mercoledì 4 luglio 2012

Papa Gregorio XVI: Enciclica Mirari vos (traduz. ital.)

 Papa Gregorio XVI
Papa Gregorio XVI, nato Bartolomeo Alberto (in religione Mauro) Cappellari (Belluno, 18 settembre 1765Roma, 1º giugno 1846),  254º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica (1831-1846).
 
Da: La Voce della Verità, Gazzetta dell'Italia Centrale anno II (supplemento al n° 179, 27 settembre 1832) Modena 1832-1833 .

SANCTISSIMI DOMINI NOSTRI

GREGORII

DIVINA PROVIDENTIA PAPAE XVI

EPISTOLA ENCYCLICA

ad omnes Patriarchas, Primates, Archiepiscopos, et Episcopos.

GREGORIUS PAPA XVI

VENERABILES FRATRES
SALUTEM, ET APOSTOLICAM BENEDICTIONEM.
Noi C'immaginiamo, che Voi vi meravigliate, perchè dopo essersi imposto alla Nostra tenuità l'incarico del governo di tutta la Chiesa, non Vi abbiamo per anche indirizzate Nostre lettere, secondo che è la consuetudine fin dai primi tempi introdotta, e la benevolenza Nostra verso di Voi avrebbe richiesto. Era questa per vero dire una delle Nostre più vive brame di dilatare senza indugio sopra di voi il Nostro cuore, e di favellarvi nella comunicazione dello spirito con quella voce, con cui nella persona di Pietro a Noi divinamente fu ingiunto di confermare i Fratelli [1]. Ma Voi ben sapete, per qual procella di mali e di calamità fin dai primi momenti del Nostro Pontificato fummo tosto sbalzati in un mare sì tempestoso, che se la destra del Signore non avesse fatta palese la virtù sua, avreste dovuto per la più perversa cospirazione degli empj compiangere il Nostro fatale sommergimento. Rifugge l'animo dal rinnovare coll'amara esposizione di tanti infortunj il dolore vivissimo, che ne provammo; e più Ci piace di sollevare riconoscenti benedizioni al Padre di ogni consolazione, il quale colla dispersione de' ribelli, dall'imminente pericolo Ci trasse, e sedata la furiosa tempesta Ci fè respirare: Noi Ci proponemmo incontanente di comunicare seco Voi i Nostri divisamenti alla sanazione intesi delle piaghe di Israele: ma la grave mole di cure, che ne sopraggiunsero per conciliare il ristabilimento dell'ordine pubblico, pose allora un ostacolo a tal Nostro pensiero.
Novella cagione frattanto di tenerCi in silenzio venne suscitata dalla insolenza de' faziosi, che tentarono di alzar nuovamente il vessillo della fellonia. Vero è, che veggendo Noi, che la lunga impunità, e la costante Nostra benigna indulgenza, anzichè ammansare, alimentava più tosto lo sfrenato furor dei ribelli, dovemmo finalmente, sebbene con acerbissimo dispiacere, ricorrere alle armi spirituali [2] per frenare tanta loro pervicacia, valendoci della autorità a cotal fine da Dio a Noi conferita; ma da questo appunto agevolmente potete comprendere, quanto più laboriosa e pressante siasi resa la Nostra quotidiana sollecitudine.
Ma giunti alla fine a prendere il solenne possesso secondo il costume de' Predecessori nella Nostra Lateranense Basilica, il quale per le cagioni medesime avevamo dovuto differire, troncato ogni indugio, Ci rivolgiamo solleciti a voi, Venerabili Fratelli, e pegno della Nostra dilezione Vi indirizziamo questa Lettera fra la esultanza di questo giorno lietissimo, in cui festeggiamo il trionfo della Vergine Assunta in Cielo, onde Essa, che Noi fra le più dolorose calamità sperimentammo sempre Avvocata e Liberatrice, tale pure Ci assista propizia nello scrivere a Voi, e con la sua celeste inspirazione fecondi la Nostra mente di quei consigli, che al Cristiano Gregge siano per essere sommamente salutari.
Dolenti in vero, e col cuore sopraffatto dall'amarezza, a Voi veniamo, Venerabili Fratelli, che atteso il vostro zelo ed attaccamento alla Religione ben sappiamo essere sommamente angustiati per tanta acerbità di tempi, in cui è dessa ravvolta miseramente; poichè con tutta verità potremmo dire, che l'ora è questa della potestà delle tenebre per vagliare, come grano i figli di elezione [3].Piange, a ragione può ripetersi con Isaia, piange, e consumandosi vien meno la terra infetta da' suoi abitatori, perchè hanno trasgredita la legge, hanno mutato il diritto, ed hanno rotto il patto sempiterno [4].
