 ottobre 1784Madrid, 29 settembre 1833)



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Agustín Cosme Damián de Iturbide y Arámburu, Imperatore Agustin I del Messico (Morelia, 27 settembre 1783Città del Messico, 19 luglio 1824)



Il neo imperatore cercò un equilibrio interno, conscio che l'anarchia di classe era in Messico sempre più forte, e rischiava di esplodere: abolì le leggi discriminatorie contro gli indios, e tolse i poteri all'Inquisizione. Non poté o non volle andare oltre, e non accolse le sovversive richieste liberali sulla tolleranza religiosa. Solo la religione cattolica poteva essere praticata. Gli ufficiali dell'esercito giuravano non solo di difendere la nazione, ma anche la chiesa Cattolica.
Nel 1822 in Spagna era tornato al potere il legittimo Re Ferdinando VII, che non esitò a far fucilare i capi liberali che avevano gettato il paese nel caos ; ora il governo di Madrid era reazionario quanto potevano auspicare i sinceri  conservatori messicani, che però si scontrarono con gli indipendentisti che si  erano abituati ormai all'indipendenza de facto. Il Governo Messicano  non riconobbe più il Re di Spagna quale proprio sovrano, ma in compenso non riusciva a darsi una stabilità politica. L'anno successivo infatti i liberali convinsero il generale Antonio Lopez de Santa Anna a detronizzare l'imperatore, che fu autorizzato ad uscire dal Messico. Veniva proclamata la repubblica, che si dava una costituzione modellata su quella dei massonici  Stati Uniti.
Iturbide si rifugiò in Inghilterra, ma tornò in patria un anno dopo, cercando di organizzare una Rivoluzione. Venne catturato e fucilato, e il presidente Santa Anna ebbe buon gioco, in nome della "sicurezza nazionale", a sbarazzarsi dei ministri liberali del suo governo e a proclamarsi dittatore. E a questo punto il Messico entrò in uno stato di guerra civile pressoché permanente, con la figura del generale Santa Anna, che da liberale era passato nel campo dei liberal-conservatori, i finti conservatori,  che periodicamente rispuntava con un nuovo colpo di stato per correggere qualche risultato elettorale eventualmente non gradito.

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Antonio de Padua María Severino López de Santa Anna y Pérez de Lebrón chiamato più semplicemente Santa Anna o Santa Ana o Santana, conosciuto anche con l'appellativo di Napoleone del West (Jalapa, 21 febbraio 1794Città del Messico, 21 giugno 1876)


Basti questo dato: nei primi quarant'anni di indipendenza il Messico ebbe, dopo il breve esordio imperiale, settantatré capi dello Stato, con un'alternanza tra liberali e liberal-conservatori e sovente con due capi di stato autoproclamati, e con un intricato gioco di rivalità personali interne agli stessi partiti. In questa situazione ovviamente all'interno prosperavano il caos e l'anarchia, mentre il paese, con le forze armate perennemente divise tra le due principali fazioni politiche, era sempre più debole verso l'esterno. Ne approfittarono gli Stati Uniti, vera potenza emergente d'America, per impadronirsi della California, del Nuovo Messico e per favorire la secessione del Texas, che dopo nove anni di indipendenza sarebbe entrato a sua volta nell'Unione.
Nel 1848 il Messico, immerso nella propria spirale di violenza interna,dopo aver perso la guerra contro gli Stati Uniti, aveva così già perso circa due quinti del territorio nazionale.

