lunedì 10 marzo 2014

Cosa ci può insegnare la vicenda di Spartacus?





Sono quasi certo che alla visione del solo titolo il lettore aggrotterà la fronte perplesso chiedendosi cosa possano centrare la vicenda di un gladiatore in un blog legittimista. Beh, permettetemi di narrarvi la storia  e le vicende che interessarono Spartacus il Trace.



Breve storia di una ribellione contro la tirannia. 

Statua di Spartacus realizzata nel
1830.
Si sa poco della vita di Spartacus prima dell'arena , del quale non si conosce nemmeno il nome alla nascita, ma si sa che nacque in Tracia nel 109 a.C. circa. Nacque da una famiglia di pastori appartenente alla tribù dei Maedi; intraprese la professione del padre, si sposò con una donna del suo villaggio, ma ben presto i romani entrarono nella sua vita. Le legioni si presentarono nel villaggio trace chiedendo uomini per formare un esercito ausiliario da schierare contro una tribù nomade di guerrieri che imperversava in quelle terre e che era causa di problemi agli stessi traci: questi invasori erano famosi per le loro razzie. Spartacus , al quale i soldi promessi dai romani  servivano per mandare avanti la sua famiglia, accettò di entrare nell'esercito ausiliario. Nonostante le promesse fatte dai romani essi lo condussero a  combattere in Macedonia col grado di milite ausiliario per affrontare un esercito mercenario di Greci. Accortosi del disinteresse palese da parte dei romani nei confronti della sua gente , alla quale si aggiungevano una dura serie di vessazioni  cui era obbligato con i suoi uomini e  numerosi episodi di razzismo che dovettero subire all'interno della milizia , lo convinsero , seguito dagli altri traci, a disertare e a tornare a casa per difenderla . Tornato a casa fu però trovato dai romani e catturato , venendo giudicato disertore e condannato, secondo la legge militare romana, alla riduzione in schiavitù. La sposa di Spartacus fu ridotta anch'essa in schiavitù e separata da lui. In seguito,  75 a.C. circa , fu trasportato in catene per mare fino al porto di Napoli da dove venne portato all'interno dell'anfiteatro di Capua. Li , insieme agli altri traci catturati dai Romani, venne condannato a morte per il divertimento degli abitanti di Capua. Armato di una lama spuntata egli riuscì a vincere lo scontro nell'arena dove venne notato da  Lentulo Batiato , un conosciuto lanista di Capua che possedeva una scuola di gladiatori in quella città, che lo comprò dandogli il nome di Spartacus , un nome appartenuto ad un Re Trace il quale era famoso per la sua bravura militare. Spartacus fu portato in catene nella casa di Batiato, obbligato ad affrontare un estenuante serie di scontri di allenamento con altri schiavi residenti nella scuola gladiatoria,  dopo di ché venne marchiato a fuoco  sull'avambraccio sinistro con il marchio del suo padrone , la "B" di Batiato. Nella casa di Batiato strinse un legame con gli altri nella sua stessa condizione tra i quali vi era il "Campione di Capua" in carica Crisso , chiamato "l'Indomito Gallo" , e l'allenatore della scuola , il quale era stato campione a suo tempo, Enomao. Spartacus fu costretto a rischiare la sua vita , come tutti gli altri suoi compagni ,   all'interno dell'anfiteatro contro belve feroci e contro altri gladiatori per il solo divertimento dei romani. Nell'arena egli si distinse fino a guadagnarsi l'appellativo di "Campione di Capua", definito "Il portatore di pioggia" , dato che la sua ultima e spettacolare vittoria sembrò spezzare il lungo periodo di siccità portando, appunto,  la pioggia.
Nonostante le concessioni che di tanto in tanto Batiato dava ai suoi gladiatori , organizzando baccanali con prostitute e vino o concedendoli alle ricche patrizie , le condizioni nelle celle sotto i ceppi e la minaccia della frusta e della morte imminente erano disumane. Vista la condizione in cui era costretto ,   e dopo la morte di molti suoi fratelli (gladiatori) voluta per il divertimento dei loro padroni , compresa anche la morte di sua moglie,  decise di opporsi a questo stato di cose e nel 73 a.C. organizzò la ribellione con  altri 70  gladiatori della scuola , compresi Crisso e Enomao.  Uccisi guardie e tutti i patrizzi presenti nella villa di Batiato , compreso lo stesso Batiato , Spartacus ed i gladiatori guidati da lui presero una scelta; una scelta che stesso Trace li diede. Un discorso glorioso fu fatto da lui quando la ribellione era al principio, quando le catene erano spezzate e la tirannia su di loro rotta. Spartacus chiese a tutti gli schiavi liberati di scegliere se seguirlo o andare per la loro strada; scelsero di seguirlo.
Spartacus li guidò fino al Vesuvio, prima tappa della rivolta spartachista. Sulla strada  i ribelli si scontrarono con un drappello di soldati della locale guarnigione, che gli erano stati mandati incontro per contrastarli e catturarli. La vittoria però arrise a Spartacus e ai suoi, benché armati di soli attrezzi agricoli e di coltelli e spiedi di cui si erano impossessati nella caserma e nella mensa della scuola gladiatoria, ed ebbero così modo di armarsi con le armi da guerra dei soldati romani caduti. Spartacus  eletto a capo dei ribelli venne affiancato in questo compito da Enomao e Crisso ,  e si accamparono ai piedi del vulcano per riorganizzarsi, aumentare le proprie forze accogliendo altri schiavi fuggiaschi e addestrandoli, e per decidere sul da farsi.


