mercoledì 3 luglio 2013

La Monarchia e le sue degenerazioni (Monarchia Assoluta e liberale) - (Parte 5°).





La Restaurazione in Francia 
 il Regno del compromesso di Luigi XVIII.



Luigi XVIII
Luigi XVIII di Francia.
Crollato l'Impero napoleonico , la Francia ridotta in miseria poteva risorgere soltanto grazie a quei soli che l'avevano fatta grande , dopo tanti sconvolgimenti e rovine, rialzandola e facendola rientrare nella retta  via dell'istituzione legittima. Essa quindi rivolse gli sguardi ai figli di S. Luigi. Già, fin dal 1799, il  cuore di Francia li chiamava. La framassoneria sentiva così bene che  questo era il voto della Francia, e che un giorno o l'altro sarebbe diventato  irresistibile, che volle prendere anticipatamente le sue misure e impadronirsi di tale movimento per dominarlo e dirigerlo. Due massoni emeriti, i generali Malet e Oudet, fondatori della società dei Filadelfi a Besançon, iniziarono dei negoziati con Luigi XVIII. Essi furono prevenuti da Siéyès e da quelli che, con lui, preparavano la dittatura che fu inaugurata dal colpo di Stato del 18 brumaio.
L'esiliato Luigi XVIII , fratello del Re martire Luigi XVI , in gioventù era stato iniziato alla massoneria ed era un volteriano  : in parole povere , egli non aveva imparato la lezione che molti Principi non recepirono e che la Rivoluzione aveva dato in tutta Europa. C'è da aggiungere che Luigi Stanislao , al tempo della Rivoluzione  Conte di Provenza, invece di aiutare il fratello durante la crisi che investì il suo Regno, tentò di spodestarlo e prenderne il posto. Nel 1789, dopo la presa della Bastiglia aspirò, in quanto primo dei fratelli di Luigi XVI, alla luogotenenza generale del regno la quale l'avrebbe fatto giungere ad un passo dalla sua ambizione;  egli non ottenne nulla perchè la Regina di Francia Maria Antonietta ,conoscendone le intenzioni , si oppose.
Il 20 giugno 1791 , Luigi Stanislao fuggì da Parigi a Bruxelles per raggiungere a Coblenza il fratello minore, il Conte d'Artois (futuro Carlo X di Francia).
Lasciata Coblenza si ritirò in Vestfalia dove, alla morte di Luigi XVI (21 gennaio 1793), assunse il titolo di reggente,  il Delfino suo nipote era divenuto legittimo Re di Francia con il nome di Luigi XVII , e nominò  luogotenente generale del Regno il fratello Conte d'Artois.
Alla morte di Luigi XVII (8 giugno 1795) assunse il nome di Luigi XVIII e lavorò tenacemente al proprio ritorno in Francia tenendosi in contatto con la setta che all'ora la dominava.
Da una parte e dall'altra, ciò che la setta voleva, pur accostandosi all'apparenza alle necessità del momento che s'imponevano, era salvare la Rivoluzione, mantenere intatto il suo spirito e conservare, quanto fosse possibile, le sue conquiste. La setta lo aveva ottenuto da Napoleone col dispotismo; e si riprometteva di ottenerlo da Luigi XVIII in nome della "libertà". Quello che Malet e Oudet avevano voluto trattare con Luigi XVIII, e che egli subì quindici anni più tardi, era l'istituzione del Governo costituzionale, del meccanismo parlamentare che avrebbe permesso di continuare la guerra alla Chiesa e alla Civiltà Cristiana.
Alessandro I di Russia.
Nel 1814 e nel 1815, la situazione non era più la stessa. L'intera Europa era sconvolta. Non era la sola Francia, ma tutta l'Europa che avea bisogno di stabili leggi. I sovrani di Russia, d'Austria e di Prussia (lo Zar e il Re di prussia erano frammassoni) vi posero mano e concertarono assieme quella celebre convenzione che si chiamò la "Santa Alleanza" ma che , a causa della sua corruzione interna, era destinata a disfarsi prematuramente.
"Avvi in questo negozio - scriveva da Pietroburgo G. de Maistre al conte di Vallaise - un lato delicato e rispettabile che dev'essere apprezzato e venerato, indipendentemente da ogni questione che si potrebbe sollevare sullo spirito che l'ha dettato, e che oggidì è abbastanza potente per farsi obbedire anche dai sovrani". Qual era questo spirito? In chi, in che cosa si era incarnato per esercitare questa potenza? G. de Maistre, in una nuova comunicazione al suo Re, dice che questo spirito era quello degli Illuminati. "E' questo Illuminismo (non quello di Weishaupt, ma quello di Saint-Martin) che ha dettato la convenzione di Parigi, e soprattutto le frasi straordinarie dell'articolo che echeggiò in tutta l'Europa ... Io sono perfettamente informato degli strattagemmi che quella gente là aveva usato per accostarsi all'augusto autore della convenzione (l'Imperatore di Russia) e per impadronirsi dell'animo suo.