Territorio del Messico (Possedimenti Spagnoli) nel 1820


Territorio Messico dopo il 1848

In un paese che ufficialmente aveva abolito la schiavitù, esisteva, garantita dalla legge, la pratica del peonaggio: era d'uso che il proprietario terriero, all'atto dell'assunzione, anticipasse soldi ai contadini (peones), che si impegnavano a restituirli con il proprio lavoro.
Però i salari erano così bassi che il peon, in genere indio, aveva sempre bisogno di altri anticipi e non riusciva mai a pareggiare la propria situazione col padrone, restandone di fatto dipendente forzato: infatti se fuggiva dalla azienda agricola, poteva esservi riportato con la forza e costretto a lavorare fino ad estinzione del debito. Ci scusiamo con i lettori se la premessa non è stata breve; ma ci sembrava indispensabile dare un quadro della situazione, per poter meglio comprendere su quale polveriera rischiava di scontrarsi con Massimiliano.


I “peones” in un villaggio

Il Messico di Juarez e l'intervento militare Francese

In questo paese martoriato dalla violenza, dalle discriminazioni, dall'ingiustizia, il ministro della Giustizia del  governo liberale, presieduto dal generale Comonfort, riuscì a far approvare dal parlamento una legge che aboliva gran parte dei poteri dei tribunali ecclesiastici e sottoponeva il clero alla giurisdizione dei tribunali ordinari. Inoltre questo scatenato ministro introdusse il matrimonio civile, il divorzio e, in collaborazione col ministro delle finanze, nazionalizzò le immense proprietà terriere della Chiesa, chiuse gran parte dei monasteri e stabilì una diaria per i preti, de jure,  a spese dello Stato. Infine il governo procedette alla vendita a privati dei terreni già di proprietà ecclesiastica. Era l'anno 1855. Il ministro della giustizia era Benito Juarez(era  un indio corrotto dal liberalismo  , che si era laureato in legge e che era poi passato in politica con il partito liberale) , affascinato e corrotto dal lato oscuro del liberalismo ; in gioventù aveva fatto l'avvocato, poi si era dedicato alla politica.

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José Ignacio Gregorio Comonfort de los Ríos Comonfort de los Ríos chiamato più semplicemente Ignacio Comonfort (Amozoc, 12 marzo 1812Chamacuero, 13 novembre 1863)


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Benito Pablo Juárez García (San Pablo Guelatao, 21 marzo 1806Città del Messico, 18 luglio 1872)



In Messico scoppiò l'ennesima guerra civile che superò in ferocia e distruzioni tutte le altre, negli Stati Uniti la secessione degli stati del Sud portò al conflitto tra unionisti e confederati, e Gutiérrez si incontrò con un parvenu della politica che era stato rivoluzionario, liberale, presidente della Repubblica, ed ora era divenuto imperatore, cercando di rinnovare i fasti del passato: Napoleone III, imperatore di Francia. Questi era una figura davvero unica, da non pochi storici paragonato a Mussolini, per la capacità di non avere alcuna linea politica precisa, se non quella della conservazione del potere a qualsiasi costo. Non sappiamo se il confronto sia corretto; è però un fatto che Napoleone III era riuscito a costruire un potere personale appoggiandosi ora sulla Chiesa, ora sui liberali, blandendo le nuove istanze nazionaliste e nello stesso tempo reprimendo senza pietà le opposizioni interne. Ma come tutti i grandi dittatori, anche Napoleone III, cinico pragmatista, aveva ad un certo punto iniziato a considerarsi infallibile.



Napoleone III
Napoleone III , nato Carlo Luigi Napoleone Bonaparte (Parigi, 20 aprile 1808Chislehurst, 9 gennaio 1873)