Spartacus in battaglia.
Il Senato di Roma, impressionato dalle capacità del Trace,  inviò, in rapida successione, due pretori il primo dei quali fu Gaio Claudio Glabro il quale a sua volta già conosceva il Trace dal momento che egli era il comandante romano che guidava l'esercito ausiliario arruolato in Tracia. Glabro arruolò, letteralmente strada facendo, una legione raccogliticcia di 3.000 unità circa, fatta di uomini non particolarmente capaci e non addestrati. Inoltre, una spedizione di repressione della rivolta  e della  cattura degli  schiavi fuggitivi era considerata non particolarmente onorevole dal punto di vista militare per i legionari che pensavano , nella loro mentalità pagana, di essere una razza superiore. Essi  vedendo anche che non v'era prospettiva di fare bottino di guerra (trattandosi, diremmo noi oggi, di un’operazione di polizia militare interna) né speranza di saccheggio, né di premio di congedo,  sostanzialmente vennero arruolati uomini a forza.
Quando Glabro cinse d’assedio la posizione sulla quale si erano asserragliati Spartacus e i suoi, questi ultimi, tatticamente profittando dell’oscurità, riuscirono ad aggirare l’accerchiamento senza che le sentinelle romane se ne accorgessero, per cui riuscirono addirittura a circondare l’accampamento romano e forti della sorpresa l’attaccarono, sterminando gran parte dei legionari, mentre altri ancora si davano a una precipitosa fuga in quella che viene denominata "Battaglia del Vesuvio". Questo successo militare ottenuto grazie all’esperienza militare di Spartacus e alla sua sagacia tattica, ma anche all'esperienza degli altri gladiatori, fece accorrere tra le sue file un enorme numero di schiavi liberatesi dalla tirannia , pastori e contadini poveri dei dintorni del Vesuvio, sicché la cinta d’assedio posta intorno al Vesuvio fu spezzata e più legioni romane finirono per essere successivamente e nettamente sconfitte in Campania.
Il successo militare più eclatante ottenuta da Spartacus fu quella conseguita contro il pretore Publio Varinio e i suoi legati propretori, Furio e Cossinio: Spartacus non si limitò a sconfiggere i soldati, ma riuscì anche a impadronirsi dei cavalli, delle insegne delle legioni e dei fasci littori del pretore. Da questa posizione egli riuscì a dominare su tutta la ricca regione campana.
In effetti, accadde che Cossinio si fece cogliere di sorpresa mentre faceva il bagno nella sua villa a Saline, una località tra Herculaneum e Pompei e a stento riuscì a salvarsi, per il momento, dal colpo di mano operato dai ribelli. Successivamente dopo un inseguimento, Spartacus operò l’assalto finale nel quale perirono moltissimi legionari e lo stesso legato. Quindi, venne il turno di Varinio il quale, dal canto suo, aveva preso delle contromisure preventive atte a dissuadere attacchi di sorpresa del nemico. Tuttavia, la disciplina militare nel campo romano lasciava molto a desiderare: parte dei legionari era ammalata mentre la parte superstite si era ammutinata anche  per l’incapacità nell’esercizio del comando militare di Varinio, oltre che per la scarsa qualità umana dei reparti a disposizione del pretore, che si vide costretto a inviare il questore Gaio Toranio, allo scopo di fare rapporto al Senato sull’andamento delle operazioni.
Non deve assolutamente sorprendere un simile rovescio subito dalle armi romane, dal momento che le forze della Repubblica erano impegnate su più fronti in Hispania e in Grecia . I  pretori e i loro legati, ufficiali arruolati al seguito e tratti dal loro entourage politico–amministrativo–amicale, erano spesso e volentieri completamente digiuni di strategia e di tattica militare, poiché a Roma si occupavano essenzialmente di esercitare la giurisdizione e solo raramente, e in casi eccezionali, erano investiti di comandi militari.
Evidentemente i consoli in carica Gaio Cassio Longino e Marco Terenzio Varrone Lucullo non avevano particolare interesse a impegnarsi in questa campagna e la sottovalutazione di Spartacus portò all’espandersi del conflitto. Resosi conto di ciò, Spartacus decise di volgere la sua marcia verso sud in direzione di Cuma, dopo essere riuscito a spezzare il tentativo di accerchiamento e successivo aggancio operato da Varinio. I ribelli spartachisti riuscirono a svernare nel 73-72 a.C. indisturbati. Essi non solo riuscirono a reperire cibo per le migliaia di schiavi liberati che non potevano combattere (donne, vecchi e bambini)  con le razzie delle case dei ricchi Romani , ma riuscirono anche a equipaggiarsi con armi fabbricate da loro stessi.
Tuttavia, cominciò a serpeggiare il seme della discordia anche nel campo di Spartacus, poiché i Galli e i Germani, capeggiati da Crisso volevano riprendere l’iniziativa attaccando le legioni romane, mentre Spartacus, ben consapevole della resistenza e capacità di ripresa sulla lunga distanza della Repubblica e dei suoi eserciti , era contrario. Infatti si decise di estendere la rivolta anche a Sud della Campania, occupando quindi la Calabria e la Lucania (corrispondente a quasi tutta l'attuale Basilicata, esclusa la zona di Melfi, e gran parte dell'attuale provincia di Salerno). In queste zone, contro gli ordini stessi di Spartacus , i Galli e i Germani si abbandonarono a ogni sorta di violenza, saccheggio, devastazione: villaggi bruciati, donne stuprate e assassinate, bestiame depredato, sembrava che un’apocalisse si fosse abbattuta sulla Campania. Tutti i tentativi di Spartacus d’impedire questi eccidi furono vani, tanto che cominciò ad attirarsi l'astio di parte dei suoi stessi seguaci.


