giovedì 13 dicembre 2012

Papa Leone XIII: Enciclica Annum Sacrum (sul Sacro Cuore di Gesù)

La Civiltà Cattolica, serie XVII, vol. VI (fascicolo 1176, 5 giugno 1899),  Roma 1899 (pagg. 629-636)
 
Leone XIII, Enciclica "Annum Sacrum" (traduzione italiana)
 
 
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ENCICLICA

DELLA SANTITÀ DI NOSTRO SIGNORE

LEONE

PER DIVINA PROVVIDENZA

 
PAPA XIII

AI PATRIARCHI PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI

ED ALTRI ORDINARII

AVENTI PACE E COMUNIONE COLLA SEDE APOSTOLICA

SULLA CONSACRAZIONE DEGLI UOMINI

AL SANTISSIMO CUORE DI GESÙ

 
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VENERABILI FRATELLI
SALUTE E BENEDIZIONE APOSTOLICA
 
 
Abbiamo testè promulgato, come ben sapete, con Lettere apostoliche l'Anno Santo, da celebrarsi tra breve in quest'alma Roma secondo le istituzioni dei maggiori. Oggi poi, come auspicio e nella speranza di compiere più santamente la religiosissima solennità, proponiamo e raccomandiamo un altr'atto insigne, dal quale, se tutti l'adempiranno di cuore e con unanime e spontanea volontà, Ci attendiamo e non senza ragione frutti singolari e duraturi a vantaggio del nome cristiano e poi di tutta quanta l'umana famiglia.
Già più volte Ci siamo adoperati, sull'orme dei nostri Predecessori Innocenzo XII, Benedetto XIII, Clemente XIII, Pio VI e VII e IX, a mantenere gelosamente e a mettere in maggior lume quella forma debitamente sancita di religiosa pietà, che consiste nel culto del Sacratissimo Cuor di Gesù; ciò che facemmo principalmente col Decreto del 28 Giugno 1888, innalzando a rito di prima classe sotto un tal titolo la detta Solennità. Ed ora andiamo rivolgendo in mente una forma di ossequio anche più splendida, che riguardiamo quasi come compimento e corona di quante onoranze furono rese sinora al Sacratissimo Cuore e che confidiamo torni gratissima a Gesù Cristo Redentore. Sì, il pensiero non è nuovo: perchè, già sono quasi cinque lustri, all'approsimarsi del secondo centenario da che la beata Maria Margherita d'Alacoque aveva prodigiosamente ricevuto l'ordine di propagare il culto del divin Cuore, furono inviate da tutte le parti e non solo da persone private, ma anche da Vescovi, lettere supplichevoli a Pio IX, perchè ei consentisse di consacrare all'augustissimo Cuor di Gesù tutto il consorzio umano. Piacque allora differirne la deliberazione per maturarla meglio: intanto si consecrassero pure le singole diocesi, che volessero farlo, e ne fu loro espressamente prescritta la formola. Or Noi giudichiamo, per nuove cause sopravvenute, maturo il tempo di effettuare il disegno.
Certo siffatto tributo amplissimo e sommo di ossequio e di pietà s'addice pienamente a Gesù Cristo, siccome a principe e signore ch'egli è di tutte le cose. Stante che il suo impero non si estende soltanto sopra i popoli cattolici, o soltanto sopra coloro che, rigenerati nella dovuta maniera col santo battesimo, appartengono bensì di diritto alla Chiesa, ancorchè seguaci di dottrine erronee, o disgiunti dal vincolo della carità: ma abbraccia inoltre quanti vivono fuor del grembo della fede cristiana, di guisa che dalla divina potestà di Gesù Cristo dipende indubbiamente tutto il genere umano. Perchè fa d'uopo che tutto abbia comune col Padre e perciò anche il sommo impero su tutte le cose Colui che di Dio Padre è l'Unigenito ed ha con esso una medesima sostanza, splendore della gloria e figura della sostanza di lui [1]. Laonde il Figlio di Dio così parla di sè presso il Profeta: Ma io da lui sono stato costituito re sopra Sionne il monte santo di lui. – Il Signore disse a me: Tu se' mio Figliuolo: io oggi ti ho generato. Chiedimi, e io ti darò in tuo retaggio le genti, e in tuo dominio gli ultimi confini del mondo [2]. Con le quali parole e' dichiara di aver ricevuto il potere non tanto su tutta la Chiesa, che va intesa nel monte di Sionne, quanto ancora sul rimanente della terra, ovunque in lungo e in largo si estendono i suoi confini. Già il detto, tu se' mio Figliuolo, significa abbastanza chiaro su qual fondamento poggi cotesta somma potestà. Per essere infatti il Figlio del Re di tutte le cose, egli è insieme l'erede di tutto il suo dominio: onde si aggiunge, io ti darò in tuo retaggio le genti. Parole che rispondono alle altre dell'Apostolo Paolo: cui egli costituì erede di tutte quante le cose [3].
