giovedì 21 novembre 2013

L'IDEA DI REPUBBLICA UNIVERSALE IN FRANCIA (Estratto dell'opera di mons. Delasuss "Il Probblema dell'ora presente", Tomo I°) .



Emblema della Repubblica Francese.
Quello che avviene da venticinque anni in Francia, e particolarmente la disorganizzazione, in questi
ultimi tempi, dell'esercito per mezzo di coloro stessi che presiedono ai destini del paese, è un
enigma assai doloroso per tutti quelli che non conoscono gli ultimi pensieri della framassoneria: la
costruzione del Tempio che deve raccogliere tutti i popoli; in altri termini, lo stabilimento d'una
Repubblica umanitaria sulle rovine di tutte le patrie. È dunque necessario mostrare che le logge
francesi in particolare conoscono questo divisamento della massoneria cosmopolita, e dal canto loro
lavorano alla sua attuazione.
Prache, deputato di Parigi, nella relazione che abbiamo già citata, relazione che gli fu richiesta dalla
11
a commissione delle petizioni della Camera defunta, su quelle che gli furono indirizzate contro la
framassoneria, disse (p. 901): "Apriamo il resoconto della Conferenza massonica internazionale
tenuta ad Anversa nel 1894; noi leggiamo alla p. 35, in un discorso d'uno dei rappresentanti del
Grand'Oriente di Francia, il F.
.. Dequaire, attualmente ispettore d'Accademia a Mende, questa frase
indirizzata a tutte le altre massonerie dell'universo: "La nostra massoneria crede necessario di
esercitare sull'opinione nazionale, e, per mezzo di questa opinione, sull'andamento del nostro
governo, la sua influenza, che, per l'azione politica, cresce in potenza
a profitto del programma
massonico universale
". Vi è dunque - conchiuse Prache - un programma massonico universale".
Qual è questo programma? Qual'è l'impresa a cui devono lavorare le loggie di Francia d'accordo
con le loggie di tutte le parti del mondo? Prache la trova in queste parole del medesimo F.
..
Dequaire: "La Francia ha la grande missione di presiedere all'opera dell'
organizzazione della
democrazia
; in una parola, all'organizzazione della Repubblica universale". E rimanda al Resoconto
de lavori del Grand'Oriente del 16 gennaio e 28 febbraio 1897, p. 10.
Alcune citazioni mostreranno che le loggie francesi non rifiutano il concorso che loro è domandato.
Non risaliremo oltre il 1848.
Garnier-Pagès, ministro della seconda Repubblica, dichiarò pubblicamente che "i massoni volevano
compiere l'opera gloriosa della Repubblica; e che questa Repubblica era destinata a stabilirsi in tutta
l'Europa e su tutta la superficie della terra".
J. Weil, framassone ebreo, scrisse: "Noi esercitiamo una influenza potente sui moti del nostro tempo
e sui progressi della civiltà verso la repubblicanizzazione di tutti i popoli".
Un altro ebreo, Louis Bence, diceva nel medesimo tempo: "Con una mano potente abbiamo scosse
le colonne sulle quali è basato l'antico edificio in modo da farlo gemere".(1)
Crémieux, il fondatore dell'
Alleanza Israelita Universale, ricevendo, in qualità di membro del
governo provvisorio, i delegati della framassoneria, disse loro: "La Repubblica farà quello che fa la
massoneria; essa diverrà la splendida garanzia dell'unione dei popoli su tutti i punti del globo, su
tutti i lati del nostro triangolo; e il Grande Architetto sorriderà a questo nobile pensiero della
Repubblica, la quale, propagandosi in tutte le parti, riunirà in un solo sentimento tutti gli abitanti
della terra".(2) Non è inutile confrontare queste parole con quelle che un massone tedesco diceva
nello stesso momento nella loggia di Gottinga.