 Vi si sono intromesse anche le donne come s'intromettono dappertutto... Se la mente che dettò questo atto avesse parlato chiaro, vi avremmo letto in fronte: Convenzione per la quale questi e quei principi dichiarano che tutti i cristiani non sono che una famiglia professante la stessa religione, e che non contano nulla le differenti denominazioni onde si distinguono". Questa religione universale in cui i settari volevano fin d'allora confondere tutte le religioni, la chiamavano il cristianesimo trascendentale e lo concepivano come una mera religiosità, o una religione senza dogmi. E' quello che continuano a fare ai giorni nostri, benché sotto altri nomi,  la framassoneria. Ed oggi come allora, framassoni ed ebrei si servono, per arrivarvi, dei ministri e dei Governi. G. de Maistre l'aveva constatato nel secolo precedente: "Si può affermare che, durante il secolo XVIII, i Governi d'Europa non hanno fatto quasi niente di notevole che non fosse stato diretto da uno spirito segreto verso uno scopo che i sovrani neppur sospettavano". Egli lo constatava di nuovo all'entrare del secolo XIX; ed oggi è facile, a tutti quelli che hanno occhi per vedere, di fare la stessa osservazione.
Le società segrete, non potendo dunque opporsi alla marcia degli avvenimenti che si compivano al tempo della Restaurazione, si studiarono di dirigerli a loro profitto, per impedire all'ordine sociale basato sulla fede di ristabilirsi in Europa, e specialmente in Francia. Quello che avevano ottenuto dalla "Santa Alleanza" degli Imperatori di Russia e d'Austria e dal Re di Prussia, si sforzarono di ottenerlo da Luigi XVIII. Certamente, Luigi XVIII, come persona, non era un cattolico di fermo carattere, troppo egli aveva bevuto alla coppa del suo secolo, ma sentiva la propria dignità Reale, e se non fosse stato raggirato, ed avesse avuto libere le mani, probabilmente egli avrebbe dato alla Francia una Restaurazione più perfetta e più solida.
Fra tutte le conquiste della Rivoluzione, quella che la setta apprezzava di più, come la più utile ai suoi disegni, la più necessaria a conservarsi, era l'indifferenza del potere in fatto di religione. Perciò, quello che più temeva nella Restaurazione Realista, la quale nel 1799 si annunciava come imminente, era il ritorno della religione di Stato; e quello che si studiò sopratutto di ottenere allorché si fece la Restaurazione, fu il mantenimento della protezione uguale per tutti i culti come Napoleone l'aveva introdotta. Un altro problema che le stava parimenti a cuore era quello della sovranità. Essa voleva bensì che il Re regnasse, ma non poteva acconsentire ch'egli governasse, che avesse in mano un potere efficace e reale. Ben dichiarò la Charta (3) che l'autorità risiedeva intera nella persona del Re, e che la religione cattolica era la religione dello Stato: l'articolo 6 attestava in proposito alcuni intendimenti del Re, ma non erano che parole rese vane dagli articoli 5 e 7. Per il  resto, la Costituzione accordava la libertà dei culti e della stampa; ristabiliva la libertà della tribuna, che da dieci anni taceva. Due capi illuminati, Talleyrand e Dallery influirono sopra Luigi XVIII, come ne parla G. de Maistre, per ottenere che il Re tenesse presso di sé queste due "pesti", come le chiama Gregorio XVI. Altri agirono presso Alessandro, e fu per invito perentorio di lui che Luigi XVIII colla dichiarazione di Saint-Ouen accordò alla setta le libertà costituzionali. In questa occasione fu creata la parola liberale, destinata a velare le idee e le opere della framassoneria. In questa situazione la Monarchia in  Francia subì una nuova degenerazione istituzionale , anche se solo embrionale: era infatti sulla strada delle Monarchia liberale sul modello della protestante Inghilterra.
Joseph Fouché.
Frattanto, la manifestazione d'amore con cui la Francia accolse il suo Re e la gioia con la quale si recò dinanzi agli altari, fecero temere alle sette che le precauzioni prese sarebbero diventate inutili. Il ritorno di Napoleone fu deciso, preparato, compiuto. Dopo Waterloo si videro i frammassoni di Francia che tanto dovevano rimproverare ai Borbone di essere ritornati "sui carrettoni dello straniero", sollecitare gli alleati di voler dare alla Francia, colle proprie mani, un Re diverso dal capo della casa di Borbone.
Per due volte, una deputazione di frammassoni si recò al campo degli alleati per chiedere che fosse loro imposto come Re un olandese, il Principe d'Orange, ovvero Luigi Filippo che più tardi riuscirono a porre sul Trono. Il capo di quest'ambasciata era Carlo Testa. Luigi XVIII ritornato da Gand era alle porte di Parigi fin dal 6 luglio, ma la diplomazia massonica che circondava i Re alleati non gli permise d'entrare nella sua capitale se non il giorno 8, dopo che egli ebbe licenziato quei suoi ministri che l'avevano seguito nell'esilio e sostituendoli  con uomini della Rivoluzione, i due apostati Talleyrand e Louis, col regicida Fouché quale ministro della polizia.