La sua politica nei confronti del Messico, da lui stesso definita "ma grande pensée" (la mia grande idea) fu l'anticamera della sua rovina. In Messico, dicevamo, era scoppiata l'ennesima guerra civile. La nuova costituzione, approvata nel 1857, non proclamava ancora  la libertà religiosa, ma tuttavia non affermava più che l'unica religione consentita in Messico era la cattolica - romana. La Chiesa , a ragione, considerò questa riforma, aggiunta a quelle già approvate due anni prima, come una minaccia alla propria esistenza, e ordinò al clero di negare l'assoluzione dai peccati a quanti avessero giurato fedeltà alla nuova Carta liberale.
Lo stesso presidente, generale Comonfort, fu convinto a fare un colpo di stato... contro sé stesso, licenziando i ministri liberali e sostituendoli con una giunta di generali "liberaleggianti". Uno di essi, il generale Zuloaga, costrinse alle dimissioni lo stesso Comonfort. Questi, prima di abbandonare il Messico, riuscì a far scarcerare Juarez, che era rinchiuso in carcere assieme agli altri ministri liberali. Juarez, che dopo l'approvazione della nuova costituzione era stato eletto Primo Giudice della Corte Suprema, con funzioni di supplenza del presidente in caso di suo impedimento, si autoproclamò presidente della repubblica poiché il presidente , Comonfort, era stato costretto  a dimettersi. Le truppe fedeli a Juarez e quelle fedeli a Zuloaga iniziarono una guerra che sarebbe durata tre anni, la Guerra delle Riforme. Il quartier generale di Juarez era a Vera Cruz, quello di Zuloaga a Città del Messico.
Dopo il primo anno di guerra civile il generale Miramon costrinse Zuloaga alle dimissioni, e si proclamò presidente. Juarez riuscì a vincere la Guerra delle Riforme, grazie anche all'aiuto degli Stati Uniti che, pur non intervenendo direttamente nel conflitto, gli assicurarono notevoli rifornimenti ed inviarono anche unità della marina da guerra ad incrociare al largo di Vera Cruz, come silenzioso monito ad eventuali iniziative di una cannoniera spagnola che si trovava nelle stesse acque. Le truppe liberali, al comando del generale Ortega, entrarono a Città del Messico il giorno di Natale del 1860 e si comportarono in modo barbaro nei confronti degli sconfitti, fucilando oltre 2000 uomini.


Miguel Gregorio de la Luz Atenógenes Miramón y Tarelo (Città del Messico, 29 settembre 1832Querétaro, 19 giugno 1867)




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Jesús González Ortega (Teúl 1822 - Saltillo 1881)