Diciam cose, Venerabili Fratelli, le quali avete Voi pure di continuo sotto degli occhj vostri e che deploriamo perciò con pianto comune. Superba tripudia la improbità, insolente la scienza, licenziosa la sfrontatezza. Vien disprezzata la santità delle cose sacre: e l'augusta maestà del divin culto, che pur tanto possiede di forza e di necessità sull'uman cuore, indegnamente da uomini ribaldi si riprova, si contamina, e oggetto rendesi di ludibrio. Quindi si stravolge e perverte la sana dottrina, ed errori di ogni genere si disseminano audacemente. Non leggi sacre, non diritti, non istituzioni, non discipline quali siansi più sante sono al coperto dell'ardire di costoro, che solo eruttano malvagità dalla sozza loro bocca. Bersaglio di incessanti durissime vessazioni è fatta questa Romana Nostra Sede del Beatissimo Pietro, nella quale Gesù Cristostabilì la immobile base della sua Chiesa; ed i vincoli dell'unità di giorno in giorno viemmaggiormente s'indeboliscono e si disciolgono. Si oppugna la divina autorità della Chiesa, e calpestatine i diritti, assoggettare si vuole a ragioni terrene, e con eccesso d'ingiustizia tentasi di renderla odiosa ai popoli, mentre si riduce ad ignominioso servaggio. Intanto si infrange l'obbedienza dovuta ai Vescovi, e la loro autorità vien conculcata. Echeggiano orribilmente le Accademie, e le Scuole di mostruose novità di opinioni, con cui non più occultamente e con segrete mine la Cattolica Fede si attacca, ma scopertamente e sotto gli occhi di tutti orrida e nefanda guerra se le muove. Imperocchè corrotti gli animi de' giovani allievi per gl'insegnamenti viziosi, e per li pravi esempj de' Precettori, si è dilatato ampiamente il guasto lagrimevole della Religione, ed il funestissimo pervertimento dei costumi. Scosso per tal maniera il freno della Santa Religione, che è la sola sopra cui si reggono saldi i Regni, e ferma si mantiene la forza e l'autorità di ogni dominazione, vedesi aumentare la sovversione dell'ordine pubblico, la decadenza de' Principati, e il disfacimento di ogni legittima potestà. Ma un ammasso sì enorme di disavventure devesi in ispecial modo ripetere dalla cospirazione di quelle Società, nelle quali sembra essersi accolto, come in sozza sentina, quanto v'ha di sacrilego, di abbominevole, e di empio nelle eresie e nelle sètte più ree.
Queste, Venerabili Fratelli, e più altre ancora, e forse più gravi cose, che al presente troppo lungo sarebbe l'annoverare, e che a Voi sono ben cognite, in doglia Ci tengono tanto più acerba e durevole, quanto che posti sulla Cattedra del Principe degli Apostoli Ci conosciamo in dovere di sentirci divorare più che ogni altro dallo zelo per tutta la Casa di Dio. Ma scorgendoci collocati in una Sede, ove non basta piangere soltanto queste innumerevoli sciagure, se ogni sforzo non adoperiamo per procurarne l'estirpamento, ricorriamo a tal fine al sussidio della Vostra fede ed eccitiamo la Vostra sollecitudine per la salvezza del Cattolico Gregge, Venerabili Fratelli, la cui specchiata virtù, religione, prudenza ed assiduità Ci aggiunge coraggio, ed in mezzo alla afflizione, che Ci cagionano circostanze così disastrose, dolcemente ci conforta, e racconsola. Nostro obbligo è in fatti alzar la voce, e tentare ogni prova, perchè nè il cinghiale della selva devasti la vigna, nè i lupi rapaci piombino a far strage del gregge. A Noi spetta guidare le pecorelle a quei pascoli soltanto, che sien per esse salubri, e scevri d'ogni anche leggiero sospetto d'essere perniciosi. Tolga Iddio, o Carissimi, tolga Iddio, che mentre pressano tanti mali, e tanti pericoli sovrastano, manchino al proprio officio i Pastori, e colpiti da sbigottimento abbandonino le pecorelle, o, deposta la cura del gregge, si abbandonino all'ozio ed alla trascuratezza. Trattiamo anzi perciò nella unità dello spirito la comune causa nostra, o a meglio dire la causa di Dio, e contro i comuni nemici abbiavi per la salute di tutto il Popolo la medesima vigilanza in tutti, e l'impegno medesimo,
