domenica 23 settembre 2012

I falsi Luigi XVII apparsi nel secolo XIX (4): HENRI HÉBERT O CLAUDE PERRIN, ALIAS “BARONE” DI RICHEMONT

File:Arms of the Dauphin of France.svg



In Francia fece scalpore e danni prolungati nel tempo, il caso del falso Barone di Richemont. Henri Ethelbert Louis Victor Hébert, questo il vero nome dell’avventuriero, si svela nel 1820 nel Ducato di Modena. Ecco la versione sopravviventista, che questo falso Luigi XVII dà della sua presunta evasione dalla prigione del Tempio. La moglie del ciabattino Simon, il “precettore” dato al fanciullo
dai rivoluzionari, gli si sarebbe sinceramente affezionata, tanto da trasportarlo nascosto dentro una cesta fuori dal Tempio. Indi egli sarebbe vissuto nel vicino castello di Longevielle, sotto il nome di Barone di Richemont, alias Duca di Normandia.
Pretendeva di aver prestato servizio militare nell’armata del Prìncipe di Condé e di aver partecipato alla campagna d’Egitto sotto Napoleone (servizio che, se la sua vanteria di essere Luigi XVII fosse autentica, gli sarebbe capitato alla veneranda e matura età di 13 anni); narra le ingiustizie subite dal Re Cittadino Luigi Filippo, sul cui impossessamento del trono di Francia il “Barone” è prodigo d’insulti.
Imprigionato a Milano, viene liberato nel 1825. Nel 1828 egli rivolge un proclama alla Camera dei Pari di Francia, in cui avanza le sue pretese. Di nuovo arrestato nel 1833, processato l’anno seguente, il 4 novembre 1834 finisce condannato per truffa, usurpazione di titolo e complotto contro la sicurezza dello Stato, a dodici anni di reclusione dalla Corte di Assise della Senna. Imprigionato a Parigi, nel carcere di Santa Pelagia, riesce a evadere dopo alcuni mesi di detenzione, lascia il Paese, dove fa ritorno nel 1840, beneficiando dell’amnistia.
Hébert depista la polizia, cambia nome e prende più tardi quello di Richemont, grazie al quale miete un gran numero di vittime fra castellani credenzoni e anche fra membri del clero nei dintorni di Lione. Il crapulone trova ad attenderlo anche la sciocca Contessa d’Apcher, con tanto di capponi grassi, vini freschi e leggeri, letto di piume.
“Di statura mediocre, […] piuttosto grosso, la fronte bassa, bocca media, mento curvo” fu capace di corbellare uno dei precettori del Duca di Bordeaux, aristocratici, sacerdoti. “Ricevuti donativi considerevoli […] apre conti bancari a Parigi, Lione, Calais, Tolone, forse all’estero”23. Muore nel castello di Vaurenard, presso Gleizé, il 10 agosto 1853, senza eredi e senza darsi nemmeno la pena di
dotarsi degli occhi blu del vero Luigi XVII. Fu seppellito in seguito nel cimitero di Gleizé. A Villefranche-sur-Sâone il registro dei decessi segna, a quella data, la morte di Luigi Carlo di Francia, figlio di Luigi XVI e di Maria Antonietta, nato a Versailles il 27 marzo 1785 e morto a Gleizé. Sulla sua tomba fu inciso il nome di Luigi Carlo di Francia, ma il governo francese ordinò in seguito che l’iscrizione fosse cancellata.
Alcuni ritengono che, in realtà, il vero nome di Richemont fosse Claude Perrin, figlio di un macellaio di Lagnieu. Fallito, spia, egli si serviva in realtà di diversi pseudonimi: oltre a Barone di Richemont, Barone Picquet, Colonnello Gustave, Luigi Carlo Borbone, Henri Hubert...
Al tempo delle apparizioni di La Salette, approvate dalla Chiesa, quando la Madonna apparve ai due veggenti, Melania e Massimino, i sostenitori del Barone di Richemont si persuasero che il loro idolo fosse espressamente menzionato nel segreto di cui erano custodi i veggenti. Parlarono a Massimino del pretendente, mostrandogli anche il ritratto, ma Massimino semplicemente rispose di non aver mai sentito dire né di Luigi XVII, né di Luigi XVIII, ma soltanto di Luigi Filippo con riferimento alle
sventure che si addensavano sulla Francia (si era nel 1848, poco prima della Rivoluzione liberale che avrebbe rovesciato il Re borghese e che la Madonna aveva preconizzato). Infatti la Madonna a La Salette aveva profetizzato: “Se il mio popolo non vuole sottomettersi, sono costretta a lasciare andare la mano di mio Figlio. Essa regge a fatica e si è tanto appesantita che non posso più trattenerla”.