Senonchè vuolsi riflettere principalmente su ciò che Gesù Cristo medesimo affermò intorno al suo impero, non già per bocca degli Apostoli o dei Profeti, ma con le sue stesse parole. In fatti chiedendogli il preside romano: dunque sei tu re [4]? senza restarsi punto perplesso rispose: tu dici che io son re. Pur quella sentenza che in modo più esplicito rivolse agli apostoli: è stata data a me tutta la potestà in cielo e in terra [5], torna a conferma di una signoria cosi ampia, e di un regno che non conosce confini. Se ogni potestà fu data a Cristo, ne segue di necessità che il suo impero deve essere sommo, assoluto, indipendente, cosicchè in altri non trova riscontro alcuno; e perchè fu data e in cielo e in terra, deve avere e il cielo e la terra ossequenti. In effetto egli esercitò un tal potere veramente singolare e proprio di lui, comandando agli Apostoli di divulgare la sua dottrina, di condurre, per mezzo del battesimo, gli uomini a formare un sol corpo nella Chiesa, e finalmente di impor leggi, a cui nessuno può sottrarsi senza esporre a pericolo la propria eterna salute.
Nè tutto sta qui. Gesù Cristo impera non solo per diritto di generazione, essendo egli Unigenito di Dio, ma anche per diritto acquisito. Conciossiachè e' ci ha tratti dalla potestà delle tenebre [6], e parimente diede sè stesso in redenzione per tutti [7]. Diventarono adunque per lui un popolo di acquisto [8] i cattolici e quanti ricevettero nel debito modo il battesimo e inoltre tutti in generale e in particolare gli uomini. Su di che acconciamente cosi discorre Sant'Agostino: cercate che cosa abbia redento? Ponete mente a ciò ch'ei diede e apparirà che cosa abbia redento. Abbiamo come prezzo il sangue di Cristo. Ora che è, che valga tanto? che, se non tutto il mondo? e tutti insieme i popoli? perché quanto ei diede, lo diede per tutti [9].
E S. Tommaso, ragionando di ciò, addita la causa e il modo onde vengono a cadere sotto la potestà e la giurisdizione di Gesù Cristo gli stessi infedeli: perchè, esaminando se il suo potere di giudice si estendesse a tutti quanti gli uomini, e avendo affermato che il potere giudiziario è incluso nella regia potestà, ne rende l'ovvia conclusione, che quanto alla potestà, tutto è soggetto a Gesù Cristo, ancorchè essa potestà non ancora si estenda di fatto su tutti [10]. Tal potestà e tale impero di Cristo si esercita sopra gli uomini per mezzo della verità, della giustizia e principalmente della carità.
Egli però benignamente lascia che a questo duplice titolo di potestà e di signoria, si aggiunga da parte nostra, se piace, il titolo di una consecrazione volontaria. Certo che Gesù Cristo, Dio ad un tempo e Redentore, è infinitamente ricco, perchè son sue tutte le cose: laddove noi siam tanto poveri e bisognosi, che non abbiamo proprio nulla da potergli offerire che sia veramente nostro. Nondimeno nella sua infinita bontà e carità non ricusa che ciò che è suo, glie lo presentiamo tuttavia e cediamo come se appartenesse a noi: anzi non solo non ricusa, ma ce ne richiede e prega: o figliuolo, porgimi il tuo cuore. Possiamo adunque fargli cosa grata con la buona volontà e con la disposizione dell'animo. Imperocchè facendogli offerta di noi medesimi, non solo riconosciamo ed accettiamo francamente e volentieri il suo impero; ma col fatto attestiamo che, se il dono fosse proprio nostro, noi l'offriremmo a lui di gran cuore; e che umilmente domandiamo che non gli spiaccia di ricevere da noi ciò che pur gli appartiene. – Cosi va inteso l'atto di cui ragioniamo: e tale si è il significato delle Nostre parole. E poichè va riconosciuto nel Sacro Cuore un simbolo e un'evidente imagine della carita infinita di Gesù Cristo che ci sprona a riamarlo, viene da per sè la convenienza di offerirsi al suo augustissimo Cuore; ciò che non vuol dir altro, se non che dedicarsi e vie più stringersi a Gesù Cristo, perchè ogni atto di onore, di ossequio, di pietà rivolto a quel Cuore divino, è diretto, veramente e propriamente parlando, alla persona stessa di Cristo.
Eccitiamo pertanto, ed esortiamo a compiere spontaneamente quest'atto di consacrazione quanti conoscono ed amano il divinissimo Cuore; e vivamente desideriamo che ciò si faccia da tutti in un medesimo giorno, di guisa che le manifestazioni di tante migliaia di cuori che fanno la medesima offerta, ascendano tutte nel medesimo tempo al trono di Dio. – Se non che potremo Noi dimenticar mai tutti quegl'infelici, cui non rifulse ancora la dottrina di Cristo? Ma Noi rappresentiamo la persona di Colui che venne a salvare quanti andavano perduti e che diede il suo sangue per la salute del genere umano. Laonde, come Ci adoperiamo senza tregua, mandando quai maestri in tutte le parti del mondo i missionarii di Cristo, affinché anche coloro che ancor