Da quel giorno fu impiantato in Francia il regime costituzionale, l'embrione della Monarchia liberale, e con esso rimaneva padrona la massoneria. "Luigi XVIII - dice il segretario del Grand'Oriente, Bazot - diede la Charta. E' il governo costituzionale. Questo principio ci protegge". Era infatti la dignità del Re limitata al potere esecutivo, e l'autorità reale affidata a dei ministri, commessi effimeri delle maggioranze delle Camere, che finirebbero pur esse per essere alla mercé della setta. Perciò Thiers poté dire nel suo discorso tenuto nel 1866 al Corpo legislativo: "La Costituzione del 1814 è uscita dalle viscere stesse della Rivoluzione". Nessun altro sistema politico è più favorevole ai disegni della setta, nessuno le offre maggiori e più facili mezzi per paralizzare la legittima autorità, per incatenare la Chiesa e perseguitarla. Essa non  mancò neppure sotto i Re legittimi. Essi fecero quanto poterono , in specie Carlo X , per resistere alle sue imprese, ma il sistema era più forte di loro. Era dunque il regime costituzionale, col suo simbolo distintivo, quello che volevano imporgli uomini, i quali non sapevano essi medesimi da quale spirito erano guidati, a quali influenze forse ubbidivano e in quale abisso stavano per trascinare la società.
Malgrado le cautele prese dalla setta per impedire alla Restaurazione di favorire il ritorno ad una civiltà veramente cristiana, questa fece nondimeno il possibile per assecondare l'azione del clero nella sua opera di rinnovazione religiosa. Fin dal 29 febbraio 1816, i religiosi furono  autorizzati ad impartire l'insegnamento. Si istituirono comitati cantonali per sorvegliare ed incoraggiare l'istruzione; i parroci non solo ne facevano parte, ma vi tenevano la presidenza. Ai vescovi era concesso di stabilire delle scuole ecclesiastiche, i seminaristi non erano più obbligati a frequentare i corsi liceali, i vescovi potevano ordinare, senza autorizzazione del potere, quelli che giudicavano più degni. Si incoraggiavano le missioni nelle parrocchie malgrado i clamori e le calunnie, le canzonette e le caricature dei liberali, ed i missionari venivano posti sotto la protezione dei Gran Limosiniere. Cappellani vennero dati all'esercito. Si fece una legge per l'osservanza della domenica. Una commissione era nominata per studiare i mezzi di restituire alla Chiesa il suo antico splendore. L'Arcivescovo di Reims ricevette l'incarico di presentare al Re i soggetti che gli sembravano più degni d'essere elevati all'episcopato. Infine una convenzione col Sommo Pontefice venne ad aumentare le diocesi.
Pierre Louis Jean Casimir de Blacas d'Aulps

Nelle istruzioni che furono comunicate al Conte di Blacas per negoziare un nuovo concordato più favorevole alla Chiesa di quello conchiuso con Napoleone, il Re diceva: "Sua Maestà apprezza, com'è di dovere, la difficile posizione in cui si trovava allora la Santa Sede; ma vede altresì che le disposizioni prese in circostanze tanto differenti, tanto procellose per la Chiesa di Francia, non si applicano più alla situazione attuale, e ciò che poteva convenire per salvarla dal naufragio non basterebbe più per la sua rigenerazione".
La Camera del 1815, la Camera introvabile  favoriva le buone disposizioni del Re; ma vegliava la massoneria. Essa seppe far entrare fra gli intimi del sovrano uno dei suoi, Decazes, commendatore del supremo Consiglio del 33° grado di rito scozzese. Escluso dal ministero dopo l'assassinio del Duca di Berry, si pose alla testa dell'opposizione.
Fu allora che dal seno della framassoneria uscì fuori un'altra società ancor più segreta, con giuramenti più terribili e con sanzioni ineluttabili, il carbonarismo. Venuto dall'Italia, si diffuse con meravigliosa rapidità in tutta l'Europa. In Francia organizzò le cospirazioni militari di Belfort, di Saumur, della Rochelle, ecc., che fortunatamente si poterono sventare.
Élie Decazes.

Le loggie si moltiplicavano; vi si facevano iscrivere gli ufficiali di mezza paga, i compratori dei beni della libertà e del clero. Il Grand'Oriente s'informava dei luoghi dove si trovassero in numero sufficiente per costituire una loggia; vi mandava un venerabile nuovo al paese, che si installava fra loro, e col loro mezzo spargeva nel popolo le idee massoniche, dava la parola d'ordine ogni volta che nei consigli comunali o dipartimentali v'era da adottare o da far adottare una misura per opprimere con prudenza e con arte la Chiesa e la stessa Monarchia.
Contemporaneamente, la tribuna e la stampa combattevano la Restaurazione, opponendo senza tregua l'immortale 89 all'antico regime restaurato, la libertà al dispotismo, la democrazia all'autocrazia, la rivoluzione alla contro-rivoluzione.
Mentre gli spiriti erano in tale situazione agitati, il carbonarismo si armava, e preparava i fautori del disordine ad agire quando fosse suonata l'ora opportuna di una nuova rivoluzione.

Già dai primi momenti del suo Regno ,  Luigi XVIII e suo fratello Carlo , Conte d'Artois,  si trovarono in netto disaccordo , specie per ciò che riguardava la politica .
Scettico, volteriano, impastato di cultura classica, Luigi XVIII , benché infermo , gravemente in sovrappeso e gottoso, rimaneva certamente il più machiavellico della famiglia Reale. Appena salito sul Trono egli aveva subito avviato una Politica di "riconciliazione" senza dare ascolto a chi , come il fratello Carlo, premeva per agire con cautela senza compromessi con chi aveva gettato la Francia nel caos.
File:Louis XVIII2.jpg
Luigi XVIII di Francia.
Luigi XVIII , nonostante il palese fallimento della sua politica filo-liberale, dimostrata particolarmente dall'assassino del nipote , Duca di Berry,  paralizzato nella sua carrozzella da infermo, sembrava deciso a non cambiare politica, evitando di parlarne con i famigliari. Anzi, ordinò che al solito pranzo delle cinque e tre quarti fossero banditi gli argomenti di carattere politico per non turbare il rito della mensa.
Il vecchio Re, il 16 Settembre 1824, immobilizzato nella sua poltrona a rotelle , con la parrucca incipriata, la sua cultura classica, la sua tolleranza "illuminata"  e i suoi ghettoni di velluto granato stringati fino alle ginocchia, si era spento lentamente ucciso dalla cancrena. Benché lucido fino alla fine , non aveva lasciato  testamenti spirituali e sen'era andato senza preoccuparsi minimamente del futuro del Regno. Era conscio che il fratello, Conte d'Artois, non avrebbe mai seguito la sua politica basata sul compromesso.





 