Ciò poi felicemente adempirete, se, come esige la ragione del Vostro incarico, attendiate indefessamente a Voi stessi, e alla dottrina, richiamando spesso al pensiero che la Chiesa Universale riceve urto da qualunque novità [5], e che, secondo l'avviso del Pontefice Sant'Agatone,delle cose che furono regolarmente definite, nessuna deesi diminuire, nessuna mutare, nessuna aggiungere, ma tali esse debbonsi e nelle parole, e nei sensi custodire illibate [6]. Immobile così rimarrà la fermezza di quella unità, che come in suo fondamento si regge e contiene in questa Cattedra di Pietro, affinchè donde appunto diramansi su tutte le Chiese i diritti della veneranda comunione, ivi tutte rinvengano e muro di difesa, e sicurezza, e porto libero da' flutti, e tesoro di beni innumerabili [7]. A rintuzzare per tanto la temerità di quelli, i quali adoperano tutti i mezzi o per abbattere i diritti di questa Santa Sede, o per isciogliere quel nesso e congiungimento delle Chiese colla medesima, sul quale solo hanno esse fermezza, solidità, e vigore, a tutti inculcate il massimo impegno di fedeltà, e di venerazione sincera verso di Lei, facendo altamente intendere con San Cipriano, che falsamente confida di essere nella Chiesa chi abbandona la Cattedra di Pietro, sopra la quale è fondata la Chiesa [8].
A tale obbjetto devono perciò tendere i Vostri travagli, le Vostre cure sollecite, l'assidua Vostra vigilanza, affinchè gelosamente sia custodito il santo deposito della Fede in mezzo all'infernale cospirazione degli empj, che con Nostro estremo cordoglio vediamo intenta a derubarlo, e a perderlo. Ricordinsi tutti, che il giudizio intorno alla sana dottrina da insegnarsi ai popoli, non meno che il governo ed il giurisdizionale reggimento della Chiesa è presso il Romano Pontefice, a cui fu conferita da Gesù Cristo la piena potestà di pascere, reggere, e governare la Chiesa universale, siccome dichiararono solennemente i Padri del Concilio di Firenze [9]. Obbligo è poi di ogni Vescovo tenersi fedelissimamente attaccato alla Cattedra di Pietro, custodire santamente e scrupolosamente il deposito della Fede, e pascere il Gregge di Dio, che loro è affidato. I Sacerdoti debbono stare soggetti ai Vescovi, i quali avverte San Girolamo [10] doversi dai medesimi riguardare come padri delle loro anime: nè mai si dimentichino esser loro anche dagli antichi Canoni divietato d'intraprendere azione alcuna nel Sacro Ministero, e di assumersi l'officio di insegnare e di predicare senza l'annuenza del Vescovo, a cui venne commesso il Popolo, ed a cui si domanderà conto delle anime [11]. Tengasi finalmente per regola certa ed immobile, che tutti quelli, i quali macchinare osassero qualche cosa contro questo ordine così stabilito, perturberebbero, quanto è da loro, lo stato della Chiesa.
Sarebbe poi troppo nefanda cosa, ed aliena pienamente da quell'affetto di venerazione con cui debbonsi rispettare le leggi della Chiesa, il lasciarsi trasportare da forsennata manía di opinare a capriccio, sicchè si permettesse alcuno di disapprovare, o di accusare quasi contraria a certi principj di diritto di natura, o di dire manchevole, e imperfetta, e dipendente dalla civile autorità quella sacra disciplina, che fissò la Chiesa per l'esercizio del divin culto, per la direzione dei costumi, per la prescrizione de' suoi diritti e pel gerarchico regolamento de' suoi Ministri.
Essendo inoltre massima infrangibile, per valerci delle parole dei Padri Tridentini, che la Chiesa fu erudita da Gesù Cristo e da' suoi Apostoli, e che viene ammaestrata dallo Spirito Santo, il quale di giorno in giorno le suggerisce ogni verità [12], chiaro apparisce, quanto assurda cosa, ed alla stessa Chiesa al sommo oltraggiosa ella sia il proporsi una certa ristaurazione e rigenerazione, come necessaria per provvedere alla sua salvezza, ed ai suoi avvanzamenti, quasi che riputare essa si potesse soggetta o a difetto, o ad oscuramento, o ad altri inconvenienti di simil genere: macchine tutte e trame dirette dai novatori al malaugurato lor fine di gettare le fondamenta di un recente umano stabilimento, onde quello ne avvenga, che tanto detestavasi da San Cipriano, che umana cosa addivenisse la Chiesa, la quale è cosa tutta divina [13]. Ma quelli, che van meditando siffatti disegni, considerino, che per testimonianza di San Leone al solo Romano Pontefice è affidata la dispensazione dei Canoni, e che ad esso solo appartiensi, e non a privato uomo chi che sia, il definire alcuna cosa sulle regole delle paterne sanzioni, e, siccome scrive San Gelasio [14] bilanciare di tal maniera i decreti de' Canoni, e commensurare in guisa i precetti de' Predecessori, che dopo diligenti riflessioni si dia un conveniente temperamento a quelle cose che la necessità de' tempi richiede doversi in bene delle Chiese prudentemente moderare.
E quì vogliamo eccitare sempre più la costanza Vostra a prò della Religione, onde Vi opponiate all'immonda congiura contro il Clericale Celibato, la quale vi è noto accendersi ogni dì più estesamente, unendo a quelli dei più sciaurati filosofi dell'età nostra i loro tentativi anche alcuni dell'istesso ceto Ecclesiastico, i quali dimentichi della dignità loro, e del loro ministero, e trascinati dal lusinghiero torrente della voluttà, proruppero in tale eccesso di licenziosa impudenza, che non si ristettero di presentare in più luoghi pubbliche reiterate postulazioni ai Governi, onde abrogato venisse ed annientato questo santissimo punto di disciplina. Ma troppo C'incresce di trattenerVi lungamente sopra questi attentati di turpitudine: e più tosto con fiducia incarichiamo la religion Vostra, acciocchè tutto impieghiate il nerbo della vostra industria, per mantener sempre secondo il prescritto de' Sacri Canoni intatta, custodita, ferma, e difesa una legge di tanto rilievo, contro la quale da ogni parte si scagliano gli strali degli impudici.
Esige in seguito le nostre comuni premure l'onorando Matrimonio de' Cristiani, che sacramento grande in Cristo e nella Chiesa da San Paolo si chiama [15], affinchè niente di meno retto si opini, o si tenti introdurre, che sia contrario alla di lui santità, o leda la indissolubilità del suo vincolo. Vi aveva già questo raccomandato istantemente nelle sue lettere il Nostro Predecessore Pio VIII di felice ricordanza; ma sieguono a moltiplicarsi tuttavia contro di esso gli attentati della empietà. Fa perciò di mestieri istruire accuratamente i Popoli, che il matrimonio, una volta legittimamente contratto non può più sciogliersi, e che ha Dio ingiunto ai conjugati una perpetua unione di vita, ed un tal legame, che solo colla morte può rompersi. Rammentando, come il matrimonio fra le cose sacre si annovera, e che per questo è soggetto alla Chiesa, abbiano di continuo presenti le leggi da questa stabilite su di esso, e quelle adempiano santamente, ed esattamente, siccome prescrizioni, dalla cui osservanza fedele dipende la forza, la validità, e la giustizia del medesimo. Astengasi ognuno dal commettere per qualsivoglia motivo atti che siano contrarj alle canoniche disposizioni, e ai decreti de' Concilj che il riguardino, ben conoscendosi, che esito infelicissimo sogliono avere quei maritaggi, che o contro la disciplina della Chiesa, o non implorata prima la benedizione del Cielo, o per solo bollore di cieca passione vengono celebrati, senza che della santità del Sacramento, e de' Misterj che vi si ascondono, alcun pensiero si prendano gli sposi.
