mercoledì 31 ottobre 2012

Una triste ricorrenza per Trieste



Il 31 Ottobre 1918 l'Austria era costretta a lasciare Trieste da secoli unita per propria volontà ai domini Imperial-Regi. Da allora la città di Trieste ha vissuto tra alti e bassi . Ha subito il mal Governo del Regno d'Italia prima e l'occupazione Comunista  alla quale seguì l'ennesimo mal Governo della Repubblica Italiana. Ciò che noi ci auguriamo è che Trieste risorga e ritorni ai suoi antichi splendori grazie alla Restaurazione del potere legittimo.

Di Redazione A.L.T.A.

L’INGANNO DI HALLOWEEN OVVERO UN CARNEVALE FUORI STAGIONE

L’INGANNO DI HALLOWEEN OVVERO UN CARNEVALE FUORI STAGIONE

Nella notte tra il 30 ottobre e il 1 novembre le zucche si illumineranno per la loro festa annuale: Halloween, parola inglese che deriva da All hallow’s eve, cioè “ vigilia di tutti i Santi”. Questa è la radice delle nostre zucche, trapiantate in america nell’ottocento dagli emigrati irlandesi che erano soliti celebrare le feste di inizio novembre svuotando le caratteristiche verdure gialle. Quello era anche il periodo in cui già varie antiche popolazioni pagane celebravano gli inizi del rigido inverno, ed i Celti del centro Europa festeggiavano il loro capodanno. Negli ultimi decenni queste tradizioni non cristiane hanno riattraversato l’oceano Atlantico con tutto il loro seguito di riti e simbolismi, giungendo a noi sotto la furba veste commerciale di un carnevale fuori stagione e qualche volta trasformandosi in un’occasione per far propaganda a sproposito di magia e di stregoneria. Meglio ritornare alle origini nostrane ricordando che “ dolcetto o scherzetto” ...
... sono la replica dei regali che, secondo la leggenda, le anime dei morti venivano a portare sulla terra. Ma la vicinanza affettuosa e attenta di chi ci ha voluto bene e adesso non c’è più. Ma solo in apparenza. Riguardo alla festa pagana di Halloween la Chiesa attraverso le sue agenzie educative sempre più dovrebbe fare un’opera di illuminazione. In Francia tale fenomeno ha imboccato il viale del tramonto e la polemica è tutta incentrata sul recupero delle tradizioni autoctone. Il filosofo e critico letterario Damien Le Guay nel suo libro “La faccia nascosta di Halloween” (edito in Italia dalla Casa editrice Salesiana Elledici), significativamente sottotitolata “Come la festa della zucca ha sconfitto tutti i Santi”, definisce Halloween come un emblema del neopaganesimo, mettendo in luce le sue distorsioni della realtà e le implicazioni negative che può avere sulla psiche dei più piccoli. Jean-Pierre Hartmann, sindaco di Carpspac, nel 2005 ha addirittura proibito la celebrazione della festa nel suo comune. Molte diocesi francesi hanno organizzato l’operazione “Holy Wins” (La Santità trionfa) con distribuzione gratuita di opuscoli religiosi ai ragazzi e alle loro famiglie che invitano a riflettere sui veri e profondi valori della festa di Ognissanti. A Mosca è stata inviata una circolare a tutte le scuole per proibire festeggiamenti in classe in quanto contengono elementi antieducativi. In Germania la federazione per la protezione della lingua tedesca ha preso posizione contro la festa di Halloween. In Ecuador sono stati vietati i festeggiamenti per Halloween nelle scuole pubbliche con un decreto del Ministro dell’Educazione Otòn Moràn. In Italia, il servizio antisette occulte della comunità Giovanni XXIII fondata dal compianto Don Oreste Benzi, ha rilevato che esiste una forte percentuale di persone avviate e intrappolate dai poteri dell’occulto proprio attraverso questa festività. Secondo tale gruppo cattolico, il 16% delle persone avviate all’esoterismo sono state ingaggiate all’interno delle iniziative di Halloween che oltre alla speculazione commerciale, porta il grave pericolo di adescamento e reclutamento dei ragazzi e dei giovani nel mondo delle sette occulte. La comunità di Don Benzi chiede a tutti i ragazzi e i giovani “di non aderire in nessun modo a tale iniziativa, perché venga abbattuta l’offensiva del demonio che ha come cavallo di battaglia l’esoterismo e l’occultismo. Halloween è l’evento per molti riuscito affinché tanta gente fragile resti manipolata e schiavizzata dietro i maghi dell’occultismo”. Telefono Blu stimava nel 2005 in almeno 120milioni di euro la spesa per organizzare eventi pubblici e privati; e altri 150milioni di euro per mascherarsi. In tutto più di 270milioni di euro consumati in una sola notte. La stessa conferma su questo colossale business viene dalle varie associazioni di consumatori. L’arcivescovo emerito di Palermo, il cardinale Salvatore De Giorgi ebbe a dire: “Anche nella nostra città le due feste liturgiche più care al nostro popolo e alla nostra cultura cristiana sono state contaminate da un rito consumistico e carnevalesco, di importazione americana, che non ha nulla in comune con le nostre tradizioni”. A Corinaldo, in provincia di Ancona, definita dal quotidiano “Il Sole 24 Ore” come “la capitale italiana di Halloween, nel 2005 il vescovo ha precisato che la gente, nonostante questa festa pagana, non deve dimenticarsi della tradizione cristiana dei morti e dei santi. Il parroco ha decisamente attaccato la manifestazione che pure ha registrato 80.000 presenze da tutte le parti d’Italia. Don Claudio Paganini, responsabile del Segretariato Oratori della Diocesi di Brescia, afferma che “Non è assolutamente opportuno promuovere o sostenere tale festa di halloween con cessioni di locali parrocchiali, promozione di feste e stampa di volantini […]. La festa di halloween non ci azzecca proprio nulla con la cultura europea, ed ancor meno con la formazione cristiana. La festa di Tutti i Santi ha sufficienti motivazioni teologiche, pastorali, educative per i giovani”. L’Azione Cattolica di Vicenza, su iniziativa dell’Acr, esprime una “preoccupazione educativa” sulla festa di halloween: “Come Azione cattolica esprimiamo la preoccupazione di quali modelli educativi trasmettiamo ai ragazzi ed intendiamo esprimere la nostra contrarietà al diffondersi di una “festa” che fa dello spiritismo e del senso del macabro il suo centro ispiratore. […] è più sano per l’intelligenza dei nostri ragazzi e bambini fantasticare sulle streghe o conoscere la storia dei grandi santi che hanno vivificato il nostro patrimonio culturale e la nostra tradizione cristiana?”. L’Azione cattolica di Vicenza si scaglia, in particolare, contro chi pensa che halloween sia “un evento che appare innocuo, e che non fa male a nessuno”. E’ interessante sottolineare come diverse parrocchie si sforzino di valorizzare le feste cristiane. Nella parrocchia di San Luigi Gonzaga a Foggia, guidata da Don Guglielmo Fichera, da alcuni anni nel pomeriggio del 31 ottobre, adulti e bambini, catechisti e genitori, hanno indossato abiti e portato simboli che ricordano il santo di cui portano il nome. La festa di “quelli vestiti come i santi” inizia con la processione animata con canti e preghiere che si snoda per le vie della parrocchia che attenzione non si chiama “processione di tutti i santi”, ma processione di “quelli vestiti come i santi”. Gli abiti per tale festa vengono realizzati in economia, con semplicità, in maniera artigianale, con pezzi di stoffa e accessori recuperati dalle cose e dai materiali che sono in casa o acquistati a poco prezzo al mercato. Povertà creativa, dunque, non spreco di denaro, perché bisogna testimoniare il Vangelo, non fare una sfilata di moda! Dopo la processione e dopo la Santa Messa, in chiesa viene esposto il Santissimo Sacramento e si prega in vario modo per lodare Dio e per riparare tutti i tipi di “brutture” operate nella notte dai “devoti di halloween”. C’è poi la festa nei locali parrocchiali con tanti palloncini colorati, tante luci, tanti giochi, dolci e canti: è allora che grandi e piccoli si chiedono l’un l’altro: il simbolo che porti, che significato ha nella vita del santo di cui porti il nome? Insomma non più “dolcetto o scherzetto” ma “dimmi che santo sei”. La maggior parte dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, oggi sa poco o niente del santo di cui porta il nome. Quando è nato? In che secolo è vissuto? Quali sono gli episodi più significativi della sua vita? Ha lasciato insegnamenti spirituali particolarmente illuminanti? Ha scritto libri importanti per la nostra spiritualità? Come è morto? Perché nelle immaginette è rappresentato con quel particolare oggetto in mano o con quel particolare animale accanto? Con quale simbolo posso richiamare la sua vita? La parrocchia di San Luigi a Foggia ha messo a disposizione per ogni ragazzo del catechismo, una scheda sulla vita e i fatti essenziali della vita del proprio santo (reperiti da libri di agiografia e da un sito internet con 18.000 santi) insieme ad una foto plastificata a colori del santo e alla consulenza di alcune mamme-sarte per meglio preparare lo specifico abito. Una èquipe guidata dal parroco Don Luigi Fichera ha aiutato chi aveva difficoltà a pensare e a realizzare il simbolo più appropriato al santo di cui porta il nome. L’esempio della parrocchia di San Luigi è stata imitata da altri centri cattolici. La parrocchia dei santi Angeli Custodi di Piacenza ha invitato i ragazzi a mascherarsi secondo il nome del santo che portano. “E’ stato bellissimo – racconta Don Pietro Cesena – perché abbiamo coinvolto quasi 400 tra giovani e famiglie”. Sul sito della parrocchia ancora oggi campeggia un invito: “Halloween! No, grazie. I bambini dei Santi Angeli festeggiano tutti i Santi. Illuminano le tenebre dell’autunno, con una festa di luce, per anticipare la gioia che un giorno vivremo nel cielo”. “Noi cristiani – continua il parroco – riusciremo a trasformare anche questa festa pagana che inculca nei nostri giovani la cultura della morte”. Non sono poche le parrocchie italiane che nella notte del 31 ottobre organizzano momenti di festa e di preghiera. “Abbiamo voluto pregare – spiega Don Antonio Pesciarelli della parrocchia di Santa Maria delle Grazie di Roma – proprio in quella notte. La nostra adorazione eucaristica, animata dai giovani e dai catechisti, ha fatto da contraltare alle messe nere e ai riti satanici portati con una certa leggerezza da questa festa americana di Halloween. La parrocchia ha organizzato una 4 giorni dal titolo “Tutti Santi!”. Non solamente preghiera. Ma anche giochi e spettacoli in piazza che hanno coinvolto l’intero quartiere”. La vita e l’esempio dei santi, rendendo presente Gesù e il suo Vangelo, è una efficace catechesi incarnata nella storia ed è capace, se ben utilizzata, di vincere la controcatechesi di un mondo secolarizzato, pagano, satanista. Alla falsa catechesi di Halloween e delle sette sataniste, i santi con forza e incisività contrappongono la vera catechesi del Vangelo con la cultura della verità, dell’onestà, dell’amore e della solidarietà. Benedetto XVI, rivolgendosi ai giovani a Colonia, in Germania, li ha messi in guardia contro tutte le false rivoluzioni e ha indicato loro la vera ed unica rivoluzione: “Volete cambiare il mondo? Volete un mondo più pulito? Fatevi santi!”. In conclusione, se – oltre ai travestimenti e ai dolcetti – Halloween diventasse qualcosa di più? Passata la notte dei fantasmini e delle streghette, infatti, ecco il giorno di Tutti i Santi e poi ancora il 2 novembre con la Commemorazione dei Defunti: due altre occasioni, ma ben più ricche di significato per entrare in contatto con l’aldilà che non è l’abitazione di “spiriti” che si divertono a farci paura o a stupirci con le loro “magie”, ma la situazione dove i nostri cari ci aspettano. Non sono ricorrenze tristi perché per i cristiani la morte non è la fine di tutto ma esiste l’aldilà e questi giorni sono preziosi per ricordarcelo. Quindi togliamo la candela dalla zucca di Halloween e andiamo ad accenderla sulla tomba dei nostri familiari defunti oppure nelle nostre chiese cattoliche dinnanzi le statue dei santi.
 
