venerdì 30 novembre 2012

I borbone e i pirati, nascita dell'Armata di mare

Era il 21 aprile 1738 quando una squadriglia di sciabecchi algerini, guidata da un rinnegato cristiano chiamato Haji Mussa, era entrata persino nel golfo di Napoli, con un progetto a dir poco ardito, che, tuttavia dà l'idea di quale fosse lo strapotere che i pirati barbareschi avevano raggiunto in quel periodo nel Mediterraneo: erano intenzionati a catturare ed a portare come ostaggio al bey turco di Algeri niente di meno che Carlo di Borbone, l'allora giovanissimo Sovrano, da pochi anni assiso sul trono delle Due Sicilie, di cui aveva ricostituito l'indipendenza.
Il Re si era recato nella sua tenuta di Procida per una battuta di caccia al fagiano e stava per far rientro a Napoli. Il folle piano non andò a segno, ma l'episodio serví a convincere il Sovrano dell'assoluta necessità di proteggere le popolazioni costiere ed i traffici mercantili del Regno meridionale contro una minaccia che si era fatta gravissima, come ci racconta monsignor Luigi Dal Pozzo, nella sua "Cronaca civile e militare delle Due Sicilie".
Rapidamente si passò, pertanto, dalle parole ai fatti. Il 25 febbraio 1739 fu stabilito di armare sette navi (quattro galeotte e tre feluconi) che si trovavano in allestimento. Dopo un mese, si entrò in azione. Furono formate tre squadre.
La prima ebbe il compito di sorvegliare le coste del Tirreno dallo Stretto di Messina fino alle Bocche di Capri, la seconda lo Jonio e la terza la Sicilia con gli arcipelaghi del suo sistema insulare periferico. Il 23 giugno, il primo scontro: al largo di Capo Palinuro. La squadra del Tirreno affrontò due navi corsare (una galeotta ed uno scappavia) provenienti da Tripoli. Furono catturate e condotte nel porto di Napoli.
Mentre aveva rinforzato le difese ed inferto i primi colpi, Carlo di Borbone cercava saggiamente di percorrere anche un'altra via: quella di un onorevole compromesso con l'Impero Ottomano, da cui dipendevano le reggenze di Tripoli, Tunisi ed Algeri. Questi tre, infatti, erano i principali porti dove venivano equipaggiate ed armate le navi impiegate nelle incursioni dei pirati barbareschi.
Il 5 novembre di quello stesso anno, quindi, si metteva in moto un meccanismo che avrebbe portato - in un lasso di tempo abbastanza rapido - alla creazione fra la Sublime Porta di Costantinopoli ed il Regno delle Due Sicilie di quelli che oggi verrebbero chiamati "rapporti diplomatici".
Un delegato del Re partiva per la capitale turca con la nave inglese "Gertrude" ed il 7 aprile 1740, nella sua qualità di rappresentante delle Due Sicilie, sottoscriveva, in nome e per conto di Carlo di Borbone, un "trattato di pace, navigazione e commercio". Per parte ottomana il documento era firmato dal Gran Vizir El Haji Mohamed. Negli archivi napoletani l'accordo sarebbe stato cosí rubricato: "Prammatica Foedus Regium et Othomanum, XCVIII, 1740".
In esecuzione del trattato il 22 dicembre di quell'anno fu inviato a Costantinopoli un incaricato d'affari del Regno delle Due Sicilie. Mentre, nel giugno 1741, due navi napoletane che avevano portato nella capitale turca doni del Re per il Sultano accompagnarono a Napoli El Haji Hussein Effendi, ambasciatore straordinario della Sublime Porta presso la corte di Carlo di Borbone.
Il Sultano turco Mahmud Han mantenne la parola e diramò subito l'ordine ai bey del Nord Africa di rispettare il trattato stipulato con le Due Sicilie: i suoi vassalli di Tripoli, Tunisi ed Algeri, però, da un orecchio se lo fecero entrare e dall'altro se lo fecero uscire. Le incursioni dei barbareschi contro le popolazioni costiere ed i convogli mercantili del Regno meridionale, pertanto, continuarono come prima.
Il 13 agosto 1740, mentre si trattavano i dettagli dell'accordo fra Impero Ottomano e Due Sicilie, due galeotte napoletane sorpresero presso Capo Sottile due galeotte tripoline che preparavano un'incursione. Le assalirono e le affondarono: 78 uomini della ciurma furono portati prigionieri a Napoli.
La flotta organizzata dal Re Carlo faceva buona guardia e, quasi sempre, riusciva ad avere la meglio sui pirati barbareschi. Il 22 settembre 1743 una squadra di due galeotte delle Due Sicilie ritornava a Napoli con un legno partito da Tripoli, catturato con tutto l'equipaggio. Nella lotta contro la minaccia dei corsari, ben presto, si mise in luce un ufficiale borbonico, che assunse la dimensione di un eroe quasi leggendario: Giuseppe Martinez, alfiere di galera, comandante della "Sant'Antonio".