siedono nell'ombre della morte siano chiamati alla vera vita, così ora, commiserando la loro sorte, li offeriamo, quanto è da Noi, e li raccomandiamo con tutta l'anima al santissimo Cuore di Gesù. In tal maniera questa consecrazione, a cui tutti esortiamo, potrà tornare di giovamento a tutti. Perchè nel compiere quest'atto, ognuno che conosce ed ama Gesù Cristo, sentirà facilmente un aumento di fede e d'amore. E quelli che, pur conoscendo Cristo, ne trascurano i precetti e la legge, avranno modo di attingere da quel Sacro Cuore la fiamma della carità. Per coloro finalmente che sono più degli altri infelici, per essere ancora avvolti nelle tenebre della superstizione, tutti noi chiederemo unanimi il celeste soccorso, onde Gesù Cristo, che li tiene soggetti quanto alla potestà, li sottometta a sè finalmente anche in effetto, e non soltanto nel secolo futuro, quando egli eseguirà pienamente su tutti la sua volontà, altri destinando al premio, altri al castigo [11], ma anche in questa vita mortale, col dono della fede e della santificazione; in modo che, illuminati e santificati, possano onorare debitamente Iddio, ed avviarsi alla celeste ed eterna felicità.
Una tale consecrazione arreca anche speranza di vita più prosperosa alle nazioni, appunto perchè vale a ristabilire e a ravvalorare i vincoli che per legge di natura congiungono anche gli Stati a Dio. – Pur troppo nei moderni tempi si fece di tutto per innalzare un muro di divisione tra la Chiesa e gli ordini civili. Nell'organamento e nel governo degli stati non si tiene in nessun conto l'autorità del diritto sacro e divino, col reo divisamento che l'azione religiosa non abbia ad avere influsso alcuno sulla civile convivenza. Ciò che al trar dei conti non è altro che un soppiantare la fede di Cristo e, se fosse possibile, sbandeggiar dalla terra perfino Iddio. Con tanta oltracotanza degli animi, che meraviglia se una sì gran parte degli Stati fu travolta in tale scompiglio e in sì fortunose vicende, da dover vivere ognuno in trepidazione e pericolo? Col disprezzo della religione si scalzano di necessità le basi più salde della prosperità pubblica. E la punitrice giustizia di Dio abbandona i ribelli a sè stessi siffattamente che si rendono schiavi delle proprie cupidigie e vittime della licenza.
Di qui viene quella colluvie di mali che da lungo tempo incombono e che più che mai ci spingono a ricercare l'aiuto di tale, per cui mezzo vengano rimossi. E chi potrà essere questi all'infuori di Gesù Cristo Unigenito di Dio? Imperocchè non havvi sotto del cielo altro nome dato agli uomini, mercè di cui abbiamo noi ad essere salvati [12]. Bisogna dunque ricorrere a lui che è via, verità e vita. Si errò? fa d'uopo tornar sul retto cammino; si ottenebrarono le menti? convien rimuoverne le caligini con la luce della verità; la morte invade? forz'è appigliarsi alla vita. Allora finalmente ci sarà dato di sanar tante ferite, allora ogni buon diritto potrà sperar di rivestire l'antica autorità, e sarà ristabilita in onore la pace, e si rimetteranno nella vagina le spade e cadranno le armi dalle mani, quando tutti con unanime volontà riconosceranno l'impero di Cristo e gli saranno ossequenti, e ogni lingua confesserà che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre [13].
Allorchè la Chiesa in sul nascere era oppressa dal giogo dei Cesari, ad un giovane imperatore apparve in alto una croce, auspice a un tempo e autrice della splendida vittoria che immantinente seguì. Or eccovi dinanzi agli occhi anche oggi un segno faustissimo e divinissimo, vale a dire il sacratissimo Cuor di Gesù, che porta su di sè la croce e che splende tra fiamme di singolar candore. Dobbiamo collocar qui ogni speranza, e a lui domandare e da lui aspettar la salvezza.
Finalmente non vogliamo passar sotto silenzio un altro motivo, che riguarda Noi personalmente, ma ben giusto e grave, onde fummo mossi a quest'atto, ed è l'averci Iddio autore di tutti i beni campato non molto tempo addietro da pericolosa infermità. Di tanto beneficio vogliamo che resti memoria e pubblico segno di gratitudine mercè la maggior glorificazione del Santissimo Cuore da Noi ora promossa.
Per ciò ordiniamo, o Venerabili Fratelli, che ai nove, dieci, undici del prossimo giugno, si faccia nel maggior tempio di ciascuna città o terra un sacro triduo e in ciascuno di quei giorni si aggiungano alle altre preghiere le litanie del Santissimo Cuore da noi approvate; nell'ultimo giorno poi vi si aggiunga la formola della Consacrazione; formola che vi mandiamo insieme con la presente Enciclica.