Au Compas d'Or: "È giunta finalmente la grande
epoca tante volte predetta, in cui la nostra associazione deve trasformarsi in alleanza universale tra i
membri dell'umanità? ... La libertà che reclama la presente generazione è la soppressione di tutte le
barriere (o frontiere), divenute superflue allorché tutti gli uomini saranno riuniti
in uno Stato solo".
Jean Macé pubblicò in questo medesimo anno 1848, un opuscolo intitolato:
Les Vertus d'un
Républicain.
Egli disse: "Il vento che passerà sulla Francia s'incaricherà di trasportare al di là dei
fiumi e dei monti, i germi fecondatori destinati a far
sbocciare le repubbliche. Noi faremo la
conquista del mondo senza abbandonare le nostre donne e i nostri figli". Jean Macé fu uno dei più
grandi propagatori dell'idea di Repubblica universale, come fu l'organizzatore della
Ligue
universelle de l'enseignement,
agente dell'Internazionalismo come dell'Alleanza Israelita
Universale. Malgrado ciò la loggia
La Fraternité des Peuples, prima d'interessarsi della Lega
dell'insegnamento, citò alla sua sbarra Jean Macé perché "a taluni sembrava essere più francese che
membro dell'umanità"; e Macé con una lettera in cui fu data lettura nella tornata del 22 giugno
1867, la rassicurò pienamente.
Victor Hugo adoperò anch'egli, fin dal 1848, la sua voce sonora per l'unione dei popoli, per la
confusione delle stirpi a tal punto che lo si chiamò "il bardo dell'umanitarismo". Presiedendo il
congresso della Pace che si tenne a Parigi nel 1849, in nome del Vangelo, dinanzi a duemila
persone, egli significò alla Francia, all'Inghilterra, alla Prussia, all'Austria, alla Spagna, alla Russia
che un giorno le armi cadrebbero loro di mano. Egli dichiarò d'intravedere gli Stati Uniti d'Europa
che stendono le braccia agli Stati Uniti d'America al di là dei mari.
Più tardi, esclamava nei
Châtiments:
"Non più soldati con la spada in pugno! non più frontiere!"
Nella sua prefazione al
Paris-Guide egli acclamava i Tedeschi come nostri "concittadini nella città
filosofica", "nostri compatrioti nella patria libertà". Il 1° marzo 1871 nell'Assemblea di Bordeaux,
egli augurava alla Francia di riconquistare la riva sinistra del Reno, ma per il piacere di farne un
presente alla Germania dicendole: "Non più frontiere! Il Reno a tutti! Noi siamo la stessa
Repubblica, gli Stati Uniti d'Europa, la pace universale".(4)
Già nel 1859, alla partenza di Napoleone III per la guerra d'Italia - osserva Goyau - dal quale
abbiamo presa la maggior parte di queste citazioni, tratte dal suo libro:
L'Idée de Patrie et
l'Humanitarisme,
gli operai parigini acclamarono l'imperatore, perché essi vedevano in questa
guerra l'effettuazione dell'idea dell'emancipazione dei popoli e della fraternità fra i popoli
emancipati.
Il che vuol dire che queste idee, sparse nel pubblico dai giornali e dall'azione delle loggie, vi
penetravano già profondamente. All'incominciare delle imprese della Prussia sopra tutti i suoi
vicini, esse furono propagate con maggior ardore. Nel 1864, Boutteville, professore a Santa
Barbara,(5) proclamava che la massoneria dovea costruire "il Tempio simbolico della Repubblica
universale". La
Ruche maçonnique spiegava come ciò si potesse fare. Essa desiderava che l'unità
massonica, preludio dell'unità universale, emanasse da un centro unico, il quale dasse l'impulso
intellettuale e amministrativo ai centri secondari, uno per ogni Stato. Rebold enunciava il progetto
d'una confederazione massonica universale che condurrebbe, in un dato tempo, alla confederazione
dell'umanità.(6)
Due anni più tardi, nel giugno 1866, Varlin, che dovea divenire il comunardo del 1871, indirizzava
un manifesto agli operai parigini in cui si leggeva: "La democrazia monta ... monta e cresce
continuamente ... La democrazia non è né francese, né inglese; non è più austriaca che tedesca; i
Russi e gli Svedesi ne fanno parte come gli Americani e gli Spagnoli; in una parola, la democrazia è
universale!"