don Marcello Stanzione (Ha scritto e pubblicato clicca qui)

martedì 30 ottobre 2012

Male ereditario della Rivoluzione Francese: La Monarchia Costituzionale (1° Parte)





Sicuramente qualcuno sarà sorpreso che si includa la Monarchia Costituzionale in questa serie di scritti . La Monarchia Costituzionale è davvero un retaggio della Rivoluzione francese? E poi, è un male? Non fu un  freno al  repubblicanesimo rivoluzionario, una  "giusta mediazione" tra l'assolutismo e il giacobinismo?
Per quanto riguarda la prima domanda, non è certamente solo un retaggio della Rivoluzione francese. La monarchia in Gran Bretagna, dopo la rivoluzione del 1688 che detronizzò il legittimo Re Giacomo II Stuart perchè di tendenze Cattoliche e Tradizionaliste , può essere considerata costituzionale in senso "moderno". Tuttavia, l'istaurarsi di una monarchia costituzionale in Gran Bretagna, non ebbe immediato impatto al di fuori di quella particolare isola . Inoltre, per quanto riguarda la formazione di una monarchia costituzionale (o più precisamente all'idea di sovranità parlamentare, nazionale o popolare, che è ciò che la distingue da altre forme di monarchia, come si vedrà in seguito), vi è una sostanziale continuità tra rivoluzione inglese e francese, che sostanzialmente sono unite dal vincolo del liberalismo e formano ciò che chiamiamo Rivoluzione con la maiuscola. Quindi, senza sottovalutare il contributo britannico, possiamo tranquillamente dire che le monarchie costituzionali che esistono oggi sono gli eredi della Rivoluzione francese su un piano di parità con le repubbliche (e ancora di più nella sua qualità di primogenita, che ha prodotto il passaggio dal  Regno di Francia alla Prima Repubblica Francese).Ma perché è un male? In una parola, perché non è monarchia. La Monarchia e la costituzione sono per definizione incompatibili, nonostante i tentativi e le predicazioni per  salvarne le  apparenze, e nonostante i servi della "giusta mediazione" (strano concetto presentato come un giudizio di valore, ma di solito non più di  valore di un calcolo matematico che determina la posizione relativa tra due estremi, vale a dire, uno formale, senza contenuto, riavvicinando artificialmente  due concetti  completamente diversi  e che con propaganda hanno sintetizzato alla perfezione rendendole  sirene concettuali, metà donna e metà pesce, e chiamate il perfetto equilibrio tra terra e mare, ma le sirene sono immaginari, cioè, non sono nulla). Quando i due termini si uniscono in un unico sistema politico  , la Costituzione lascia la  monarchia   sempre  nel nulla ,  svuotandola  di significato come la formica che mangia l'insetto dall'interno, lasciando intatto il guscio.




Che cos'è una costituzione?

L'ultima ricompilazione del 1805,  raccolta di testi normativi in ​​vigore nella Monarchia spagnola, comprese le norme giudice di diritto I, adattamento medievale del  Iudiciorum Liber visigota del  654 dC



Tutti i regimi politici, in qualche modo, hanno una costituzione. Essa detiene il
funzionamento regolare più o meno riflesso in regole scritte o consuetudinarie, e una serie di enti e istituzioni che compongono il sistema. La Spagna, ad esempio,  che oggi possiede delle assemblee illegali  conosciute come "Cortes" , come quelle liberali di Cadice, ha avuto una costituzione storica altamente sofisticata , con alcune norme millenarie. Questo senso più ampio del termine, che è il più rigoroso per la raccolta del suo significato letterale, è stato oscurato nel linguaggio corrente da quello utilizzato dalla Rivoluzione francese. Vale a dire, un documento scritto, redatto da un'assemblea eletta tramite sondaggi sotto la sovranità che essa contiene (che venga chiamata nazionale, parlamentare o popolare), e nel suo contenuto si adatta ad alcuni principi ideologici ritenuti essenziali: "Tutte le Società nelle quali la garanzia dei diritti [quelli nominati dalla dichiarazione stessa, sintende] non è assicurata, né la separazione dei poteri  viene determinata, non ha costituzione ", dice la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789. In una degenerazione arbitraria del linguaggio, si nega la condizione costituzionale e tutto il resto, che vogliono modificare nello stesso modo . Una volta realizzato questo essenziale chiarimento, nel resto dell'articolo si capirà il significato di costituzione nella sua accezione moderna. Allo stesso modo, il termine monarchia costituzionale-o meglio-costituzione monarchica - è quella che riconoscendo la sovranità popolare ha un parlamento e una costituzione scritta,  emanata  da quella sovranità, che comprende nella sua struttura  un organo chiamato Re, di solito come capo del Stato. Anche se sarebbe più corretto riferirsi ad esso come ad una monarchia costituzionale, in questo scritto i due termini sono usati come sinonimi. Pur accettando la teoria della sovranità popolare non può esistere in una monarchia. Perché? Perché  se esiste un organismo con potere sopra il  Re, un potere che può decidere in qualsiasi momento se la monarchia deve esistere o no, è possibile determinare a sua discrezione quali poteri puo avere il Re, o anche chi è  il Re , si altera fondamentalmente il  significato di ciò che è una monarchia che diventa qualcosa di completamente diverso.

"Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo, nessun individuo può esercitare un'autorità che non emani espressamente da essa" (Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino).


La sovranità è definita come il potere di legiferare su tutto, senza costrizioni. Solo può avere un parlamento eletto dai suoi presunti veri titolari: il popolo o la nazione. Il parlamento è eletto in base alla regola della maggioranza, che per inciso non è riconosciuta in seguito alle elezioni, per esempio in un referendum non accettato dal Parlamento: se la sovranità appartiene di fatto alla maggioranza, non dovrebbe esserci un referendum che determini se una cosa è legale o illegale?  Con questa contraddizione è evidente che la sovranità, che è attribuita alla nazione o al  popolo, o a qualsiasi gruppo,  appartiene sempre al parlamento e a nessun altro. Il Parlamento ha il potere di prendere decisioni in merito a qualsiasi cosa in qualsiasi momento, senza essere vincolato dalle decisioni precedenti. Ma non è la costituzione che  è vincolante per il parlamento, non è la legge che la governa? Sì, ma solo mentre il Parlamento vuole esserne vincolato . La Costituzione, dopo tutto, è una creazione del Parlamento costituente, un parlamento "a lungo termine" che guida l'azione che si concentra nel "breve termine". Colui che dà la sua parola può farlo, se  vuole, però  non è estrinsecamente costretto a farlo.La costituzione ha istituito una monarchia che non significa nulla: domani potrebbe scomparire, senza giustificazione. Citando il Consiglio di Stato della Spagna, la monarchia è una "decisione costituzionale": "il potere di riforma costituzionale è pienamente proprio del suo contenuto."