Il nunzio apostolico e il rappresentante spagnolo furono espulsi e le leggi di riforma furono definitivamente rese operative. Sembrava che il Messico dovesse ora conoscere una certa "quiete" (anche se le forze sconfitte diedero subito inizio ad azioni di guerriglia), con un solo governo illegittimo , liberale, e quindi anti-Clericale, retto da un uomo di diabolica astuzia e di   prestigio liberale come Juarez. Ma tre anni di devastazioni avevano avuto un costo economico enorme; nel luglio del 1861 Juarez prese la  decisione di sospendere per due anni qualsiasi pagamento dei debiti nazionali verso l'estero. L'effetto fu disastroso, perché la Gran Bretagna aveva riconosciuto il governo di Juarez a condizione che accettasse la responsabilità finanziaria per i danni subiti dai cittadini britannici in seguito all'azione dei vari regimi messicani.
Il governo spodestato aveva saccheggiato la legazione britannica, ma d'altra parte le truppe liberali si erano impadronite di un treno carico d'argento, di proprietà inglese. Il Messico era anche pesantemente indebitato con obbligazionisti inglesi, francesi e spagnoli, ed anche per questi debiti dovette sospendere i pagamenti sia per capitali che per interessi.
La politica di pazienza messa in atto dalle potenze europee creditrici lasciò il posto ad una politica di azione. Con la convenzione di Londra, sottoscritta nell'ottobre del 1861, Gran Bretagna, Spagna e Francia si impegnarono a imporre il rimborso dei loro crediti con l'occupazione militare di alcune zone della costa messicana, dichiarando che non intendevano però in alcun modo infrangere l'integrità territoriale o l'autonomia politica del Messico. Era l'occasione tanto attesa da Gutiérrez.
La sua costante azione diplomatica poteva finalmente avere uno sbocco positivo: l'azione militare era, sotto il profilo del diritto internazionale, legittima e facilitata dal fatto che negli Stati Uniti era scoppiata la guerra civile tra unionisti e confederati. Il potente vicino del Messico era quindi in tutt'altre faccende affaccendato, e tra l'altro i primi fatti d'arme facevano legittimamente pensare ad una vittoria del Sud, ossia della parte politicamente più vicina ai conservatori messicani. Napoleone III elaborava d'abitudine la sua politica in gran segreto, e per la spedizione in Messico già aveva, come vedremo, un asso nella manica che gli avrebbe consentito, nella sua "grande pensée", di andare ben oltre una semplice dimostrazione di forza per riscuotere dei crediti: voleva il Messico, voleva stabilire la potenza francese sul Nuovo Mondo, per bilanciare la potenza emergente degli Stati Uniti e per dare al popolo francese una pagina di gloria imperiale, che sarebbe stata scritta ovviamente per la maggior gloria dell'imperatore, e per far scordare sempre più ai francesi il colpo di stato con cui lo stesso era giunto al potere, abolendo le, seppur fittizie,  libertà costituzionali.
Gutiérrez aveva ora bisogno di un nobile cattolico che accettasse la corona del Messico e l'idea di formulare la proposta a Massimiliano non fu casuale, perché un politico esperto e smaliziato non avrebbe mai accettato di governare un paese appena uscito da decenni di caos. Iniziarono così dei cauti approcci e l'idea fu ventilata a Napoleone III, che se ne dichiarò entusiasta, perché gli si offriva anche l'occasione di riavvicinarsi definitivamente alla casa Imperiale degli Asburgo-Lorena, contro la quale era stato in guerra pochi anni prima, a fianco del Regno di Sardegna.
L'imperatore francese considerava l'arciduca austriaco poco più che uno svanito, che sarebbe stato un docile fantoccio nelle sue mani; una considerazione analoga ne aveva Gutiérrez, mentre Massimiliano, in visita a Parigi pochi anni prima, in una lettera al fratello, non aveva nascosto tutto il suo disgusto per "l'assoluta mancanza di nobiltà della cosiddetta corte imperiale francese". Ma la vanità e l'amarezza per la posizione di eterno secondo in cui l'arciduca di Miramare si trovava, avrebbero alla fine avuto la meglio sulla ragione, rendendo Massimiliano partecipe del gioco mortale di un finto imperatore senza scrupoli .
Mentre gli intrighi politici procedevano, un corpo di spedizione spagnolo sbarcò a Vera Cruz nel dicembre del 1861, seguito, il mese successivo, da truppe francesi e da un reparto di fucilieri di marina inglesi. Juarez non si oppose agli sbarchi, ordinando solo ai suoi cittadini di "non collaborare" con quelli che chiamava "gli invasori" e cercò subito la trattativa diplomatica. E le vere intenzioni francesi furono ben presto chiare. I rappresentati di Gran Bretagna e Spagna, Sir Charles Wyke e il conte - generale Prim, cercavano una soluzione negoziale, ben consci del fatto che il Messico non era comunque in grado di pagare i debiti e che il sequestro della dogana di Vera Cruz avrebbe privato il paese degli introiti derivanti dai dazi, pari a circa il settanta per cento degli introiti statali.
Mentre questi due diplomatici accordavano abbastanza rapidamente delle lunghe rateazioni, il rappresentante francese, Pierre Alphonse Dubois de Saligny, presentava un ultimatum al governo messicano, richiedendo subito il pagamento di 12 milioni di dollari a titolo forfetario, a copertura del debito complessivo verso i cittadini francesi fino al 31 luglio 1861; il governo francese si riservava poi il diritto di pretendere ulteriori somme per i danni subiti oltre tale data, e infine pretendeva che il governo messicano soddisfacesse per intero le richieste dei portatori di obbligazioni Jecker, per un totale di 15 milioni di dollari.
Queste obbligazioni erano state emesse dal banchiere svizzero J. B. Jecker a fronte di un prestito concesso a condizioni pazzesche (il 20% di interessi) al generale Miramon. Juarez obiettò che il banchiere era cittadino svizzero, e il rappresentante francese rispose che Jecker era appena stato naturalizzato francese. Era l'asso nella manica, vero colpo malavitoso, di Napoleone III: al Messico venivano poste condizioni assolutamente inaccettabili, perché si voleva la guerra. I governi spagnolo e britannico, rendendosi conto delle mire francesi, e ritenendosi soddisfatti nelle proprie pretese finanziarie, preferirono ritirare le proprie truppe, che già iniziavano a subire perdite non in combattimenti, ma falcidiate dalla febbre gialla, endemica nelle zone dello sbarco. A questo punto Napoleone III, che già aveva inviato in Messico il generale conte Charles Ferdinand de Lorencez, dichiarando che la Francia era lesa nei propri interessi e nel proprio onore, diede ordine alle truppe di marciare all'interno e occupare la capitale. Da subito i francesi si resero conto che l'avventura messicana si preannunciava molto più dura del previsto.


