sabato 28 dicembre 2013

Stati Uniti: Lincoln e l’ipocrisia dello “storico” discorso di Gettysburg



Proponiamo  la traduzione integrale in italiano dell’articolLincoln Changed the Subject with Gettysburg Address da parte di Kirkpatrick Sale, saggista e pensatore politico di estrema sinistra, è autore di vari libri tra cui il recente Emancipation Hell: The Tragedy Wrought by Lincoln’s Emancipation Proclamation 150 Years Ago. E’ inoltre direttore del Middlebury Institute, think tank americano favorevole al decentramento e per lo studio del separatismo, del secessionismo, e dell’autodeterminazione. (Traduzione di Luca Fusari)
Quel che fece Lincoln a Gettysburg, nel Novembre 1863, fu di provare a creare un nuovo scopo per la guerra che il Nord stava combattendo contro la Confederazione. Non era più per la preservazione dell’Unione, come aveva dichiarato più volte negli ultimi due anni, né per il ripristino di fortezze, armerie e dogane, come dichiarò nella sua dichiarazione di guerra, ma divenne per le bandiere dell’uguaglianza e della libertà, le quali erano state spiegate per la causa dell’emancipazione dei neri.
Iniziò la sua trasformazione di scopo 150 anni fa, in questo mese, con una distorsione della storia, sostenendo che gli Stati Uniti si impegnarono per l’uguaglianza e la libertà nella sua forma originale e che il presente conflitto fu mosso per preservare una nazione così «concepita e guidata». A tal fine dovette dichiarare che la nazione cominciò «sedici lustri e sette anni or sono», vale a dire nel 1776, tale conflitto, sicché tale affermazione può assurgere al rango di sciocchezza assoluta.
Non c’era nessuna nazione quando le colonie, per spiegare la loro ribellione, proclamarono la Dichiarazione di Indipendenza, ne diventò una quando la Costituzione fu ratificata tredici anni più tardi. Quella Costituzione, e la nazione che creò, non avevano nulla a che fare con l’essere «dedicata all’idea che tutti gli uomini sono creati uguali», una assurdità completa, dato che essa in realtà non fa alcuna menzione d’uguaglianza per tutti, non a caso approva l’istituto della schiavitù.
Il preambolo fa un accenno a «garantire la benedizione della libertà», ma in nessuna parte del documento ci sono elencati gli articoli o i poteri in materia di libertà, in qualsiasi forma. Infatti gli aristocratici Padri Fondatori non pensarono all’idea di una macchina governativa dedicata alla libertà, tanto meno all’uguaglianza, ciò sarebbe ridicolo, nessuno di loro può aver legiferato ciò dato che non avevano alcuna intenzione di creare una nazione che avrebbe cercato di raggiungere quell’indefinibile obbiettivo irraggiungibile.
Promuovendo la sua distorsione, Lincoln dichiarò che la causa per la quale i soldati dell’Unione «diedero l’ultima estrema misura di dedizione» era per «una nuova nascita della libertà», di cui possiamo essere certi, questa era la cosa più lontana che albergava nelle loro menti, in quanto nessuno aveva mai detto a loro che essa era il motivo per cui stavano combattendo.
Di certo non combattevano per la libertà del Nord, in quanto non fu mai minacciato. Essi ovviamente, non combattevano per la libertà del Sud, dal momento che era proprio contro di essa che si impegnarono. Non fu nemmeno una lotta per una nuova nascita della libertà per gli schiavi del Sud, dal momento che anche in precedenza essa non venne dichiarata quale causa della guerra, nemmeno dopo la pubblicazione del Proclama di Emancipazione 10 mesi prima.
Per quanto riguarda l’idea con cui Lincoln concluse il suo discorso, che il nostro era «un governo del popolo, attraverso il popolo, per il popolo», temo che questa non fosse una peculiare idea dei Padri.
Il governo che crearono fu molto attento a limitare i poteri del “popolo”, facendo in modo che la camera degli anziani (il Senato) non dovesse essere eletta dalla popolazione in generale (di cui essi tendevano ad avere una visione molto pessimistica) ma dalle legislature statali. Anche gli elettori della Camera dei rappresentanti erano limitati secondo le norme dello Stato, nel quale la maggioranza degli Stati avevano diverse esigenze di proprietà, come fecero per i candidati al Collegio Elettorale.
Possiamo avere un’idea di come i Padri considerassero “il popolo” da una lettera del 1814 che Jefferson, uno dei fautori della Costituzione peraltro più inclini alla democrazia, scrisse a John Adams. Sperava, che «l’aristocrazia naturale» di questo Paese, di cui si considerava parte, «potesse in modo sicuro e vantaggioso riservare a sé il sano controllo sopra i loro affari pubblici», e si augurava che «le folle delle grandi città» e «la classe di artigiani e dei promotori del vizio» non avessero voce in quelle materie. Il governo non era e non voleva certamente essere un governo del popolo, attraverso il popolo, per il popolo, ma a sicuro beneficio dell’aristocrazia naturale.
Un discorso del tutto fraudolento che Abraham Lincoln (abilmente) creò, e che fu particolarmente importante in quanto è servito non solo per dare alla guerra una nuova direzione e scopo (e una nuova superiorità morale da cui partire per sfoderare la «veloce terribile spada» contro il Sud), ma anche per dare un certo senso alla nazione che egli sperava di creare, la quale doveva essere centralizzata ed incentrata a Washington, come mai prima, quale suo obiettivo preminente.
Se sia stato saggio impostare questa terra in un corso di 150 anni nel tentativo di raggiungere l’uguaglianza, un astratto impossibile che richiede un governo sempre più potente per cercare di realizzarlo, e di farlo non in funzione degli Stati ma su una cosa amorfa chiamato “il popolo”, lasciamo alla storia giudicare.