venerdì 17 ottobre 2014

URGENZA D'UNA RINNOVAZIONE (Estratto dell'opera di mons. Delasuss "Il Probblema dell'ora presente", Tomo II°) .





Papa Leone XIII
Verso la fine dell'anno 1902 Mons. Paolo de Keppler, vescovo di Rottemburg pronunciava un discorso intitolato: Wahre und falsche Reform - La vera e la falsa Riforma, dove metteva in guardia le sue pecorelle contro le pericolose mene dei riformatori progressisti; ma dove vi affermava la necessità d'introdurre delle riforme. Questo discorso fu presentato a Leone XIII che fece inviare all'autore un telegramma di felicitazione.
Sua Santità Pio X è stato più esplicito. All'indomani della sua esaltazione al soglio pontificio, dopo di aver detto nella sua lettera ai Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi di tutto il mondo cattolico, il terrore ch'egli avea provato nell'osservare le condizioni funeste dell'umanità nell'ora presente, il novello Pontefice espresse questa risoluzione: "Comprendevamo pertanto che, in forza del Pontifical ministero che Ci si volle affidato, Ci era duopo di accorrere al rimedio di tanto male, giudicando come rivolto a Noi quel comando divino: Io ti ho costituito sulle genti e sui regni per isvellere e distruggere, per edificare e piantare. Pienamente consapevoli della Nostra fiacchezza, rifuggivamo spaventati da un còmpito quanto urgente altrettanto difficilissimo, e che pure non permette dilazione. Ma poiché a Dio piacque di sollevare la Nostra bassezza a tanta sublimità di potere, pigliamo coraggio in Colui che Ci conforta, e ponendoci all'opera, appoggiati nella virtù di Dio, dichiariamo di non avere, nel supremo Pontificato, altro programma, che questo appunto, di ristorare ogni cosa in Cristo, cotalchè sia tutto ed in tutto Cristo".
La Chiesa non ha mai cessato di riformarsi, perché sempre le passioni degli uomini finiscono col tempo per introdurre degli abusi nel suo elemento umano; e lo Spirito Santo che abita in Lei, la porta necessariamente ad espellerli dall'opera divina. Il Papa, i Vescovi, i preti non sono occupati se non a quest'opera; e quando succede che, malgrado questa continua vigilanza, il disordine siasi accresciuto, o Dio suscita un riformatore, come S. Bernardo, S. Francesco d'Assisi ed altri, oppure la Chiesa convoca un Concilio. Il Concilio di Trento ha lunghi capitoli che impongono riforme di ogni genere, e niun dubbio che il Concilio Vaticano, quando riprenderà le sue sessioni (da trentacinque anni interrotte) non faccia anch'esso di molte riforme.
"Quando si vuol indagare il disegno della Provvidenza, dice il P. Fontaine, in questa brusca interruzione imposta dagli avvenimenti al Concilio Vaticano, si è condotti a dire che, forse, il tempo non era peranco venuto di stabilire certi punti essenziali, d'intraprendere, per esempio, la rifusione tanto desiderata della nostra legislazione canonica. (1)
La Chiesa entra in una nuova fase della sua lunga esistenza: essa si troverà ben presto, quasi dappertutto, in presenza di queste democrazie, poco cristiane, almeno quanto ai loro principî di governo ... separazioni fra la Chiesa e lo Stato sono imminenti, almeno fra i popoli di formazione latina: la Francia, la Spagna, l'Italia. È duopo trovare un nuovo modus vivendi; chi dice che il Concilio Vaticano, riprendendo le sue sessioni non sia chiamato a formularne le leggi? (2)
Prossime riforme nel mondo cattolico sono dunque possibili ed anche probabili. Di qual natura saranno esse?
Non basta vedere nella società moderna molte cose spiacenti, deplorabili, e dire che vi ha molto da riformare. Cose spiacevoli ve ne furono sempre e dappertutto, fin dal principio del mondo, e ve ne saranno sino alla fine; sempre le istituzioni e gli uomini hanno avuto bisogno d'essere riformati. Ma
vi è la riforma che distrugge e la riforma che edifica. Promovendo questa, è stato sempre necessario di guardarsi dal cadere in quella. La riforma che distrugge è quella che fu predicata nel XVI secolo da Lutero, e nel XVIII dai filosofi. Quante rovine materiali e morali hanno accumulate!
