domenica 2 febbraio 2014

Conte Clemente Solaro della Margarita : RELIGIONE E POLITICA

 
Conte Clemente Solaro della Margarita.


LEZIONI DI POLITICA
raccolte fra le sue principali opere

CAPITOLO II
RELIGIONE E POLITICA

1) La religione come qualità personale
II. Molti sono i doveri che ha imposti ai Principi Iddio quando disse: " Per me Reges regnant " ; l'adempimento dipende in gran parte dai loro Ministri; se li trascurano o li violano pe' cattivi consigli di questi, su questi cade una tremenda responsabilità, ma ne soffrono le tristi conseguenze i Sovrani e i popoli. Non vi può essere felicità vera e duratura nelle umane società se non regna lo spirito di religione; questo non può regnare se non è nel cuore de' Principi e de' suoi consiglieri.[...]
IV. Secondo le dottrine che hanno imparato riescono gli uomini di Stato; epperciò alcuni guardano la religione con indifferenza, altri l'osteggiano; sanno questi secondi che, trasandate le pratiche del cattolicismo, a poco a poco se ne dimenticheranno i precetti, e questi posti in oblio, si perderà ogni amore alla Chiesa, si prenderà anzi in odio, si spegnerà nei cuori il sentimento religioso, e la filosofica empietà avrà regno. Insensati s'accorgeranno, ma tardi, che quegli uomini cui essi hanno tolta la religione, toglieranno loro l'autorità male esercitata e spogliandoli dei loro averi, non rispettando i loro diritti, diverranno strumenti della divina vendetta a loro danno. Assai fomiti di corruzione e di passioni sono nel cuor dell'uomo perché le perverse dottrine non li seducano. Gran parte della responsabilità pesa sui loro banditori, e son ben davvero a compiangersi i giovani che studiano la politica, e si dispongono a servir lo Stato, se nelle opere di tanti celebrati autori anziché trovar posta la religione come base del buon governo dei popoli, e sola guarentigia dell'onestà dei governanti, vi trovano, o assoluto silenzio sulla medesima, o poche parole inefficaci per dimostrare la somma sua importanza.[...]
V. [...] La religione non si foggia al piacer d'ognuno, non varia secondo le circostanze e gli interessi, né degli individui, né degli Stati; essa è positiva, le sue massime sono invariabili, le sue leggi obbligano i sudditi ed i Principi, i regni e le repubbliche; o una cosa è giusta, ed è lecita a tutti in ogni tempo; o è ingiusta, è vietata a tutti, e per sempre. Se così non intende la religione, l'uomo di Stato non si vanti di essere informato al suo spirito, essa è per lui un mezzo, non il fine. [...]
VI. Molti credono necessaria la religione per meglio contenere, per mezzo di lei, nella soggezione il popolo, con ciò implicitamente ne riconoscono l'efficacia; ma se altro pensiero non li move, segno è che non conoscono i doveri di ben altra natura ch'essa loro impone. Credono che sia femminil bigottismo ammirare i suoi precetti e compierli; i grandi uomini, dicono essi, non scendono dall'alta sfera degli affari politici per occuparsi di ciò che è cura e pensiero di gente ignara dei grandi destini del mondo. Mostran essi d'esser ignari della man che muove questi gran destini, [...] Osano alcuni dire che la religione non deve intromettersi nelle cose della politica; tanto varrebbe escluderla dalla morale e dalla giustizia, che pur senza di lei non esistono; ma coloro che tal massima propugnano sono i medesimi che vorrebbero fosse bandita dalla terra per avviar la politica fuor del retto cammino, considerarla come indipendente dalla legge divina, e perciò autorizzata a anteporre (nel testo è scritto "posporre") l'utile all'onesto.
VII. [...] Tradir la verità, tessere inganni, commettere ingiustizie son cose per cui si muovono generali querele, e si maledice la politica; se la maggior parte degli uomini di Stato avessero per unica guida la religione, queste querele non eccheggierebbero da un polo all'altro. Essa insegna a parlar sempre come si pensa, ad agire come si parla, a non pensare a ciò che si avrebbe vergogna di palesare e di fare. Il Ministro che l'ha in cuore, quanto più ama il Sovrano e la patria, tanto maggiore zelo spiega per la causa di Dio, non opera solo il bene quando gli giova, ma impedisce per quanto possa, il male; [...]
