giovedì 28 agosto 2014

JOHN FLAXMAN E L'ELEMENTO GRAFICO AUTONOMO

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Figura di spicco del movimento neoclassico inglese, Flaxman (1755-1826) non fu solo disegnatore ma anche progettista e scultore. Dopo aver studiato alla Royal Academy School (dove incontrò William Blake con cui si legò in amicizia per tutta la vita) lavorò per il vasaio Josiah Wedgwood dal 1775 al 1787. I disegni prodotti per Wedgwood non solo rafforzarono il suo interesse per l'arte antica, ma svilupparono una sensibilità innata per la linea, particolare artistico per cui dimostrò un grande dono naturale. Recatosi a Roma nel 1787, dove rimase sette anni, dalla pittura vascolare greca, trasse ispirazione per i suoi disegni illustrativi dell'Iliade e dell'Odissea (1793), a cui seguirono illustrazioni di Eschilo (1795) e Dante (1802). Ritornato in Inghilterra nel 1794 con una reputazione consolidata, divenne immediatamente uno scultore di successo fino ad essere nominato come primo professore di scultura alla Royal Academy nel 1810.
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Le illustrazioni di Flaxman inseguono la tendenza già anticipata dalla totale eliminazione dell’elemento plastico nell’arte della silhouette, ideata da Étienne de Silhouette (1709-1767), la cui moda ha inizio intorno al 1760. Allo stesso modo, nell’ambito pittorico, l’elemento grafico reso autonomo - ossia la linea - ha l’unica funzione di disegnare i contorni e non di tratteggiare e di modellare i soggetti, perdendo completamente l’aspetto tridimensionale. Così anche il colore appare un elemento superfluo sacrificato sull’altare del puro disegno. Esemplificazioni di questa tendenza sono i disegni “Ulisse nell’Ade”, (1793, conservati alla Royal Academy di Londra) e le immagini poste a illustrazione alla Divina Commedia.
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I suoi disegni hanno qualcosa a che fare con una sorta di impressione spettrale che accompagna lo sguardo dello spettatore. Non pare infatti essere un caso che questa nuova visione purista del disegno sia adatta specialmente per le rappresentazioni del mondo degli spiriti e degli spettri, di un mondo cioè freddo ed apatico. L’eredità artistica di Flaxman fu raccolta negli anni successivi da tutti quei movimenti artistici e pittori che fecero della bidimensionalità e della linea la cifra distintiva della loro arte; basti citare come esempio Toulouse-Lautrec, Gauguin, Rousseau il doganiere, Klimt, a tratti Kokoschka (ben esemplificato ne La donna che dorme, 1907/08), Matisse (in particolare si ricordino le immagini lineari della cappella del Rosario di Vance da lui progettata) e molti altri fino a giungere a quello che possiamo considerare l’estremo opposto del segmento evolutivo analizzato, cioè l’astrattismo “geometrico” il cui esponente universalmente più noto è Mondrian. Nella sua opera più famosa, “Composizione con rosso, giallo e bl”u, datata 1921, poche linee nere che si intersecano e i tre colori primari applicati alla tela con campiture piatte, entrambi particolari dell’insieme pittorico, vengono elevati a costituire la totalità dell’opera d’arte, un processo di “ideologizzazione” del prodotto artistico che proprio in Flaxman trova il suo inconsapevole fondatore.

Luca Fumagalli -http://radiospada.org