E, notiamolo, non sono i soli rivoluzionari che sieno incorsi, dinanzi a Dio e dinanzi alla storia, nella responsabilità di queste rovine e dei delitti che le produssero e delle miserie che cagionarono. Molti uomini onesti, e, devo io dirlo? molti preti, tocchi dai mali onde erano dolenti testimoni, si fecero, nei secoli XVI e XVIII, propagatori d'idee le quali non procedevano che apparentemente dallo spirito cristiano: essi prestarono con ciò agli empi un soccorso senza del quale non sarebbero mai pervenuti al compimento dei loro perversi disegni.
Non è ciò che avviene, anche attualmente, sotto i nostri occhi nell'ordine sociale?
E lo stesso accade nell'ordine religioso.
Nel momento stesso che Mons. di Keppler parlava di riforma nella Chiesa, nel novembre 1902, si tennero a Monaco, sotto il nome Fortschrittes, Reform Katholiken. Tay, le assise solenni d'un gruppo di cattolici malcontenti.(3) Il dott. Schell vi pronunciò un discorso che, sembra, si potesse riassumere cosi: "È urgente riformare il cattolicismo".
San Pio X

In qual senso? Pare che nel pensiero del dottor Schell, questa riforma debba farsi nel senso americanista, poiché nel suo discorso si trova questa frase che, lo abbiamo visto, esprime l'essenza stessa dell'americanismo: "Bisogna allargare le frontiere troppo ristrette della Chiesa".
Evidentemente non è in questo senso, né in quello indicato da questi cattolici novatori, già condannato da parecchi Atti di Leone XIII e di Pio X, che fa d'uopo aspettare la rinnovazione che deve operarsi presentemente nel mondo cristiano.
Era pur questo il pensiero di Mons. di Keppler, il quale disse: "Voler obbligare il cristianesimo a mendicare il diritto di esistenza ed il diritto di cittadinanza nel mondo moderno per mezzo di concessioni, di compromessi, e di abdicazioni, è fare opera di cattivo consigliere". La speranza di guadagnare per mezzo di compromessi gli uomini "moderni" al cristianesimo ed al cattolicismo, non è che una vera illusione. Il. dotto Vescovo dichiarava nettamente: "Non si guadagna un uomo finché egli rimane impacciato nella rete inestricabile delle idee moderne; e quando ne è disgustato, egli chiede tutt'altra cosa per esservi attirato: (chiede) una vera fede, un vero cristianesimo, non falsificato, non alterato. Egli non ha bisogno di un cristianesimo modernizzato, ma del cristianesimo vero e totale (intiero)".
E di fatto, la storia delle conversioni ci fa vedere in tutti i tempi che le più nobili conquiste della Chiesa non sono dovute ad un "cristianesimo in ribasso" ma al dogma luminoso, all'inflessibile ed immutabile autorità del cattolicismo.
Se dunque vi ha qualche cosa da riformare, la riforma non potrà mai cadere su quelle cose che noi abbiamo udito reclamare da coloro che hanno tendenze verso quella che si è chiamata "la religione americana". Essi dimandano dei cambiamenti che colpirebbero i dogmi della Chiesa, la sua costituzione, il suo spirito. Questo è intangibile, perché è divino.
Ma unito intimamente all'elemento divino, havvi nella Chiesa l'elemento umano. Questo è suscettibile di riforma,(4) la quale consiste essenzialmente nel ritemprarsi nello spirito primitivo, nello spirito, che il divino Fondatore della santa Chiesa ha dato agli Apostoli. Perciò ogni anno essa ci fa innalzare al cielo questa preghiera nella festa de' suoi primi capi: "O Dio che avete consacrato
questo giorno mercé il martirio dei Nostri santi Apostoli Pietro e Paolo, fate la grazia alla santa Chiesa di seguire in tutto il precetto di coloro per mezzo dei quali la religione ebbe principio".