Impartiamo nel Signore con grande affetto la benedizione apostolica, auspice dei doni divini e testimonio della Nostra benevolenza, a voi, al clero e al popolo alle vostre cure affidato.
Dato a Roma presso S. Pietro ai 25 di maggio del 1899, anno vigesimo secondo del Nostro Pontificato.

LEONE PP. XIII.

 
 
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FORMOLA DI CONSACRAZIONE

DA RECITARSI

AL SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ


O Gesù dolcissimo, o Redentore del genere umano, riguardate a noi umilmente prostesi dinanzi al vostro altare. Noi siamo vostri, e vostri vogliamo essere; e per poter vivere a Voi più strettamente congiunti, ecco che ognuno di noi oggi spontaneamente si consacra al vostro Sacratissimo Cuore. – Molti purtroppo non vi conobbero mai; molti, disprezzando i vostri comandamenti, vi ripudiarono. O benignissimo Gesù, abbiate misericordia e degli uni e degli altri; e tutti quanti attirate al vostro Cuore santissimo. O Signore, siate il re non solo dei fedeli che non si allontanarono mai da voi, ma anche di quei figli prodighi che vi abbandonarono; fate che questi quanto prima ritornino alla casa paterna, per non morire di miseria e di fame. Siate il re di coloro che vivono nell'inganno dell'errore o per discordia da voi separati: richiamateli al porto della verità e all'unità della fede, affinchè in breve si faccia un solo ovile sotto un solo pastore. Siate il re finalmente di tutti quelli che sono avvolti nelle superstizioni del gentilesimo, e non ricusate di trarli dalle tenebre al lume e al regno di Dio. Largite, o Signore, incolumità e libertà sicura alla vostra Chiesa, largite a tutti i popoli la tranquillità dell'ordine: fate che da un capo all'altro della terra risuoni quest'unica voce: sia lode a quel Cuore divino da cui venne la nostra salute a lui si canti gloria e onore nei secoli: Cosi sia.


NOTE:


[1] Hebr. I, 3.

[2] Ps. II.
[3] Heb. I, 2.

[4] Ioan. XVIII, 37.
[5] Matt. XXVIII, 18.
[6] Coloss. I, 13.

[7] I Tim. II, 6.

[8] I Petr. II, 9.
[9] Tract. 120, in Ioan.
[10] 3a p. q. 59, a. 4.

[11] S. Thom. I. c.

[12] Act. IV, 12.

[13] Phil. II, 11.