 
Il Regno di Carlo X di Francia
Il Ritorno della Rivoluzione



Carlo X
Carlo X di Francia.
Intanto a Luigi XVIII era succeduto Carlo X di Francia. Contrariamente alle previsioni del fratello , l'alba del nuovo Regno apparve radiosa. Il nuovo Re , fece il suo ingresso trionfale a Parigi in sella a uno splendido Cavallo bianco e stretto nella bella uniforme di Colonnello d'onore del Reggimento Carabinieri tra il popolo festante.
Il 28 Maggio 1825, a differenza del fratello Luigi XVIII , che non volle essere consacrato a Reims, Carlo X  fedele alle tradizioni , decise di rinnovare l’antica liturgia. Così venne unto e incoronato more antiquo con il Crisma della Santa Ampolla.
Come un tempo, gli scrofolosi si presentarono al sovrano per essere toccati, ma questi rifiutò, limitandosi a far loro una generosa elemosina:
“Molte persone erano d’avviso di sopprimere questa cerimonia per togliere un pretesto alle derisioni dell’incredulità, e si diede ordine di rimandare gli scrofolosi. Essi si lamentarono,
il Re inviò una somma di denaro da distribuir loro. Essi dissero che non era affatto ciò che volevano. L’abate Desgenettes, allora Parroco della parrocchia delle Missioni Estere, più tardi Parroco di Nôtre-Dame de la Victoire, che era alloggiato a Saint-Marcoul, vedendo la loro desolazione, si recò a perorare la loro causa, e il Re annunziò la sua visita per il 31 maggio all’ospizio. I malati furono visitati dal sig. Noël, medico dell’ospizio, e dal sig. Dupuytren, primo chirurgo del Re, a fine di non presentare che i malati veramente colpiti da scrofole. Rimasero cento trenta. Essi furono presentati successivamente al Re dai dottori Alibert e Thévent de Saint-Blaise. Il Re li toccò pronunciando la formula tradizionale. Il primo guarito fu un fanciullo di cinque anni e mezzo, Giovanni Battista Comus; egli aveva quattro piaghe; la seconda fu una giovine sedicenne, Marie-Clarisse Fancherm; essa aveva una piaga scrofolosa alla guancia fin dall’età di cinque anni. La terza, Susanna Grévisseaux, di undici anni. Essa presentava delle piaghe e dei tumori scrofolosi. La quarta, Maria Elisabetta Colin, di nove anni, aveva molte piaghe. La quinta, Maria Anna Mathieu, d’anni cinque aveva un tumore scrofoloso e una piaga nel collo. Si stese processo verbale di queste guarigioni e si aspettò cinque mesi prima di chiuderlo e di pubblicarlo, per assicurarsi che il tempo le confermasse”.
Nonostante il felice esito della mano sovrana, lo spirito incredulo del tempo prevalse. Carlo X non rinnovò più il rito venerando.
Anche la situazione economica era favorevole al nuovo Regno. La Francia era ricca in tutti i campi. "Molti popoli d'Europa dovranno attendere forse parecchi secoli prima di raggiungere il grado di felicità che godé la Francia sotto il regno di Carlo X" scriveva Stendhal, Rivoluzionario della prima ora. La libera concorrenza favoriva i commerci , la nascente industria offriva nuovi posti di lavoro , la libertà di Stampa garantita dalla "Charta" di Luigi XVIII , rappresentava l'unico problema alla morale del Regno. Anche la scienza faceva passi da gigante . In soli cinque giorni il telegrafo ottico trasmetteva  da Roma a Parigi la notizia dell'elezione di Pio VIII.
Malgrado gli imbarazzi che la setta creava al suo Governo, il popolo si sentiva felice. Carlo X, iniziò senza indugi la sua politica volta a realizzare una Restaurazione reale. Con grande classe così commentava le proteste di quei parlamentari avidi di potere , " Quelli mi hanno preso per il Re d'Inghilterra !", e scelse i suoi ministri tra gli unici affidabili, gli Ultras. La Francia in pari tempo rientrava in possesso della sua preminenza in Europa e nel mondo; l'Algeria era conquistata, e l'alleanza con la Russia dava al Regno la frontiera del Reno senza colpo ferire.
Carlo X di Francia.

Malgrado ciò, anzi a causa di ciò, l'augusto Re era circondato da tante insidie che gli tornava  impossibile evitarle tutte; non aveva che la scelta degli errori. Gli si strappavano provvedimenti che facevano sanguinare il suo cuore di figlio primogenito della Chiesa, quale voleva essere non di nome, ma di fatto. Tutte le franchigie della Charta furono impiegate a demolire il Trono. Egli cedette prima sopra un punto, poi sopra un altro finendo col dire: "Mi confermo nella convinzione che ebbi in tutta la vita: ogni concessione fatta ai liberali torna inutile". Avrebbe potuto dire "funesta".
Il 25 luglio 1830, appoggiandosi lealmente all'articolo 14 della Charta, Carlo X firmò dei decreti che non erano contrari né al testo, né allo spirito di questo atto. Essi regolavano la libertà della stampa, tendendo a reprimere gli abusi più stridenti. Anziché essere accettati come un beneficio, diventarono il segnale della rivoluzione che la setta preparava da lungo tempo , d'accordo con colui che da essa aveva scelto di trarne profitto.