Nel giorno della sua nascita, la santa Chiesa ha ricevuto lo Spirito Santo, il quale è sempre con Lei ed opera in Lei e per mezzo di Lei; Egli è, si può dire, la sua anima; la vita della Chiesa deriva dallo Spirito Santo. E perciò, come dice Mons. Keppler: "Il primo carattere distintivo d'una vera riforma si è che esca dalle viscere stesse della Chiesa per dilatarsi al di fuori, e non che venga dal di fuori per diffondersi nell'interno.
Una tale riforma potrebbesi più giustamente chiamare col nome che già le abbiam dato: una Rinnovazione, o, come dice de Maistre, una rigenerazione. Rigenerare, rinnovare, è risalire alle origini per far rientrare nella forma primitiva; è revivificare, chiedendo una vita rinnovata a quello che è stato il principio della vita. Nella Chiesa la rigenerazione, la rinnovazione, consiste, come disse Pio X, nell'Instaurare omnia in Christo.
La Chiesa non è punto separata da questo principio e non può separarsene; essa non si è allontanata da questo modello e non può allontanarsene, ma non è lo stesso del popolo cristiano. Ogni uomo può sciupare lo spirito del cristianesimo, di cui fu imbevuto; può lasciarsi invadere dallo spirito contrario. E ciò che è vero degli individui, lo è egualmente delle nazioni.
Allora la vera riforma è quella che più s'impadronisce dell'interno dell'uomo per farlo ridivenire perfetto cristiano, quella che s'impadronisce delle nazioni per far loro riprendere l'incivilimento cristiano che converte le persone e rigenera intieramente il popolo fedele.
Tale è la Rinnovazione aspettata, quella che deve rinnovare la faccia della terra.
Per meglio comprendere quello ch'essa dev'essere, ricordiamo in breve quando e come la deviazione ha incominciato e si è continuata.
Pastor incomincia in questi termini la sua Storia dei Papi del Medio Evo:
"Tolta l'epoca nella quale l'antico mondo pagano si cangiò in cristiano, non vi è forse periodo più memorando che quello di transizione che segna il passaggio dal medio evo ai tempi moderni.
"Lo si designa col nome di Rinascimento.
"Esso si produsse in un'epoca di rilassatezza, di abbassamento quasi generale della vita religiosa, periodo deplorevole, i cui caratteri sono, partendo dal secolo XIV, l'indebolimento dell'autorità dei Papi, l'invasione dello spirito mondano nel clero, la decadenza della filosofia e della teologia scolastica, un terribile disordine nella vita politica e civile. E in queste condizioni venivano posti sotto gli occhi d'una generazione intellettualmente e fisicamente sovreccitata e malaticcia sotto ogni rapporto, i deplorevoli insegnamenti contenuti nella letteratura antica.
"Sotto l'influenza d'una ammirazione eccessiva, si potrebbe dire morbosa, per le bellezze degli scrittori classici, si spiegava francamente lo stendardo del paganesimo; gli aderenti di questa riforma pretendevano tutto modellare esattamente sull'antichità, i costumi e le idee, ristabilire la preponderanza dello spirito pagano e distruggere radicalmente lo stato delle cose esistenti, considerato da loro come una degenerazione.
"L'influenza disastrosa, esercitata nella morale dall'umanesimo, si fece egualmente sentire di buon ora ed in una maniera spaventosa nel dominio della religione. Gli aderenti del Rinascimento pagano,
consideravano la loro filosofia antica e la fede della Chiesa come due mondi affatto distinti e senza alcun punto di contatto".
Questo cangiamento di direzione, abbiamo detto, derivò da un nuovo concetto della vita, intieramente opposto a quello che il Vangelo avea portato nel mondo. Gli Umanisti sono venuti a dire che l'uomo deve pigliarsi la sua felicità sulla terra, che tutte le sue forze, tutta la sua attività, devono essere impiegate a procurarsi la felicità temporale, che il dovere della società è d'organizzarsi in tal modo da essere in grado di procurare a ciascuno i mezzi di soddisfarsi a sazietà ed in tutti i sensi.
