lunedì 31 dicembre 2012

L’editto di Milano tra verità storica e politicamente corretto

2009-04-13_ConstantineTheGreat_York
 
In questo periodo si è sentito parlare sulle principali testate nostrane del famoso Editto di Milano del 313 d. C., nel quale l’Imperatore romano Costantino I garantiva la libertà di culto ai cristiani, a causa dell’anniversario di tale evento che ricorrerà tra breve. Esso viene definito da più come “l’editto della tolleranza”, che avrebbe da un lato posto fine alla persecuzione dei cristiani da parte delle autorità romane e dall’altro sancito la neutralità dello stato nei confronti della religione. Ma fu veramente così?
Per poter rispondere a questo quesito occorre considerare una serie di coordinate storico-politiche dell’epoca: l’Editto di Milano fu promulgato all’indomani della battaglia di Ponte Milvio (29 ottobre 312), nella quale l’esercito di Costantino sconfisse le armate di Massenzio divendo quindi incontestato Imperatore dell’Impero Romano. La peculiarità di tale editto non fu tanto la proclamazione della tolleranza religiosa, in quanto essa è sempre stata comune nella legislatura romana, ma piuttosto la mancata evocazione degli dèi tradizionali in favore del Dio cristiano, e l’implicita rinuncia da parte sua al titolo e alle funzioni di “Pontifex Maximus”, delle quali invece si insignivano i suoi predecessori, abbandonando di conseguenza il monopolio religioso. Con esso inoltre veniva ordinata la restituzione alla Chiesa dei beni confiscati. Date queste coordinate, sembrerebbe che Costantino I si limitò a sancire l’uguaglianza giuridica tra la religione pagana e la Religione Cristiana, dando ragione a coloro che vedono in lui il precursore delle dottrine liberali dello stato laico e neutrale nei confronti della religione. Ma approfondendo numerosi suoi atti giuridici successivi al 313, si scoprirà che la sua politica aveva ben altri scopi: con diversi atti legislativi consentì alle chiese il diritto di ricevere beni in eredità, fece costruire basiliche a Gerusalemme, Roma e Costantinopoli, esse furono inoltre dotate di vaste proprietà, fu concesso ai vescovi l’episcopalis audientia e lui stesso fece un’ingente donazione (la ben nota Donazione di Costantino) alla Chiesa di Roma. Ma non si limitò a questo, la sua legislazione in materia religiosa fu volta anche allo scoraggiamento, alla disincentivazione e soprattutto alla repressione della religione pagana, nonostante non vi fu de facto una legge per motivi di prudenza (buona parte della popolazione dell’Impero non era ancora convertita). Vennero proibiti i combattimenti tra gladiatori nelle arene (uso barbaro molto amato dai pagani e fortemente condannato dai cristiani), venne inoltre limitata, a causa di un disprezzo personale dell’Imperatore, la divinazione sulle interiora di animali sacrificati sia sul piano pubblico che privato. Successivamente Costantino emanò una legge che ordinò la chiusura dei templi pagani più prestigiosi, di quelli dediti alla prostituzione sacra e di quelli situati in città nelle quali vi erano stati episodi di violenza contro i cristiani. Va detto che per motivi di prudenza politica la legge che prevedeva la chiusura dei luoghi di culto pagani e la confisca dei beni ad essi legati fu poco applicata per ragioni legate alla prudenza politica, ma nonostante ciò tali decreti mettono ben in luce l’ottica religiosa di Costantino e la sua politica favorevole allo sviluppo del Cristianesimo nei territori romani.
Altro importante aspetto che va a smentire le tesi che vedono tale Imperatore come un teorico dello stato laico ante litteram fu l’introduzione nella legislatura romana del concetto di eresia: egli infatti, con il Concilio di Arles (314) e di Nicea (325) fece condannare anche sul piano giuridico l’ eresia donatista e ariana, promuovendo interventi armati contro di esse. Va fatto notare un fattore dalla straordinaria importanza: il concetto di eresia prima di Costantino era inconcepibile per i romani, i quali avevano sempre ammesso le divinità dei popoli sottomessi al loro immenso Pantheon religioso.
Tirando le somme, possiamo dire che l’Editto di Milano non venne promulgato per garantire la libertà religiosa nell’Impero Romano (essa era sempre stata presente per tutte le religioni esclusa quella cristiana), ma per assicurare la libertà dei cristiani di professare e diffondere la loro Fede, da lui stesso riconosciuta come l’unica vera. Non la fece diventare religione di stato per questioni di prudenza (una vasta fetta di popolazione era ancora legata al paganesimo, nonostante il sempre maggior numero di convertiti anche nelle alte sfere statali), ma è innegabile che a Milano nel 313 venne emanato un’editto per difendere e propagare la Fede cristiana, che troverà la sua continuità storico-politica non nella dottrina liberale del laicismo e dello stato neutrale, ma bensì nell’Editto di Tessalonica (27 febbraio 380) dell’Imperatore Teodosio I.
 
 a cura di Federico
 
Fonte: La Tradizione Cattolica, anno XXIII – n° 4 – 2012


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