VIII. Il mio discorso s'indirizza specialmente ai cattolici, ma è pur certo che anche nei paesi separati dal grembo della romana Chiesa, un uomo di Stato, il quale non professi che la probità naturale, non si curi dei precetti evangelici, sarà il pessimo che possa scegliersi.[...] Il protestantesimo anziché essere una professione di fede diversa dalla cattolica, è piuttosto in molti una negazione della fede; ciò che credono, o ricusano di credere, dal giudizio particolare d'ogni individuo dipende, e ven son taluni, in cui neppur ombra d'idea religiosa s'incontra, o cosi' travisata, che non ne merita il nome. Moltissimi però di più elevato ingegno dotati, e di cuor retto, sentono in sé la forza del sentimento religioso, e il desiderio di conoscere la verità; i pregiudizi dell'educazione, il rispetto umano, l'atmosfera contraria in cui vivono sono d'ostacolo allo svincolamento del loro spirito, ma tali quali sono, se fossero interrogati risponderebbero d'accordo con noi, che la religione è la sola guarentigia della umana società [...]
XI. [...] Lo spirito di religione nei Ministri, è una sicurezza che non appartengono alle sette, alle società segrete; che non saranno mai nel bivio di mancare alla fedeltà dovuta al Sovrano per serbare il giuramento dato a quelle perniciose associazioni; [...] Non è possibile essere affigliato ai liberi muratori, agli illuminati, al carbonarismo, a qualunque altra simil setta, ed avere religione. Chi propugna la tesi contraria non può aver ragione alcuna che meriti di essere discussa, dacché i Romani Pontefici hanno più e più volte solennemente condannato l'illuminismo, la framassoneria, il carbonarismo e quante altre società ne seguono i principii. [...]
XIII. Non si crederà io spero, che sia mio intendimento di convertir gli uomini di Stato in ferventi cenobiti; non corro a queste idee di politico ascetismo: ogni sentimento per buono che sia, essere deve consentaneo alla posizione che si tiene nel mondo. Coloro che son chiamati ad amministrare i Regni, hanno largo campo a mostrar quale spirito li anima a pro della religione, e non è d'uopo che faccian quello ch'è dovere de' sacerdoti e de' claustrali. Largo è il campo che loro è aperto. Sian gelosi della gloria del Sovrano, e non lo consiglino mai di attentare ai diritti della Chiesa, ma di esserne anzi il difensore e il sostegno; non gli ispirino mai sospetti sull'autorità de' Vescovi, né diffidenza del Clero; gli rappresentino la necessità di accordargli protezione; non tollerino che alla religione, alle sue leggi si attenti; essa è il più forte baluardo dei troni; porgano argine all'immoralità che corrompe il popolo, promuovano l'incremento della fede, non contristino mai il Romano Pontefice mostrandosi gelosi dell'autorità della Santa Sede; così facendo faranno forse più, e non meno certo, di quel che può farsi a pro della religione nei chiostri.[...]
XIV. [...] Oh quante elucubrazioni di umana politica sono deluse perché non si ebbe ricorso alla Divina Provvidenza! Invano però s'invoca quando le sue leggi non si osservano e la religione non si cura; allora d'onde doveva venire l'aiuto viene il castigo.[...] Per aver [dileggiate le verità], uomini di Stato videro [le Monarchie] scompaginate, il loro potere abbattuto; sarebbero ancora in fiore se nella Provvidenza di Dio avessero confidato più che nel prestigio della forza, più che nella sagacia de' politici concetti. E quando è scritto negli eterni decreti che una monarchia debba cadere, finire una dinastia, essere soggiogato un popolo indipendente, la convinzione d'una Provvidenza superiore regolatrice delle umane vicende, che si attribuiscono follemente alla fortuna, al caso, agli errori degli uomini, serve di conforto, e non lascia che si perda l'animo nelle sventure. [...]
XVII. Ho parlato finora dello spirito di religione così necessario ad un uomo di Stato di cui regge le sorti, ma non è men necessario pel suo contegno nelle relazioni cogli esteri Stati, poiché allora soltanto si può avere guarentigia che non tesserà frodi, adempirà i patti convenuti, non violerà i trattati, non consentirà ad alleanze, a paci, a guerre nelle quali gl'interessi religiosi siano sacrificati, e nemmeno pregiudicati. Mi è sorta l'idea di quest'osservazione leggendo le negoziazioni della famosa pace di Westfalia che io chiamerò sempre funesta, funestissima, poiché gl'interessi de' cattolici furono pienamente lesi, tornò tutta a vantaggio dei protestanti, sebbene cattolici fossero i plenipotenziari di varie corti cattoliche, e fra queste quelli del Re cristianissimo e dell'Imperatore di Germania; si mostrarono deboli, esitanti, disuniti, perché il loro cuore non era acceso da ombra di zelo religioso, mentre i ministri protestanti erano concordi, costanti e fermi nel proposito di avvantaggiar la loro causa.[...]

(L'Uomo di Stato, libro I, cap.X, pagg.113-128)