Fin d'allora cominciò la lotta, dapprima nel pensiero degli uomini, fra i due ideali di società, poi nei fatti fra le due civiltà, lotta che è giunta oggi al suo parossismo.
La civiltà rinnovata nel paganesimo, operò da prima sugli animi isolati, poi sullo spirito pubblico, quindi sui costumi e sulle istituzioni. I suoi guasti si manifestarono in primo luogo nell'ordine estetico ed intellettuale: l'arte, la letteratura e la scienza si ritirarono a poco a poco dal servizio dell'anima per mettersi al soldo dell'animalità; il che produsse, nell'ordine morale e nell'ordine religioso, quella rivoluzione che fu la Riforma. Dall'ordine religioso, lo spirito del Rinascimento penetrò nell'ordine politico e sociale mediante la Rivoluzione. Eccolo ancora attaccarsi all'ordine economico col socialismo. È là che doveva riuscire, dove, o egli troverà il suo fine, o noi il nostro; il suo fine, se il cristianesimo ripiglia il suo impero sui popoli spaventati, o piuttosto oppressi dai mali che il socialismo farà pesare sopra di loro; il nostro, se il socialismo può spingere fino all'estremo l'esperimento del dogma del libero godimento quaggiù, e farcene subire tutte le conseguenze.
Già la crisi c'incalza; le passioni si sollevano, i diritti svaniscono, la ragione si spegne. Allorché la verità brillava nelle intelligenze non era difficile contenere la moltitudine nelle vie del lavoro e della virtù, della giustizia e della pace. Ora che si è dileguata la speranza dei destini eterni, ed insieme il timore dei giudizi di Dio, si sono scatenate le passioni, le quali, colla miseria morale e fisica, introducono la disperazione nelle anime, la sventura nelle famiglie, l'anarchia nelle nazioni, ed una catastrofe immensa sembra imminente. Le moltitudini sature d'orgoglio, di concupiscenza e d'invidia, inebriate della sovranità onde la Rivoluzione le ha gratificate, si solleveranno contro coloro che tengono il potere, a cui non vogliono più sottomettersi, e contro i detentori della ricchezza il cui possesso è da esse giudicato una suprema ingiustizia.
La religione, l'autorità, la patria, la famiglia, i costumi hanno ormai sostenuto assalti gravissimi. Che rimane ancora? Appena la proprietà, anch'essa colpita in tante parti ed in tante maniere. Far assegnamento sulla forza per impedire questa ultima rovina, gli è credere che il potere resti dalla parte del capitale. Ma il potere è abbandonato alle maggioranze; le maggioranze sono la moltitudine, la moltitudine bisognosa, invidiosa, non più dispersa come per lo innanzi nella campagna, stabilita sopra un suolo sempre disposto a fornire il suo alimento, ma ammassata, attruppata nelle città, gittata sulla nave vacillante dell'industria e del capitale cartaceo che si affonderà e l'abbandonerà alla fame. E la fame, venendo in luogo dei godimenti promessi, la getterà in un furore che nessun eccesso varrà a spegnere.
Questo dalla parte dell'uomo. Dio dal canto suo dovrà vendicare l'ingiuria fattagli dalla corruzione radicale dell'opera sua per eccellenza: il cristianesimo. Nessuna caduta sarà mai stata cosi profonda, perché nessuna razza umana sarà mai caduta da tanta altezza. Gli uomini del diluvio non aveano che i lumi delle rivelazioni primitive. Quelli dell'impero romano le aveano ricevute profondamente alterate. Ma noi abbiamo avuto i lumi della Rivelazione cristiana, abbiamo avuto gli aiuti del divino

Redentore. L'altezza a cui la Chiesa ci avea sollevati, segna lo schiacciamento che produrrà la caduta che già ci mena alla morte.
Ecco dove dovea condurre necessariamente, dove conduce effettivamente ed evidentemente l'ideale del Rinascimento, continuato dalla Riforma, poi dalla Rivoluzione, ed oggi dalla trasformazione del cristianesimo in una religione umanitaria.
Possiamo noi ancora sottrarci a questa morte?
