martedì 25 novembre 2014

L'Impero degli Asburgo: suoi principali errori politici (Ottava ed ultima Parte)


La politica asburgica di Francesco Ferdinando e l'assassinio di Sarajevo

Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este
Mentre l'Impero decadeva moralmente al suo interno, e mentre il pensiero liberal-rivoluzionario prendeva sempre più piede, la setta  ne preparava nell'oscurità il crollo.
 Nell'Impero Austro-Ungarico , dal 1870 alla fine del secolo, si passò da riforme federalistiche (Hohenwart 1870, Taaffe 1879) a ritorni del centralismo assolutista. Nel 1907 si tornò di nuovo a una riforma federale, e venne concesso il suffragio universale.
L'erede al Trono Imperiale , Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este ,  fu l'uomo che più di tutti rappresentò la politica asburgica durante il suo crepuscolo.


Francesco Ferdinando era un uomo dalle molteplici sfaccettature politiche. Egli non era ne un liberale ne un conservatore, semplicemente cercava di fare la scelta giusta. Aveva bevuto dal calice del suo tempo e questo ne determinò un certa contaminazione rivoluzionaria. Queste caratteristiche lo portarono ad avere nemici da entrambi i lati dello scenario politico dell'Impero.

Francesco Ferdinando si alienò anche la simpatia delle storiche 'teste calde' dell'Impero rappresentate dai   nazionalisti ungheresi che si opposero al suo sostegno al suffragio universale maschile, che avrebbe minato la predominanza magiara nel Regno d'Ungheria . Sia i sostenitori che gli oppositori all'esistente struttura duale dell'Impero erano sospettosi della sua idea di un terzo regno slavo, che avrebbe goduto di larghe autonomie, comprendente la Bosnia ed Erzegovina, in contrapposizione al settario 'irredentismo serbo'. Gli eretici, i judei e gli anticlericali erano infastiditi dal suo patronato (22 aprile1900) all'associazione delle scuole cattoliche.
Francesco Ferdinando al di fuori del mondo tedesco, era erroneamente considerato come il leader del "partito della guerra" dell'impero austro-ungarico, ma cio' era completamente falso. Infatti, l'Arciduca fu uno dei principali sostenitori del mantenimento della pace in Europa e  all'interno dello stesso governo austro-ungarico, sia durante la crisi bosniaca del 1908-1909, che durante le guerre balcaniche del 1912-1913.
Mappa degli Stati Uniti della Grande Austria
 secondo la proposta di Popovici
appoggiata dallo stesso Arciduca (1906)
Gli storici generalmente danno una falsa lettura dell'idea di governo di Francesco Ferdinando, attribuendogli idee piuttosto liberali sulla visione dell'Impero alla sua epoca, ma ciò non è esatto.  Dal canto suo era indirizzato verso le radici istituzionali dell'Impero degli Asburgo , era infatti intenzionato a concedere grande autonomia ai diversi gruppi etnici presenti nel territorio imperiale, in particolare ai cechi in Boemia, agli iugoslavi in Croazia ed in Bosnia, rendendo piu' organico e istituzionalmente corretto ciò che era stato realizzato con la creazione, nel 1867, della monarchia astro-ungarica.
Ma i suoi sentimenti nei confronti dei nazionalisti ungheresi si dimostravano come naturale che fosse, meno generosi : infatti , egli sapeva  che nel corso del precedente secolo il nazionalismo ungherese fu molto dannoso per l'intero Impero . Inoltre sospettava che tutta la compagine magiara dell'esercito Imperial-Regio potesse rappresentare una minaccia all'interno delle file dello stesso. 
Infine riteneva necessario avere un approccio prudente verso la Serbia e la sua instabile compagine nazionalista, seguendo la linea programmatica di Franz Conrad von Hötzendorf, il quale riteneva che tale cricca, pur di rendersi indipendente, avrebbe coinvolto l'Austria in una guerra contro la Russia, causando rovina per entrambi gli imperi.
Francesco Ferdinando ebbe motivi di screzio con il governo in occasione della Ribellione dei Boxer nel 1900, in Cina , quando tutti gli stati europei (persino "gli stati nani come Belgio e Portogallo" come li definiva l'arciduca) avevano inviato delle truppe per sedare la rivolta, mentre l'Austria non era intervenuta, proseguendo quella politica di secondi piano che caratterizzò l'Impero dalla seconda metà del XIX secolo.
In politica estera Francesco Ferdinando cercò di attivarsi per far riguadagnare all'Impero una posizione di rilievo. Molti furono i suoi viaggi in tal senso recandosi in visita da regnanti stranieri con i quali, in molti casi, aveva stretto un rapporto di amicizia, che nella sua ottica, gli sarebbe stato molto utile una volta salito al trono. 
Guglielmo II di Germania
Egli aveva un rapporto particolare con il Kaiser Guglielmo II con il quale trascorse diverso tempo in colloqui che avevano come argomento l'alta politica: in verità, Francesco Ferdinando voleva riabilitare l'Impero d'Austria-Ungheria nei confronti dell'Impero Tedesco il quale , come abbiamo ben visto, dopo la guerra Austro-Prussiana del 1866 , aveva declassato la secolare guida asburgica del mondo tedesco rendendo la Casa d'Austria quasi vassalla. 
Francesco Ferdinando, inoltre, era un influente sostenitore della marina austro-ungarica, in un'epoca però in cui l'accrescere la  potenza marittima non era tra gli obiettivi dell'impero. 
Lungimirante, con i suoi difetti e i suoi pregi , Francesco Ferdinando si ritrovò all'interno di un meccanismo internazionale che lo vedrà immolato sull'altare della setta. 
In base al Trattato di Berlino del 1878, l'Austria-Ungheria ricevette il mandato di amministrare le province ottomane della Bosnia ed Erzegovina, mentre l'Impero Ottomano ne manteneva la sovranità ufficiale. Questo accordo portò a una serie di dispute territoriali e politiche che nel corso di diversi decenni coinvolsero Russia, Austria, Bosnia e Serbia, finché, nel 1908, l'Impero Austro-Ungarico, con un grande consenso popolare e di gran parte dell'opinione pubblica, procedette alla definitiva annessione della Bosnia Erzegovina. I nazionalisti panserbi collegati ad un gruppo politico massonico estremista, la Mano Nera, diretta a sua volta dalla massoneria internazionale, iniziarono una fitta rete di comunicazioni in funzione di progettare ed eseguire l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono imperiale. Questo contesto geopolitico estremamente delicato non fu frutto del caso ma di una azione combinata della massoneria attraverso i propri affiliati presenti all'interno dei governi europei.
Pietro I nel 1914
Pietro I di Serbia
Il complotto che avrebbe dovuto scatenare quella carneficina chiamata Grande Guerra si mise in moto meticolosamente. V'era implicata nel complotto anche la stirpe filo nazionalista degli Karađorđevićh, famosa per aver appoggiato l'assassinio  del Principe di Serbia Mihailo III Obrenović nel 1868 e per questo esiliata fino al golpe del 1903 a Belgrado. Nel 1914 , il membro della famiglia  Karađorđevićh implicato nel complotto era  Pietro Karađorđević (Pietro I): implicato nel massonico e macabro assassinio del Re di Serbia Alessandro I Obrenović .
All'inizio del 1914, l'Arciduca Francesco Ferdinando confidò al nipote Carlo (futuro Carlo I d'Austria): «Sono convinto che morirò assassinato; la polizia lo sa». Infatti, la massoneria aveva condannato a morte Francesco Ferdinando, ostacolo al suo disegno di distruggere l'Impero cattolico austro-ungarico