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Spedizione Francese in Messico


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La Legione Belga in Messico

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Corpo di volontari Ungheresi in Messico


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Soldato Messicano dell'Esercito Imperiale


Il generale Lorencez, nonostante i rinforzi ricevuti, subì un primo scacco a Puebla (5 maggio 1862), rischiando addirittura di essere lui stesso catturato. Fu richiamato in Francia e sostituito dal generale Elie Forey, che il 7 giugno del 1863 riuscì ad entrare a Città del Messico alla testa di 25.000 soldati. Juarez era fuggito col governo liberale nel Nord del paese. Le forze liberali  messicane avevano mostrato molta più resistenza del previsto e iniziavano le azioni di guerriglia, mentre il governo di Juarez decretava, da El Paso del Nord, con la leggerezza tutta liberale,  la pena di morte per i collaborazionisti. Una Giunta di Governo fu costituita dal rappresentante francese Pierre Alphonse Dubois de Saligny, con la partecipazione dei maggiorenti conservatori e dichiarò decaduto il governo di Juarez, proclamò l'impero del Messico e ne offrì ufficialmente la corona all'arciduca Massimiliano, incaricando Gutiérrez di fare quello che già stava facendo da un anno, cioè convincere il nobile austriaco ad accettare.

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Battaglia di Puebla ( 5 Maggio 1862)


La partenza di Massimiliano per il Messico e il tragico epilogo
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Bandiera del secondo Impero Messicano

Massimiliano aveva dovuto chiedere, secondo le regole della Casa Imperiale d'Asburgo, il consenso del capo della famiglia, l'imperatore Francesco Giuseppe. Questi (che non nascose mai di considerare il fratello minore, pur volendoli bene, un giovane un po' fatuo e fuori dalla realtà) gli chiarì subito che, pur non negandogli il permesso, non gli poteva però promettere alcun appoggio, perché l'Impero non aveva intenzione di inimicarsi gli Stati Uniti e di imbarcasi in imprese di dubbia utilità ma di costi elevatissimi. Gli consigliava di accettare solo se la Gran Bretagna e la Francia avessero dato serie garanzie. Il Papa Pio IX, preoccupato per le notizie che giungevano dal Messico,  formulò dei "voti augurali" per una missione tesa a "difendere la fede e le tradizioni di un popolo cattolico". Alla fine Massimiliano riuscì ad avere solo le garanzie francesi: ottomila soldati si sarebbero trattenuti in Messico per sei anni, con i relativi costi di mantenimento a carico del governo imperiale messicano, che tra l'altro si impegnava anche a onorare le famigerate obbligazioni Jecker.
I risultati di uno strano plebiscito  secondo il quale oltre il 70% dei votanti erano favorevoli all'impero, non allontanandosi molto dalla realtà, convinsero Massimiliano di poter contare sull'appoggio popolare, ed era in gran parte vero. E Massimiliano partì. Romantico, tollerante principe asburgico, benintenzionato, era però privo di ogni  conoscenza delle condizioni reali del paese che si apprestava a  governare.
E' significativo il fatto che, durante il lungo viaggio per mare, impiegò gran parte del tempo per compilare il regolamento di etichetta a corte, prevedendo con pignoleria protocolli e precedenze per ogni tipo di cerimoniale, ma non si dedicò solo a quello in realtà,  studiò la storia e la cultura  del Messico. Il 27 maggio 1864 la fregata Novara, della Marina austro-veneta, attraccava nel porto di Veracruz, sulla costa atlantica del Messico. 




