mercoledì 19 febbraio 2014

Conte Joseph De Maistre : Della rivoluzione francese considerata nel suo carattere antireligioso.



File:Joseph de Maistre Vogel von Vogelstein ca 1810.jpg
 Joseph De Maistre.
 C'è nella rivoluzione francese qualcosa di satanico che la distingue da tutto ciò che si è visto finora, e forse da tutto ciò che si vedrà in futuro.
Si rammentino le grandi sessioni! Il discorso di Robespierre contro il sacerdozio, la solenne apostasia dei preti, la profanazione degli oggetti di culto, l'istituzione della dea Ragione, e quelle scene inaudite in cui le province cercavano di superare Parigi; tutto questo esce dalla sfera ordinaria dei crimini e sembra appartenere a un altro mondo.
E anche adesso che la rivoluzione ha fatto molti passi indietro, i grandi eccessi sono scomparsi, ma i principi restano gli stessi. I legislatori (per usare il loro termine) non hanno forse pronunciato questa frase senza precedenti; La nazione non finanzia alcun culto? Alcuni uomini dell'epoca in cui viviamo mi sono sembrati, in certi momenti, spingersi fino all'odio per la Divinità; ma non è necessario raggiungere questo limite spaventose per rendere nulli i più grandi sforzi costituenti: già il solo oblio del grande Essere (non dico il disprezzo) grava sulle opere umane come un anatema irrevocabile. Tutte le istituzioni immaginabili poggiano su un'idea religiosa, altrimenti non sono che transitorie. Esse sono forti e durature nella misura in cui sono, per cosi dire, divinizzale. Non solo la ragione umana, ovvero ciò che si definisce filosofia senza sapere quel che si dice, non può supplire a quelle basi che si definiscono superstiziose, sempre senza sapere quel che si dice, ma anzi la filosofia è di per sé una potenza essenzialmente disgregatrice.
In una parola, l'uomo può rappresentare il Creatore solo mettendosi in rapporto con lui. Insensati che non siamo altro! Se vogliamo che uno specchio rifletta l'immagine del sole, lo volgiamo forse verso terra?
Queste riflessioni sono dirette a tutti, al credente come allo scettico: è un fatto quello che sostengo, non una tesi. Non importa che si rida delle idee religiose oppure che le si veneri: nondimeno esse formano (vere o false che siano) l'unica base di tutte le istituzioni durature.
Rousseau, l'uomo al mondo che forse di più è caduto nell'errore, si è tuttavia imbattuto in questa osservazione, senza aver voluto tirarne le conseguenze.
La legge giudaica, dice, che sussiste tuttora, e quella del figlio di Ismaele, che da dieci secoli regge la metà del mondo, celebrano ancora oggi i grandi uomini che le hanno dettate... L'orgogliosa filosofia o il cieco spirito di parte non vedono in essi che degli impostori fortunati (1).
Non gli restava che trarne la conclusione, invece di parlarci di quel grande e possente genio che regge le istituzioni durevoli (2): come se questo linguaggio poetico spiegasse qualcosa!
Riflettiamo sui fatti attestati dalla storia intera; scorgeremo che, nella catena degli eventi umani, dalle più grandi istituzioni che fanno epoca nel mondo, fino alla più piccola organizzazione sociale, dall'impero fino alla confraternita, tutte hanno una base divina, e la potenza umana, tutte le volte che se ne è distaccata, non ha potuto dare alle sue opere che un'esistenza effimera e fasulla; che cosa dobbiamo dunque pensare della nuova Costituzione francese e del potere che l'ha prodotta? Per quanto mi riguarda, non crederò mai alla fecondità del nulla.
Sarebbe interessante esaminare a fondo, una dopo l'altra, le nostre istituzioni europee, e mostrare come esse siano tutte cristianizzate; come la religione, mescolandosi a tutto, tutto animi e sostenga. Le passioni umane possono pure infangare e snaturare le più alte creazioni; se il principio è divino, ce n'è abbastanza per assicurare loro una durata prodigiosa. Fra mille esempi, si può citare quello degli ordini militari. Certamente non si farà torto ai membri che li compongono affermando che l'obiettivo religioso non è il primo a cui mirano: non importa, essi perdurano, e questa durata è un prodigio. Quanti spiriti superficiali se la ridono di questo strano amalgama fra un monaco e un soldato! Sarebbe meglio che si estasiassero di fronte a quella forza occulta, grazie alla quale questi ordini hanno attraversato i secoli, schiacciato potenze formidabili, e resistito a traumi che non cessano tuttavia di stupirci. Questa forza è il nome sul quale queste istituzioni si fondano; giacché nulla è se non grazie a Colui che è. In mezzo al generale sconvolgimento di cui siamo testimoni, l'occhio inquieto degli amici dell'ordine si fissa soprattutto sulla mancanza di educazione. Più di una volta si è inteso dire che bisognerebbe rimettere all'onore del mondo i gesuiti. Non discuto qui i meriti di questa istituzione; ma un tale desiderio non rivela pensieri molto profondi. Non si pretenderà che sant'Ignazio sia là pronto ad assecondare i nostri progetti? Se la Compagnia è distrutta, qualche frate cuciniere potrà forse rimetterla in piedi con lo stesso spirito che la creò; ma tutti i sovrani del mondo non ci riuscirebbero.