Veniamo ora ad un'altra sorgente trabocchevole de' mali, da cui compiangiamo afflitta presentemente la Chiesa, l'indifferentismo, vogliamo dire, ossia quella perversa opinione che per frodolenta opera degl'increduli si dilatò in ogni parte, che cioè possa in qualunque professione di fede conseguirsi l'eterna salvezza dell'anima, se i costumi si conformino alla norma del retto, e dell'onesto. Ma a Voi non sarà malagevol cosa allontanare dai Popoli alla vostra cura commessi un errore così pestilenziale intorno a una cosa così chiara, e senza contrasto evidentissima. Poichè asserendosi dall'Apostolo [16] avervi un solo Iddio, una sola Fede, un solo battesimo, temano coloro i quali sognano, che veleggiando sotto bandiera di qualunque Religione possa egualmente approdarsi al porto della eterna felicità, e considerino, che per testimonianza dello stesso Salvatore [17] sono essi contro Cristo, perchè non sono con Cristo, e che sventuratamente dispergono sol perchè con lui non raccolgono; e che quindi senza dubbio periranno in eterno, se non tengano la fede Cattolica, e questa non conservino intera ed inviolata [18]. Ascoltino San Girolamo, il quale divisa trovandosi per scisma in tre parti la Chiesa racconta, che tenace egli, come era, del santo proposito, quando taluno cercava di attirarlo al suo partito, alto levando la voce rispondeva costantemente: Chi sta unito alla Cattedra di Pietro, quegli è mio [19]. A torto poi alcuno di coloro, che a quella non sono congiunti, oserebbero trarre ragione di tranquillizzante lusinga per essere anch'esso rigenerato nell'acqua di salute; poichè risponderebbegli tutto in acconcio Sant'Agostino [20]. Anche il sarmento reciso dalla vite ha la stessa forma: ma che gli giova la forma, se non vive della radice?....
E da questa corrottissima sorgente dell'indifferentismo scaturisce quell'assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che debbasi ammettere, e garantire per ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo, a cui appiana il sentiero quella piena, e smodata libertà di opinare, che va sempre aumentandosi a danno della Chiesa, e dello Stato, non mancando chi osa vantare con impudenza sfrontata provenire da siffatta licenza alcun comodo alla Religione. Ma qual può darsi morte peggiore dell'anima che la libertà dell'errore? esclama Sant'Agostino [21]. Tolto infatti ogni freno che contenga nelle vie della verità gli uomini già volgentisi al precipizio per la natura inclinata al male, potremmo dire con verità essersi aperto il pozzo d'abisso [22] dal quale vide San Giovanni salire tal fumo, che oscurato ne rimase il sole, uscendone locuste innumerabili a disertare la terra. Indi infatti hassi a ripetere il cangiamento degli spiriti, indi la depravazione della gioventù, indi il disprezzo nel popolo delle cose sacre, e delle leggi più sante, indi in una parola la peste della società più di ogni altra esiziale, mentre l'esperienza di tutti i secoli fin dalla più remota antichità luminosamente dimostra, che città per opulenza, per dominazione, per gloria le più fiorenti per questo solo disordine, cioè per una eccessiva libertà di opinioni, per la licenza delle conventicole, per la smania di novità, andarono infelicemente in rovina.
A questo fine è diretta quella pessima, nè mai abbastanza esecrata ed aborrita libertà della stampanel divulgare scritti di qualunque siasi genere; libertà, che taluni osano d'invocare, e promuovere con tanto clamore. Inorridiamo, Venerabili Fratelli, nel rimirare, qual Ci opprima stravaganza di dottrine, e più veramente portentosa mostruosità di errori, che si spargono e disseminano per ogni dove con quella sterminata moltitudine di libri, di opuscoli, e di scritti, piccoli certamente di mole, ma per malizia grandissimi, da' quali veggiamo con le lacrime agli occhj uscire la maledizione, ed innondare tutta la faccia della terra. Eppure (ahi doloroso riflesso!) vi ha di quelli, che giungono alla sfrontatezza di asserire con insultante protervia, che questo innondamento di errori è più che abbondevolmente compensato da qualche opera, che in mezzo a tanta tempesta di pravità si mette in luce per difesa della Religione e della verità. Nefanda cosa ella è certamente, e da ogni legge riprovata il commettere a bello studio un male certo e più grave, perchè vi è lusinga di poterne trarre un qualche bene. Ma potrà mai dirsi da chi sia sano di mente, che debbasi liberamente ed in pubblico spargere, vendere, trasportare, anzi tracannare ancora il veleno, perchè avvi un cotal rimedio, di cui usando avvenga talvolta, che alcuno campi da morte?