Nei congressi di Ginevra, di Losanna, di Berna, dell'Hâvre, che si tennero in quest'epoca, il grido
più spesso ripetuto fu, con quello dell'odio alla Chiesa cattolica: "Non più frontiere!"
La massoneria fa propagare quest'idea perfino nelle scuole.
Edgard Monteil, il prefetto che tutti conoscono, nel suo "C
atéchisme du Libre-Penseur, dedicato
alla framassoneria universale, associazione internazionale e fraterna, forza organizzata", saluta i
tempi futuri in cui, "coll'aiuto del progresso le frontiere saranno abbassate, e non si conoscerà più
che la Società". Egli ripete la medesima cosa nel suo
Manuel d'instruction laïque.
I giornali pedagogici, pubblicati da ispettori d'Accademia, come:
Le Volume, L'Ecole nouvelle, La
Revue de l'enseignement primaire, L'Union coopératíve, L'Ecole laïque,
ecc. si manifestano nemici
dichiarati delle nostre istituzioni militari. "Strappate, rovesciate, proscrivete - dice
L'Ecole laïque -
tutto ciò che nelle vostre opere, o sui vostri quaderni, o nelle vostre classi celebra la gloria della
spada". Essa dice ancora: "Spetta a voi, istitutori, di far penetrare queste idee nelle menti dei
contadini".
La
Revue de l'enseignement primaire è attualmente diretta da Hervé - l'uomo della bandiera nel
letamaio. - Essa non conta meno di quattordicimila istitutori abbonati, e dà la norma a più di
trentamila. Dagli uffici dell'
Enseignement primaire escono i Bulletins di sessanta Amicales
d'istitutori e istitutrici. Nel 1904, essa pubblicò nella parte destinata agli alunni, le parole e la
musica dell'
Internazionale colla famosa strofa:
S'ils s'obstinent, ces cannibales, A faire de nous des héros,Ils sauront bientôt que nos balles
Sont pour nos propres généraux.(7)
Il medesimo Hervé diede questo avvertimento al paese, nell'aprile 1905, nel
Pioupiou:
"Noi dichiariamo che, a qualsiasi governo che sarà aggressore, noi ci rifiuteremo di dare una goccia
del nostro sangue. Noi siamo decisi di rispondere all'ordine di mobilizzazione con lo sciopero del
corpo di riserva".(8)
Alcuni anni sono, due giornali, l'
Instruction primaire e l'Union pédagogique française, tentarono di
rialzare il culto della bandiera nazionale. Questi due organi non trovarono clientela tra i centomila
istitutori formati da Buisson.
L'internazionalismo s'infiltra per avventura fino nelle associazioni dei giovani cattolici? Marco
Sangnier nella conferenza pubblica che tenne il 23 marzo 1903 nella sala delle Mille Colonne,
osservando che il suo uditorio era imbevuto di idee umanitarie, si credette in dovere di prevenirlo
con queste parole: "Noi amiamo passionatamente la Francia, ma la consideriamo come il campo
d'esperienza dell'umanità, e siamo in certa guisa patrioti internazionalisti.(9)
Ma non si limitano a diffondere l'idea, essi lavorano alla sua attuazione, e innanzi tutto col
paralizzare le nazioni designate a sparire per le prime. Nessuno ha dimenticato gli sforzi fatti dopo
la vittoria della Prussia sull'Austria per impedire alla Francia di tenere il suo esercito in condizione
di resistere all'assalto che gli sarebbe stato dato.(10) "Noi vogliamo un esercito che non sia
esercito", diceva Jules Simon. E, nella tornata del 17 luglio 1868: "L'esercito, poiché si dice che
bisogna averne uno ...". La sinistra applaudiva e reclamava il disarmo universale, di maniera che
Caro poté scrivere, nel momento dei nostri disastri, che essa avea, di fatto "preparato con tutte le
sue forze il disarmo della Francia". E qui è il caso di ripetere il motto di Montégut: "Una specie di
emulazione patricida regna nel campo della democrazia".(11)
Nei nostri disastri, alcuni salutavano, sembra, l'avviamento all'effettuazione del loro sogno. Il
Siècle
del 10 luglio 1870, in un articolo firmato da Henri Martin, chiamava Garibaldi in Francia e diceva:
"Garibaldi val più che un esercito e più che un popolo, perché egli viene in nome di tutti i popoli e
porta seco il diritto universale, l'ideale di tutta l'umanità"
.