La partenza da Miramare dell'Imperatore Massimiliano e dell'Imperatrice Carlotta ( In fondo a destra è visibile la Fregata Novara)


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La Fregata Novara nel Porto di Vera Cruz


 Già il viaggio da Vera Cruz a Città del Messico mostrò alla coppia imperiale una realtà ben diversa da quella che era stata loro prospettata. Il paese era ancora nel caos, con l'eccezione delle  zone saldamente in mano alle truppe francesi, dove le accoglienze furono nettamente  trionfali . L'imperatore era la grande speranza di clericali e conservatori, ma Massimiliano rifiutò, commettendo un errore, un primo atto che gli venne chiesto, ossia la restituzione alla chiesa dei beni nazionalizzati anni prima da Juarez. Le sue inclinazioni liberali d'altra parte non gli giovavano nei confronti dei seguaci di Juarez, che comunque lo consideravano un invasore, mentre anche una parte dei "conservatori" non vedeva di buon occhio un regnante straniero in Messico. Gli unici che manifestarono un sincero entusiasmo per Massimiliano furono gli indios e la popolazione rurale, che non avevano mai visto migliorare la loro situazione  coi governi locali Repubblicani . Per loro l'imperatore biondo e alto venuto da lontano era forse una delle molte divinità promesse nelle loro antiche leggende, ancora vive nei ricordi nonostante la  conversioni al Cattolicesimo. L'Imperatore e l'Imperatrice Carlotta scelsero, quale residenza, il Castello di Chapultepec, sulla collina che sovrasta Città del Messico e che era stato rifugio degli antichi sovrani aztechi. Massimiliano, inoltre, fece costruire una larga strada che da Chapultepec raggiungeva il centro della città; in origine chiamata "Strada dell'Imperatrice", è oggi nota come Paseo de la Reforma ("Viale della Riforma").
Poiché Massimiliano e Carlotta non avevano figli, adottarono Agustín de Iturbide y Green e suo cugino Salvador de Iturbide y de Marzán, entrambi nipoti di Agustin I, che aveva brevemente regnato, quale Imperatore del Messico nel 1820. Ad Agustín venne assegnato il titolo di "Sua Altezza, il Principe di Iturbide" e venne proclamato erede al trono.





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 Castello di Chapultepec




Massimiliano I

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Massimiliano I Imperatore del Messico



L'imperatrice Carlotta.



Agustín
Agustín de Iturbide y Green (Città del Messico, 2 aprile 1863Washington, D.C., 3 marzo 1925)



Non si può fare una storia politica completa dell'impero di Massimiliano, perché gli mancò il tempo materiale per esprimere la sua linea politica. Da subito il giovane imperatore si trovò a dover fronteggiare una guerriglia molto più efficace del previsto; Juarez non era uomo da mollare, e sapeva di avere alle spalle l'appoggio degli Stati Uniti, nei quali la vittoria del Nord si stava chiaramente delineando. L'organizzazione della contro-guerriglia, comandata dal colonnello francese Dupin, non risolse nulla, contribuendo solo ad alimentare una spirale di violenza e ferocia, espressa al massimo grado, e in massima parte,  dalla parte "Juarista" in lotta, che rendeva sempre più impopolare in Francia questa guerra assurda, combattuta a migliaia di chilometri, e senza chiari obiettivi.


