martedì 4 marzo 2014

L’inflazione monetaria e la caduta dell’impero romano (4° parte)



Proponiamo la traduzione integrale in italiano della quarta parte (qua la prima, la seconda e la terza) dell’articolo Inflation and the Fall of the Roman Empire, tratto dal Ludwig von Mises Institute, scritto da Joseph R. Peden, saggista ed autore di varie pubblicazioni, ha insegnato storia al Baruch College of the City University of New York. Si tratta di una trascrizione della lezione da lui tenuta al Seminar on Money and Government a Houston in Texas, il 27 Ottobre 1984. La registrazione audio originale è qua reperibile. (Traduzione di Luca Fusari)
I contadini, noti come coloni, erano locatari di entrambe le proprietà imperiali e private. Anche loro, una ex classe libera, furono sottoposti allo stesso tipo di pressioni che colpì tutti i piccoli proprietari, e cominciarono ad allontanarsi cercando di trovare opportunità, locazioni ed occupazioni migliori. Così sotto Diocleziano i coloni furono vincolati al terreno.
Chiunque avesse avuto un contratto di locazione su un particolare pezzo di terra non poteva dare questa locazione ad altri, inoltre si dovette rimanere su quella terra per lavorarla. In effetti questo fu l’inizio di quello che nel Medioevo si chiamò la servitù della gleba, la quale ha in realtà sua origine nella società tardo-romana. Sappiamo ad esempio dagli studi della Palestina, soprattutto negli scritti rabbinici, che nel corso del III° e all’inizio del IV° secolo la struttura della proprietà terriera in Palestina cambiò in modo drammatico.
La Palestina nel II° secolo d.C. era in gran parte composta da piccoli proprietari contadini con piccoli appezzamenti di terreno, forse mediamente di due acri e mezzo. Dal IV° secolo quei piccoli titolari praticamente scomparvero e furono sostituiti da vasti possedimenti controllati da pochi grandi proprietari terrieri. I contadini che lavoravano quei possedimenti rimasero le stesse persone ma nel frattempo persero la loro terra a beneficio dei grandi latifondisti.
In altre parole la proprietà terriera divenne una sorta di enorme agro-business. La popolazione della Palestina, ancora prevalentemente ebraica, mutò poiché la proprietà della terra passò dagli ebrei ai gentili, e la ragione di ciò fu senza dubbio dovuta al fatto che le uniche persone con grandi quantità di denaro che potevano comprare questi piccoli proprietari in difficoltà erano ovviamente i funzionari del governo. Sentiamo parlare di loro, venendo questi chiamati potentates, quelli potenti. In effetti vi fu un cambiamento nella distribuzione della ricchezza in Palestina, e ovviamente con modalità simili ciò accadde anche in altri luoghi.
Per quanto riguarda le tasse, queste ovviamente aumentarono su tutta la linea, ma Diocleziano decise che quello ereditato fosse un sistema molto inefficiente; ogni provincia aveva più o meno un proprio sistema di tassazione che in realtà risaliva all’epoca pre-romana. Così con mente militare, chiese una loro armonizzazione. Quello che fece fu di valutare tutte le ricchezze terriere in unità di produttività: iugum.
In altre parole ogni persona che avesse dei terreni, sia che fosse un grande o un piccolo proprietario terriero, venne collettivamente valutato con la iugum. Ciò significò che l’imperatore per la prima volta ebbe la base per un bilancio nazionale, qualcosa che i Romani non ebbero fino a Diocleziano. Egli seppe in ogni momento quante unità imponibili di ricchezza c’erano in qualsiasi provincia, semplicemente applicando una valutazione ed aspettando di ottenere un importo fisso di denaro.
Purtroppo non tenne conto del fatto che la produttività agricola varia notevolmente da stagione a stagione, e che se un esercito passava attraverso la provincia, questa poteva richiedere anni per recuperare i precedenti ritmi di produzione. Il risultato è che sentiamo di petizioni di massa provenienti da intere province, le quali chiedevano all’imperatore di condonare a loro le tasse, posticipando di cinque anni i crediti scaduti e così via e così via, o di ridurre il numero delle unità di produttività al fine di riflettere la perdita di popolazione o la perdita di materiali.
E’ un dato di fatto, quando la gente cominciò a sostenere che ‘avevo cinque persone che pagavano questa unità di tassazione ma due di loro sono fuggite e ora c’è solo metà della terra produttiva’, la risposta del governo fu ‘non importa, si deve ancora pagare anche per quella terra che ora è fuori dalla produzione’. Non c’èra alcuna relazione tra le tasse e la produttività effettiva.
Come fecero le persone a proteggersi da tutto questo? Beh, prima di tutto i mutui a lungo termine praticamente cessarono di essere concessi. I finanziamenti a lungo termine, di qualsiasi tipo, scomparvero. Nessuno prestava a meno che non fosse garantito il pagamento in oro o in lingotti d’argento. In realtà il governo stesso, sotto Diocleziano e Costantino, rifiutò di accettare monete d’oro nel pagamento delle tasse, ma insistette invece nel pagamento con lingotti d’oro. Sicché le monete che venivano comprate sul mercato dovettero poi essere fuse e presentate sotto forma di lingotti, il motivo era che il governo non fu mai certo di quanto fosse effettivamente adulterata la propria moneta d’oro.
Pegni e titoli per le colture o per dei prestiti furono sempre sia in oro che in argento o addirittura in colture. In Egitto abbiamo un documento in cui le banche si rifiutarono di accettare le monete con l’immagine divina dell’imperatore per questioni di Stato. La reazione del governo fu ovviamente quella di costringere le banche ad accettare la moneta. Ciò portò una corruzione all’ingrosso nella società romana, con persone che si rifiutarono di cambiare conio in base alle tariffe fissate ufficialmente, preferendo invece farlo sul mercato nero su un principio di mercato.
Ci furono ovviamente degli abbandoni delle terre, una massiccia evasione fiscale, le persone lasciarono il loro lavoro, le loro case, il loro status sociale. Il contributo finale di Diocleziano, a questo continuo disastro, fu quello di emettere nel 301 d.C. il suo famoso Editto sui prezzi, un esempio di sforzo enorme da parte del governo per controllare l’inflazione mediante il controllo dei prezzi.
Dovete capire che c’era un piccolo problema: l’Impero romano era una vasta regione che andava dalla Gran Bretagna all’Iraq in Mesopotamia, dal Reno e dal Danubio fino al Sahara. Includeva aree sia con economie molto sofisticate che aree molto primitive, e il risultato fu che il costo della vita variò notevolmente da provincia a provincia. L’Egitto sembra abbia avuto il più basso costo della vita, la Palestina ebbe un costo della vita doppia rispetto a quella dell’Egitto, e Roma e l’Italia ebbero un costo della vita doppio rispetto a quello della Palestina.
Diocleziano ignorò questo e stabilì un prezzo unico standard per l’intero Impero. Il risultato fu che in Egitto probabilmente non vi furono gli effetti derivanti dall’Editto, poiché il prezzo (il prezzo massimo fissato nell’Editto) fu molto raramente raggiunto da quelle parti. Fu il popolo di Roma che trovò il prezzo massimo inferiore al prezzo di mercato. Il risultato furono dei disordini in strada e la scomparsa delle merci. La sanzione a Roma per la violazione della legge fu la morte, una pena molto comune comminata per ogni colpa.
 Continua…