Tre mesi più tardi, un futuro deputato di Tours, Armand Rivière, scortato da una delegazione,
presentava a Garibaldi e ad alcuni deputati repubblicani di Spagna, gli omaggi della democrazia
turanese e diceva: "quando noi repubblicani francesi, italiani, spagnoli, avremo vinto il comune
nemico (non la Prussia, ma il sacerdozio cattolico), avremo gettato le fondamenta di questa grande
federazione alla quale verranno ad associarsi i nostri fratelli democratici tedeschi e che formerà ben
presto gli Stati Uniti d'Europa". E questi garibaldini, avendo trovata una bandiera prussiana
seppellita sotto dei cadaveri, la rinviavano all'esercito prussiano dicendo: "Noi siamo venuti per
difendere la Repubblica francese in nome della fraternità umana, da cui non abbiamo mai inteso di
escludere il popolo tedesco".(12)
Nell'aprile 1860, Garibaldi, preparandosi colla connivenza dell'Inghilterra alla sua spedizione in
Sicilia, era stato ricevuto Grande Maestro della framassoneria italiana e avea fatto questo
giuramento: "Fa ora con noi il nostro giuramento supremo: Io giuro di non aver altra patria che la
patria universale; - giuro di combattere ad oltranza, sempre e da per tutto, per la soppressione dei
confini che circoscrivono le nazioni, i campi, le case, gli opifici, le famiglie; - giuro di rovesciare,
sacrificando la mia vita, la barriera su cui i carnefici dell'umanità hanno scritto col sangue e col
fango il nome di Dio".(13)
La Comune manifestò i medesimi sentimenti di Garibaldi. Nel suo proclama del 28 marzo 1871,
essa diceva ai Prussiani: "Predicate coll'esempio provando il valore della libertà, e voi giungerete
alla meta che è vicina: la Repubblica universale".(14) Fin dalla prima adunanza, il 28 marzo,
Delescluze scrisse alla guardia nazionale: "Il vostro trionfo sarà la salute di tutti i popoli. Viva la
Repubblica universale!" (15) Questo grido trovasi in quasi tutti i manifesti dei comunardi.
Veniamo ai giorni nostri. L'ebreo Alfredo Naquet pubblicò nel 1901 un libro con questo titolo:
L'Humanité et la Patrie.
Uno spagnolo, Lozano, lo compendia così: "Il patriottismo del vero francese consiste nel non aver
patria alcuna". Naquet rimprovera a Gambetta di non aver curato abbastanza la difesa repubblicana,
per aver preso esclusivamente a cuore la difesa dei territorio. Egli disse che quando l'uomo non sarà
più impastoiato nelle dande nazionali, ogni membro della comunità avrà una parte maggiore al
consumo e una somma maggiore di godimenti, - ciò che promette la civiltà massonica. - Egli
conchiude che sulle rovine delle patrie poste allo stesso livello, si fonderà la Repubblica degli Stati
Uniti della civiltà, di cui la Francia non sarà che un cantone; di guisa che, due mila anni dopo
l'infruttuoso tentativo di Cristo per effettuare la
Pace universale, l'evento definitivo del Messiaumanità
- leggete l'Anticristo - segnerà il trionfo dell'antico sogno giudaico.
Il 22 giugno 1902, a Saint-Mandè si tenne un banchetto franco-italiano sotto la presidenza d'onore
di Jaurès, le cui dichiarazioni alla Camera sull'argomento dell'Alsazia-Lorena levarono gran rumore
in tutta l'Europa, e sotto la presidenza effettiva di Cerutti e Sadoul. Nei loro brindisi espressero la
speranza che questa festa consacrerebbe ben presto l'unione di tutti i popoli. Le loro parole furono
accolte dalle grida di: "Viva l'internazionale!" Jaurès disse: "Io mi congratulo che i due popoli si
siano ravvicinati nel momento in cui l'uno e l'altro scuotono il giogo della tirannide clericale".
Nel 1905 comparve un libro intitolato:
Pour la Paix. Il Journal des Instituteurs ne diede il
programma in questi termini: "Fare la guerra alla guerra. Distruggere le frontiere le quali non sono
che pregiudizi. Assicurare al proletariato del mondo un'èra di giustizia e d'umanità". Dopo di aver
fatta l'esposizione di questa bella tesi, il
Journal des Instituteurs l'approva: "Noi che abbiamo
sempre considerate le guerre e la loro storia come un non-senso e un delitto, non possiamo che
applaudire alla comparsa del
Pour la Paix".
Un'associazione internazionale avente per motto: "Né frontiere, né Dio", sembra abbia attualmente
per capi, in Francia, i deputati Jaurès e Pressensé; in Italia, i deputati Enrico Ferri e Bovio; in
Ispagna, Soriano. Suo scopo è di lavorare sotto gli auspicii dei
mani di Garibaldi, per l'unione degli
Stati latini sotto il regime repubblicano, per la guerra al cattolicismo. Così sarà superata una delle
tappe che devono condurre al fine ultimo dalla sinagoga assegnato alle società segrete.
Come l'abbiamo dimostrato, queste idee e questi progetti vengono da J. J. Rousseau, e più tardi da
Weishaupt.
Nel discorso che il Gerofante rivolge a colui che viene iniziato al grado di
Epopte, leggiamo: "Nel
momento in cui gli uomini si riunirono in nazione (in virtù del contratto sociale), il nazionalismo o
l'amor nazionale prese il posto dell'amor generale. Colla divisione del globo e delle sue contrade la
benevolenza si rinchiuse nei limiti che non dovea più oltrepassare. Allora fu una virtù lo estendersi
a detrimento di quelli che non si trovavano sotto il nostro impero. Questa virtù chiamossi
patriottismo.
Ed allora, perché non dare a questo amore limiti ancor più ristretti? Perciò si vide
allora dal
patriottismo nascere il localismo, lo spirito di famiglia e infine l'egoismo. Diminuite,
troncate quest'amore della patria, gli uomini di
nuovo imparino a conoscersi e amarsi come uomini
... I mezzi per uscire da questo stato di oppressione, e per risalire all'origine dei nostri diritti, sono le
scuole segrete della filosofia (i ragguagli dati nelle retrologgie). Per mezzo di queste scuole, un
giorno, sarà riparata la caduta del genere umano; i
principi e le nazioni spariranno senza violenza
(?) dalla faccia della terra. La ragione allora sarà il solo libro delle leggi, il solo codice degli
uomini".(16)
Si dirà: questa Repubblica universale non potrà mai effettuarsi. Lo stesso Impero Romano non poté
giungere al termine della sua ambizione, nei limiti ristretti che gli offriva il mondo allora
conosciuto.