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Colonnello Dupin
 Napoleone III si rendeva conto che la sua popolarità in Francia scricchiolava e che l'ormai certa vittoria del Nord nella guerra civile americana lo poneva a rischio di scontrarsi direttamente con gli Stati Uniti. Le voci sempre più ricorrenti di un ritiro anticipato delle truppe francesi indussero l'imperatrice Carlotta a mettersi in viaggio per Parigi, per supplicare l'imperatrice di Francia, Eugenia, di non abbandonare Massimiliano. Ma Carlotta non giunse mai a Parigi:  distrutta dalle troppe tensioni vissute, la sua mente iniziò a vacillare. Fu portata in Belgio, presso la corte paterna, e gli alienisti interpellati non poterono far altro che constatare che la giovane aveva perso la ragione.


Questa è una delle ultime foto di Carlotta del Belgio scattata negli anni 20 del XX Secolo. Non superò mai lo shock della tragica esperienza Messicana e della perdita dell'amato Massimiliano.


Ma comunque la missione sarebbe stata inutile. Napoleone III aveva già preso le sue decisioni, e come ogni buon avventuriero della politica aveva anche la giustificazione formale: Massimiliano si era impegnato al mantenimento delle truppe francesi in Messico, ma ciò non era avvenuto. Pertanto, dopo un inutile invito a Massimiliano ad abdicare, Napoleone III ordinò il ritiro totale delle sue truppe entro il marzo 1867.
 Le parate militari organizzate dal generale Sheridan al confine del Texas, facendo sfilare migliaia di soldati come chiaro monito ai francesi, avevano avuto il loro effetto. Gli Stati Uniti avevano comunque fatto la loro scelta, nè avrebbero mai accettato di riconoscere il governo imperiale messicano, che avrebbe fatto emergere il Messico da un'atavica sottomissione allo "zio Sam". Avevano appoggiato Juarez ed ora pretendevano, in base alla dottrina Monroe, che la Francia sloggiasse. Partite le truppe francesi, i liberali messicani appoggiati con uomini e mezzi dagli Stati Uniti insorsero con forza contro Massimiliano e le poche migliaia di uomini che gli erano rimasti fedeli.


Philip Henry Sheridan (6 marzo 1831Nonquitt, 5 agosto 1888)



Ritiratosi nel febbraio 1867 a Querétaro,Massimiliano vi sostenne eroicamente un assedio durato alcune settimane. L'11 maggio l'Imperatore Massimiliano decise di tentare una fuga attraverso le linee nemiche nel tentativo di riorganizzarsi raggiungendo il Porto di Vera Cruz, ma venne intercettato e, sottoposto ad una corte marziale di dubbia onestà venne immediatamente condannato alla fucilazione.




L'ultima foto di Massimiliano da vivo ( 3 Maggio 1867)

Un tribunale militare lo aveva condannato a morte in base al decreto presidenziale del 25 gennaio 1864, e Juarez si erano rifiutato di commutare la pena nel carcere o nell'espulsione. In particolare, si rifiutò di intervenire il "padrino politico" di Juárez, ovvero il presidente massone statunitense Andrew Johnson, il quale volle dare una manifesta riaffermazione della Dottrina Monroe. Memorabile, in quanto truce e sanguinosa, ma del tutto inutile, che già il ritiro di Napoleone III sarebbe bastato a ricordare agli Europei la minaccia nascente degli Stati Uniti.