Ma assai ben diverso fu il sistema adoperato dalla Chiesa per esterminare la peste de' cattivi libri fin dall'età degli Apostoli, i quali leggiamo aver consegnato alle fiamme pubblicamente quantità ben grande di libri siffatti [23]. Basti leggere le provvidenze date su tal proposito nel Concilio Lateranense V e la Costituzione che ne pubblicò Leone X di felice memoria Nostro Predecessore, appunto perchè quella stampa, che fu salutevolmente ritrovata per aumento della Fede, e per la propagazione delle buone arti, non venisse a contrarj fini rivolta, e danno recasse e pregiudizio alla salute de' fedeli di Cristo [24]. Fu ciò parimenti a cuore de' Padri Tridentini per tal maniera, che per applicare opportuno rimedio ad inconveniente sì dannoso, emisero quell'utilissimo decreto sulla formazione dell'Indice de' libri, entro i quali malsane ed impure dottrine si contenessero [25].Conviene, dice Clemente XIII. Nostro Predecessore di felice rimembranza nella sua enciclica sulla proscrizione de' libri nocivi [26],conviene combattere valorosamente, per quanto sì grande affare il richiede, ed esterminare per ogni modo il pernicioso mortifero ammasso di tanti libri guasti e nocivi; poichè mai si toglierà via la materia dell'errore finchè arsi non periscano tra le fiamme gli impuri elementi della malvagità. Per tale adunque e così costante sollecitudine, con cui in tutti i tempi questa Santa Sede Apostolica studiò sempre di condannare i libri pravi e sospetti, e di strapparli di mano ai fedeli, rendesi assai palese, quanto falsa, temeraria, ed oltraggiosa alla stessa Apostolica Sede, nonchè ferace di sommi mali pel Cristiano Popolo sia la dottrina di coloro, i quali non solo rigettano come grave ed onerosa eccessivamente la censura de' libri, ma a tanto altresì si avanzano di audace malignità, che la dichiarano perfino aborrente dai principj del retto diritto, e negano arditamente alla Chiesa l'autorità di ordinarla, e di eseguirla.
Avendo poi rilevato da parecchi scritti, che circolano fra le mani di tutti, propagarsi certe dottrine tendenti a far crollare la fedeltà e sommessione dovuta ai Principi, e ad accendere ovunque le faci della fellonia, Vi esortiamo ad essere sommamente guardinghi, affinchè i Popoli per tale seducimento non si lascino miseramente rimuovere dal diritto sentiero. Riflettano tutti, che secondo l'avviso dell'Apostolo non vi ha Potestà, se non da Dio, e che le cose che sono furono ordinate da Dio. Chi perciò resiste alla Potestà, resiste alla ordinazione di Dio, e quelli che resistono, si procurano da se stessi la condanna [27]. Il perchè e il divino e l'umano diritto gridano contro coloro, i quali con infamissime trame, e con macchinamenti di fellonía, e di sedizioni impiegano i loro sforzi nel mancare di fede ai Principi, ed in balzarli pur anche dal Trono.
E fu appunto per non contaminarsi di tanto obbrobrioso delitto, che gli antichi Cristiani nel bollore eziandio delle persecuzioni si videro sempre ben meritare degli Imperatori, e della salvezza dell'Impero; nè ciò solo confermare colla fedeltà più verace nell'adempiere esattamente e con pronta alacrità, quanto veniva loro ingiunto non contrario alla Religione, ma colla inalterabil loro costanza e col sangue eziandio sparso per essi ne' più rischiosi cimenti. I soldati Cristiani, dice Sant'Agostino [28], servirono all'Imperatore infedele: quando toccavasi la causa di Gesù Cristo non conoscevano altri, che Quello il quale regna ne' Cieli. Distinguevano il Signore Eterno dal Signore terreno, e ciò nonostante pel Signore Eterno si tenevano obbedienti anche al Signore terreno. E tai motivi appunto aveasi posto innanzi agli occhj l'invitto martire San Maurizio Capo della Legione Tebana, allorchè, come riferisce Sant'Eucherio, così rispose all'Imperatore [29]: Siam tuoi Soldati, o Imperatore, ma però siamo al tempo istesso servi di Dio, e il confessiamo liberamente..., E pure nè anche questa stessa dura necessità di serbare la vita ci spinge alla ribellione: ecco abbiamo le armi, eppur non facciamo resistenza, perchè riputiamo sorte migliore il morire, che l'uccidere. La qual fedeltà degli antichi Cristiani verso dei loro Principi anche più illustre risplende, se si rifletta con Tertulliano [30], che a quel tempo non mancava ai Cristiani gran numero di armi, e di armati, se avessero voluto farla da nemici dichiarati. Siamo sbocciati jeri appena, egli dice agl'Imperatori pagani, e già abbiamo riempiuto ogni vostro luogo, le Città, le Isole, le Castella, i Municipj, le Adunanze, gli Accampamenti istessi, le Tribù, le Curie, il Palazzo, il Senato, il Foro.... A qual guerra non saremmo stati idonei, e pronti, quando pure fossimo inferiori di numero, noi che ci lasciamo trucidare tanto volenterosamente, se dalla nostra disciplina non fosse permesso più il lasciarsi uccidere, che l'uccidere? Se tanta moltitudine di persone, qual noi siamo, allontanandosi da voi, rifugiata si fosse in qualche remotissima piaggia dell'Orbe, avrebbe certamente recata vergogna alla vostra potenza la perdita di tanti, quai ch'essi fossero, cittadini, anzi l'avrebbe pur anche punita collo stesso abbandono. Senza dubbio vi sareste sbigottiti a tal solitudine... e cercato avreste a chi comandare: vi sarebbero rimasti più nemici che cittadini: mentre ora avete minor numero di nemici in vista della moltitudine de' Cristiani.