Fonte:

http://firmusetrusticus.blogspot.com.es

Scritto, tradotto e adattato da:

Redazione A.L.T.A.

Plinio Corrêa de Oliveira: Una conversazione informale durante una cena…

RIFLESSIONI SUL SIMBOLISMO
L’uomo è fatto di anima e corpo, ovvero un elemento angelico ed uno animale. L’uomo è una sorta di centauro. Non un cavallo con tronco e testa di uomo, ma un essere corporale con un’anima spirituale analoga a quella dell’angelo. E ciò determina il suo modo di conoscere le cose.
L’angelo conosce le cose senza la necessità di un contatto materiale con l’oggetto. L’uomo, invece, è fatto in modo tale che, per conoscere interamente un oggetto, ha bisogno di un certo contatto materiale con esso. Altrimenti non può conoscerlo nella sua interezza. Perciò, nella Sua sapienza Dio ha disposto che nell’universo vi siano oggetti materiali che, per analogia, per somiglianza, consentono all’uomo di conoscere meglio le cose dello spirito. In altre parole, oggetti che gli permettano di conoscere con i sensi corporali ciò che il suo spirito forse ha già intuito, ma non è ancora riuscito ad afferrare per intero.
Vi faccio un esempio. Immaginiamo che, per il bene della causa cattolica, convenga fare un corso di angelologia. Ingaggiamo, perciò, un grande teologo, di intelligenza brillante e ortodossia perfetta. Egli viene a San Paolo e tiene per noi lezioni teoriche di altissimo livello. Immaginiamo di applicarci con la massima diligenza allo studio. Alla fine del corso, dovremmo sapere tutto sugli angeli: la loro esistenza, la loro natura, le loro operazioni, la gerarchia angelica e via dicendo. La nostra conoscenza sugli angeli sarebbe, dal punto di vista teorico, perfetta. Supponiamo, però, che il nostro teologo chiuda il corso annunciando un evento straordinario: “Cari allievi, ora vi offrirò un vero dono del Cielo. Ho pregato molto durante le Sante Messe, ho fatto una Novena alla Madonna, ed ho ottenuto da Lei una grazia insigne: alla fine di questa lezione, vi apparirà un angelo!” Non è forse vero che questo contatto sensibile con l’angelo completerebbe la nostra conoscenza del mondo angelico? Anzi, credo che il buon teologo non riuscirebbe nemmeno a terminare la lezione, tale sarebbe la nostra trepidazione per vedere, alla fine, l’angelo... Perché?
Perché conoscendo l’oggetto attraverso i sensi corporei, tutto il nostro essere si accomoda a quella conoscenza che, fino a poco tempo prima, era solo intellettuale. Si stabilisce un’armonia interiore per la quale la conoscenza spirituale viene completata con quella sensibile. Senza l’aspetto sensibile, la conoscenza sarebbe comunque sempre parziale, visto che siamo fatti di spirito e materia. Ci sarebbe uno squilibrio.
Facciamo un esempio estremo: la conoscenza di Dio. Fra tutti i bisogni dell’uomo, il più forte è quello di conoscere Dio. Tuttavia Dio non può mostrarSi all’uomo. Mosè — definito dallo scrittore André Frosard “l’uomo più grande della storia, poiché Gesù Cristo era Dio” — aveva parlato varie volte con Dio ed era stato nella Sua intimità sul monte Sinai. Ma, il bisogno umano di stabilire un contatto sensibile che completi quello spirituale è tale che, a un certo punto, persino Mosè desiderava vederNe il volto. Gli chiese dunque di mostrarSi. La risposta di Dio fu: “Tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo”. Ciò nonostante, per misericordia, Egli permise a Mosè di vederLo “di spalle” perché “il mio volto non lo si può vedere”. La grandezza di Dio è tale che, se Lo vedessimo faccia a faccia, ci disintegreremmo ipso facto. Ed ecco un’apparente contraddizione nell’opera di Dio. Da una parte abbiamo il fortissimo bisogno di conoscerLo ma, dall’altra, siamo parzialmente impossibilitati a conoscerLo. Come si risolve quest’apparente contraddizione?
Con la Sua divina sapienza Dio ha disposto, in modo meraviglioso, che, pur non vedendoLo, i nostri sensi corporei possano comunque averne una certa conoscenza. Questo è il ruolo dei simboli. Cos’è un simbolo? È una creatura di Dio che ci permette di conoscere le realtà spirituali, le realtà soprannaturali, le realtà angeliche e Dio stesso attraverso i nostri sensi, in modo da coinvolgere tutto il nostro essere, anima e corpo. In questo modo, la nostra sensibilità accompagna il nostro intelletto.
Analizziamo, per esempio, l’eroismo, un elemento della fortezza, una delle quattro virtù cardinali. Una persona può possedere tutte le nozioni teoriche sull’eroismo, nonché tutti i risvolti filosofici, teologici e morali collegati a questa virtù. Ma è, o non è vero, che la sua conoscenza dell’eroismo potrà essere arricchita e completata quando vedrà un leone? È facile capire come, conoscendo un uomo eroico, si possa ammirarlo e, in questo modo, acquisire nozioni sull’eroismo. Questo si comprende.
Ma come si può recepire tutto questo attraverso un animale, cioè un essere di natura inferiore, un essere irrazionale? Dio ha creato il leone in modo tale che, certi suoi atteggiamenti e movimenti sono analoghi, in chiave animale, agli atteggiamenti e movimenti che avrebbe un uomo se fosse un eroe.
Carlo Magno, per esempio, aveva molto di “leonino”. Vedendo un leone noi, che non abbiamo conosciuto il grande imperatore carolingio, possiamo acquisire una conoscenza, attraverso i nostri sensi, di alcuni aspetti eroici della sua anima che, forse, avevamo già nell’intelligenza, ma che sono completati con la conoscenza sensibile. Da questo punto di vista, il leone è un simbolo che, per una misteriosa somiglianza con alcuni tratti dell’anima umana, ci permette di conoscere meglio i suoi aspetti “leonini” e, quindi, di capire meglio la virtù cardinale della fortezza.
Anche l’aquila è un simbolo. Contemplandola possiamo farci un’idea dell’audacia, un’audacia piena di fierezza che non si ferma davanti a interessi meschini, ma vola molto alto. Il volo dell’aquila ricorda certe gesta di uomini audaci. L’uomo “aquilino” non vola, ma il volo dell’aquila può farci conoscere meglio, attraverso i sensi, alcuni aspetti della sua anima.
Questi che abbiamo menzionato finora sono simboli naturali. Ma possiamo prendere in considerazione anche alcuni simboli che ci permettono di toccare già nel soprannaturale. Per un fenomeno che non esito a definire mistico (non si tratta, chiaramente, della “grande” mistica dei santi contemplativi), Dio può esercitare su un’anima che ammira, per esempio, una vetrata gotica, un’azione che la elevi fino al soprannaturale. Immaginiamo di entrare in una cattedrale gotica, in quella, ad esempio, di Bourges nel Belgio. La chiesa è vuota, silenziosa, raccolta, tutta illuminata dagli sfavillanti raggi del sole che, filtrando dalle vetrate, disegnano giochi di luce e colore sul pavimento, rendendolo simile ad un tappeto di pietre preziose... Ad un tratto, il maestro comincia a suonare l’organo. L’eco delle note musicali risuona tra le enormi volte, invade la navata. Così, alla sensibilità visuale delle forme e dei colori, si somma quella uditiva della musica. Non è vero che, in tali circostanze, possiamo avvertire qualcosa di soprannaturale? È un’azione della grazia per la quale la persona comprende, quasi, direi, “sente” la misteriosa analogia fra quelle forme, quei colori, quei suoni e alcuni elementi del mondo soprannaturale. In altre parole, in concomitanza con le impressioni sensibili, Dio permette all’uomo di cogliere qualcosa di soprannaturale analogo a ciò che i suoi sensi stanno percependo.
L’uomo può avere l’impressione che siano le cose sensibili che determinano quella conoscenza. Ma la fede gli dice che è la grazia divina. Cos’è la grazia? La grazia è una partecipazione creata nella vita increata di Dio. Attraverso la grazia, la nostra intelligenza può cogliere, in modo fugace, qualcosa dello stesso lumen divino. In questo senso, le forme architettoniche, i colori, i suoni, possono servire all’uomo da strumenti per conoscere qualcosa di Dio stesso. Sono, appunto, simboli.
È per questo che possiamo comprendere e apprezzare certi simboli dell’araldica, che di per sé sarebbero mostruosi. Io non conosco un simbolo araldico più bello dell’aquila bicipite. Un’aquila con un solo corpo e due teste sarebbe, di per sé, un mostro. Se da un uovo di aquila spuntasse un pulcino con due teste, sarebbe subito portato in qualche istituto di anatomia patologica... Ebbene, questo essere che, in natura, sarebbe mostruoso, è il simbolo della Casa Imperiale e Reale d’Austria-Ungheria. Una cosa bellissima! L’aquila bicipite nello stemma degli Asburgo non suscita repulsione. Anzi, esprime la nobiltà e l’universalità del potere della dinastia asburgica, un potere tale che una sola testa non basta per portare la corona.
Stesso commento per il leone alato. Il leone non vola, è pesante. Per volare avrebbe bisogno di ali di dimensioni inimmaginabili. Una mostruosità. Ebbene, uno dei più bei simboli araldici è il leone alato della Serenissima Repubblica di Venezia. Ricordo un episodio che ho letto in un libro di memorie.
Al tempo in cui Venezia faceva parte dell’Impero austro-ungarico, durante un ballo di gala un diplomatico austriaco si rivolse a un nobile veneziano e, con tono giocoso, esclamò: “Che strano il vostro Paese dove i leoni hanno ali!”. Senza scomporsi, il gentiluomo rispose per le rime: “Non più strano di quel Paese dove le aquile hanno due teste...” . In realtà, i due scherzavano, nel modo raffinato consono ai salotti nobiliari, sul fatto che i simboli dei loro rispettivi Paesi sono, dal punto di vista naturale, un’assurdità. Ma, i simboli, essendo tali, sorvolano la realtà concreta, rivelando valori metafisici superiori. Ai simboli si permettono certe audacie che, invece, non si addicono alla realtà concreta.
