martedì 19 agosto 2014

La rivoluzione pagana del neoclassicismo: Jacques Louis David

Nell’ottica di sfida alla corruzione della modernità che Radio Spada persegue, è sembrato opportuno, accanto al pensiero e alla battaglia politica, affiancare questo piccolo spazio di riflessione culturale in ambito artistico. Se è vero quello che dice il critico W. Pinder, cioè che «la storia dell’arte serve alla conoscenza dell’uomo», sia questa dunque l’occasione per un viaggio interiore alla scoperta dell’arte moderna, di una realtà decisamente sottosopra, di un mondo che purtroppo abbiamo fatto nostro già da molto tempo.
 
Jacques Louis David (1748-1825), grande interprete della pittura neoclassica, nella lunga carriera  divenne il portavoce dei nuovi contenuti sociali e politici che stavano nascendo nella Francia rivoluzionaria e napoleonica. La sua pittura è un ottimo esempio della nuova religiosità civile diffusa con la rivoluzione del 1789 che, seppur con manifestazioni completamente differenti, permea ancora oggi la società. La sua arte esplora temi epici dell’antichità che riattualizza in funzione celebrativa nei confronti del neonato impero francese.
David è uno dei primi moderni: nei suoi dipinti “civili” vengono tagliati di netto tutti i legami con l’iconografica celebrativa dei secoli precedenti e, una volta annullata la simbologia cristiana legata al potere civile, tutte le opere dedicate a Napoleone rispolverano il paganesimo in un’ottica antitetica alle istituzioni cristiane tradizionali (così anche nell’opera di Andrea Appiani). Il nuovo
mondo che stava nascendo in quegli anni si appoggia dunque ai miti greci e romani per “giustificare” la sua presenza e rivendicare, a modo suo, una storia. Il suo stile pittorico risente sia dei grandi maestri dell’arte della penisola italiana tra cinquecento e seicento - come Caravaggio e Raffaello - ma anche del fascino nei confronti dei reperti archeologici romani incontrati direttamente nel viaggio effettuato in Italia nel 1774.
 
David 1
 
Tra le opere che più rappresentano il suo stile non si può non citare il celeberrimo “Giuramento degli Orazi” (1784), forse l’emblema più significativo del neoclassicismo francese. Nella stanza disadorna - la fredda semplicità giocata in opposizione al fasto abbondante del barocco cristiano - i tre giovani prestano giuramento con il braccio teso verso le spade sorrette dal padre, mentre alle donne è affidato il commento patetico della scena. Non si cada però nell’errore di considerare il dipinto un’espressione troppo scoperta delle idee repubblicane dell’autore se non altro per il fatto che fu commissionato a David dalla Corona francese.
 
David 2
 
Durante il periodo della rivoluzione e della successiva instaurazione dell’impero, David riacquistò un senso di partecipazione corale al destino della Francia in preda a cambiamenti epocali. Circa la paganità che investe la nuova autorità imperiale esemplare è il quadro “Napoleone al passo del San Bernardo” (1800) dove vediamo la figura idealizzata del giovane generale che, come un novello Annibale, indica all’esercito la via attraverso le Alpi in sella ad un destriero rampante. Sullo sfondo si intravedono le truppe e i cannoni francesi pronti per l’imminente invasione della penisola italiana.
Ancora più rappresentativo in tal senso è “L’Incoronazione di Napoleone e Giuseppina” (1806-07), un dipinto che si riallaccia alla tradizione barocca purificata però dallo sguardo razionale del neoclassicismo, simbolo evidente della modificata concezione del potere: si passa dall’idea del potere percepito come diretta emanazione di quello divino al potere come auto-investitura dell’uomo. Sulla destra, tra i membri del clero, vediamo seduto Papa Pio VII, mentre la scena è dominata dal famoso gesto del neo-imperatore che, sollevando la corona, è pronto a incoronare imperatrice la propria consorte.
 
David 3
 
Con la cessazione delle commissioni napoleoniche nel 1810 (un sodalizio iniziato nel 1804) e la successiva caduta dell’imperatore, David si ritirò in un esilio volontario in Belgio dove terminò la propria carriera con la morte avvenuta nel 1825.
Luca Fumagalli