sabato 4 ottobre 2014

LETTERE DI GIUSEPPE LA FARINA A CAVOUR





Giuseppe La Farina

 

 

PARTE III

Agosto 1860 - Marzo 1861 

Lettera di Giuseppe La Farina al conte di Cavour 185.

«Napoli, 17 novembre 1860
… avrà ricevuto una mia prima lettera, che consegnai a Fasciotti, or le riscrivo, avendo saputo che in sua vece viene qui il Cassinis.
Ieri Montezemolo vide il Re, e lo trovò benissimo, ed in disposizione d’animo molto diversa da quella che ci aveva fatto prevedere il Farini. S.M. parlò del gesuita Mordini, del suo collo torto, del suo timore d’essere ricompensato con altri onori, al che il Re avrebbe risposto: “Stia tranquillo conosco i suoi principi„. Montezemolo manifestò gli spiriti conciliativi co’ quali va in Sicilia, ed abbondò in questo senso. S.M. lo interruppe per dirgli: “Si sta bene, ma fino ad un certo punto„. Montezemolo che era andato dal Re con animo molto agitato, ritornò lietissimo. Egli avrebbe voluto presentare Cordova e me a S.M., ma io, sotto l’impressione di quanto ci aveva detto Farini, aveva consigliato di non parlare a S.M. di noi, e a lasciar correre l’acqua alla sua china. In tutta questa faccenda Montezemolo si è comportato da galantuomo.
Noto ora alcuni fatti staccati, che è utile che Ella sappia e che commenti da sé. Tra tanti e così vasti palazzi reali che sono in Napoli non si sono trovate due stanze da offrire a Montezemolo. Richieste da Montezemolo perché per due giorni non s’era potuto trovarne d’affitto, il Farini rispose Questa non è mia competenza. Ora abbiamo preso un appartamento all’Hotel … Non un invito a pranzo, non un atto di cortesia qualunque è stato fatto dal collega di Napoli al collega della Sicilia. Non parlo di me abituato a trovare gentilissimo il Farini nell’Italia Centrale, dove è in Parma ed in Modena ed in Bologna egli ebbe sempre dei magnifici appartamenti da mettere a mia 245 disposizione e non volle permettere giammai che io andassi ad abitare in altri luoghi. Ella comprenderà bene che se annetto una qualche importanza a queste miserie, non è già per la cosa in se stessa, ma perché mi paiono indizi di una tendenza politica, che giudico pericolosa. E la gravità di questi indizi si avvera quando vedo che il Crispi ha un appartamento magnifico, che per due volte è stato dal Farini, che gli scrive, e che il Farini tiene segnati abboccamenti col sindaco di Palermo, il Duca della Verdura, un imbecille che mordineggia, come già crispianeggiava. Aggiunga che mentre tutti i deputati di Sicilia, cominciando dal marchese di Torrearsa fino al deputato del più piccolo comune, sono venuti a vedermi, il solo Duca dell’Insalata, come lo chiama Cordova, non si è fatto vedere. E giacché sono entrato in questo discorso delicato, mi permetta che vada sino in fondo, se non altro per togliermi il rimorso di non aver comunicato a lei le mie impressioni e le mie previsioni. Il Farini comincia ad essere inebriato dal felice successo, la sua tendenza ad essere non contro gli amici ma senza gli amici, diviene ogni giorno più notevole. Esagera nella sua viva immaginazione la sua potenza, esagera la generosa tendenza del Re ad esser largo di favori verso coloro che si sono battuti nel nome suo e dell’Italia, l’esagera per far paura con un pericolo, che non esiste o è troppo lieve, e per … (incomprensibile). Di Cassinis, di Minghetti e degli altri ex colleghi parla alzando le spalle e ridendo, col governo centrale intende agire da pari a pari. Sogna forse riunire sotto il suo governo Napoli e Sicilia, ed a questi sogni le colazioni del sabato sono molto propizie. Gli è spiacevole pensiamo che nell’isola un Montezemolo qualunque possa avere il medesimo grado ed il medesimo titolo di lui. Se il governatore di Sicilia avrà altro nome del suo, egli più presto o più tardi vorrà avere diritti di alta sovranità, tanto più che nel suo concetto la luogotenenza importa qualche cosa d’immediato alla podestà sovrana, è luogotenenza come s’intende a Torino, non come s’intendeva a Palermo. In tutto questo che vi è? Io credo niente altro che della vanità, una vanità pericolosa. Ora che le ho aperto il mio cuore non mi viene altro che confermarle i sensi del mio affettuoso rispetto e della mia illimitata devozione … La Farina