Ancora un esempio: il giglio dorato dei Borbone, chiamato in araldica fiordaliso. Io non credo che esista in natura un giglio dorato. Non ne ho mai sentito parlare. Eppure, il giglio dorato su sfondo blu è il simbolo della monarchia francese. Un simbolo per il quale tanti francesi hanno sacrificato la propria vita. Se qualcuno esclamasse: “Ma che strano, un giglio dorato! Non ne ho mai visto uno! I gigli dorati non esistono!” - risponderei - “Mio caro, Lei non ha capito proprio niente...”
Giungiamo così alla conclusione che i simboli, pur appartenendo perfettamente al mondo reale, rimettono a una sfera superiore. Il simbolo avrà tanto più valore quanto più rimetta a tale sfera. Il ruolo del simbolo è di offrire alla sensibilità la chiave per comprendere il mondo spirituale. Possiamo affermare che la finalità più alta dell’arte è far sì che le cose esprimano questo “imponderabile”. Da qui il mio gusto per alcune scuole impressioniste. L’impressionismo mostra la realtà non come si presenta ai sensi, ma avvolta in una sorta di nebbia. L’impressionismo mostra più la simbologia delle cose che non la loro realtà.
Immaginiamo un castello gotico arroccato sulla cima di un altissimo monte. È bello. Immaginiamolo adesso avvolto nella bruma. È ancor più bello. La bruma fa risaltare il suo aspetto leggendario, favoloso, quasi irreale. La bruma invita la fantasia ad aggiungere qualcosa alla realtà del castello.
Io ritengo che la sensibilità ai simboli sia un’eccellenza dello spirito. Ma reputo un’eccellenza ancor superiore l’avere uno spirito sensibile ai simboli e, tuttavia, capace di farne a meno. Vi faccio un esempio. Immaginate un esercito in battaglia, quale, ad esempio, quello di Goffredo di Buglione nella prima Crociata. Egli, con impeto incontenibile, incita i suoi soldati a caricare. Nella mischia l’avversario s’impadronisce del gonfalone, lo calpesta e lo brucia davanti agli occhi di tutti. L’esercito può reagire in due modi. Accendersi ancor più di sacro furore, a prescindere dal simbolo vilipeso, e assalire il nemico con maggiore veemenza fino alla vittoria finale. Oppure davanti alla perdita del vessillo, farsi prendere dallo sgomento e indietreggiare. Quale esercito è superiore? Evidentemente il primo. Così deve essere l’uomo: sensibile ai simboli ma, allo stesso tempo, non fare di questa sensibilità un fattore decisivo.
La TFP, come credo e mi auspico sia, apprezza molto i simboli e se ne serve abbondantemente. Però, se per qualche motivo essi venissero a mancare, la TFP diventerebbe il simbolo di sé stessa, continuando ad avanzare imperterrita!
Qualcuno potrebbe obiettare: Se i simboli sono dispensabili, perché complicarsi la vita con essi? Non converrebbe piuttosto puntare tutto sulla formazione strettamente intellettuale e abbandonare i simboli? È esattamente il contrario. Il simbolo aiuta la sensibilità a elevarsi fino alle vette dove l’intelletto è già arrivato con la ragione e, soprattutto, con la Fede. È così che l’uomo, anima e corpo, trova l’equilibro. Non può fare a meno dei simboli un uomo che, prima, non se ne sia servito abbondantemente.
Altri potrebbero controbattere: riconosciamo l’importanza del simbolo per la conoscenza totale dell’uomo, ma una volta assolta la sua funzione, cioè aiutare la sensibilità a unirsi all’intelletto, possiamo dispensarlo? Non si può nemmeno in questo caso. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole. Può darsi che un uomo molto coraggioso pensi di non avere bisogno dei simboli. Ma ci sono momenti in cui il pericolo è tale che egli comincia, istintivamente, ad aver paura. L’istinto di conservazione è troppo forte. Nella ribellione contro gli istinti, un simbolo può essere un potente aiuto.
Ancora un’obiezione: Ma c’è la grazia divina. Dunque il simbolo diviene dispensabile. Andiamoci appiano. La grazia supplisce quando mancano i simboli. Ma, avendo la possibilità di usare simboli, messi alla sua portata dalla Divina Provvidenza, l’uomo dovrebbe servirsene per il suo bene. D’altronde, col supporto dei simboli, l’azione della grazia è molto più possente e dinamica. Dio ci ha dato la possibilità di praticare l’eroismo attraverso l’azione congiunta della preghiera, che ci ottiene la grazia divina, e dell’intelletto, ma non ci esonera dal servirci dei simboli che ha messo a nostra disposizione per il nostro bene spirituale.
È chiaro quindi perché la formazione nella TFP dovrebbe essere intensamente simbolica. L’entusiasmo collettivo suscitato dalle nostre cerimonie — per esempio, la solenne Messa celebrata in occasione del Natale appena trascorso [1987] — è dovuto in larga misura all’uso dei simboli. In tutte le nostre manifestazioni essi sono presenti. E la nostra sensibilità, devastata da milioni di simboli cattivi con cui la Rivoluzione ci bombarda ogni giorno, viene ripulita, quasi come se le cerimonie fossero un detergente spirituale. Le cerimonie disintossicano l’anima dall’azione malefica della Rivoluzione e ristabiliscono l’equilibrio. Ecco perché sono convinto che le TFP dovrebbero, beninteso senza eccessi, moltiplicare i loro simboli.
In quest’ottica va altresì considerata la cortesia abituale che contraddistingue le TFP. Noi ci diamo del “Lei” e siamo nei confronti del prossimo molto cerimoniosi. Qualcuno potrebbe replicare: ma cosa cambierebbe se cominciassimo a darci del “tu”? Rispondo: cambierebbe il valore simbolico. Il “Lei” è una parola simbolica che induce la persona a collocarsi, nei confronti dell’altro, in una posizione di apprezzamento del suo lato più elevato. Due fratelli, sin da piccoli, si danno naturalmente del “tu”, un’abitudine che traduce la legittima uguaglianza che esiste tra fratelli. Ma se entrambi diventano, poi, sacerdoti, il loro passato di intimità viene superato dalla nuova condizione, molto più nobile. Quegli stessi bambini, che giocavano insieme ai soldatini di piombo, sono stati chiamati dalla grazia a servire Dio in modo molto speciale. È come se Dio parlasse loro: “Figli miei, Io vi ho scelto per servirmi nel sacerdozio, deviando il corso naturale delle vostre vite. Dovete abbandonare le piccole prospettive delle vostre vite passate e camminare invece su quelle dell’eroismo e dello splendore. Voi adesso siete Miei!” Una cosa analoga succede nella TFP. Se due fratelli entrano nella TFP, accedendo dunque a uno stile di vita di dedizione e di eroismo nella lotta contro la Rivoluzione, è logico che il loro comportamento debba rispecchiare la stima per la nuova situazione dell’uno e dell’altro. E, quindi, usano il “Lei” per esprimere reciproco rispetto.
Un altro esempio. Immaginiamo due principi fratelli che ereditano il trono di due diversi Paesi. Essi non possono più chiamarsi con i nomignoli che usavano quando erano bambini. In un discorso pubblico, per esempio, uno non potrebbe assolutamente rivolgersi all’altro come “mio caro Peppino...” Dovrà chiamarlo “Altezza Reale”. E viceversa. Qualcuno dirà: Ma questo è il modo in cui un suddito si rivolge al Re. Il fratello del Re, invece, non ha bisogno di queste formule di cortesia poiché è uguale in dignità. Invece ne ha proprio bisogno! Proprio perché l’uguaglianza fra i due rischierebbe di non far risaltare la dignità della carica occupata dall’altro, entrambi i fratelli devono usare formule che esprimano questo rispetto.
Alla luce di queste considerazioni si comprendono tutt’una serie di usanze nelle TFP. Per esempio, il modo di inginocchiarsi e di pregare il Santo Rosario: deciso, militante. Un modo che sembra dire: Io sono cattolico, apostolico, romano! E me ne vanto! Non meno emblematico è il nostro modo di salutarci: Salve Maria! Questo saluto è stato introdotto da me, quando ero leader delle Congregazioni Mariane [negli anni 1930]. Quando ci incontriamo, noi non ci diciamo “Buon giorno” o “Buona sera”, ma “Salve Maria!”. Questo saluto intende sottolineare la nostra primordiale appartenenza alla Madonna. Se noi ci incontriamo per pregare, per pranzare o per lavorare, ci salutiamo Salve Maria! per indicare che facciamo tutto ciò per la gloria di Nostra Signora.
Esiste, poi, un rapporto molto intimo fra la purezza e la sensibilità ai simboli. Vi ricordate della beatitudine “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”? Questa beatitudine implica una promessa: i puri di cuore vedranno Dio. E questo si può realizzare già su questa terra. Il puro di cuore diventa molto sensibile ai simboli, che gli permettono di elevarsi a Dio. Egli approfitta abbondantemente dei simboli che Dio ha messo a sua disposizione sulla terra. Il puro di cuore è dotato, inoltre, un certo discernimento dello spirito per cui è capace di vedere la virtù nelle altre persone, ravvisandovi il soprannaturale, proprio perché “vede Dio”. Cioè, egli “vede Dio” simboleggiato in quella virtù. Egli discerne la grazia che è una partecipazione nella vita di Dio. Questa purezza di cuore produce la castità. Fra tutti i difetti dell’uomo, l’impurità è quella che più lo avvilisce perché colloca la sua intelligenza al di sotto della sua sensibilità, degradandolo a una condizione quasi animalesca. L’impurità impedisce all’uomo di “vedere Dio”. L’uomo impuro insegue soltanto i godimenti della carne, perde interesse per le cose più elevate e può addirittura diventare insensibile alla grazia divina. Dio non smette mai di bussare al cuore di un peccatore. E se questi se ne infischia, al punto da diventare insensibile a questo appello? Dio affida a certe persone la missione di essere simboli. Esse hanno un portamento, un modo d’essere che corrisponde a una certa grazia, accompagnato dalla capacità di esprimere sensibilmente questa grazia. Hanno un modo d’essere che rende particolarmente allettante la virtù legate alla grazia. Perciò sono chiamate non solo a praticarla in modo esimio, ma a simboleggiarla. Scusatemi per la banalità della metafora, ma queste persone sono come cartelloni pubblicitari della virtù.

