martedì 12 marzo 2013

Caro della Loggia, l’Italia non è una nazione. Ma un’imposizione fascista

di ETTORE BEGGIATO

Egregio Direttore, Ernesto Galli della Loggia, opinionista di punta del “Corriere della Sera”, nel fondo di venerdì 22 febbraio fa una serie di valutazioni sul “sentimento di una nazione”. Ma è davvero esistita, ed esiste una nazione chiamata Italia? Ed esiste di conseguenza un sentimento nazionale, una identità nazionale “italiana”? Dobbiamo accettare come dogma di fede tale definizione?
La mia domanda è sicuramente provocatoria, anche perchè il dibattito, il confronto su questi temi e sulla differenza fra il concetto di stato e quello di nazione è praticamente nullo. Aldo Gabrielli nel suo dizionario definisce la nazione come “complesso di individui avente una origine comune, spesso comuni la lingua, la storia, la religione, i costumi, sia esso o non sia politicamente unito”. E già qui nascono le prime perplessità.
Che cosa ho, io, veneto, in comune con un tirolese di Sterzing, con un valdostano di Courmayer, con un  sardo di Decimomannu, con un siciliano di Canicattì? L’origine? Non mi pare. La storia? Non se ne parla nemmeno, i costumi, lo stesso, la lingua? Ecco da un po’ di tempo parliamo la stessa lingua veicolare, l’italiano (io comunque penso sempre in veneto e, quasi sempre, parlo in veneto). Ma anche qui fa pensare che nel 1861, quando fu compiuto il primo censimento del Regno d’Italia (il Veneto non era ancora stato “liberato”, o meglio, annesso), “gli italofoni (cioè coloro in grado di esprimersi in italiano) erano, fatta eccezione di Roma e della Toscana, l’otto per mille della popolazione, vale a dire 160.000 individui dispersi in una massa di 20 milioni di abitanti” (Tullio De Mauro, già ministro della Repubblica italiana).
E questo dato la dice lunga sul processo, forzato, di italianizzazione, di standardizzazione, di massificazione che è stato portato avanti dall’unità d’Italia, distruggendo un patrimonio di lingue, di costumi, di tradizioni forse unico in Europa. Queste considerazioni portano ad una conclusione molto semplice (molto modesta e, se si vuole, molto personale): l’Italia non è una nazione ed è invece uno stato sovranazionale all’interno del quale vivono vari popoli (veneto, sardo, siciliano, sudtirolese, valdostano ecc.).
Stato sovranazionale come la Gran Bretagna (dove troviamo inglesi, scozzesi, gallesi ecc.), Spagna (dove troviamo catalani, baschi, galleghi, ecc.): ed e particolarmente interessante quanto emerge dalla costituzione spagnola nel cui preambolo si sancisce l’impegno a “proteggere tutti gli spagnoli  e i popoli di Spagna nell’esercizio dei diritti umani, le loro culture e tradizioni, lingue e istituzioni” e nell’art. 2 “riconosce e garantisce il diritto all’autonomia delle nazionalità e delle regioni che le compongono e alla solidarietà fra tutte loro” (sottolineo, si parla di popoli, di lingue, di nazionalità). Né va dimenticato come con il crollo del muro di Berlino, si sia progressivamente sgretolato un altro muro, di origine giacobina, il concetto di  ”stato-nazione”. Un concetto equivoco sul quale, soprattutto in Italia, c’è stata da parte della cultura dominante la volontà di non uscire dall’equivoco.
Un concetto, quello di nazione, che ha trovato specialmente nel periodo fascista l’attuazione più fanatica, che si riassumeva e si riassume con “un popolo, una lingua, una storia, una bandiera”: un concetto “fascista” che da diversi anni  è stato fatto proprio dalla sinistra, basta leggere quanto scrivono gli storici formati nelle università venete, o meglio nelle università italiane nel Veneto, e cogliere il loro nazionalismo sfrenato. E’ tempo di superare tale concetto antistorico sostituendolo con “più popoli, più lingue, più bandiere, più identità all’interno dello stato italiano”. E’ tempo di rendersi conto che la ruota dello storia va verso il riconoscimento dei popoli, delle “nazioni storiche europee” come il Veneto, basti pensare a quanto sta accadendo in una delle realtà europee più avanzate, la Catalunya.
Vogliamo incominciare a fare un’attenta riflessione su questo aspetto anche all’interno dello stato italiano?