P.S.
La nomina di Pisanelli, che ha puttaneggiato, e di Mancini che si è imposto, han qui fatto brutta impressione tra i nostri amici. Gli altri consiglieri sono graditi, almeno per questo quarto d’ora.
Crispi parte per Palermo, so che intende organizzare una dimostrazione da farsi allo sbarco del Re al grido di Viva Vittorio Emanuele! Viva Garibaldi! Viva Mordini! Credo che saranno schiacciati. Mordini intanto continua a grandinare decreti; offe un abbuono a proprietari che pagheranno un quadrimestre anticipato della fondiaria. So pure che si è fatta una emissione di rendita non autorizzata. Mi assicurano che nella Società Adami, figurano come azionisti Bertani, Crispi, Mordini, il figlio di Garibaldi ed anche Mazzini. L’onesto voto sarebbe accumulare guadagni per adoperarli nella liberazione di Roma e Venezia».

Lettera di Giuseppe La Farina al conte di Cavour 189.

«Napoli, 21 novembre 1860
… continuo le mie informazioni. L’attitudine più che scontrosa del Luogotenente di Napoli verso il collega di Sicilia è sempre la stessa; non ancora un invito, non ancora una carta di visita. I Siciliani che sono qui cominciano ad accorgersene e a mormorarne. Noi facciamo vita ritiratissima, e come in paese forestiero, Montezemolo sopporta la scortesia con molta dignità e disinvoltura. Qui si continua a rubare negli uffici pubblici come sotto i Borboni, e come sotto la Dittatura, e ci vorrà ferro e fuoco per estinguere questa cancrena. Altra piaga letale è la cupidità degli impieghi; le anticamere de’ ministeri e le scale sono così affollate che senza l’intervento de’ nostri Carabinieri viene impossibile ad un galantuomo di attraversarle. È una specie di accattonaggio, non meno molesto, impudente e schifoso di quello delle vie pubbliche, nelle quali si vedono le più orribili e laide infermità umane portate in mostra come reclame di elemosina!
Ma ciò che a me soprattutto spaventa è il distacco dalla vita morale e politica che esiste tra queste province con quelle della media ed alta Italia. Fuori del suo nome non v’è nome piemontese che qui sia conosciuto; del Piemonte nessuno ne parla, nessuno ne chiede; la sua storia è ignorata, delle sue condizioni politiche, delle sue leggi non v’è notizia alcuna, insomma l’annessione morale non esiste. Io credo che il Governo del Re dovrebbe fare ogni sforzo ed ogni sacrificio per accrescere le comunicazioni tra queste e le antiche province; tenere qui organi di pubblicità appositi, promuovere la diffusione di migliaia di copie di tutti i nostri giornali più o meno governativi. I Borboni cinsero Napoli di una muraglia della China, ed i Napoletani si sono così abituati a considerare la loro gran città come un mondo a sé, che per farli entrare nella vita comune della nazione bisogna non solamente invitarli, ma costringerli.
Vi è di più; nell’Italia centrale si era stabilita una tacita cospirazione per trovare tutto buono ciò che faceva il governo, qui al contrario se n’è già stabilita una per trovare tutto il male. In questo fuoco soffiano Borboniani, Murattiani (già risorti) e Mazziniani. Il re andò per qualche giorno a Capodimonte, mormorazione; il re andò via prestissimo dal ballo di S. Carlo, mormorazione. Ieri il re di ritorno dalla rassegna, per la immensa folla di vetture che trovò all’imboccatura di Toledo, dove lo attendeva una calca meravigliosa, prese per una accorciatoia; ieri sera se ne parlava da tutti come di un insulto fatto ai Napoletani. I soldati piemontesi schivano di dare gli onori militari, non solamente agli ufficiali garibaldini, ma anche agli ufficiali napoletani, ragione grandissima di malcontento.
In un paese così disposto ad immaginare il male e a ritrovarlo anche nelle cose innocentissime, io non vedo senza seria apprensione il Farini occupare tutta la giornata a narrare le sue gesta agli amici che capitano, e farsi aprire le porte a due 255 battenti quando passa da una stanza all’altra, e a farsi precedere dall’usciere che grida a piena gola : S.E. il Luogotenente Generale!
Ho veduto Cassinis; pare che la partenza di S.M. non sarà prima di lunedì. Questo nuovo ritardo è ciò che vi poteva essere di più fatale per la Sicilia. Crispi e compagni sono corsi tutti nell’isola per organizzare opposizione al nuovo governo, e dispongono del denaro pubblico!
La compagnia Adami ha già comprato quattro giornali napoletani, e so che ne fonderà due appositi. Mettono la questione come mezzo per dar lavoro al popolo, e per dare impieghi ai Napoletani. Mi dicono (ma non so se sia vero) che i pagamenti sono stati ordinati e che Scialoja si sia opposto… La Farina».