Plinio Corrêa de Oliveira
(Annotazioni raccolte durante una conversazione informale nel corso di una cena nella Fazenda de Morro Alto, San Paolo, 6 gennaio 1988 - senza revisione dell'autore)

Il Re dei Re: l’omaggio dell'Associazione legittimista Trono e Altare

 
 
Il Crocefisso, Cristo, dovrebbe stare appeso ai nostri muri (e NON SOLO sui muri), per il semplice motivo che è Re. Re per diritto di natura perché ci ha creati, Re per diritto di conquista perché ci ha redenti (come diceva Papa Pio XI nell’enciclica “Quas primas” che istituiva nel 1925 la festa di Cristo Re). Non un segno meramente identitario (quasi si potesse separare l’effetto: “cio che si è” dalla Causa “cio per cui si è”) ma di appartenenza sostanziale, non solamente un “simbolo di amore universale” ma anche una spada che separa e divide, non un mero oggetto di devozione privata (dove una visione caricaturale e minimalistica della Religione vorrebbero confinarlo) ma un simbolo di Autorità e Sovranità per tutti i singoli e per tutta la società (nel suo aspetto sia meramente sociale che politico). Quindi qualsiasi “battaglia per il Crocefisso”, quando non fosse una mera posa elettoralistica o peggio una strumentalizzazione neoconservatrice, che ignorasse questo fondamentale presupposto, risulterebbe errata in partenza, dal momento che tra il rigettare la Croce e misconoscerla in una visione meramente privatistica, poetico-sentimentale e postmoderna (quasi che la distinzione tra il Vero e un falso culto non sia un fatto eminentemente PUBBLICO e POLITICO), non corre de facto alcuna differenza.
“Non vogliamo che Costui regni su di noi”, “Non abbiamo altro re che Cesare”: queste frasi risuonano oggi come duemila anni fa risuonavano nel Castro Pretorio, ma a pronunciarle non vi è più la judaica turba, fanatizzata e aizzata dai suoi supremi rappresentanti, ma una ben più nutrita schiera di malvagi professionali, di superuomini protervi e ignoranti, di opportunisti meschini, di disinformati blindati di certezze e di pavidi e distratti di tutte le coloriture. È sempre l’ora di Giuda e di Barabba, ieri come oggi. E allora chi Vi difenderà, o Signore?
Alcuni ci provano, mettendosi accanto e all’ombra di questa Croce e sperando nella pietà di Chi vi sta, regnante e trionfante come su un Trono di Passione e di Vittoria.
 
Redazione A.L.T.A. (in concomitanza con Radio Spada).

R.P. Nicolas Deschamps S.J. (1797-1873) Tratto da: Les sociétés secrètes et la société, 6a ediz., Avignone-Parigi 1882, tomo I., libro II., cap. I, § V, pag. 300-311. I Templari, quarta sorgente della Massoneria.



