sabato 16 marzo 2013

Il “Novus ordo” nell’epoca elisabettiana

Thomas Cranmer 001
 
 
E’ impressionante, ancora una volta, scoprire le affinità esistenti tra la cosiddetta “nuova messa” e la liturgia protestante. Robert Hugh Benson, nel suo libro “Vieni ruota! Vieni forca!” (“Come rack! Come rope!”), un romanzo ambientato durante il regno di Elisabetta I d’Inghilterra e le persecuzioni anticattoliche, racconta infatti l’incredibile storia di tanti uomini morti per Crsto e per la Fede, in un’epoca di grandi stravolgimenti teologici, politici e culturali sia per l’Inghilterra che per l’intera Europa. Sono gli anni in cui la salita al trono di una regina apertamente protestante modifica per sempre il destino di un’isola.
In particolare, nel passaggio citato, un gruppo di cattolici entra nella cattedrale di San Paolo a Londra, la sera di Natale. Al suo interno nulla è più come prima: tutto è freddo e vuoto, e le poche persone al suo interno stanno tutte abbandonando l’edificio. Tutti quegli altari dove una volta veniva celebrato il Santo Sacrificio della Messa sono scomparsi per far posto al tavolo del pane e del vino, necessari per rievocare la memoria dell’ultima cena. La cattedrale rimane pressoché identica nell’architettura ma è chiaramente diventata il luogo di culto di un’altra religione…
 
Ed ora, la vigilia di Natale, Robin, Anthony e le due signore entrarono nella Cattedrale mentre il buio stava scendendo – prima passando attraverso il cimitero, sopra il muro del quale incombevano le file di case, nelle cui finestre le luci avevano cominciato ad ardere.
L’oscurità dell’aria rese più impressionanti le enormi altezze della grande chiesa. Davanti a loro si stendeva la lunga navata, oltre settecento piedi dall’inizio alla fine; dal pavimento al tetto l’occhio viaggiava sui gruppi di sottili colonne fino al soffitto scuro, rimesso a nuovo dopo l’incendio, circa centocinquanta piedi. Le alte finestre su ciascun lato, e le luci della vetrata soprastante, baluginavano pallidamente nell’oscurità che avanzava.
Ma, agli occhi cattolici che guardavano su di essa, la desolazione appariva più dello splendore. C’era moltissima gente, a dire il vero; gruppi si muovevano su e giù, parlando, dirigendosi sempre più verso le uscite, man mano che la notte avanzava, perché la chiesa sarebbe stata chiusa presto; in una navata un uomo stava parlando forte, come se tenesse una conferenza, con una folla di teste intorno. In un’altra alcuni uomini sobriamente vestiti stavano disponendo le loro carte e inchiostri sui tavolini che stavano in fila – questo era l’Angolo degli Scrivani, le dissero; da una terza una mezza dozzina di persone stavano andandosene scoraggiate – questi erano servitori che avevano atteso di essere presi a servizio. Ma l’anima del posto era perduta. Quando uscirono nei transetti, Anthony li fermò con un gesto, mentre una coppia di uscieri, che portavano scatole sulla testa, avanzavano spintonando, nel loro breve scorciatoia attraverso la Cattedrale.
“Era qui,” disse, “che stava l’altare.”
Indicò tra le colonne, sui due lati, e là, sopra gradini poco alti, giacevano i pavimenti delle cappelle. Ma dentro tutto era vuoto, tranne una tomba o due, alcuni colori scrostati e i fonti battesimali ancora al loro posto. Dove c’erano stati gli altari c’erano spazi bianchi di muro; impilate in uno di questi posti c’erano file di sedili di legno piazzati lì per le necessità della stanza.
Di fronte all’entrata del coro, dove un tempo sopra le teste pendeva il grande Crocefisso, i quattro restarono a sbirciare attraverso un buco, che i muratori stavano riparando nell’alto muro che aveva separato il coro dalla navata. Da ambo le parti, come prima, ancora si innalzavano torreggianti gli scanni intagliati; lo splendido pavimento ancora risplendeva sotto, rifrangendo sulla superficie il bagliore della luce dalle finestre colorate in alto; ma la testa era sparita dal corpo. Da qualche parte, sotto il drappo profondamente ombreggiato, poterono distinguere una costruzione che poteva essere un altare, solo che sapevano che non lo era. Non era più la Pietra del Sacrificio, da dove il fumo del Calvario mistico saliva giorno dopo giorno: era la tavola dove pane e vino venivano mangiati e bevuti in memoria di un evento la cui energia immortale aveva cessato, almeno in questo posto, di operare, e niente più. Però era qui, pensò Marjorie, che solo quarant’anni fa, poco più di vent’anni prima che lei nascesse, in questa Notte, la grande chiesa aveva ronzato e vibrato di vita. Attorno ai muri si erano seduti preti, ognuno al suo posto; e accanto ad ognuno si era inginocchiato un penitente, che si preparava ancora una volta alla gioia di Betlemme – saggio e semplice – Pastori e Magi – ma tutti resi semplici davanti allo sconcertante ed estasiante Mistero. C’erano stati passi e voci anche – ma di uomini che erano indaffarati degli affari del loro Padre nella casa del loro Padre, e non dei loro. Erano andati di altare in altare, parlando coi loro Amici a Corte; e qui, di fronte a dove lei stava e sbirciava nella vuota e fredda oscurità, avevano bruciato lumi davanti al Trono di Colui che aveva creato Cielo e terra, e fatto la Volontà di Suo Padre sulla Terra come veniva fatta in Cielo… Quarant’anni fa la vita in questa chiesa stava crescendo proprio in questa notte, con il mormorio come di una moltitudine che si avvicina, di ora in ora, illuminandosi e affrettandosi man mano che arrivava, fino alla gloria della Messa di Mezzanotte, la chiesa affollata, illuminata da un’estremità all’altra, l’odore di bosso e alloro nell’aria, che presto sarebbe stato confuso e sovrastato dall’aroma del fumo d’incenso; e anche il mondo dello spirito si affrettava intorno a loro; e gli angeli (lei pensava) scendevano dal Paradiso, come gli uomini dalla città tutt’intorno, per salutare Colui che è Re sia degli angeli che degli uomini.
E adesso, in questa nuova Inghilterra, la chiesa, vuota della Presenza Divina, si stava svuotando anche dei suoi visitatori umani. Udiva grandi porte sbattere da qualche parte, e il riverbero rotolare sotto le volte di pietra. Sarebbe stata presto vuota, desolata e scura; e sarebbe stata così tutta la notte… Perché non piangevano anche le pietre?
Mistress Alice la toccò su un braccio.
“Dobbiamo andare,” disse. “Stanno chiudendo la chiesa.”
 
a cura di Luca Fumagalli
 
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