Parigi , 26 Luglio 1830, Domenica. Dopo la Messa quotidiana nella Cappella del Castello di Saint-Cloud, dove la Corte si era trasferita per la stagione estiva , il Re e i suoi famigliari si riunirono in giardino per la petit dèjeuner. Mancava solo la Duchessa d'Angoulèm, che era a passare le acque a Vichy. Carlo X aveva già indossato la tenuta da cacciatore per la consueta partita venatoria.
Quella mattina del 26 Luglio , Carlo X appariva nervoso con la sua divisa elegante ma con il viso che confessava il suo stato d'animo.
"Avete già letto il Moniteur?" , chiese con tono distratto.
"No , Sire", rispose la Cortigiana Madame de Gontaut  , "E' sempre così noioso!".
"Oggi non vi annoierà", ribattè il Re . "Anzi, non mancherà di stupirvi ". Il Re continuo , "Ci troverete le quattro ordinanze che ho firmato ieri". Carlo X si riferiva alle famose Ordinanze di Saint-Cloud che , come detto prima, non calpestavano la Charta. Nonostante ciò i liberal-settari non si fecero sfuggire l'occhasione di infarcire il tutto con malsana propaganda facinorosa.
Carlo X , dopo aver dato la notizia ai famigliari e alla Corte , e dopo aver salutato i due nipoti Luisa Maria, ormai adolescente, ed Enrico , di quasi 10 anni, disse, "Non dovete preoccuparvi . Godetevi questa bella giornata . Vedete? Io sono tranquillo e me ne vado a caccia a Rambouillet. Ci vedremo stasera. Tutto andrà bene". Mentre il Sovrano diceva ciò dal suo viso traspariva tutta l'ansia della situazione.
Il "Moniteur" uscì tardi la mattina del 26 Luglio 1830. Le strade di Parigi, arroventate dal sole di Luglio , erano semideserte. Per antica consuetudine i parigini trascorrevano le Domeniche d'estate nei parchi o nelle campagne. Le strade della capitale francese nel 1830 non erano diverse da quelle del 1789: strade strette , tetti spioventi, abbaini simili a feritoie, pavimentazione stradale in alcuni punti sconnessa con selci facili da svellere. Ogni cento passi si incontrava un portone di una Scuderia : sarebbe stato un gioco facile per i sovversivi tirare fuori un paio di carrozze per costruire una barricata e poi rafforzarla con materassi e grossi mobili gettati dai balconi. Nessuna misura preventiva era stata ordinata dal Ministro Polignac . In giro non si vedevano pattuglie . Neppure le abitazioni dei più noti sovversivi erano sotto sorveglianza. Le cose però si stavano muovendo lentamente in quella Domenica 26 Luglio: i primi a cominciare l'attività sovversiva furono i deputati subito giunti a Parigi per protestare contro la possibilità che il loro strapotere fosse moderato. Nel frattempo Carlo X tornò a Saint-Cloud dopo il tramonto . Li corse incontro Maria Carolina sventolando il "Moniteur" , e dicendo, "Finalmente ! Finalmente! Eccovi Re sul serio ! Mio figlio vi dovrà la sua Corona!"
Combattimento ingaggiato dai sovversivi
davanti all'Hôtel de Ville, di Jean-Victor Schnetz

 Nella notte tra il 26 e 27 Luglio Parigi cominciò a muoversi. Le vendite Carbonare e le logge massoniche entrarono in piena attività e il giorno seguente cominciarono a verificarsi vari incidenti. I primi a diventare violenti furono i proprietari delle tipografie chiuse , ed a essi si aggiunsero gli studenti cresciuti a pane e liberalismo del Quartiere Latino, molti ex Ufficiali napoleonici e la solita manodopera Rivoluzionaria composta da delinquenti e perdigiorno. Gruppetti di sovversivi appositamente istruiti dalla setta si disperdevano per la città creando qua e la disordini: incominciarono a demolire gli Stemmi Reali e ad assalire le Carrozze blasonate che erano fatte segno di fitte sassaiole. Dalle logge arrivavano ordini agli affiliati e ai loro manutengoli. Uomini con la Medaglia della Legione all'occhiello entravano nelle Botteghe degli armaioli e acquistavano tutto quello che trovavano, fucili da caccia , sciabole o pistole. Il primo morto cadde in Rue Feydeau , la prima barricata sorde  in Rue Duc de Bordeaux .
Le truppe a Parigi erano insufficienti per mantenere l'ordine. Se durante tutta la giornata del 27 "le truppe avevano galleggiato sull'insurrezione", il 28 vi erano gruppi di facinorosi in armi in tutta la città, le barricate si contavano a decine, il Palazzo di città veniva perduto e riconquistato . Le poche truppe erano stanche , con le munizioni esaurite e con l'impossibilità di ricevere il rancio , il quale mancava da 24 ore.
 