Gli scrittori della Massoneria, come si sono dimostrati figli, eredi e continuatori degli gnostici, dei manichei e degli albigesi lodandoli e sforzandosi di giustificarli contro la religione e la Chiesa cattolica, così pure hanno fatto coi templari: pochi infatti fra coloro che sono stati condannati dalla Chiesa hanno avuto altrettanti e così ardenti apologeti, così come pochi ve ne sono stati in favore dei quali si siano sollevate accuse così generalizzate e così temerarie contro il Papa ed i vescovi.
«Ricercheremo, ha detto Condorcet, se non si debba porre nel numero delle società segretequest'ordine celebre contro cui i papi ed i re cospirarono con tanta barbarie [1]
I massoni e tutti i rivoluzionari filosofi o giacobini avevano dunque un grande interesse a difendere i templari, e ciò, per chi voglia riflettere, costituisce una prova non certo trascurabile della filiazione e della conformità che intercorrono fra le loro rispettive dottrine; tuttavia possiamo cercare prove ulteriori e più positive ancora tratte proprio da autorevoli scritti massonici e da queste stesse dottrine e pratiche.
«I cavalieri ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, noti col nome di templari, ovvero i loro successori frammassoni, dice Willaume nel suo manuale o Tuileurmassonico, sembrano essere gli autori della maggior parte dei gradi d'iniziazione. Riterremmo pure che questi siano stati elaborati dai templari nel periodo del loro splendore per isolarsi dalla gran massa degli iniziati, se non constatassimo che questi nuovi gradi di iniziazione hanno quasi tutti per motivo la situazione dell'ordine dopo la sua caduta. Non mettiamo in dubbio, come si vede, che i templari fossero degli iniziati, anche a partire dalla loro istituzione; riteniamo anche che è a loro che l'Europa è debitrice della Massoneria, e che da ciò provengono quelle pratiche segreteche sono servite da pretesto per l'accusa di irreligione e di ateismo che li ha condotti ad una sì tragica fine. Tutto conferma quest'opinione.
Le disgrazie, le persecuzioni che li hanno portati a soccombere, forzarono questi cavalieri a cercare un ultimo rifugio proprio in quei misteri che tanto avevano contribuito ad istituire, ed in cui trovarono consolazione ed aiuto. Poichè la loro situazione non era comune agli altri iniziati, essi pensarono di rinchiudersi tra di loro, senza però separarsi dalla famiglia dei frammassoni; elaborarono i gradi che vediamo essere stati aggiunti ai primi tre, e li comunicarono solamente a quelli fra gli iniziati che ritenevano affidabili per il loro attaccamento.
I templari sono spariti dall'ordine civile, ma hanno lasciato dei successori che sono i frammassoni, e le loro istituzioni sono sopravvissute a loro stessi. Ecco quella che ci sembra essere la storia ed il corso della Massoneria [2]
Ragon fa risalire la Frammassoneria ai templari, che secondo lui avevano assorbito in Oriente l'antica dottrina degli gnostici e dei manichei; ed aggiunge anche questo argomento più preciso:
«Il nome di cavalieri del Tempio non ha alcuna relazione, come si credeva, con la chiesa del Santo Sepolcro; a motivo delle loro idee mistiche, i capi dell'ordine avevano avuto in mente un altro tempio, senza dubbio più degno della Divinità: il mondo intero popolato di uomini liberi e virtuosi. Essi lavoravano alla costruzione di questo tempio, e quello che un tempo Gerusalemme aveva veduto elevarsi sotto il regno di Salomone ne era il simbolo, più a causa dell'unità [che esprimeva] piuttosto che della sua magnificenza. Così, sebbene fosse prevalso il nome di templari, essi fra di loro non avevano perduto il nome di massoni. Nicolaï, che riguardo a ciò non è d'accordo, ce ne fornisce lui stesso uno dei più forti argomenti per il fatto seguente. In Italia alcune chiese appartenute all'ordine prima della sua abolizione conservano per tradizione il nome di chiese della massone o maccione. Il che non è forse come dire che la gente, già prima di chiamarle così, si era accorta che frammassone e templare erano la medesima cosa?[3]
«I massoni di tutti i gradi sono armati di spada, scriveva nel 1806 il F.·. Chereau, ufficiale al G.·. O.·. di Francia. L'apparato militare più imponente accompagna e protegge sempre le cerimonie religiose, le ricerche scientifiche ed in generale tutti i lavori dei discepoli e degli iniziati. Ma è solo al grado di Rosa-Croce che l'origine guerriera si mostra agli occhi dei neofiti.
Essi apprendono solamente allora: 1° che l'ordine massonico designato col nome di Massoneria blu, un tempo santuario della filosofia, seppe onorare le disgrazie di un ordine augusto, religioso e militare, vittima dell'ignoranza, del fanatismo e di una vergognosa cupidigia, ma degno per le sue virtù di giungere ai destini più elevati; 2° che esso meritò per i suoi considerevoli servizi di divenire parte integrante di quest'ordine illustre i cui cavalieri erano tutti e prima di tutto massoni; 3° che i sacerdoti del tempio di Memphis da allora in poi marciarono sotto i vessilli del tempio di Gerusalemme, dopo aver giurato amore, obbedienza e fedeltà alle sue leggi ed ai suoi ministri; 4° che i due ordini, uniti da un legame indissolubile, divennero una sola e medesima associazione... La Massoneria è dunque una società civile, religiosa e militare; manon tutti i massoni sono cavalieri dell'ordine, e di conseguenza iniziati ai misteri che gli sono propri. Ciò appartiene ai gradi superiori, sconosciuti ai discepoli ed ai postulanti. Solo questi gradi conducono al santuario, — e le difficoltà che li circondano sono in grado di essere per l'ordine o rito d'Oriente, unico depositario dell'alta Massoneria, un garante affidabile delle virtù e della fedeltà dei neofiti che hanno il coraggio di superarle [4]
Infine il giornale massonico le Globe riporta il lunghissimo discorso del F.·. de Banville, ex ufficiale anche lui del Grande Oriente di Francia, pronunciato l'8 aprile del 1839 nella loggia dei cavalieri della Croce, in cui egli, così dice il redattore, ha perfettamente delineato l'origine dell'associazione massonica:
«Nel mio sistema, che spero di dimostrare in poche parole, l'ordine massonico sarebbe un'emanazione dell'ordine del Tempio, di cui conoscete la storia e le disgrazie, e non può essere ragionevolmentealcun'altra cosa. La Massoneria dovette nascere in Scozia; essa fu certamente, in origine, una forma prudente ed abilmente strutturata immaginata da alcuni cavalieri di quel paese al fine di sottrarre la persistenza del loro ordine illustre agli occhi chiaroveggenti dei loro onnipotenti proscrittori.
L'eroico William de la More, gran priore d'Inghilterra e di Scozia, fu in grado di dirigere dalla sua prigionia con i suoi elevati lumi i cavalieri che parlavano la sua lingua nella creazione, organizzazione e sviluppo del rito massonico, destinato a nascondere agli occhi dei profani l'ordine del Tempio, proscriotto e colpito da anatema. Si capisce che questa trasformazione locale nella lingua di Scozia dell'ordine del Tempio in ordine massonico dovette restare costantemente nascosta nel più profondo segreto; si capisce che i disgraziati templari, indegnamente calunniati da vili rinnegati, vigliaccamente traditi da ignobili apostati che li braccavano come bestie feroci in quasi tutti i paesi della cristianità, obbligati a nascondere i loro nomi e le loro cariche pena le più spaventose persecuzioni e del più orribile supplizio, si capisce che queste vittime innocenti dell'avarizia di un re e della gelosia di un papa abbiano potuto inventare, per riconoscersi ed aiutarsi in tutto, dappertutto e per tutto, nei paesi di Francia, Germania e Svezia, dove ben presto penetrò la Massoneria, le parole sacre e le parole di passo, i segni ed i toccamenti che ci sono pervenuti intatti di generazione in generazione. Altrimenti come potremmo spiegarci, da parte di una vasta associazione di filantropi riuniti dal fine onorevole di diffondere a piene mani sull'umanità sofferente le consolazioni e le elemosine della carità cristiana, quelle severe proibizioni di nulla dire, di nulla scrivere, tracciare e segnare che riguardi il fine sì lodevole di questa società segreta senza incorrere nei certi effetti di una vendetta atroce, senza esporsi infine ad averela gola tagliata, il cuore e le viscere strappate, il corpo bruciato e ridotto in cenere, le ceneri gettate al vento, ed a lasciare inoltre una memoria esecrabile a tutti i massoni? Tutto ciò avrebbe il carattere di una rivoltante assurdità, se vi si togliesse la spiegazione, semplice e soddisfacente per la ragione, del fortissimo interesse dei cavalieri del Tempio a nascondersi alla vista di tutti sotto il manto della Massoneria specialmente organizzata a questo fine da loro stessi.
Oso dunque affermare che l'ordine massonico fu istituito nel XIV secolo da alcuni membri dell'ordine del Tempio, facenti parte dell'obbedienza del gran priorato di Scozia, e che di là questa bella istituzione si diffuse e si propagò facilmente nelle regioni europee, allora abitate dai nostri predecessori proscritti. Mi sarebbe facile accumulare numerose prove tratte dalla comparazione dei ritualiin uso nei due ordini, e si sarebbe colpiti in primo luogo nel rilevarvi un identico sistema di ricezione procedente per mezzo di prove fisiche e morali. Si sarebbe non di meno colpiti dalla singolare analogia nei due ordini di uno stesso modo d'iniziazione, di una determinata serie di gradi, tra i quali talora si ritrova una tale somiglianza con la cavalleria templare che essa può passare a buon diritto per una perfetta similitudine [5]
A questo punto, ritorcendo contro il F.·. de Banville, contro la Massoneria e contro i templari questi argomenti così forti e serrati sui segreti della Massoneria e del Tempio dalla quale essa è fuoriuscita, gli chiederei a mia volta: Perchè questi segreti, questi giuramenti la cui violazione è punita con sì atroci supplizi, se il loro fine è la felicità dell'umanità sofferente e se le consolazioni e le elemosine proprie della carità cristiana sono i loro unici mezzi? Perchè, soprattutto adesso che la Massoneria è ovunque protetta, ovunque trionfante, essa continua le sue logge segrete, le sue iniziazioni ed i suoi terribili giuramenti? Essa ha dunque come i templari, e necessariamente, molte cose da nascondere, molti segreti che la pubblica opinione respinge e che non possono essere rivelati. Queste cose, questi segreti ereditati dai templari con le loro logge-templi e la maggior parte dei loro riti, quali sono? Sarebbero forse proprio le accuse portate contro i templari? E queste accuse, o piuttosto questi crimini, erano dunque reali?
Michelet, nome caro per più di un titolo alla Massoneria ed ai suoi più alti gradi, Michelet membro dell'Istituto che conta tanti filosofi alti massoni, ha pubblicato il processo dei templari basandosi proprio sugli originali dei processi verbali nella collezione dei documenti inediti appartenenti alla storia di Francia. Che dicono? Qual giudizio ne dà lo stesso editore? Si ascolti, si giudichi a propria volta mano sulla coscienza e ci si pronunci.
«Pubblichiamo in questo volume e nelle prime pagine successive l'atto più importante del processo dei templari. Si tratta dell'interrogatorio che subirono a Parigi il gran maestro e 231 cavalieri conversi di fronte ai commissari pontifici. Quest'interrogatorio fu condotto lentamente e con molti riguardi e dolcezza da alti dignitari ecclesiastici, un arcivescovo e molti vescovi. Le deposizioni così ottenute meritano maggior fiducia delle confessioni d'altronde brevissime, uniformi e poco istruttive che gli inquisitori e i funzionari del re avevano strappato con la tortura immediatamente dopo l'arresto. Rimangono due manoscritti autentici del grande interrogatorio: uno, copiato su velina, fu inviato al Papa, e questo è chiuso a triplice chiave in Vaticano; l'altro, su carta semplice, fu depositato nel tesoro di Notre-Dame de Paris; a giudicare dalle correzioni e cancellature, questo potrebbe ben essere stato una redazione primitiva fatta giorno per giorno sulle note dell'udienza (firmate da 3 o 4 notai) e nell'ultima pagina riporta le seguenti parole: Per eccesso di precauzione abbiamo depositato la detta procedura, redatta da uno dei notai in atto autentico, nel tesoro di Notre-Dame de Paris, dove non potrà essere esibito a nessuno se non tramite lettere speciali di Vostra Santità.
Era necessario che questa importante faccenda, forse la più grave del medio evo, per essere trattata in modo opportuno, si presentasse alla critica nell'integralità dei propri dettagli, nella sua semplice e terribile verità. Ormai il lettore stesso potrà giudicare. Noi gli rimettiamo tra le mani il più antico processo criminale di cui ci resti una dettagliata descrizione [6]
Ecco il riassunto di quest'atto autentico e della serie di accuse sulla quale si svolgeva l'interrogatorio, serie stabilita per ordine del Papa sulla scorta delle confessioni di 72 templari fra i più ragguardevoli, fatte davanti a Papa e cardinali o davanti ai vescovi ed ai concili provinciali liberamente, senza tortura e solo in fede del giuramento di dire la verità e tutta la verità:
