mercoledì 16 ottobre 2013

16 ottobre 1793 - 16 ottobre 2013: in memoria di S.M. la Regina Martire Maria Antonietta di Francia.


File:Marie Antoinette Adult12.jpg
S.M. la Regina di Francia Maria Antonietta
ritratta durante l'ultima fase della sua prigionia
(1793).
Esattamente 220 anni fa, il 16 ottobre 1793, il malefico piano dell'orda sovversiva,  che da quattro anni (dal terribile e nefasto 1789) aveva gettato la Francia nel terrore e nella miseria, mieteva la sua ennesima vittima. Dopo quasi dieci mesi dal Regicidio che vide martirizzato il buon Re Cristianissimo di Francia Luigi XVI, veniva condannata a morte la consorte del defunto , la Regina di Francia Maria Antonietta .
Dopo un iniquo  processo a Sua Maestà la Regina Maria Antonietta, nel corso del quale i rivoluzionari le rivolsero le accuse più calunniose e infamanti, incluso un presunto (e del tutto falso) incesto con il figlio di otto anni, essa venne condannata a morte per decapitazione.  Al processo contro Maria Antonietta, si produrrà come teste d'accusa il figlio, il povero Re bambino Luigi XVII, per poter inviare al patibolo la madre, la Regina, disonorando nello stesso tempo anche le due Principesse, Elisabetta e Maria Teresa. Fare appassire i gigli per sempre, annientandoli fisicamente solo dopo averli disonorati: questo era il piano.
I1 3 ottobre 1793, con decisione fulminea, la Convenzione deferisce al Tribunale straordinario (che, di lì a un mese, assumerà la denominazione di Tribunale rivoluzionario) il giudizio a carico della vedova Capeto (Maria Antonietta), con l'ordine di procedere senza indugio e senza interruzioni di sorta.  Fouquier-Tinville, il pubblico accusatore, pur dichiarando "di poter decidere a piacere dell'atto d'accusa", fa tuttavia sapere che manca di prove e che le vecchie imputazioni rivolte alla Regina non bastano più: si scatena così la caccia al testimone d'accusa decisivo.  Il 6 ottobre 1793 (15 vendemmiaio) il Sindaco di Parigi, Pache, e il procuratore della Comune (il quale aveva appena tenuto, innanzi al Consiglio della Comune, un alto discorso morale in lode della virtù e contro i perversi costumi) bussano al portone del Tempio, seguiti da cinque tristi figuri, Commissari civili e funzionari di polizia. Salgono, agitati, fino alla camera del fanciullo, al secondo piano: Simon, che prima l'aveva tenuto apposta a digiuno (é Beauchesne, lo storico, a riferirlo) porta ora al bambino pasticcini e liquori. Il birichino si trova così nelle condizioni psicologiche più adatte: come previsto, denunzia subito alcuni Commissari che avevano dimostrato qualche indulgenza verso sua madre e dei quali Simon voleva vendicarsi.  Dichiara quindi di essere stato sorpreso diverse volte, da Simon e da sua moglie, nell'atto di commettere su se stesso atti impuri e di aver loro confessato ch'erano state sua madre e sua zia ad insegnargli quest'abitudine, tanto nociva per la sua salute; che anzi, molte volte, esse si divertivano a vedergli ripetere questi atti davanti a loro e che queste indecenze avvenivano più di frequente quando lo facevano coricare fra di loro. Nella dichiarazione si legge, inoltre, che sua madre l'aveva un giorno fatto accostare a sé e che (sulla base delle spiegazioni fornite dal fanciullo) si capiva esservi stata copulazione, con conseguente rigonfiamento di un testicolo, a causa del quale, come attesta la cittadina Simon, il bimbo porta un cinto ortopedico. Si aggiunge che la madre gli aveva molto raccomandato di non parlare mai di tutto questo e che, nondimeno, quest'atto impuro era stato in seguito ripetuto più volte. Firmato: Luigi-Carlo Capeto. La sottoscrizione è autentica: tuttavia questo fanciullo, la cui grafia un tempo era così formata e sicura, ora non allinea che delle lettere tremolanti, scritte con mano incerta.  Controfirmano: Pache, Chaumette ed Hébert (che pure non aveva titolo per firmare e a proposito del quale il processo verbale dice ch'è sopraggiunto): egli infatti origliava alla porta, gongolante; ma, non credendo alle proprie orecchie, non aveva potuto trattenersi dall'entrare. Seguono altre cinque sottoscrizioni: artigiani, uno scultore, un medico. Anche Simon ("educatore" giacobino del piccolo Luigi XVII) appose la sua firma.