Nel 72 a.C.  il Senato terrorizzato dal dilagare della ribellione comincio a prendere sul serio la rivolta spartachista,  e deliberò che i consoli di quell’anno, Lucio Gellio Publicola e Gneo Cornelio Lentulo Clodiano schiacciassero la rivolta. Crisso, con una maggioranza di combattenti celti e germanici ai suoi ordini, si separò da Spartacus puntando su Roma . Dopo una serie di schiaccianti vittorie contro l'esercito romano , giunse in Apulia (Puglia), ma qui fu accerchiato su due fronti e venne sconfitto da Publicola nella Battaglia del Gargano. L'esito fu così disastroso che Quinto Avio, il propretore di Gellio, riuscì  uccidere Crisso pugnalandolo alle spalle.
Spartacus non si intimorì alla notizia della morte dell'alleato, che compianse come un fratello e alla quale memoria e onore organizzò dei giochi gladiatori usando soldati romani catturati.  Rinvigorì   riuscì a battere nuovamente le truppe romane, attestate in due eserciti comandati dai consoli Lucio Gellio Publicola e Gneo Cornelio Lentulo Clodiano uno di qua e uno di là dell'Appennino. L'esercito comandato dal console Clodiano Lentulo, nel tentativo di sbarrare il passo agli insorti, sarebbe stato sconfitto (estate del 72 a.C.) nell'Appennino tosco-emiliano. Spartacus ebbe la meglio anche sul governatore della Gallia cisalpina, il proconsole Gaio Cassio Longino Varo, che gli venne incontro nei pressi di Mutina (Modena) con un esercito di 10.000 uomini, ma fu letteralmente sbaragliato e a stento si salvò, dopo un’enorme strage di legionari romani. Spartacus voleva valicare le Alpi e permettere a tutti coloro che lo seguivano di tornare alle proprie case e alle proprie terre.

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Testa in marmo di Marco Licinio Crasso.
Successivamente Spartacus guidò le sue truppe verso la Lucania e si fermò nei pressi di Turi, ove riarmò il suo esercito, alimentandolo con le razzie e i saccheggi ai danni dei ricchi della zona , e si scontrò nuovamente con i Romani che furono ancora una volta sconfitti.