Lettera di Giuseppe La Farina al conte di Cavour 198.

«Napoli, 28 novembre 1860
… è questa la quinta lettera che le scrivo da Napoli, ed ancora non ho ricevuto alcun riscontro; ciò le dico non per indurla a scrivere, se non ne abbia il tempo o la voglia, ma per sua intelligenza.
Saprà a quest’ora il mezzo termine adottato: S.M. va in Sicilia con Cassinis, Montezemolo e noi arriveremo l’ultimo giorno della breve dimora del Re nell’isola. È il men cattivo espediente fra i proposti. L’interpretazione che noi faremo dare a questo fatto non atteso sarà, che dovendo il Mordini fare gli onori di casa, a Montezemolo, se si fosse trovato presente, sarebbe toccato un posto secondario.
In tutta questa spiacevole faccenda, il Cassinis si è condotto in modo degnissimo; ed il dispaccio ch’Ella fece al Farini produsse ottimo effetto, di che ne rendiamo i più vivi ringraziamenti, non tanto per noi, quanto per la povera Sicilia, che con questo primo atto di debolezza governativa, si ricacciava nuovamente sotto il giogo di crispiani e mordiniani. Le dico poi per sua intelligenza che la pretesa dimostrazione, della quale parlava il dispaccio di Palermo, fu tentata ed il la 267 sperse sul nascere a fischi. Stia quindi tranquillissimo su questo proposito, e creda , che non ostante gl’impieghi profusi, ed i denari prodigati, e tutte le più basse passioni eccitate, ed i più turpi intrighi adoperati, l’immensa maggioranza dei Siciliani è per noi o per meglio è per quella politica ch’Ella dirige. Bisogna però ch’Ella sappia che un solo reggimento di fanteria è stato fin’ora mandato in Sicilia, e ciò è troppo poco, se veramente vogliamo restituire l’ordine nell’isola.
Qui in Napoli le cose continuano a procedere non bene: il Re ha perduto un quarto del suo prestigio, il nuovo governo ne ha perduto quattro quinti. Bisognerebbe che S.M. si facesse vedere; questo popolo sensuale e materialista crede di non avere re, se non si sente tutti i giorni carezzato o bastonato. La questione degli impieghi prosegue ad usura, è l’unica preoccupazione del paese; per galvanizzare questo cadavere quatriduano ci vorrebbe una corrente continua di riforme radicali i tutti i rami della pubblica amministrazione; gli impiastrini, i pannicelli caldi non possono parere che una derisione.
I soldati garibaldini sono lietissimi di ritornare alle loro case; i buoni ufficiali sono contenti de provvedimenti presi; ma i cattivi urlano, strepitano e minacciano. Il decreto pel riordinamento della marina è generalmente piaciuto; la nomina di Nunziante a Tenente Generale ha incontrato la quasi unanime disapprovazione, anche nei nostri migliori amici, è così aborrito quel nome.
Ciò che mi addolora è il vedere che qui un partito unitario costituzionale non esiste, e che il governo, invece di crearlo, intende fare una guisa di eclettismo, il quale, non che dargli forza, accrescerà la sua debolezza. Gli stessi consiglieri del Luogotenente, con o senza portafoglio, sono tra di loro discordi; si mordono a vicenda, l’uno fa propaganda contro dell’altro, e co’ i loro discorsi sono i primi a discreditare il governo. Il Farini crede che col far nulla domini tutto e tutti, ma s’inganna, ed egli, se non muta metodo, tra un paio di mesi sarà dominato da tutti e da tutto.
Le dico tutto questo non per ismania di ciarlare, ma perché credo utile ch’Ella conosca il vero stato delle cose, e 268 perché temo che nessuno come me possa o voglia dirle tutta la verità, e niente altro che la verità … La Farina

P.S.
So che la Società Adami cerca azionisti tra i deputati: l’avvocato Carabella ha già ricevuto delle azioni; persona che trovasi a Torino ha avuto incarico di offrirne all’avv. Boggio».