File:Marmont.jpg
Maresciallo Marmont, Duca di Ragusa.
Lo stesso giorno si fece vivo il Generale Marmont , comandante della Guarnigione di Parigi. Affidare a lui il comando delle truppe fu un grande errore. Quel soldato che aveva già tradito Napoleone , dal quale aveva ricevuto anche il titolo di Duca di Ragusa, era impopolare sia fra gli Ultras che fra gli insorti. Gestì male le truppe a sua disposizione mandandole ad incastrarsi nei vicoli stretti di Parigi .
Carlo X lo rimproverò severamente, "Avete trentamila uomini , forse non vi bastano ?". Il Maresciallo ribattè che non era vero , e in effetti a Parigi non vi erano trentamila soldati ma appena 9.000 dato che molti reparti erano stati trasferiti nelle provincie. Nonostante gli uomini fossero stati 9.000 potevano essere meglio dislocati per tentare di  soffocare quell'incendio appiccato dai soliti sgherri sovversivi.
Carlo X rimase stranamente calmo , l'unica a manifestare la voglia di entrare a Parigi e soffocare la rivolta sovversiva era Maria Carolina.
Agli Ufficiali costava fatica mantenere l'ordine e la disciplina . I soldati erano stanchi , affamati e scoraggiati. Sarebbe bastata la presenza del Sovrano alle Tuileries per rafforzare il morale delle truppe.
 

 Madame de Gontaut, che non aveva dimenticato gli orrori della Rivoluzione , esasperata di vedere il Sovrano tranquillamente seduto al tavolo impegnato in una partita di Whist, si ritirò nelle sue stanze dove teneva un grosso cannocchiale della Marina con il quale poteva vedere tutto il secondo piano della  Rue de Rivoli, dove da ogni casa si gettavano pianoforti, mobili e cassettoni. Con lei si aggiunse anche Maria Carolina. Fu proprio Maria Carolina che da quel cannocchiale puntato sulle due torri di Notre-Dame vide il funesto spettacolo della bandiera tricolore sventolare sospinta dal vento della sera. Era il funesto simbolo della Rivoluzione che da 15 anni era stato messo al bando. 
Maresciallo Nicolas Joseph Maison.

Carlo X nonostante ciò rimase calmo e invito Maria Carolina a fare altrettanto. Nel frattempo l'infido Marmont ordinò alle sue truppe di caricare un gruppo di dimostranti che pur limitandosi a gridare "abbasso Polignac" o "Viva la Charta" , mostravano rispetto per il Re. Questo atto ingiustificato fece precipitare ulteriormente la situazione . La Rivoluzione infiammava Parigi risvegliando  vecchi e  brutti ricordi.
Mentre la  Rivoluzione divampava, fu proprio un frammassone che vi diede l'ultima mano. Nel momento decisivo, mentre Carlo X veniva raggiunto dalle truppe fedeli ,  potendo così  facilmente reprimere la rivolta e rientrare da padrone nella capitale, fu il Maresciallo Maison che colla più odiosa violazione del giuramento militare compì l'opera della Rivoluzione. Così come Luigi Blanc ne dà le prove che escludono ogni dubbio.
La sera del 29 Luglio 1830, terza delle giornate che l'angiografia orleanista chiamerà "gloriose", giunsero dal Re i Ministri e i Marescialli dandoli il punto della situazione. La Guardia Reale era stata decimata , i "Cento Svizzeri" massacrati o sbandati, la città era in mano ai sovversivi che avevano occupato anche le Tuileries.
Talleyrand ritratto da Ary Scheffer, 1828.
Una parte dei soldati era stata corrotta ed era passata con i Rivoluzionari . Il Re che ripugnava l'idea di spargere altro sangue disse, "Eccomi dunque nella posizione in cui era il mio povero fratello nel 1792".
Poche ore prima , a Parigi, l'emissario della setta, il vecchio Talleyrand, invischiato negli intrighi di quei giorni , aveva interrotto la stesura delle sue memorie per ordinare al suo segretario di aggiungere la seguente nota: "Oggi, 29 Luglio 1830, a mezzogiorno e cinque, il ramo principale dei Borbone ha cessato di regnare".

 
 
 
Il "National" presentava un manifesto scritto da Thiers in accordo con Luigi Filippo di Borbone Orleans  , che diceva:

« Carlo X non può rientrare a Parigi: egli ha fatto scorrere il sangue del popolo.
La repubblica ci esporrebbe a terribili divisioni e ci inimicherebbe Europa.
Il duca d’Orléans è un principe devoto alla causa della Rivoluzione.
Il duca d’Orléans non si è mai battuto contro di noi.
Il duca d'Orléans ha portato in alto il tricolore.
Il duca d'Orléans soltanto può portarlo ancora: non ne vogliamo un altro.
Il duca d’Orléans si è pronunciato; accetta la Costituzione come l'abbiamo sempre voluta.
È il popolo francese che terrà la sua corona. »
 
File:Henri d'Artois as a child.jpg
Il piccolo Enrico mentre passa in rassegna le truppe
in compagnia del nonno Carlo X di Francia.