In queste confessioni era stato dichiarato: 1° che ogni templare, alla propria ricezione, dopo i tre voti di religione, obbedienza, povertà e castità, o poco dopo, secondo quanto conveniva a colui o coloro che ricevevano e che erano sempre dei dignitari principali dell'ordine, rinnegava il Cristo sia in quanto crocifisso, sia in quanto Gesù o Salvatore, sia in quanto Dio, così come la beata Vergine ed i Santi, a seconda che vi fosse spinto o invitato da coloro che lo ricevevano e che dicevano loro che il Cristo era un falso profeta o che non aveva patito nè era stato crocifisso per la redenzione del genere umano, ma per i propri crimini; che questa pratica era comune alla maggior parte.
2°Che lo si obbligava a sputare sulla croce o sulla figura e scultura della croce, o sulla santa immagine di Gesù Cristo, sebbene di quando in quando a parte glie la si facesse talora perfino calpestare, oltraggio questo che praticavano quelli stessi che erano già stati ricevuti.
3° Che era costumanzadi alcuni il riunirsi il venerdì santo o un altro giorno della settimana santa per calpestare così la croce, fare su di essa degli oltraggi più odiosi ancora e farne fare dagli altri.
4° Che nella congregazione o riunione generale essi adoravano un gatto o un cane, che talora vi apparivano.
5° Che essi credevano e che veniva loro detto che il gran maestro, così come i visitatori ed i precettori(altri principali dignitari) potevano, sebbene fossero laici, assolverli dai loro peccati senza nemmeno confessarli, e che di fatto questi superiori agivano così.
6° Che alla ricezione dei fratelli del detto ordine colui che riceveva ed il recipiendario si baciavano sia sulla bocca, sull'ombelico o sul ventre nudo, sia sull'ano o la spina dorsale, sia più indecentemente ancora.
7° Che queste ricezioni erano segrete ovvero in presenza dei soli fratelli dell'ordine, e che si faceva loro giurare di non parlarne.
8° Che coloro che ricevevano dicevano ai recipiendari che potevano darsi fra loro al delitto infame [peccato impuro contro natura, N.d.R.], che la cosa era permessa, che dovevano prestarvisi reciprocamente, che loro stessi lo praticavano così come un gran numero di altri.
9° Che avevano in ogni provincia degli idoli o teste di cui alcune avevano tre facce, altre una sola, altre un cranio umano, e che le adoravano, specialmente nei loro principali capitoli o congregazioni; che queste teste venivano cinte o toccate con dei cordoni, di cui loro stessi poi si cingevano sulla loro carne.
10° Che coloro che durante la loro ricezione o in seguito rifiutavano di fare ciò che era loro richiesto erano messi a morte o imprigionati a vita.
11° Che si imponeva loro, pena la morte o la prigione e con giuramento, di non rivelar nulla di queste cose, nè della modalità della loro ricezione, e che se si scopriva che qualcuno l'aveva fatto, era messo a morte o in prigione.
12° Che tutte queste cose si facevano generalmente e comunemente in tutto l'ordine, al di là come al di qua dei mari; che il gran maestro le osservava e ordinava di farle, come pure i visitatori, i precettori e gli altri capi principali; che queste erano osservanze generali e di lunga data, antichi costumi disposti dagli statuti dell'ordine intero, di qua e di là dei mari.
13° Che si considerava cosa permessa nell'ordine l'impadronirsi nel suo interesse di beni altrui con tutti i mezzi, per fas aut nefas, e che si faceva giuramento di procurarne in ogni modo l'accrescimento e il tornaconto, e che si poteva perfino giurare a questo fine.
14° Che i capitoli che si riunivano durante il primo sonno o alla prima vigilia della notte erano talmente segreti, che si chiudevano tutte le porte della casa e della chiesa nelle quali si tenevano, che l'ingresso era proibito a tutti gli estranei e che si mettevano sentinelle perfino sui tetti, in modo che nessuno potesse avvicinarsi, vederli e sentirli.
Non insisteremo sui punti secondari di somiglianza tra questi templari ed i massoni, sulle parole, comuni ad entrambi, di gran maestro, di cavaliere, di tempio, sulla legge del segreto ed il giuramento di mantenerlo pena la morte, lo stesso per entrambi, sulle identiche precauzioni per assicurare questo segreto contro tutti i profani: assemblee notturne, sentinelle ai posti, da cui, per i massoni, l'espressione il tempio è copertooppure piove, a seconda che la loggia sia sorvegliata o meno. Ma non possiamo passar oltre senza insistere sul rinnegamento del Cristo e sugli oltraggi a lui fatti nelle riunioni capitolari del venerdì santo o di qualche altro giorno della settimana santa, rinnegamento talmente essenziale alla Massoneriache nessuno comincia ad intravedere la luce, nè è veramente massone, che dopo averlo compiuto, come attestano i massoni d'alto grado Chereau nel 1806 e Teissier nel 1856.
Ma che dicono questi processi verbali, e che dice la vera storia riguardo alle risposte a quest'accusa? Dicono, tutti uniformemente, che in primo luogo il Papa Clemente V, ben lungi dal favorire le procedure iniziate contro i templari dal re Filippo il Bello, le dichiarò nulle e sospese i vescovi, arcivescovi, prelati ed inquisitori francesi che vi avevano preso parte, al punto da essere accusato lui stesso dal re di favorire i crimini dei templari; dicono che il Papa, solo dopo aver lui stesso interrogato e fatto interrogare a Poitiers 72 cavalieri fra i più notabili in sua presenza e alla presenza di vescovi, cardinali e legati, non come un giudice che cerca dei colpevoli, ma come un padre che ha interesse a trovarli innocenti, e dopo aver ascoltato dalla loro bocca le medesime confessioni riguardo a tutte le accuse più gravi, confessioni ripetute più volte e a più giorni d'intervallo, liberamente e senza costrizione, per il dovere del proprio incarico, ritenendo di non poter resistere più a lungo, diede libero corso alla verità ed alla giustizia; che di conseguenza decretò una commissione d'inchiesta a Parigi composta d'arcivescovi, vescovi, alti dignitari ecclesiastici, varii gentiluomini o altri notabili e di quattro notai pubblici, per indagare su queste accuse, dando ogni libertà ai templari di venire a difendersi e di difendere l'ordine, se lo avessero voluto, facendo conseguentemente significare ciò in tutte le diocesi di Francia ai Templari liberi o detenuti [7].
E tutti i processi verbali editi da Michelet attestano che, su 231 cavalieri o fratelli conversi ascoltati sotto il mero giuramento di dire la verità senza paura nè timore, giuramento ripetuto ancora dopo ciascuna deposizione e dichiarando che così essi avevano fatto, tutti (ad eccezione di un piccolissimo numero, poco più di una trentina tutt'al più, di cui trenta nella sola regione di Foix) hanno confessato espressamente e nei dettagli tutti o la maggior parte dei crimini enunciati nell'atto di accusa, con tutte le circostanze di luogo, di tempo ed i nomi di coloro che li avevano ricevuti e dei testimoni che assistevano; e che queste confessioni furono fatte dai maggiorenti dell'ordine, gran maestro, tesorieri, dispensatori, visitatori, capi delle provincie e superiori delle case di Parigi, di Reims, di Normandia, d'Auvergne, di Champagne, scudieri, cappellani del gran maestro o impiegati superiori della sua casa.
Così Michelet stesso si esprime nella prefazione del secondo volume (1851):
«Del resto, qualunque sia l'opinione che si adotti sulla regola dei templari e l'innocenza primitiva dell'ordine, non è difficile portare un giudizio sui disordini del suo ultimo periodo. È sufficiente sottolineare che, negli interrogatori da noi pubblicati, le denegazioni sono quasi tutte identiche, come se fossero state dettate secondo un formulario convenuto; che al contrario le confessioni sono tutte differenti, varie nelle loro circostanze speciali, spesso assai ingenue, cosa che conferisce loro un carattere di particolare veracità. Sarebbe dovuto accadere il contrario se le confessioni fossero state estorte con la tortura: sarebbero più o meno simili, e la diversità si troverebbe piuttosto nelle denegazioni [8]
Occorre aggiungere ora che le stesse confessioni giuridiche prive di costrizione si ritrovano ovunque in Inghilterra, nel sinodo di Londra, dove due mesi dedicati alle stesse indagini constatarono le stesse ammissioni, le stesse infamie, e che in conseguenza di queste confessioni l'ordine dei templari fu abolito in questo regno, e che il parlamento dispose poi dei loro beni. Stesse indagini ancora e stessi risultati nei concili tenuti in Italia a Ravenna, a Bologna, a Pisa ed a Firenze, sebbene in questi concili tutto dimostra che i prelati erano assai solleciti nell'assolvere [giuridicamente] quei templari che fossero riusciti a giustificarsi.
La recente pubblicazione dell'inchiesta di Firenze da parte di Jules Loiseleur ha definitivamente dimostrato la colpevolezza della gran maggioranza dei membri dell'ordine del Tempio a partire dall'epoca risalente alla metà del XIII secolo. Già prima del concilio di Vienne molte volte erano state manifestate al papato delle accuse di eresia contro di loro, e la voce del popolo li riteneva colpevoli dei più grandi delitti, del rinnegamento del Cristo, di sodomia, di aver fatto alleanza coi maomettani ed in particolare coll'ordine degli Assassini, che per singolare analogia era anch'esso una setta panteista e razionalista nata in seno all'Islamismo. I templari, come accade per la Massoneria, a fianco degli statuti pubblici avevano degli articoli segreti che contenevano una dottrina analoga a quella dei patarini, dei bogomili e dei luciferiani, e che come essa era una ramificazione dell'antico Manicheismo: questa è la conclusione dell'erudizione contemporanea riguardo a questa questione, che solamente la violenza dei pregiudizi ostili alla Chiesa ha potuto oscurare [9]. A questo fine è stata necessaria una vera e propria cospirazione contro la storia da parte degli scrittori frammassoni del XVIII secolo, come afferma in termini propri lo storico della setta attualmente più accreditato. il fratello Findel, direttore della Bauhütte di Lipsia [10].
Occorre anche aggiungere, in risposta alle calunnie contro Filippo il Bello e la sua pretesa cupidigia che, nel 1307, costui aveva dichiarato al Papa, in una lettera del 24 dicembre, che aveva sequestrato i beni dei templari e li faceva custodire affinchè fossero impiegati totalmente in aiuto alla Terra Santa, secondo la loro destinazione originaria, e che rinnovò questa dichiarazione in una lettera del maggio 1311, e che infine questi beni, come richiesto dal re in questa stessa lettera, furono dati ai cavalieri di Rodi, oggi di Malta, e nulla di questi beni divenne proprietà del re. [11]
Infine occorre dire che, se il gran maestro e il fratello del delfino d'Auvergne, dopo essere stati condannati solo alla prigione a vita, furono poi condannati al rogo, secondo la legge, perchè avevano ritrattato nel momento in cui avrebbero dovuto, su un palco eretto sul sagrato di Notre-Dame, confessare i loro crimini e domandarne perdono di fronte all'assemblea dei fedeli, tuttavia da 30 a 40 mila altri cavalieri, condannati, per quegli stessi delitti che avevano confessato, a penitenze canoniche quali digiuni, preghiere e un periodo di prigione, sopravvissero al re Filippo il Bello ed al Papa Clemente V e che, liberi in diverse parti del mondo, dopo la morte dei loro pretesi persecutori, nessuno di loro in nessun luogo ha ritrattato e ha tentato di giustificare il proprio ordine, anche se sarebbero stati sostenuti dalla nobiltà di tutti i paesi di cui erano originari, se vi fosse stato un qualunque dubbio nell'opinione pubblica di allora sulla verità e la giustizia della condanna.
E che! Tanti testimoni avrebbero testimoniato il falso contro coscienza e contro il loro ordine, sarebbero stati la causa della sua rovina e di un immenso e spaventoso scandalo, ed avrebbero vissuto per lungo tempo e sarebbero morti senza alcuna ritrattazione, e questo nel XIV secolo? Questa è un'impossibilità morale sulla quale non si è abbastanza riflettuto!
Possiamo dunque concludere non con approssimazione, ma con certezza con il grande storico Friedrich von Schlegel:
«Per ciò che concerne l'origine o la sorgente da cui l'influsso esoterico della Massoneria si è sparso in Europa, qualunque motivo o interesse si abbia per negarlo o per constatarlo, risulta più o meno evidentemente dal solo esame dei fatti che l'ordine dei templari è stato il punto tramite il quale tutto questo insieme di misteri è passato in Occidente, almeno quanto alla forma, che continua oggi ad essere la medesima di allora. Non è con le tradizioni di Salomone e del suo tempio, alle quali si ricollega l'istituzione stessa dell'ordine, che si possono spiegare i simboli della Massoneria. L'idea stessa di una simile società, di una simile dottrina puramente esoterica e della sua segreta propagazione non è per nulla compatibile con il Cristianesimo; perchè il Cristianesimo è già in sè un mistero divino, ma un mistero che, secondo le intenzioni del suo fondatore, è esposto a tutti e celebrato quotidianamente su tutti gli altari. Ora proprio per questo il segreto, che nei misteri pagani sussisteva a fianco della mitologia e della religione nazionale e popolare e non era altro che il retaggio dei sapienti e degli iniziati, questo segreto, dico, non può allearsi con una rivelazione destinata a tutti gli uomini, perchè essa per sua natura lo condanna e lo rifiuta.
Una società dal seno della quale, come dal laboratorio in cuiil genio distruttore forgiava le sue armi, uscirono gli illuminati, i giacobini ed i carbonari, non poteva avere una tendenza realmente cristiana nè essere politicamente giusta, nè esercitare un'azione benefica sull'umanità in generale [12].
[traduzione: C.S.A.B.]
 