Esempj sì luminosi d'inalterabile sommessione ai Principi, che necessariamente derivavano dai santissimi precetti della Religione Cristiana, condannano altamente la detestabile insolenza ed improbità di coloro, che accesi dall'insana e sfrenata brama di una libertà senza ritegno, sono totalmente rivolti a manomettere, anzi a svellere qualunque diritto dal Principato, onde poscia recare ai Popoli sotto colore di libertà il più duro servaggio. A questo scopo per verità cospirano gli scellerati delirj, e i disegni de' Waldesi, de' Beguardi, dei Wiclefisti, e di altrettali Figli di Belial, che furono l'ignominia e la feccia dell'uman genere, meritamente perciò tante volte colpiti dagli anatemi di questa Sede Apostolica. Nè certamente per altro motivo cotesti pensatori moderni tutti sviluppano le loro forze, se non perchè possano menar festa e trionfo con Lutero, e compiacersi con esso di esser liberi da tutti, disposti per ciò decisamente ad accingersi a qualunque più riprovevole impresa, per giungere con più facilità e speditezza a conseguire l'intento.
Nè più lieti successi potremmo presagire per la Religione ed il Principato dai voti di coloro, che vorrebbero vedere separata la Chiesa dal Regno, e troncata la mutua concordia dell'Impero col Sacerdozio. Poichè troppo è chiaro, che dagli amatori d'una impudentissima libertà assai si teme quella concordia, che fu sempre al sacro ed al civile governo fausta e vantaggiosa.
Ma a tante e così amare cagioni, che Ci tengono solleciti, e nel comune pericolo con dolor singolare Ci crucciano, unironsi certe associazioni, e alcune determinate adunanze, nelle quali, fatta lega con gente d'ogni religione anche falsa, e di estraneo culto, si predica libertà d'ogni genere, si suscitano turbolenze contro l'uno e l'altro potere, e si conculca ogni più veneranda autorità, sotto lo specioso pretesto di pietà e di attaccamento alla Religione, ma con mira in fatto di promuovere ovunque novità e sedizioni.
Queste cose, Venerabili Fratelli, con animo dolentissimo, ma pieno di fiducia in Quello, che comanda ai venti, e porta la tranquillità, abbiamo a Voi esposte, affinchè impugnato lo scudo della Fede seguitiate animosi a combattere pel Signore. A voi sopra ogni altro appartiene stare qual muro saldo a fronte di ogni superba altura, che levar si voglia contro la scienza di Dio. Da Voi s'imbrandisca la spada dello Spirito, che è la parola di Dio, e siano per Voi provveduti di pane quelli che sono famelici della giustizia. Chiamati ad essere coltivatori industriosi nella vigna del Signore, occupatevi di questo solo, e a questo solo volgete le comuni vostre fatiche, che cioè ogni radice di amarezza sia svelta dal campo a Voi assegnato, e spento ogni seme vizioso, rigogliosa in esso biondeggi, ed abbondante vi cresca la messe della virtù. Quelli singolarmente con paterno affetto abbracciando, i quali si applicano ai filosofici studj, e più ancora alle sacre discipline, inculcate loro premurosamente, che si guardino dal fidarsi alle sole forze del proprio ingegno per non lasciare il sentiero della verità, e quello prendere mal accorti, che dagli empj si calca. Rammentinsi, che Iddio è il vero Duce della sapienza e l'emendatore dei sapienti [31], e che non mai può avvenire, che senza Dio conosciamo Dio, il quale per mezzo del Verbo ammaestra gli uomini della conoscenza di Dio [32]. Proprio è del superbo, o piuttosto dello stolto il volere pesare sulle umane bilancie i misterj della Fede, che avanzano ogni umano concepimento, e fidare sulla ragione della nostra mente, che per la condizione istessa della umana mente troppo è fiacca e malsana.