Tradito come il fratello dal figlio di "Egalitè" , Carlo X aveva al suo fianco un nutrito esercito fedele composto da più di 12.000 uomini ai quali si erano aggiunti i Cadetti di Saint Cyr. Schierati nel giardino a Rambouillet , Carlo X li passò in rassegna tenendo per mano il nipote Duca di Bordeaux , Enrico, in uniforme da Granatiere:
"Vegliate" , dice loro, "su questa infanzia preziosa. Questo fanciullo un giorno sarà il vostro Re e saprà ricordarsi della vostra lealtà" .
"Un giorno sarà vostro Re" , aveva detto Carlo X ai soldati , ma quel giorno arrivò poche ore dopo. Da Parigi giunse la notizia che il Governo aveva nominato Luigi Filippo luogotenente del Regno in attesa di "farlo re" e Carlo, fiducioso di poter giocare ancora d'astuzia, tentò l'ultimo espediente per salvare la Corona. Poiché li si assicurava che Luigi Filippo , pur avendo accettato la nomina, non aveva intenzioni usurpatrici, decise seduta stante di abdicare a favore del piccolo Enrico e di nominare lo stesso Duca d'Orleans luogotenente del Regno . Carlo X firmò l'atto d'abdicazione imponendo al figlio Luigi Antonio di fare lo stesso. Nel tempo tra l'abdicazione di Carlo X e quella di Luigi Antonio quest'ultimo divenne Re di Francia con il nome di Luigi XIX, dopodiché il nuovo Re divenne Enrico con il nome di Enrico V. Era la sera del 2 Agosto 1830.
 

 
File:Lefevre - Charles X (1826).jpg
Carlo X di Francia.
Carlo X , intanto , scriveva a Luigi Filippo:

 " Caro Cugino, sono molto preoccupato dalle sofferenze che potrebbero colpire il mio popolo e per questo devo cercare un modo per prevenirle. Così ho deciso di abdicare in favore di mio nipote, il duca di Bordeaux. Il delfino, che condivide i miei sentimenti, concede i suoi diritti in favore di suo nipote. Avrete, in veste di luogotenente generale del regno, ad annunciare l'ascesa di Enrico V alla Corona. Anche voi adotterete tutte le misure relative alle forme di impostazione del nuovo governo durante la minore età del nuovo re ... Voi comunicherete le mie intenzioni al corpo diplomatico e mi farete sapere al più presto l'atto con il quale mio nipote verrà riconosciuto col nome di Enrico V. "

Nonostante le volontà di Carlo X fossero chiare il complotto Orleanista non si fermò . Gli stessi Orleanisti affrettarono  i tempi affinché le numerose truppe fedeli alla legittima dinastia non si radunassero così da ribaltare la situazione a favore di una Contro-Rivoluzione. Una volta Riarmata la Guardia Nazionale , composta dai soliti Borghesi, le ordinarono di marciare su Rambouillet . Il numero dei soldati della Rivoluzione era assai inferiore rispetto alle truppe Regie armate di 40 Cannoni . Il traditore e framassone Maresciallo Maison disse al Re che i soldati Rivoluzionari era da sessanta a ottantamila . Mentì spudoratamente. Sapeva benissimo che non erano più di 15.000.
File:La Fayette et Louis-Philippe - 31 juillet 1830.jpg
L'usurpatore Luigi Filippo III Duca d'Orleans incontra
il frammassone La Fayette sul balcone dell'hôtel de ville
a Parigi per congratularsi della vittoria della Rivoluzione.
(31 luglio 1830).

 Il Sovrano , nonostante le insistenze di Maria Carolina Duchessa di Berry , decise di dare ascolto al traditore e diede l'ordine di ritirarsi verso Maintenon.
Successivamente, il 9 Agosto 1830, in una Camera mezza deserta, veniva "votato come re dei Francesi" , con 40 deputati su 400, Luigi Filippo, III Duca d'Orleans . Il figlio di "Louis Egalitè" era riuscita la dove il padre aveva fallito: diventò "re costituzionale" dando inizio alla Monarchia liberale in Francia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Continua...
 
 
Fonte:

Wikipedia.

"Il problema dell'ora presente" di mons. Delasuss. Tomo I .

La Signora della Vandea- un'Italiana alla conquista del Trono di Francia (Arrigo Petacco)



Scritto da:

Presidente e fondatore dell'A.L.T.A. Amedeo Bellizzi.