Questa è una legge divina altrettanto certa, altrettanto tangibile che le leggi del moto.
Ogni volta che un uomo si mette, secondo le proprie forze, in contatto con il Creatore, e produce un'istituzione qualsiasi in nome della Divinità, quale che sia d'altronde la sua debolezza individuale, la sua ignoranza, la sua povertà, l'oscurità dei suoi natali, in una parola, la sua assoluta miseria umana, egli partecipa in qualche modo dell'onnipotenza, e se ne fa strumento: egli produce opere la cui forza e durata stupiscono la ragione.
Prego ogni lettore attento di volgere lo sguardo attorno a sé; finanche nei più piccoli oggetti, troverà conferma di queste grandi verità. Non è necessario risalire fino al figlio di Ismaele, a Licurgo, a Numa, a Mosè, le cui legislazioni furono tutte religiose; basterà osservare una festa popolare o una danza rustica. In alcuni paesi protestanti si possono vedere certe adunate certi festeggiamenti popolari, che non hanno più apparentemente una loro ragione, e che derivano da usanze cattoliche assolutamente dimenticate. Feste di questo genere non hanno in sé niente di morale, niente di venerabile: non importa; esse derivano, sebbene molto alla lontana, da idee religiose; è quanto basta a perpetuarle. Tre secoli non hanno potuto farle dimenticare.
Ma voi, padroni della terra! Principi, re, imperatori, possenti maestà, invincibili conquistatori! Provatevi soltanto a condurre il popolo quel tale giorno di ogni anno, in un luogo determinato, PER DANZARE. Vi chiedo poco, ma scommetto solennemente che non ce la farete, mentre il più umile missionario riuscirà nell'impresa, e si farà obbedire duemila anni dopo la sua morte. Ogni anno, in nome di san Giovanni, di san Martino, di san Benedetto, ecc., il popolo si raccoglie attorno a un tempio rustico: arriva animato di un'allegria rumorosa e tuttavia innocente. La religione santifica la gioia, e la gioia rende la religione più bella: dimentica le sue pene; pensa, rientrando a casa, al piacere che proverà l'anno seguente nel medesimo giorno, e quel giorno per lui è una data che conta (3).
Accanto a questo quadro, collocate quello dei padroni della Francia, che un'incredibile rivoluzione ha dotato di tutti i poteri, e che non riescono a organizzare una semplice festa. Sono prodighi di denari, chiedono aiuto a tutte le arti, ma il cittadino resta a casa, oppure si reca all'appuntamento solo per ridere degli organizzatori. Ascoltate il dispetto dell'impotenza! ascoltate queste memorabili parole di uno di quei deputati del popolo rivolte al corpo legislativo in una seduta del mese di gennaio 1796:
"Ma come! — esclamava — Uomini estranei ai nostri costumi, alle nostre usanze, sarebbero riusciti a istituire festività ridicole per celebrare avvenimenti sconosciuti, in onore di personaggi la cui esistenza è un mistero. Ma come! essi avranno potuto ottenere l'impiego di fondi immensi, per ripetere ogni giorno, con triste monotonia, cerimonie insignificanti e spesso assurde, e invece gli uomini che hanno preso la Bastiglia e rovesciato il trono, gli uomini che hanno sconfitto l'Europa, non riusciranno a conservare, attraverso feste nazionali, il ricordo dei grandi avvenimenti che rendono immortale la nostra rivoluzione. "
O delirio! o abisso dell'umana debolezza! Legislatori, meditate questa grande confessione; essa vi insegna quel che siete e quel che potete.
A questo punto, di cosa altro abbiamo bisogno per giudicare il sistema francese? Se la sua nullità non è evidente, al mondo non vi è più nulla di certo.