Nel dicembre del 72 a.C., proprio mentre Spartacus tornava in Lucania, il Senato romano terrorizzato chiese aiuto all'uomo più ricco della Repubblica , il proconsole Marco Licinio Crasso, il quale ricevette la richiesta dal Senato di investire denaro per il reclutamento di nuove truppe alla quale si accostava la promessa di favori politici all'interno della Repubblica. Venne incaricato di reprimere la rivolta , ma Crasso pretese anche il comando su otto legioni, in modo tale da avere una schiacciante superiorità in termini numerici.





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Busto di Gaio Giulio Cesare.
Crasso , affiancato da Gaio Giulio Cesare, mosse contro Spartacus con sei legioni, cui si aggiunsero le altre due consolari ripetutamente sconfitte, che le fonti, però, riferiscono essere state decimate dal loro stesso nuovo comandante: era antica usanza disciplinare punire i soldati che si ritiravano davanti al nemico insegnandoli ad avere più paura del loro comandante che non dell'avversario sul campo di battaglia . Consisteva nel far "pescare" da un sacchetto dei sassolini di colore diverso (bianchi e neri); chi prendeva il sassolino nero era salvo ma chi prendeva quello bianco era condannato a farsi massacrare dai suoi compagni che avevano avuto la fortuna di trovare il sassolino di un colore diverso (bianco) . Tale sanguinaria usanza si chiamava "decimazione".  Infatti, si narra che, venuto a battaglia con l’esercito di Spartacus, Crasso sia stato sconfitto e per punizione abbia ordinato la decimazione delle legioni consolari fino all’immane cifra di ben 4.000 legionari giustiziati con il sistema della verberatio (a bastonate) per la codardia mostrata nei confronti del nemico. Ma il principale responsabile di quest’ennesimo rovescio era stato un amico di Crasso, Mummio, che, insieme ad altri nobili, si era posto agli ordini del proconsole, com’era consuetudine quando s’intraprendeva qualche campagna al comando di valorosi condottieri, per mettersi in luce nelle campagne politiche. Mummio disobbedì agli ordini e attaccò Spartacus, ma questi reagì sopraffacendolo.
Con l'uso della decimazione (verberatio) Crasso si guadagnò più di Spartacus la paura e il timore reverenziale dei suoi uomini, ristabilendo, in questo modo alquanto sanguinario, ma non inconsueto nella storia dell’esercito romano, la disciplina e la fedeltà delle sue truppe.
Spartacus, preso in controtempo da questa decisione, decise allora di sbarcare in Trinacria  in modo tale da unirsi a una rivolta di schiavi, indipendente dalla sua, che si stava svolgendo in quel momento sull'isola. Tuttavia, a causa del tradimento di alcuni pirati cilici (che si misero d'accordo con il famigerato governatore della Trinacria Verre), fu costretto a rimanere fermo, nonostante il tentativo di attraversare lo stretto a bordo di zattere improvvisate che però non riuscivano ad assicurare l’approdo, anche perché Verre aveva nel frattempo fortificato le coste nei pressi di Messina.
Crasso ordinò allora la creazione di un grande muro nella parte più stretta che separava il mar Ionio dal mar Tirreno, in prossimità dell'istmo di Catanzaro, protetto da un fossato molto largo e profondo, che, tagliando da mare a mare la Calabria bloccasse Spartacus e non facesse arrivare rifornimenti di alcun genere alle sue truppe, tenendo nel contempo impegnati e ben allenati i legionari. Infatti, accadeva che Spartacus ricevesse aiuto da  schiavi fuggitivi e disertori, ma non dai  romani abitanti le città limitrofe. Tuttavia, Spartacus, dopo una serie di tentennamenti, poiché in campo aperto aveva subito dei parziali rovesci da parte dell’esercito romano, decise di forzare il blocco, facendo attraversare le sue truppe in un punto delle opere di difesa che era stato neutralizzato.
Rotto il blocco, Spartacus si diresse verso l’Apulia,  molto probabilmente perché di lì voleva salpare alla volta della Tracia, la sua casa, ma anche perché voleva liberare gli schiavi di quella regione. Allora Crasso lo attaccò alle spalle, ma egli riuscì inizialmente a sconfiggerlo nella battaglia di Petilia. Tuttavia, a causa della stanchezza dei suoi uomini, Spartacus non poté sfruttare al meglio il suo successo, avvenuto nel gennaio del 71 a.C., anche perché l'esercito romano, ora numeroso e ben armato grazie al denaro di Crasso , costrinse Spartacus prima alla ritirata  verso Brindisi (dove due suoi alleati, Castus e il Celta Gannicus , ex schiavo della Casa di Batiato che si era guadagnato la libertà nell'arena tempo prima dell'arrivo del Trace ma legato all'amico Enomao,  vollero muovere battaglia da soli ai romani, perdendo nettamente) e poi alla ritirata, ancora verso la Lucania. Difatti la piana del metapontino, oggi nella provincia di Matera, fu teatro del passaggio dell’esercito di Spartacus che gli permise di raccogliere nuovi consensi. Plutarco parla dell’arrivo di “molti mandriani e pastori della regione che, gente giovane e robusta, si unirono a essi. Il Trace ribelle si incontrò con il pirata cilicio Tigrane per organizzare il sospirato imbarco da Brindisi verso la Cilicia, poi fallito per il tradimento di quest’ultimo.