Del resto secondino questi comuni voti pel bene della Chiesa e dello Stato i Figli Nostri Carissimi in Cristo i Principi col loro ajuto, e con quella autorità, la quale debbono considerare a sè conferita non pel governo soltanto delle cose terrene, ma in modo speciale per sostenere la Chiesa. Riflettano seriamente, farsi pel loro impero e per la loro quiete quanto si adopera per la salvezza della Religione: si persuadano anzi, dover esser loro assai più a cuore la causa della Fede, che quella del Regno, e a grande onore si rechino, il ripetiamo col Pontefice San Leone, che al loro diadema per man del Signore la corona si aggiunga altresì della Fede. Posti quasi per padri e tutori de' Popoli procureranno a questi quiete e tranquillità vera, costante, e doviziosa, se attendano particolarmente a far fiorire tra essi la Religione e la pietà verso Dio, il quale porta scritto nel femore: Re dei Re, e Signor dei Signori.
Ma per impetrare successi sì prosperi e sì felici, solleviamo supplichevoli gli sguardi e le mani verso la Santissima Vergine Maria, la quale sola conquise le eresie tutte, ed è la massima Nostra fiducia, anzi la ragion tutta della Nostra speranza [33]. Ella la grande Avvocata, col suo patrocinio, in mezzo a tanta necessità del Cristian Gregge, implori benigna ai Nostri consigli, sforzi ed azioni, un esito fortunatissimo. Tanto con umil preghiera addomandiamo ancora al Principe degli Apostoli San Pietroe al suo Co-Apostolo San Paolo, affinchè saldi tutti rimanghiate a guisa di stabil muro, onde altro fondamento non pongasi diverso da quello, che fu già posto. Da sì gioconda speranza animati confidiamo, che l'Autore e Consumatore della Fede Gesù Cristoconsolerà finalmente Noi tutti nelle tribolazioni, che troppo ci tengono bersagliati; ed intanto quasi foriera ed auspice del celestiale soccorso a Voi, Venerabili Fratelli, e a tutto il Gregge alla vostra cura commesso, affettuosamente impartiamo l'Apostolica Benedizione.
Datum Romae apud S. Mariam Majorem XVIII. Kalendas Septembris die sollemni Assumptionis ejusdem B. V. Mariae Anno Dominicae Incarnationis MDCCCXXXII Pontificatus Nostri Anno II.
Gregorio PP. XVI.

NOTE:

[1] Luc. 22. 32.
[2] I. Corinth. 4. 21.
[3] Luc. 22. 53.
[4] Isaiae 24. 5.
[5] S. Celest. PP. Ep. 61 ad Episc. Galliar.
[6] S. Agato PP. Ep. ad Imp. apud Labb. Tom. 11 pag. 235 Ed. Mansi.
[7] S. Innocent. PP. Ep. 11 apud Constat.
[8] S. Cypr. de unitate Eccles.
[9] Conc. Flor. Sess. 25 In definit. apud Labb. Tom. 18 col. 527 edit. Venet.
[10] S. Hieron. Ep. 2 ad Nepot. a 2 24.
[11] Ex Can. Ap. 38 apud Labb. tom. 1 pag. 38 it. Ed. Mansi.
[12] Conc. Trid. Sess. 13 c. de Eucharist. in proem.
[13] S. Cipr. Ep. 52 Edit. Baluz.
[14] S. Gelasius PP. Ep. ad Episcop. Lucaniae.
[15] Ad Hebr. 13. 4.
[16] Ad Ephes. 4. 6.
[17] Luc. 11. 23.
[18] Symbol. S. Athanas.
[19] S. Hier. Ep. 58.
[20] S. Aug. In Psal. contra part. Donat.
[21] S. Aug. Ep. 166.
[22] Apocalyp. 9. 5.
[23] Act. Apost. 19.
[24] Act. Conc. Lateran. V sess. 10. ubi refertur Const. Leonis X. Legenda est anterior Constitutio Alexandri VI Inter multiplices, in qua multa ad rem.
[25] Conc. Trid. Sess. 18. et 25.
[26] Lit. Clement. XIII Christianae 25. Nov. 1766.
[27] Ad Rom. 13. 2.
[28] S. Aug. in Psalt. 124. n. 7.
[29] S. Eucher. apud Ruinart. Act. SS. MM. de SS. Maurit. et. Soc. n. 4.
[30] Tertul. in Apologet. Cap. 37.
[31] Sap. 7. 16.
[32] S. Ireneus Lib. 4. Cap. 10.
[33] S.Bernardi Serm. de Nat. B. M. V. §. 9.