Sono talmente persuaso delle verità che difendo, che quando considero il generale indebolimento dei principi morali, la divergenza delle opinioni, la fragilità delle sovranità che mancano di fondamento, l'immensità dei nostri bisogni e l'inanità dei nostri mezzi, mi sembra che ogni vero filosofo debba scegliere fra queste due ipotesi: o che si formerà una nuova religione, oppure che il cristianesimo sarà ringiovanito in qualche maniera straordinaria. È fra queste due supposizioni che bisogna fare la scelta, a seconda del partito che si è preso sulla verità del cristianesimo.
Questa idea sarà respinta sdegnosamente solo da quegli uomini dalla vista corta, che non credono possibile se non ciò che vedono. Quale uomo dell'antichità avrebbe mai potuto prevedere il cristianesimo? e quale uomo estraneo a questa religione avrebbe potuto, ai suoi inizi, prevederne il successo? Come facciamo a sapere che una grande rivoluzione morale non sia già cominciata? Plinto, come dimostra la sua famosa lettera (4), non aveva la minima idea di questo gigante, di cui vedeva solo l'infanzia.
Ma che folla d'idee mi assale in questo momento, e mi innalza fino alle più sublimi contemplazioni!
La GENERAZIONE attuale è testimone di uno dei più grandi spettacoli che occhio umano abbia mai visto: è la lotta ad oltranza del cristianesimo e del filosofismo. La battaglia è aperta, i due avversari sono alle prese, e l'universo osserva.
Come in Omero, si vede il padre degli dèi e degli uomini sollevare la bilancia che pesa i due grandi interessi opposti; ben presto uno dei due piatti inclinerà verso il basso.
Per l'uomo prevenuto, di cui è il cuore che ha convinto la testa, gli avvenimenti non provano niente; avendo preso partito irrevocabilmente per il si o per il no, l'osservazione e il ragionamento sono ugualmente inutili. Ma voi tutti, uomini di buona fede, che negate o che dubitate, forse questo grande momento del cristianesimo verrà in aiuto alle vostre indecisioni. Da diciotto secoli esso regna su gran parte del mondo, e soprattutto sulla parte più illuminata del globo. Questa religione risale per fino al di là di un'epoca cosi antica; a partire dal suo fondatore si collega a un altro ordine di cose, a un tipo religioso che l'ha preceduta. L'uno non può essere vero senza che l'altra lo sia; l'uno si gloria di promettere quel che l'altra si gloria di mantenere; di modo che questa, in una visibile concatenazione, risale all'origine del mondo.
ESSA NACQUE NEL GIORNO IN CUI NACQUERO I GIORNI,
Non vi sono altri esempi di una tale durata; e, per attenersi anche solo al cristianesimo, non c'è istituzione al mondo che possa essergli opposta. Per cavillare gli si paragonano altre religioni: numerosi e sorprendenti caratteri escludono ogni confronto; non è qui il caso di scendere in dettagli: una parola sarà sufficiente. Ci si mostri un'altra religione fondata su fatti miracolosi e su dogmi incomprensibili, creduta per diciotto secoli da una gran parte del genere umano, e difesa di epoca in epoca dagli uomini più illustri, da Origene fino a Pascal, nonostante gli sforzi estremi di una setta nemica, che non ha smesso di ruggire da Gelso fino a Condorcet.
Fenomeno mirabile! quando si riflette su questa grande istituzione, l'ipotesi più naturale, suffragata da tutte le verosimiglianze, è quella di un'architettura divina. Se l'opera è umana, non c'è più modo di spiegarne il successo; escludendo il prodigio, non si fa che riconfermarlo.
Tutte le nazioni, si dice, hanno preso rame per oro colato.
Benissimo: ma questo rame non è stato forse versato nel crogiuolo europeo, e sottoposto, per diciotto secoli, alla chimica delle nostre osservazioni? e se ha subito questa prova, non se l'è forse cavata con onore ? Newton credeva all'incarnazione ; ma Platone, mi sembra, credeva poco alla nascita prodigiosa di Bacco.
Il cristianesimo è stato predicato da ignoranti e creduto da sapienti, ed in questo non somiglia a niente che si conosca.
Per di più, esso ha sostenuto con successo tutte le prove. Si dice che la persecuzione sia un vento che alimenta e propaga la fiamma del fanatismo. Ammettiamolo: Diocleziano favori il cristianesimo; ma, in questo caso, Costantino avrebbe dovuto soffocarlo, il che non è accaduto. Ha resistito a tutto, alla pace, alla guerra, ai patiboli, ai trionfi, ai pugnali, alle lusinghe, all'orgoglio, all'umiliazione, alla povertà, all'opulenza, alle tenebre del medioevo e al grande splendore dei secoli di Leone X e di Luigi XIV. Ci fu un tempo in cui un imperatore onnipotente (5), padrone della maggior parte del mondo allora conosciuto, impiegò contro di esso tutte le risorse del suo genio; nulla dimenticò per far rivivere gli antichi dogmi; li associò abilmente alle idee platoniche, che erano alla moda. Nascondendo il livore che lo animava sotto la maschera di una tolleranza puramente esteriore, usò contro il culto nemico armi a cui nessun'opera umana ha mai resistito: Io espose al ridicolo; impoverì il sacerdozio per renderlo spregevole; lo privò di tutti i sostegni che l'uomo può fornire alle proprie opere: diffamazioni, intrighi, ingiustizie, oppressioni, ironia, forza e astuzia. Tutto fu inutile; il Galileo la vinse su Giuliano il filosofo.