Il 14 ottobre 1793 si apri il processo alla Regina; ad un primo rapporto di Chaumette, presentato al Consiglio della Comune con aria pudibonda e scandalizzata, fa seguito la deposizione di Hébert, quale relatore della causa: “Diverse, importanti missioni", vi si dichiara, "delle quali era stato incaricato, gli provarono la cospirazione di Antonietta. Un giorno, in particolare, trovò al Tempio un libro di pietà, appartenente alla Regina, fra le cui pagine rinvenne uno di quei simboli controrivoluzionari, in cui è effigiato un cuore fiammeggiante, trapassato da una freccia, sul quale stava scritto «Jesu, miserère nobis»". E vi si aggiunge che "il giovane Capeto, la cui costituzione fisica peggiorava di giorno in giorno, era stato sorpreso da Simon in atti indecenti e funesti alla sua salute, diretti a procurarsi polluzioni del seme: richiesto da Simon da chi avesse imparato questi toccamenti delittuosi, egli aveva risposto che ricadeva su sua madre e sulla zia la responsabilità di averlo iniziato ad un vizio così ripugnante. Il giovane Capeto aveva inoltre dichiarato, alla presenza del Sindaco di Parigi e del rappresentante della Comune, che spesso queste donne, fattolo coricare tra di loro, compivano atti di libertinaggio fra i più depravati. Che vi fosse stato poi anche un rapporto incestuoso tra la madre e il figlio, non era minimamente a dubitare: ed era anzi luogo a credere che questo contatto delittuoso non fosse stato tanto dettato dal piacere, quanto piuttosto dal disegno politico di indebolire nel fisico il fanciullo (che ci si illudeva potesse ancora sedere sul trono) sul quale, attraverso queste pratiche perverse e dominandone i sensi, ci si voleva assicurare influenza. A causa degli sforzi poi, impostigli da questi contatti carnali, egli aveva dovuto soffrire per l'abbassamento di un testicolo ed era costretto a mettere un cinto ortopedico; nondimeno, da quando il fanciullo era stato allontanato dalla madre, aveva riacquistato un fisico sano e robusto". (È vero esattamente il contrario: sappiamo bene, infatti, che il bambino si era di nuovo ammalato, proprio a cagione di quanto gli faceva patire Simon).  Sebbene offesa, la Regina sarà di una dignità ammirevole: dopo aver risposto su ogni altra circostanza, di fronte alle triviali insistenze di un giurato, che indugia sulle accuse più infamanti che le vengono rivolte, esclama: "Se a questo non ho risposto, è perché la natura stessa si ribella davanti a una simile accusa, diretta a una madre. Mi appello a tutte la madri qui presenti!". Un fremito percorre l'aula. Il presidente della Corte con fatica riuscì a riportare l'ordine. Occorre forse dire che anche il “bravo Simon" si presentò alla sbarra per deporre contro la Regina? Ormai il gioco è fatto: il 16 ottobre 1793 anche Maria Antonietta sale, con semplicità e coraggio, alla ghigliottina. Regina più che mai, anche nella sventura.
Noi dell'A.L.T.A., a 220 anni esatti dal criminoso avvenimento,  vogliamo ricordare questa ammirevole Regina la quale subì innumerevoli sofferenze fisiche e psicologiche e che subì con grande dignità e coraggio il suo martirio.



File:Marie Antoinette Execution.jpg
S.M. Maria Antonietta di Francia affronta con dignità, semplicità e coraggio la morte sul patibolo.



Di Redazione A.L.T.A.