 

NOTE:

[1] Condorcet, Esquisse d'un tableau historique des progrès de l'esprit humain, 7° époque, édition de Paris, 1822, p. 134.
[2] Manuel ou Tuileur, pag. 10 e 11.
[3] Ragon, Cours, etc., pag. 31, 32, 33.
[4] Explication de la croix philosophique des chev.·. souv.·. princ.·.R.·. C.·. par le F.·. Chereau, dédiée au G.·. O.·. de Portugal etc.
[5] Le Globe, journal des initiations maçonniques, Paris, année 1839.
[6] Collection de documents inédits sur l'histoire de France, publiés par les soins du ministre de l'Instruction publique, première série. —Histoire politique, procès des templiers, publié par M. Michelet, vol. in-4° p. 3, 4. L'esemplare riposto nel tesoro di Notre-Dame, dopo esser passato per le mani del presidente Brisson e dell'avvocato generale Servin, nel 1793 è sfuggito all'incendio della biblioteca dei Benedettini di St-Germain-des-Prés, alla quale il signor de Harlay l'aveva consegnata, ed è stato riposto nella biblioteca reale, fonds Harlay, n° 49.
[7] Documents, Michelet, t. I, p. 3 et 4. — Si vedano anche altri brani autentici raccolti da Dupuy, Traité sur la condamnation des Templiers.
[8] Michelet, Documents, t II, pag. 7 et 8.
[9] La doctrine secrète des templiers, étude suivie du texte inédit de l'enquête contre les templiers de Toscane, par Jules Loiseleur, Paris, 1872. un vol. in-8°. Loiseleur offre pure in questo volume il testo della bolla pontificia data a Vienne, l'11 delle calende di aprile 1312, Vox in excelso, che non era stata ancora completamente pubblicata. Egli spiega assai bene la portata della clausola secondo la quale il Papa dichiara di non poter portare sentenza definitiva sull'ordine, sententiam super hoc non possumus ferre de jure, ma che la sospende indefinitamente, per viam provisionis seu apostolicae ordinationis, cosa che ha ingannato più di uno scrittore cattolico. Queste parole non significano per nulla che vi sia il minimo dubbio sulla colpevolezza dei templari; poichè la questione della condanna dell'ordine era stata portata in precedenza davanti al concilio, il papa giudicò a proposito di usare la pienezza della propria autorità per dissolvere l'ordine, senza attendere il risultato di una nuova istruzione, che non poteva più apportare nuovi lumi dopo le inchieste fatte dai legati del Papa e dai concili provinciali nei differenti paesi, segnatamente quello tenuto a Londra nel 1311. Si veda anche una serie di articoli pubblicati sull'argomento dalla Civiltà Cattolica nel 1866.
[10] Geschichte der Freimaurerei, Lepzig, 1877, 4a édit., p. 811.
[11] La colpevolezza dei templari è stata ulteriormente dimostrata da Wilke nella sua opera Geschichte des Tempelherren-Ordens (2a ediz. 2 vol.in-8° Halle 1860). L'autore prova che la dottrina anticristiana si allargò a tutto l'ordine tra il 1250 ed il 1279. Il Dr. Prutz (Geheimlehre und Geheimstatuten des Tempelherren-Ordens, Berlin 1879) anticipa questo periodo fino all'inizio del XIII secolo, appoggiandosi su due accuse di Innocenzo III e di Federico III. L'eresia era cominciata in Terra Santa nella sede dell'ordine sotto l'influsso di cavalieri provenzali di origine albigese. Di lì essa si sarebbe propagata soprattutto in Francia, e stava appena cominciando a penetrare in Inghilterra ed in Italia quando cominciarono le procedure contro l'ordine. Secondo il Dr. Prutz i cavalieri del Tempio in Ispagna erano rimasti estranei alla dottrina segreta. Quanto a quelli di Germania, l'attitudine violenta che dimostrarono al concilio di Magonza depone assai poco in loro favore, sebbene non si abbia una prova precisa della loro affiliazione all'eresia.
[12] Schlegel. Philosophie de l'histoire, traduct. franç, 18° leçon, p. 362, 363, 365. La maggior parte degli autori moderni sono unanimi nel riconoscere che la Frammassoneria ha come origine, almeno mediatamente, l'ordine del Tempio. V. Thomas Frost. The secret societies of the European revolution. London 1876. Introduction.