Oggi, infine, l'esperienza si ripete in circostanze ancora più favorevoli; niente manca di tutto ciò che può renderla decisiva. State dunque bene attenti, voi tutti che la storia non ha ammaestrato abbastanza. Dicevate che lo scettro sosteneva la tiara; ebbene! non c'è più nessuno scettro nella grande arena: esso è infranto, e i pezzi sono sparsi nel fango. Non sapevate fino a che punto l'influenza di un sacerdozio ricco e potente potesse sostenere i dogmi che predicava: io non credo veramente che esista il potere di far credere, ma sorvoliamo. Non vi sono più preti: sono stati cacciati, scannati, avviliti; sono stati spogliati, e quelli che sono sfuggiti alla ghigliottina, ai roghi, ai pugnali, alle fucilazioni, agli annegamenti, alla deportazione, ricevono oggi l'elemosina che un tempo erano soliti offrire. Temevate la forza dell'abitudine, l'ascendente dell'autorità, le illusioni dell'immaginazione; non c'è più niente di tutto questo; non vi sono più abitudini, non vi sono più autorità; ogni uomo è padrone del proprio pensiero. Dal momento che la filosofia ha corroso il cemento che univa gli uomini, non esistono più legami morali.
Il potere civile, favorendo con tutte le proprie forze il rovesciamento del vecchio sistema, offre ai nemici del cristianesimo tutto l'appoggio che un tempo gli accordava; lo spirito umano assume tutte le forme immaginabili per combattere l'antica religione nazionale. Questi sforzi vengono applauditi e ricompensati, mentre gli sforzi contrari sono considerati come dei crimini. Non avete più niente da temere dall'incantesimo degli occhi, che sono sempre i primi ad essere ingannati. Un pomposo apparato, vane cerimonie, non seducono più uomini davanti ai quali, da sette anni, ci si prende gioco di tutto. I templi sono chiusi, oppure si aprono soltanto alle chiassose deliberazioni e ai baccanali di un popolo sfrenato.
Gli altari sono rovesciati; animali immondi sono stati portati a spasso per le strade vestiti con gli abiti dei pontefici; le sacre coppe sono servite per orge abominevoli; e su quei medesimi altari che la fede antica circondava di cherubini estasiati, si sono fatte salire ignude prostitute. Il filosofismo non ha dunque più da lamentarsi: tutte le opportunità umane sono a suo favore; tutto viene fatto a suo vantaggio e tutto contro la sua rivale.
Se risulterà vincitore, non dirà come Cesare: Venni, vidi e vinsi; ma, in fin dei conti, avrà vinto, Potrà battere le mani e sedersi fieramente su una croce rovesciata. Ma se il cristianesimo uscirà da questa prova terribile più puro e più vigoroso, se l'Ercole cristiano, forte della sua sola forza, solleverà il figlio della terra e lo soffocherà tra le sue braccia, patuit Deus, francesi! allora dovrete fare largo al re cristianissimo, portarlo voi stessi sul suo antico trono, risollevare la sua orifiamma; e che la sua moneta, circolando dall'uno all'altro polo, porti ovunque l'insegna trionfale:

CRISTO COMANDA, CRISTO REGNA, CRISTO VINCE!

NOTE:

1 Contrat social, libro II, cap. 7 [n.d.a].
2 Ibidem [n.d.a.].
3 Ludis publicis... popularem laetitiam in cantu et jidibus et tibiis moeranto, EAMQUE CUM DIVUM HONORE JUNGUNTO [Nei giochi pubblici... moderino la popolare allegrezza nel canto, nelle cetre e nelle tibie, e questa congiungano agli onori dovuti agli dèi (trad. di Anna Resta Barrile)]. Cicerone, De legibus, II, 9 [n.d.a.l.
4 È la lettera di Plinio, governatore di Bitinia, all'imperatore Traiano sulla condotta da tenere nei confronti dei cristiani.
5 Giuliano, nipote di Costantino, imperatore dal 361 al 363.