mercoledì 17 ottobre 2012

Toglietemi tutto, ma non il mio Concilio

 
Complice forse l’influenza che, gentilmente, anche quest’anno è venuta a trovarmi, in questi giorni di ottobre mi pare di vivere una versione cattolicheggiante de Il barbiere di Siviglia, in cui novelli Figaro cantano: «il Concilio qua, il Concilio là, il Concilio su, il Concilio giù. Viva il Concilio di qualità, viva l’ermeneutica della continuità!».
E il Figaro che canta più forte è Alberto Melloni che – sulle pagine del Corriere della sera – scrive, senza arrossirne, che «il Concilio è patrimonio di tutti: al punto che perfino i più cocciuti tradizionalisti vogliono il rito di san Pio V perché anche per loro l’atto del celebrare è norma che genera la comunità e non più un bisbiglio lontano da mescolare al rosario». Capite? Se io – ventiduenne, tradizionalista e cocciuto – ho abbandonato il Novus Ordo per amore della Messa di sempre è semplicemente perché, in questo modo, posso partecipare attivamente alla liturgia e non perché il Novus Ordo condensa – in unico rito – cinque secoli di «eresie antiliturgiche».
Per i più arditi, poi, esiste una raccolta di 365 perle conciliari raccolte da Marco Vergottini – docente della facoltà teologica dell’Italia settentrionale – che, nel tempo libero, si intrattiene con protestanti e valdesi per discutere del Concilio, protetto ovviamente da Sant’Ecumenismo. Sarebbe grande la tentazione di scrivere un libro intitolato «Una perla al giorno toglie il Concilio di torno», in cui presentare – tra le altre – la seguente perla: «Il cardinal Ottaviani prega durante il Concilio con rinnovato fervore. Durante le congregazioni generali è possibile vederlo prosternato ai piedi del Santissimo per lunghe ore. I suoi collaboratori cominciano ad inquietarsi. Finalmente uno di loro decide e gli chiede se c’è qualcosa che non vada. Ahimé, risponde, sto supplicando il cielo di chiamarmi a sé e soprattutto di non attendere, per farlo, che il Concilio finisca. Perché diamine una tal fretta? Perché ci tengo a morire cattolico».
Passando poi a Famiglia Cristiana, ecco che padre Bartolomeo Sorge propone la soluzione a tutti i mali della Chiesa: maggior dialogo e più «laici maturi e responsabili». Ci spiace per padre Sorge, ma l’unico modo per salvare la Chiesa è che Dio conceda ad Essa non solo dei sacerdoti, ma dei santi sacerdoti. Senza di essi, il laico – pur bravo che sia – non potrà far nulla, perchè i preti sono gli unici a custodire i Sacramenti (questo, ovviamente, fino a quando non ci sarà un Concilio Vaticano III che manderà definitivamente in soffitta l’insegnamento tradizionale della Chiesa).
Ora, complice la febbre e la stanchezza, concludiamo con un augurio ai tre autori citati: «Ah, bravo Figaro! Bravo, bravissimo; a te fortuna non mancherà, se continui il Concilio ad incensar!»
 
Matteo Carnieletto