La bandiera con i gigli d'oro dei Borbone cominciava a far paura ai corsari del Nord Africa e ne riscuoteva il rispetto: le incursioni si ridussero fin quasi a scomparire. La situazione, però, cambiò ben presto. Quando, nel 1759, il Re dovette partire per Madrid per cincervi la corona spagnola con il nome di Carlo III, il consiglio di reggenza che guidò lo Stato delle Due Sicilie fino al raggiungimento della maggiore età di Ferdinando IV non diede impulso alla marina da guerra. Le coste del Regno, pertanto, non potettero essere adeguatamente protette.
Nel 1763 il bastimento mercantile napoletano "Sant'Antonio", inseguito dai pirati barbareschi, lungo il litorale pugliese fu costretto ad arenarsi presso Polignano. Nonostante tutto, però, quello stesso anno due galeotte napoletane riuscirono a catturare, a 30 miglia da Giannutri, una galeotta tunisina facendo 35 prigionieri.
Questo stato di cose durò fino allo scioglimento del consiglio di reggenza: il nuovo Re, infatti, comprese subito l'importanza che l'Armata di mare aveva per la protezione delle popolazioni costiere e per i commerci e le diede ben presto nuovo impulso. Nel 1784 la flotta delle Due Sicilie - assieme a quella della Spagna, di Malta e del Portogallo - partecipò ad un'azione coordinata contro la base dei barbareschi di Algeri: dal 12 al 24 luglio i cannoni delle navi alleate fecero fuoco contro le fortificazioni e le postazioni di artiglieria del porto algerino.
L'aggressività dei corsari fu frenata, ma non debellata. Nel maggio 1792, infatti, due sciabecchi algerini attaccarono una polacca sorrentina. Intervenne la fregata napoletana "Sirena", che le inseguí e le affondò a cannonate nella rada di Cavalaire, sconfinando nel dipartimento francese del Fréjus: ne nacque un incidente diplomatico. Il 21 giugno 1796 gli sciabecchi napoletani "Robusto" e "Diligente" erano in crociera nel Tirreno.
A 20 miglia da Ustica furono attaccati da due grossi bastimenti dei barbareschi: il "Diligente" fu catturato dai pirati ed il "Rubusto" fu costretto a rientrare a Napoli.
Nell'aprile del 1797 un altro scontro, questa volta vittorioso per i colori delle Due Sicilie. Un convoglio di navi mercantili cariche di cereali era diretto da Messina a Brindisi, lo scortava la corvetta "Aurora". Presso il capo di S.Maria di Leuca una grossa polacca tunisina, armata con 14 cannoni, aggredí il convoglio. Intervenne la corvetta, che ebbe la meglio.
Dopo un violento cannoneggiamento, l'imbarcazione barbaresca fu catturata. Stato di allarme anche nel maggio 1798. Una squadra napoletana guidata dal "Sannita", nei pressi delle isole pontine, si mise sulle tracce di un brigantino e di uno sciabecco tunisni e riuscí a catturare il brigantino.
La "Aretusa", invece, si riuscí ad impossessare di una polacca genovese: la nave era stata, in precedenza, catturata dai tunisini che se ne erano impadroniti. La "Sirena" e la "Cerere", in quegli stessi giorni, incrociando nel canale di Sicilia, si imbatterono in un pinco proveniente da Tripoli: lo catturarono e portarono a Napoli i 35 membri dell'equipaggio.
Le stesse navi, appena ripreso il mare, ebbero la meglio nei confronti di una galeotta tunisina, incrociata al largo di Ponza: i 68 uomini della ciurma furono fatti prigionieri. Poche settimane dopo, le due unità delle Due Sicilie erano in Adriatico, dove scortavano un convoglio mercantile. Uno sciabecco algerino tentò un'aggressione al largo di S.Maria di Leuca, ma fu costretto alla fuga.
L'invasione francese, l'effimera esperienza della repubblica partenopea ed il regno dei napoleonidi misero in crisi l'economia ed il sistema di sicurezza che era stato costruito per poteggere le Due Sicilie contro i barbareschi: per 15 anni l'Italia meridionale fu esposta alle aggressioni dei pirati, rimanendo praticamente senza difesa.
Soltanto dopo il ritorno a Napoli del Re Ferdinando fu possibile riprendere il vecchio discorso. Il 25 aprile 1816 fra il Regno delle Due Sicilie ed il bey di Tripoli fu sottoscritto un trattato di pace. Nove anni piú tardi, quando il trattato avrebbe dovuto essere rinnovato, il bey alzò la posta. Contro i 40.000 colonnati che avrebbe dovuto ricevere dal governo di Napoli, ne chiese piú del doppio: 100.000. Francesco I, da poco succeduto al padre Ferdinando, deceduto nel 1825, non accettò il ricatto...
 
Continua nel prossimo articolo...
 
 
Fonte: