martedì 3 dicembre 2013

R.P. Raffaele Ballerini d.C.d.G. : CATTOLICO MA NON CLERICALE

 
La Civiltà Cattolica anno XXX, serie X, vol. XII, Firenze 1879 pag. 5-15.

R.P. Raffaele Ballerini d.C.d.G.

CATTOLICO MA NON CLERICALE

I.

Non ci ha, crediamo, alcuno dei nostri lettori, il quale non siasi talora scontrato in persona, che adoperasse la frase, posta qui per titolo di quest'articolo, professando cattolicismo e rimovendo da sè la taccia di clericalismo: Son cattolico ma non clericale. Alcuni non han dubitato di dichiararlo eziandio colla stampa; e ultimamente un giornale, morto senza compianto di veruno, benchè protestasse di essere cattolico e fosse veramente scritto da cattolici, pur diceva nel suo testamento che non era nè sarebbe stato mai clericale.
L'avversar questo epiteto di clericale, nei nemici della Chiesa ben si comprende; giacchè per essi è sinonimo di cattolico. Leggemmo ultimamente in un giornale razionalista una magnifica confessione, cioè che cattolico, clericale, gesuita, esprimevano lo stesso oggetto, secondochè voleva parlarsene con indifferenza o con disprezzo o con odio; a quel modo che sogliono adoperarsi i vocaboli: Israelita, ebreo, giudeo. Pei nemici della Chiesa come il dir gesuita significa cattolico, in quanto è ad essi odioso; così clericale dice parimente cattolico, in quanto è ai loro occhi dispregevole. Ciò si capisce.
Ma per questo appunto non si capisce come una simile avversione possa aver luogo in chi si professa cattolico. Secondo la data spiegazione, cattolico non clericale equivarrebbe a cattolico non cattolico: contraddizion manifesta.
Non in questo senso, dirà taluno, si rimuove l'epiteto di clericale; ma solo in quanto esprime un partito retrivo, formato da quella parte del Clero, la quale avversa la patria e gli acquisti della civiltà moderna.
Noi non vogliamo qui entrare a discutere l'esistenza di un tal partito, nè il valore delle imputazioni, a cui il Liberalismo appoggia quel suo fingimento. Una tale disamina ci trasporterebbe fuori del nostro proposito. Solo diciamo che quand'anche siffatto partito esistesse, tuttavolta a separarsi da esso dovrebbe inventarsi un vocabolo, che lo significasse in particolare, non già adoperare una frase, qual è questa di clericale, che si riferisce, non ad una parte ma al tutto. Non clericale esprime alienazione dal Clero generalmente; e il Clero preso generalmente importa non questo o quel ceto, questo o quel numero di ecclesiastici, ma tutto l'ordine ieratico, incluso l'Episcopato, e il Pontefice stesso che n'è la sommità ed il vertice.

II.

Il dire: cattolico non clericale è come se altri dicesse: Uomo non razionale; il che vale altrettanto che dire: Uomo non uomo, ma bruto. Imperocchè, in quella guisa che l'uomo è essenzialmente razionale, la Chiesa cattolica è essenzialmente clericale, perchè essenzialmente gerarchica. Fu bestemmia di Lutero quella di non riconoscere nella Chiesa che soli fedeli, senza distinzione di gradi. «Mi basti aver detto (scriveva egli in uno de' più pestiferi suoi libri) che il popolo cristiano è semplice, in cui nessuna setta, nessuna differenza di persone, nessun chierico, nessun laico, nessun unto, nessun raso, nessun monaco debba aver luogo [1].» Ma tale non è la Chiesa di Gesù Cristo. Essa è costituita come una famiglia, in cui ci ha padre e figliuoli; è costituita come un ovile, in cui ci ha agnelli e pastori; è costituita come un regno, in cui ci ha principe e magistrati e popolo.
La Chiesa cattolica si definisce: Una congregazione d'uomini, congiunti insieme nella professione della medesima fede cristiana, e nella partecipazione de' medesimi sacramenti, sotto il governo de' legittimi Pastori, e massimamente del romano Pontefice, Vicario di Gesù Cristo. Coetus hominum eiusdem christianae fidei professione et eorumdem sacramentorum communione colligatus, sub regimine legitimorum Pastorum ac praecipue unius Christi in terris Vicarii, Romani Pontificis [2]. Essa dunque è essenzialmente composta di Laicato e di Clero. Il Laicato è la moltitudine dei fedeli; il Clero è il maestrato sacro, la parte governatrice e direttrice della moltitudine anzidetta. Il Laicato cattolico professa la sincera fede di Cristo. Ma chi insegna a lui questa fede, se non il Clero? Il Laicato cattolico partecipa ai sacramenti istituiti da Cristo. Ma il Clero è quello che glieli conserva ed amministra. Il Laicato cattolico è governato dai legittimi Pastori e segnatamente dal Papa. Ma il Papa e i legittimi Pastori son la parte principale del Clero. Il Laicato adunque nella Chiesa di Cristo è essenzialmente in intima relazione col Clero, informato dallo spirito del Clero, sottostante all'azione del Clero. In ciò si differenzia dai Protestanti. Esso dunque per ciò stesso, che è cattolico, è clericale; e rimuovere da sè un tale appellativo vale altrettanto che trasnaturarsi; come si trasnatura ogni essere da cui si rimuove ciò, che appartiene alla sua differenza specifica e scaturisce dal principio che ne determina l'essenza.

III.

Ed è questo appunto il pericolo gravissimo di quella frase: cattolico ma non clericale, il condurre insensibilmente l'uomo a cessare di esser cattolico, in quanto al fatto. Il Liberalismo, figlio legittimo della Riforma protestantica, tende al medesimo scopo di lei, ma con più scaltrezza nei mezzi. Egli, almen per ora, non proclama, come quella, l'assoluta abolizione del Clero; i tempi non gli sembrano ancora maturi. In quella vece si studia di denigrare il Chiericato in tutti i modi, ed avvilirlo agli occhi de' fedeli. Ben sapendo poi quanta forza ha il pervertimento delle parole a pervertire le idee che rappresentano, con fina malizia ha inventata la distinzione tra cattolico e clericale, per indurre gli incauti a ritenere la sola prima denominazione, verso cui finge rispetto, e rigettar la seconda, sopra cui accumula disprezzo. In tal guisa esso spera di separare i fedeli dal Clero e menarli a poco a poco a crearsi una specie di cattolicismo, diciam così, laicale, che al trar de' conti non sia che vero protestantismo.
L'astuzia ha in parte sortito l'effetto; e noi vediamo alcuni laici, che coll'idea di voler esser cattolici ma non clericali si son formata una religione a modo loro, un cattolicismo indipendente dal Clero, che abbia per regola del credere e dell'operare la propria ragione. Ci avvenne d'abbatterci con un Deputato, e non certo dei più ignoranti, il quale ci sosteneva di esser cattolico, benchè non ammettesse, nonchè il Sillabo, neppure l'infallibilità Pontificia, definita dal Concilio Vaticano. Egli si fondava in questo, che non volendo essere clericale consentiva a quei soli insegnamenti della Chiesa, i quali gli apparivano ragionevoli. Il valentuomo non si accorgeva che a questo patto potrebbe dirsi cattolico anche il Gran Turco; il quale certamente non negherà di accettare nell'insegnamento cristiano tutto ciò che gli sembra conforme alla propria ragione.
Ciò che dispaia l'eretico dal cattolico si è che il primo ha per regola di fede il suo giudizio privato, il secondo l'autorità della Chiesa. Ego Evangelio non crederem, nisi me Catholicae Ecclesiae firmaret auctoritas, diceva S. Agostino. E la ragione si è perchè chi vi assicura dell'autenticità del Vangelo e della sua ispirazione, se non la Chiesa? Iddio alla Chiesa ha affidato il deposito della sua rivelazione, ed ella la propone ed interpreta ai fedeli, sotto l'assistenza divina. Ciò che ci viene pel magistero della Chiesa, è parola di Dio; ciò che ci viene per altra via, è fuori l'ordine della rivelazione, e però soggetto agli erramenti dell'uomo.
Eresia, dal greco αἴρεσις significa scelta; e si attribuisce a colui, il quale nelle verità di fede sceglie: ne accetta alcune ed altre ne rigetta, perchè così gli persuade la propria ragione. Come è evidente, costui, così facendo, obbedisce non a Dio che gli parla mediante la Chiesa, ma a sè stesso, al suo giudizio privato. Onde pecca d'infedeltà e perde l'abito della fede, perchè ne ripudia l'oggetto formale, cioè la verità divina, secondochè ci vien manifestata dal magistero della Chiesa, a tal fine istituita da Dio. A far ciò basta discredere un solo articolo; perchè quella ragion formale ha luogo egualmente per tutti. «Colui che aderisce alla dottrina della Chiesa, come a regola infallibile (osserva qui S. Tommaso), assente a tutto ciò che la Chiesa insegna. Altrimenti se tra le cose, che la Chiesa insegna, tiene quelle che vuole e non tiene quelle che non vuole, non aderisce alla dottrina della Chiesa, come a regola infallibile, ma alla propria volontà. Qui inhaeret doctrinae Ecclesiae, tanquam infallibili regulae, omnibus assentit quae Ecclesia docet. Alioquin, si de his, quae Ecclesia docet, quae vult tenet, et quae non vult non tenet, iam non inhaeret Ecclesiae doctrinae, sicut infallibili regulae, sed propriae voluntati [3]. La cosa è troppo evidente. Chi ricusa l'assenso anche a una sola verità, proposta dalla Chiesa, mostra che nell'assentire alle altre non si muove dall'autorità infallibile della Chiesa, perchè questa ha luogo anche in quella che egli ricusa, ma si muove dal suo privato giudizio; e però la sua regola di fede è la stessa dei protestanti, e d'ogni eretico in generale.
Abbiamo voluto fermarci un poco sopra questo proposito; perchè è cosa di somma importanza, e riguarda un fatto, pur troppo non infrequente tra quei cattolici, che si lasciarono più o meno infettare di Liberalismo. Tra costoro ci ha parecchi, i quali con somma leggerezza parlando di articoli di fede, mostrano di discrederne qualcuno, perchè non cape nell'angusto loro cervello. Si formano così una credenza di proprio arbitrio; rifiutando quei veri che loro non garbano, oppure interpretandoli a senno loro, fuori dell'insegnamento della Chiesa. Ben è vero che sovente nei cosiffatti ha luogo più la leggerezza, che la pertinacia, procedendo essi in ciò più per ignoranza che per rea volontà, e però l'eresia in costoro può essere materiale non formale. Ma ad ogni modo la stessa leggerezza ed ignoranza in punto sì grave, non sappiamo se sia scusabile dinanzi a Dio. Quello peraltro, che vogliamo qui accuratamente osservato, si è che, se ben si guardi, la prima radice di questo pervertimento mentale, per cui, senz'addarsene, si diventa almeno materialmente eretico, è posta nella stolta idea di voler esser cattolico ma non clericale. Per essa l'animo alienandosi dal Clero, viene insensibilmente ad alienarsi dallo stesso insegnamento dommatico della Chiesa, o almeno a non curarsene gran fatto.

IV.

Non in molti, per divina mercè, la frodolenta frase: Cattolico ma non clericale, produce un danno sì pernicioso. Tuttavolta assai di frequente ne produce un altro, che vi si accosta, ed è la persuasione di potere essere buon cattolico, pensando liberamente in tutto ciò che non urta in qualche esplicita definizione dommatica, quantunque contraddica al sentire del Papa e dell'Episcopato. Basta al fedele ammettere gli articoli, definiti dalla Chiesa come rivelazione divina; andar più oltre nella soggezione dell'intelletto, sarebbe un essere clericale, e questo non vogliamo. Così si dànno a credere d'essere ottimi cattolici, perchè non giungono ad essere eretici. È come se un figlio si reputasse un modello di soggezione al padre, perchè non giunge a fuggirgli di casa, o a meritarsi coi suoi rei portamenti d'esserne da lui cacciato. Quando Cristo impose a Pietro di pascere i suoi agnelli, ossia di condurre i suoi fedeli pei pascoli della salute, Pasce oves meas, non fece distinzione di sorta alcuna. E quando costituì gli Apostoli maestri del popol suo, disse generalmente: Chi ascolta voi, ascolta me; e chi disprezza voi, disprezza me: Qui vos audit, me audit; qui vos spernit, me spernit [4]. I Pastori della Chiesa ci son dati, acciocchè ci sieno di guida al conseguimento dell'eterna salute, e l'eterna saluto non si conseguisce col solo credere gli articoli di fede. Tutta la vita dell'uomo, in quanto abbraccia pensiero ed operazione, convien che sia regolata secondo la verità e la legge divina; e siffatto regolamento non può procedere se non da coloro, che della verità e della legge divina sono costituiti banditori e maestri. I sacri Pastori, secondo la frase dell'Apostolo, sono altrettanti ambasciatori di Cristo ed organi della divina parola: Pro Christo legatione fungimur, tanquam Deo exhortante per nos [5]. Porsi in contraddizione con essi, anche dove non si tratti di punti, da Dio indubitatamente rivelati, non è certo conforme alla qualità di fedeli di Cristo, e di discepoli e di figliuoli. Iudicium patris audite filii, et sic facite, ut salvi sitis [6]. Se volete esser salvi, o figliuoli, attenetevi al giudizio del padre vostro. Or chi sono i nostri padri nella Chiesa di Dio, se non i sacri Pastori?

V.

Questa unione e conformità di pensiero e di opera coi Sacri Pastori, in altri termini col Clero, se è necessaria al Laicato in ogni tempo, gli è di somma necessità nel tempo presente. Oggidì la purezza della fede e della morale cristiana è esposta a pericoli, quali non furono mai nelle età trapassate. La libertà di parola e di stampa, ammessa universalmente qual conquista del progresso moderno, ha aperto l'adito ad ogni errore più disfrenato. I libri riboccano di orrende bestemmie. Il giornalismo pare che si abbia assunto il cómpito di pervertire tutte le idee. I teatri son divenuti scuola d'incredulità beffarda. Dalle università s'insegnano le più mostruose dottrine. I Deputati sfringuellano nei parlamenti, sopra i punti più delicati di morale, di giustizia, di religione. Nello stesso conversare cittadinesco persone ignoranti straparlano di tutto, storia, filosofia, teologia, diritto, sputando sentenze all'impazzata e scappucciando che Dio vel dica. In tanta confusione e tempesta è quasi impossibile che menti eziandio colte ed istruite non ne restino offese e bevano errori, anche intorno a punti di alta importanza. Qual mezzo adunque più acconcio a preservarnele, che il tener sempre l'orecchio inteso agli ammaestramenti della Chiesa, colonna e fermezza della verità [7]? Or nella Chiesa qual è la parte insegnante, se non il Clero?
Dicendo Clero, noi diciamo in primo luogo il Sommo Pontefice che n'è il capo supremo, ed è costituito da Dio maestro e dottore di tutti i cristiani. Diciamo in secondo luogo l'Episcopato, che congiunto al Sommo Pontefice vi rappresenta quelli a cui, nella persona degli Apostoli, fu detto da Cristo: Voi siete la luce del mondo, il sale della terra [8]. Diciamo in terzo luogo gl'inferiori Ministri, che nel parlare, nello scrivere, nell'operare, si conformano all'Episcopato ed al Papa. Tutto questo costituisce un magistero sicuro, lontano da errore, assistito da Dio, per la conservazione e diffusione della verità e della giustizia. Da esso dunque convien che il cattolico, con cura più speciale, oggidì prenda norma a ben giudicare in tutto ciò che si riferisce a verità e costume. Il cattolico adunque oggidì più che mai dev'essere clericale; se per clericale s'intende chi è bene affetto al Clero e consenziente col Clero. In altra guisa non può mancare che egli non resti vittima di pestiferi errori. Guardate di fatto coloro che si professano cattolici, ma non clericali. Non ne troverete pur uno, il quale non abbia l'animo ingombro di falsità, sopra i doveri religiosi dell'uomo, la libertà civile e politica, le relazioni tra la Chiesa e lo Stato, e va dicendo.

VI.

La Chiesa è assimigliata nelle divine Scritture ad un esercito bene ordinato. Terribilis, ut castrorum acies ordinata [9]. Or nell'esercito vi ha il Generalissimo, che n'è il Comandante supremo; e questo Generalissimo nella Chiesa è il Papa. Sotto il Comandante supremo sono nell'esercito i Comandanti subalterni, i Generali, come diconsi presso noi, di armata, i Generali di divisione, i Generali di brigata, i Colonnelli; e a questi corrisponde nella Chiesa l'Episcopato, col suo ordine gerarchico di Patriarchi, di Primati, di Arcivescovi, di Vescovi. In fine nell'esercito alle singole compagnie son proposti i Capitani; e questi, per ciò che riguarda la Chiesa, vi dànno immagine de' Parrochi. Il resto dei sacri ministri, non aventi giurisdizione ordinaria, corrisponde a quelli che nell'esercito sono a disposizione e servigio de' Duci, come sarebbero gli araldi, i trombettieri, i signiferi, i forieri, e simiglianti. Tutto questo forma nella Chiesa ciò che si appella Clero, ed è l'elemento ordinatore ed imperante nella milizia di Cristo. Il Laicato forma la soldatesca, vale a dire la moltitudine stessa dei militi, distribuita organicamente in parrocchie, in diocesi, in nazioni. Or come tutta la forza dell'esercito consiste nell'intima unione tra il corpo de' combattenti e i loro Duci; così è nella Chiesa: la sua vigoria è nell'unione del Laicato col Clero. E come nell'esercito non i Duci ai soldati, ma i soldati debbono obbedire ai Duci, e uniformarsi al loro indirizzo; così è nella Chiesa, per ciò che riguarda Laicato e Clero. Che sarebbe nell'esercito, se s'inventasse una formola, la quale esprimesse ufficio di soldato, ma dissenso dai Duci? Non importerebbe essa la totale dissoluzione dell'esercito, o, alla men trista, scompiglio e debolezza nell'azione?
Ed ecco un altro danno gravissimo della formola: Cattolico ma non clericale. Essa dissociando il Laicato dal Clero, o almen rendendolo uggioso verso di lui, disordina la milizia di Cristo, e svigorisce la Chiesa.
Il famoso Pirro, dopo una splendida vittoria, sentendosi chiamare Aquila da' suoi soldati, sì io sono aquila, rispose, ma voi siete le penne, sopra cui m'innalzo a volo. — Che possono fare i Duci in un esercito, senza il concorso de' legionarii? E così nella Chiesa, militante quaggiù, l'opera del Clero sarebbe priva di effetto, se il corpo de' fedeli, il Laicato, non gli prestasse appoggio e cooperazione. Il fedele è soldato di Cristo. Egli si ascrisse alla sua milizia col santo battesimo, e vi si rassodò col sacramento della confermazione. In ricambio, ne riscosse l'ingaggio colla grazia santificante, che ricevette, e cogli abiti soprannaturali della fede, della speranza, della carità, e delle altre virtù infuse. Vien poscia alimentato da Cristo stesso nella mensa eucaristica, e rimunerato d'ogni suo atto guerresco con celesti carismi. In fine come ultimo premio dei sostenuti conflitti gli è promessa la trionfale corona. Reposita est mihi corona iustitiae, quam reddet mihi Dominus in illa die, iustus iudex [10].
È turpe errore quello di alcuni laici; i quali credono che la difesa del regno di Cristo appartenga ai soli ecclesiastici. No; la Chiesa, non è composta del solo Clero, nè in essa il solo Clero guerreggia. Sarebbe curioso un esercito composto di soli Duci, o in cui i soli Duci fossero obbligati a combattere. Il combattimento è dell'intero esercito, Duci e soldati.
Ma se il semplice fedele, il laico, deve ancor esso combattere in difesa della Chiesa; deve peraltro combattere legittimamente. Il combattimento legittimo è quello, che si eseguisce sotto la direzione de' Duci. Di qui novamente apparisce la stoltezza della formola: Cattolico, ma non clericale. Essa farebbe combattere il fedele, ma, in parte almeno, a proprio senno, fuori l'ordine della militar disciplina, e spesso ancora, contro l'intendimento de' condottieri. Un tal combattere non sarebbe legittimo, e però non meritevole di corona: Qui certat, non coronabitur, nisi legitime certaverit [11].

VII.

In fine un'altra ragione di essere clericale, cioè affezionato al Clero e strettamente congiunto al Clero, è pel sincero e zelante cattolico la condizione, in cui socialmente si trova oggidì la Chiesa di Dio. In altri tempi il Clero nella sua azione gerarchica era sostenuto dai Governi e protetto dall'autorità temporale. La libertà ed indipendenza del Romano Pontefice, dalla quale dipende la libertà ed indipendenza di tutta la Chiesa, era assicurata dal suo civil principato. La libertà ed indipendenza de' Pastori subalterni era assicurata dalla proprietà ecclesiastica, intangibile e sacra; e dall'immunità, onde più o meno, ma sempre in qualche grado, godevano le loro persone. Il braccio secolare prestava appoggio ai Vescovi per l'esecuzione dei loro decreti, e comprimeva l'audacia degli empii. Oggidì tutto questo è cambiato. Il sommo Pontefice spogliato della sua sovranità temporale è ridotto a moral prigionia nel Vaticano. La confisca dei beni ecclesiastici ha messo i sacri Ministri in condizione [di] meri salariati dal Governo, come ogni altro civil servidore. La separazione dello Stato dalla Chiesa ha tolto a questa ogni difesa, e licenziata l'empietà a tutto osare contro di lei.
Chi supplirà a mantener la Sposa di Cristo nel suo decoro, nella sua dignità, nella sua indipendenza dal secolo, e sostenerla a fronte delle invasioni del Governo civile, che si studia di ridurla a servaggio e continuamente ne inceppa l'azione? Non altri certamente, che il Laicato cattolico.
È questa la gran missione, che oggidì è data da Dio ai semplici fedeli, e a quelli principalmente tra loro, che primeggiano per ingegno, per dovizie, per condizion sociale: il sottentrare cioè, nella protezione e difesa della Chiesa, a ciò che in altri tempi erano i Governi civili. Dicendosi Chiesa ognun vede che vuolsi intendere principalmente il Clero; cioè la parte ammaestrante e governante della medesima. In ogni società il pubblico maestrato è quello che la rappresenta, e la muove a concorde operazione e la guida al fine per cui essa è formata. Sostenere a fronte dello straniero il Pubblico maestrato, il Governo, è sostenere la società stessa a cui esso presiede. I buoni laici adunque, i veri amatori di Cristo, lungi dal non voler essere e dirsi clericali, debbono amare oggidì massimamente una tal qualità, e quanto alla cosa e quanto al vocabolo. Essi debbono altamente gloriarsi d'esser tenuti affezionati al Clero, consenzienti al Clero, gelosi dell'onore e della indipendenza del Clero. L'appellazione di clericale, esprimendo appunto queste cose, deve formar per essi un titolo di santo orgoglio, siccome quello che dinota amore e tutela della Chiesa di Geù Cristo, nella persona de' suoi ministri. Ai soli vili, ai mezzi cattolici, a coloro che non amano la Chiesa nè Cristo, ma sè medesimi, si lasci la temenza di questo nome.


NOTE:

[1] De abroganda missa privata. Pars. 1.
[2] Bellarminus, Controversiarum. t. 2. De Ecclesia militante, cap. 2.
[3] Summa th. 2. 2. q. V. a. 3.
[4] Lucae, X, 16.
[5]ad Cor. V, 20.
[6] Ecclesiastici, III, 2.
[7] Ecclesia Dei vivi, columna et firmamentum veritatis. 1ª. ad Tim. III, 15.
[8] Vos estis lux mundi, vos estis sal terrae. Matth. V, 13.
[9] Cant. VI, 23.
[10] I ad Tim. IV, 8.
[11]ad Tim. II, 5