Busto di Gneo Pompeo Magno.
Il preannunciato arrivo delle truppe di Gneo Pompeo Magno (di ritorno dall'Hispania dopo la sconfitta del rinnegato Sertorius) e di Marco Terenzio Varrone Lucullo proconsole di Macedonia (di ritorno dopo la sconfitta dei mercenari Greci) ,diede la scossa a Crasso che, a quel punto, non voleva dividere la gloria dell’impresa con i suoi rivali, anche perché a Roma si rumoreggiava sulla lunghezza della campagna stessa. La battaglia finale che vide la sconfitta e la morte di Spartacus nel 71 a.C. si svolse nei pressi delle sorgenti del fiume Sele e in particolare sulla riva destra ("ad caput Sylaris fluminis"),  nell'Alta Valle del Sele che a quel tempo faceva parte della Lucania.
La battaglia finale fu preceduta da numerosi e molto cruenti scontri; prima di questa battaglia Spartacus uccise il suo cavallo, dicendo che se avesse vinto avrebbe avuto tutti i cavalli che voleva, ma se avesse perso non voleva essere tentato di scappare: 60.000 schiavi insorti per la libertà di tornare alle loro case , lontani dal tallone della tirannica Repubblica, morirono. I romani persero solo 1.000 uomini e fecero 6.000 prigionieri; a quanto è dato sapere, alcuni legionari romani dissero che Spartacus si buttò per primo contro di loro e dopo aver ucciso alcuni soldati romani fu crivellato da così tanti colpi che il suo corpo non poté essere ritrovato. Alcuni reparti del suo esercito fuggirono e si dispersero sui monti circostanti. Crasso fece crocifiggere – nudi – lungo la via Appia da Capua a Roma tutti i prigionieri tra i quali vi era il Celta Gannicus.
Altri reparti dell'esercito ribelle, circa 5.000 uomini, tentarono la fuga verso nord nel tentativo di oltrepassare le Alpi , ma vennero intercettati e annientati da Gneo Pompeo Magno (detto "il macellaio), che sopraggiungeva con le sue truppe dall’Hispania. Terminava così la rivolta di Spartacus, la più grande che Roma si trovò a fronteggiare nel periodo delle Guerre Servili.
I 6.000 compagni di Spartacus crocifissi sulla Via Appia da
Capua a Roma.
Tuttavia rimasero vivi alcuni focolai portati avanti da seguaci di Spartacus scampati. Ancora nel 61 a.C. il propretore Ottavio, mentre si recava in Macedonia, di cui aveva ottenuto l’amministrazione dopo la pretura, annientò gli ultimi brandelli dell’esercito di Spartacus e di Lucio Sergio Catilina che si erano rifugiati a Turi.