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Alle ore 6.40 del 19 giugno  1867 Massimiliano morì fucilato. Ma lo scempio non terminò ; Massimiliano prima di essere fucilato chiese di essere colpito al petto e che li venisse risparmiato il volto nel desiderio che sua madre avesse potuto rivederlo un'ultima volta , si appuntò un fazzoletto rosso al petto per indicare il punto dove sparare. Il volere di Massimiliano non venne rispettato e venne colpito al volto facendoli perdere un'occhio che li venne sostituito con uno di vetro. Il corpo di Massimiliano I venne imbalsamato ed esposto come un macabro trofeo dai liberali Repubblicani in Messico, prima di essere sepolto, solamente l'anno successivo, nella Cripta dei Cappuccini  a Vienna.




Luogo di detenzione di Massimiliano: Il Convento dei Cappuccini a Querètaro, Giugno 1867.


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Gli ultimi momenti di vita di Massimiliano

Plotone d'esecuzione , 19 giugno 1867


Esecuzione di Massimiliano e di Miramòn e Mejia

Sito dell'esecuzione di Massimiliano ( cerro de las campanas ). La foto è stata scattata nel 1867 e si può osservare il  Monogramma Imperiale dell'Imperatore Massimiliano I del Messico appoggiata ad una roccia ad indicare il luogo dove l'Imperatore venne fucilato.

Il corpo di Massimiliano imbalsamato e messo in mostra dai liberali Messicani

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La Fregata Novara riporta il corpo di Massimiliano a Trieste nel 1868.

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La tomba di Massimiliano I Imperatore del Messico nella Cripta dei Cappuccini a Vienna.



In suo onore, Franz Liszt scrisse, nel 1867, una marcia funebre inserita al nº 6 del "Terzo Anno" delle suite Années de Pèlerinage ("Anni del Pellegrinaggio") pubblicate dall'artista nel 1883.
Il giornale Boletin Republicano del 20 giugno si limitò a pubblicare un trafiletto: "Alle sette del mattino di ieri l'arciduca Ferdinando Massimiliano d'Austria ha cessato di esistere". Nessuno si era più mosso in suo favore: la Chiesa, già in difficolta in quel periodo  , non poteva aiutarlo, Napoleone III lo aveva tradito, gli Stati Uniti volevano instaurare un controllo sul Messico, e non volevano che qualcuno  interferisse su quella che consideravano una faccenda loro. I paesi europei manifestarono in genere un'indignazione di prammatica, ma in fondo a nessuno interessava più di tanto la sorte di questo giovane sognatore dato che in Europa la setta minava nuovamente l'ordine. Ma  la Giustizia in un certo senso arrivò, . Napoleone III, ingannatore e spergiuro, non aveva davanti che tre anni di illegittimo regno: nel 1870 le armate prussiane avrebbero fatto di lui un prigioniero, la Francia si sarebbe ricostituita in repubblica. E nei giorni della Comune di Parigi - siamo nel 1871 - , nel bagno di sangue alimentato da comunardi e lealisti, nemici accomunati tra loro dalla ferocia, capitò anche che i comunardi decidessero la fucilazione di un certo numero di ostaggi, scelti a caso tra parigini particolarmente facoltosi, come rappresaglia per l'esecuzione di alcuni soldati della Comune da parte del generale lealista Gallifet. Uno dei fucilati il banchiere svizzero naturalizzato francese, il signor J. B. Jecker.



Conclusione: Ferdinando Massimiliano d'Asburgo-Lorena fu un giovane idealista che cercò in tutti i modi la possibilità di esprimere la sua Politica e il suo ideale di  Governo, ma quando ne ebbe l'occasione si ritrovò in una situazione critica. Cio nonostante , Massimiliano rappresenta una figura da ammirare , un uomo, un Principe, di una delle famiglie più antiche e prestigiose d'Europa, che scelse di tentare pur di non rinunciare a quei buoni propositi che sempre lo avevano contraddistinto. Scelse di lottare e  morire per  un nobile ideale a migliaia di chilometri da casa.




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Armi del secondo Impero Messicano

(Fine.)


Fonti:


Wikipedia


Massimiliano e il sogno del Messico , di Jasper Ridley, Rizzoli 1993.




Scritto da :


Il Principe dei Reazionari