A ciò, Favière testé rispondeva: "Le cause che rovinarono l'Impero Romano furono di ordine
puramente economico. L'Impero perì per la penuria di mezzi materiali. Giunse il punto che non si
poté più governare né difendere un impero smisurato, il quale non aveva che corrieri per portare gli
ordini da Costantinopoli a Cadice". Al giorno d'oggi non è più così. Quello che allora era
impossibile, è divenuto attuabile. "Sono le vie ferrate - continua Favière - e la navigazione a vapore,
e il telegrafo, e soprattutto l'immensa potenza contributiva dello Stato che mantiene vertiginosi
bilanci
(budgets), i quali permettono alla Russia di conquistare l'Asia centrale, agli Stati Uniti di trar
profitto del loro immenso territorio, e all'Inghilterra di governare un Impero disperso ai quattro
venti del Pianeta.(17) Fate che queste forze, queste potenze, le quali non hanno ancora detta l'ultima
parola, siano in mano d'un uomo di genio, come Napoleone, o d'una intelligenza più potente ancora,
assistita dalle Podestà infernali, quale sarà l'Anticristo, e lo Stato Unico, che comprende la totalità
del genere umano, non tarderà ad essere una realtà".

Note:

(1) V. Monsignor Meurin. La
Franc-Maçonnerie, synagogue de Satan, pagine 197-198.
(2)
Histoire du Grand Orient de France. di Jouaust, pp. 502-505.
(3)
Atti e parole. Prima dell'esilio, II, pp. 160-161.
(4)
Atti e parole. Dopo l'esilio, 1870-71, p. 90. È circa nel 1850 che la formula "Stati Uniti
d'Europa" apparve nella storia. La si trova sulle labbra di Victor Hugo nel discorso col quale egli
aprì nel 1849 il congresso della Pace tenuto a Parigi. Essa compariva nello stesso tempo in Italia e
nel Belgio. Al congresso di Losanna, nel 1869, Victor Hugo che presiedeva ancora, adoperò un'altra
formola: "Noi vogliamo la Grande Repubblica continentale".
(5) Collegio a Parigi.
(6)
Histoire des trois grandes Loges, pp. 552-662.
(7) S'ancor s'ostinano, questi cannibali, a voler fare di noi tanti eroi, sapran ben presto che le nostre
palle saran rivolte contro i nostri duci.

(8) La maggioranza del corpo insegnante nell'insegnamento primario è incancrenita non solo
dall'internazionalismo, ma dal socialismo. Nel 1904, dopo il discorso pronunciato il 3 giugno da
Chaumié, ministro dell'istruzione pubblica, sull'argomento dell'introduzione in certe scuole del
Manuale di storia di Hervé, la
Revue de l'enseignement primaire scriveva: "Noi siamo circa
trentamila istitutori socialisti in Francia ... Aggiungetevi trenta o quarantamila radicali-socíalisti...
Non vi sarà da stupire se, fra alcuni anni, il vostro successore si trovi alla testa d'un piccolo esercito
di ottantamila educatori socialisti".
(9)
Le Sillon, n° del 10 giugno 1903, p. 406. Gli Ebrei sono internazionalisti dopo la loro
dispersione, cioè sempre per rapporto al mondo europeo moderno. Non è forse, assolutamente
logico e naturale il pensare che l'internazionalismo ebreo non sia affatto estraneo
all'internazionalismo rivoluzionario? Qualcuno ha prodotto quest'ultimo. È egli temerario il
supporre che i circoncisi siano per qualche cosa in quella produzione? Qui lo è tanto meno in
quanto che si veggono attualmente, in Francia, i giornali rivoluzionari "sorretti" dagli Ebrei, e in
Russia, le rivolte organizzate dagli stessi Ebrei.
(10) V. Govau,
L'idée de la Patrie et l'Humanitarisme, cap. I.
(11)
Libres opinions morales et historiques, p. 367.
(12)
Les Etats-Unis d'Europe, rivista pubblicata da Carlo Lemonnier, 1° marzo 1877.
(13)
L'Ennemie sociale, di Rosen, di stirpe ebrea.
(14) Ristampa del
Journal officiel della Comune, 30 marzo, p. 106.
(15) Ibid., p. 527.
(16) Barruel, to. III, p. 184.
(17)
Riforma sociale, 1903. Le Progrès,