Verso la fine del secolo XIV, cioè nel tempo in cui il Rinascimento faceva entrare il popolo cristiano nelle vie funeste che noi non cessiamo di percorrere, santa Caterina da Siena, prevedeva che la misericordia di Dio ce ne farebbe uscire. Essa diceva: "Passate queste tribolazioni e queste angoscie, Dio purificherà la santa Chiesa e risusciterà lo spirito de' suoi eletti con un mezzo che sfugge ad ogni previsione umana. Dopo di ciò avverrà nella Chiesa di Dio una riforma sì completa ed un rinnovamento sì felice nei santi Pastori, che al solo pensarvi il mio spirito esulta nel Signore. Come ve l'ho detto sovente, in altre occasioni, la Sposa di Cristo è oggidì quasi sfigurata e coperta di cenci, ma in allora diventerà risplendente di bellezza, sarà ornata di gioie preziose e coronata del diadema di tutte le virtù. La moltitudine dei popoli fedeli si rallegrerà nel vedersi arricchita di sì santi Pastori. Dal canto loro, le nazioni che sono fuori della Chiesa, attratte dal buon odore di Gesù Cristo, ritorneranno all'ovile della cattolicità e si convertiranno al vero Pastore e Vescovo di tutte le anime. Ringraziate dunque il Signore per questa profonda calma ch'Egli si degnerà di restituire alla Chiesa dopo questa tempesta".(5)
Due secoli prima, santa Ildegarda prevedeva che verrebbe un tempo in cui il timor del Signore sarebbe affatto posto in non cale, ed in cui Dio porrebbe in mano dei nostri nemici la verga destinata per punire le nostre iniquità. Poi quando la società sarà interamente purificata dalla tribolazione, gli uomini ritorneranno alla pratica della giustizia e si schiereranno fedelmente sotto le leggi della Chiesa. "In questo momento di rinnovazione, la giustizia e la pace saranno ristabilite per mezzo di decreti così nuovi e così poco aspettati, che i popoli rapiti di ammirazione, confesseranno altamente, che nulla di somigliante erasi visto fino allora".(6)
 
 

Note:

(1) Si sa che Pio X intraprese subito questo compito. Col Motu proprio del 30 marzo 1904 Sua Santità ha costituito una Commissione cardinalizia, di cui si è riservata la presidenza e che ha per missione, non solamente di mettere in un miglior ordine le leggi della Chiesa, ma di sopprimere quelle che sono cadute in disuso, e di sostituirle con quelle che rispondono meglio alle necessità del giorno.
(2) Les Infiltrations kantiennes et protestantes et le Clergé français, Études complémentaires, p. 434.
(3) Vedi Revue Bénédictine, aprile 1903.
(4) Al principio dell'anno 1905, comparve in Roma, sotto il velo dell'anonimo, un opuscolo di 68 pagine, intitolato: Pio X, suoi atti e suoi intendimenti; pensieri e note d'un osservatore. È un programma di riforme precise e d'interesse pratico che si copre del motto adottato da Pio X:
Instaurare omnia in Christo. Si possono dividere i 14 capitoli in tre parti. La prima si occupa del clero secolare e regolare e dei seminari. Nella seconda, l'autore prende occasione della rifusione del diritto canonico per proporre una riforma della curia romana. Dalla curia romana, egli passa nella terza parte alla Chiesa in generale. La voce corsa che Pio X accreditava quest'opuscolo prese tanta consistenza che l'Osservatore Romano fu obbligato di pubblicare questo comunicato: "Siamo autorizzati a dichiarare espressamente che la Santa Sede non ebbe parte alcuna in questa pubblicazione e che l'augusto Pontefice non ha né ispirato, né per nulla approvato quest'opuscolo. Il Card. Sala, morto nel 1839, aveva già fatto un piano di riforma in cui l'autore di: Pio X, suoi atti ecc. tolse molto. Altri opuscoli lo seguirono. Si distinsero dal colore della copertina: in verde, in rosso, in giallo. Si trovano in tutti apprezzamenti contestabili e delle utopie; ma la verità vi si rivela in molti luoghi.
(5) Bollandisti, Acta Sanctorum, 29 aprile.
(6) Lib. div. oper., pars III, visio X, col. 1020, 1026, edit. Migne.