Conclusioni

Sappiamo tutti che Spartacus non era a conoscenza della Verità Rivelata, ma era un semplice Trace vissuto 70 anni prima della  venuta di Cristo. Comunque , egli si oppose alla tirannia di una società pagana che considerava un "non romano" come una bestia da mandare al macello affinché procurasse sadico divertimento , e dalla quale era stato ingannato ,  messo in catene e costretto ad uccidere contro la sua volontà. Egli , un semplice uomo in catene , diede una speranza a tutti coloro che soffrivano inumanamente per colpa dei loro padroni romani. Spartacus non lo fece per la sua gloria o per un desiderio di conquista ma semplicemente per tornare nella sua Patria , nella sua casa, per vivere da uomo concretamente libero e volle offrire questa possibilità a migliaia di altri schiavi che grazie a lui furono liberati dal giogo impostogli da Roma. Spartacus non è da considerare un "Rivoluzionario" nel senso stretto del termine , perché la sua rivolta non nacque per rovesciare il Governo di Roma e la sua struttura , comunque pagana e sanguinaria, ma nacque per il semplice desiderio di libertà concrete. Egli affrontò la potente Repubblica in un modo tale che era impensabile per gli stessi romani  considerare che degli schiavi potessero metterla in crisi. Non certo dell'esito delle battaglie o se fosse riuscito a tornare a casa consentendo tale possibilità agli schiavi liberati al suo seguito, Spartacus non si tirò in dietro , non subì in silenzio sadiche usanze inflitte su di lui e sui suoi fratelli. Egli morì, cadde in battaglia, ma in modo molto più onorevole e degno di quanto non fosse stato morire sulla sabbia dell'arena per divertire una folla assetata di sangue. Affrontando la tirannia , quella vera e propria fatta di soprusi continui , e combattendo valorosamente per una giusta causa  in un periodo dove la Verità doveva ancora essere rivelata al mondo, i suoi compagni affrontarono a testa alta la crocefissione , consci di aver almeno tentato.
Durante questi duemila e settant'anni da quegli avvenimenti alcuni lessero le vicende del Trace a proprio piacimento . Il più famoso che lo fece fu il satanico Karl Marx  che lo vide come qualcosa che non era affatto , modellandolo a immagine e somiglianza delle sue fanatiche idee dicendo che,   in una lettera del 27 febbraio 1861 indirizzata ad un altro spregevole elemento qual era  Engels, Spartacus era " un genuino rappresentante dell'antico proletariato". Tralasciando le visioni di un pazzo , sappiamo ora chi era e cosa era egli.
Arrivati a questo punto vi starete certo chiedendo "Cosa ci può insegnare la vicenda di Spartacus?" . Beh , guardate il mondo, guardate la situazione in cui vessa , guarda
telo attentamente . Noi abbiamo la grande fortuna di conoscere la Verità , di combattere per una causa che spicca tra le giuste cause , e se degli schiavi privi della conoscenza della Verità , molti dei quali pagani , riuscirono a opporsi alla tirannia concretamente , cosa dovremmo fare Noi , Cristiani Cattolici, difensori per dovere degli oppressi e di chi soffre, guidati dalla luce di Dio ? Ci sarà qualcuno che mi considererà un folle , nella sua posizione agiata dalla quale vive benissimo anche in questo stato di cose , mentre i nostri fratelli muoiono ogni giorno per colpa di un governo che assomiglia molto alla Roma pagana. Consideratemi pure folle , ma siate consci che un folle , in quanto tale, non si ergerebbe sinceramente posto a difesa degli altri, di chi soffre a causa di una piaga che va estirpata e non  trascinata in perpetuo.  

 Scritto da:

Presidente e fondatore A.L.T.A. Amedeo Bellizzi.

Fonti:

  • Plutarco "Vite di Crasso e Pompeo",
  • Appiano di Alessandria "Guerre civili 1, 116, 539"
  • Floro, Epitome, II, 8
  • Eutropio Breviarium ab Urbe condita VI,7
  • Paolo Orosio Historiarum adversus paganos libri VII.
  • Claudiano De Bello Gothico, 145
  • Giulia Stampacchia, La tradizione della guerra di Spartaco da Sallustio a Orosio, Giardini, Pisa, 1976.
  • Antonio Guarino, Spartaco: analisi di un mito, Liguori, Napoli, 1979.
  • Roberto Orena, Rivolta e rivoluzione: il bellum di Spartaco nella crisi della repubblica e la riflessione storiografica moderna, Giuffrè, Milano, 1984.
  • Daniele Foraboschi, La rivolta di Spartaco, in AA. VV., Storia di Roma, II, Einaudi, Torino, 1990.
  • Spartaco: la ribellione degli schiavi, a cura di M. Dogliani, Baldini & Castoldi, Milano, 1997.
  • Silvia Bussi e Daniele Foraboschi, Spartaco: il personaggio, il mito, la vicenda in: Sangue e arena, a cura di A. La Regina, Electa, Milano, 2001.
  • Barry S. Strauss, La guerra di Spartaco, Laterza, Roma-Bari, 2009
  • Aldo Schiavone, Spartaco. Le armi e l'uomo, Einaudi, Torino 2011.
  • Mauro Marcialis, Spartaco. Il gladiatore, Oscar Mondadori, Milano 2012.