 


L'Attentato a Sarajevo
Alla fine del giugno 1914, Ferdinando visitò la Bosnia per poter osservare delle manovre militari e partecipare all'inaugurazione di un museo a Sarajevo. Fu li , a Sarajevo, che il 28 giugno 1914 , la massoneria mise in pratica il suo complotto: Francesco Ferdinando e la di lui consorte vennero uccisi per mano del settario bosniaco Gavrilo Princip che faceva parte della Mlada Bosna (Giovane Bosnia).
Esso fu l'evento che la setta progettò per scatenare la scintilla della Prima Guerra mondiale che avrebbe demolito l'Impero.

 

La Grande Guerra e il crollo dell'Impero


Francesco Giuseppe nel 1914
Nel luglio del 1914, su pressione della Germania guglielmina e dei suoi generali , l'ottantaquattrenne Imperatore Francesco Giuseppe dichiarò guerra alla Serbia, cosa che diede origine de facto alla Prima Guerra Mondiale. Tutte le alleanze createsi nella seconda metà del secolo XIX cominciarono a mobilitarsi per la guerra. Da una parte l'Impero d'Austria-Ungheria e l'Impero Tedesco, dall'altra Regno Unito, Francia e Impero Russo (antico e ormai perso alleato degli Asburgo).
Allo scoppio della guerra, l'Italia sabauda , il Portogallo, la Grecia, la Bulgaria, il Regno di Romania e l'Impero Ottomano inizialmente rimasero neutrali, attendendo ulteriori sviluppi della situazione. Alla mezzanotte del 4 agosto 1914 erano cinque le potenze che ormai erano entrate in guerra (Austria-Ungheria, Impero Tedesco , Impero Russo , Regno Unito e Francia), ciascuna convinta di poter battere gli avversari in pochi mesi: era opinione diffusa che la guerra sarebbe finita a Natale, o tuttalpiù a Pasqua del 1915. I soldati Tedeschi dicevano che sarebbero entrati a Parigi a Natale , mentre i soldati Francesi dicevano che sarebbero entrati a Berlino sempre per Natale.

Soldati serbi sulla linea del fronte.
Benché fosse tecnicamente il luogo dove la guerra aveva preso avvio, il fronte serbo fu relegato ben presto a teatro secondario di un conflitto divenuto ormai mondiale. Con il grosso delle sue forze concentrato in Galizia contro i russi, l'Austria-Ungheria diede avvio all'attacco del territorio serbo il 12 agosto 1914: guidate dal generale Radomir Putnik e supportate anche dalle forze del Regno del Montenegro, le truppe serbe opposero resistenza, infliggendo inizialmente agli imperiali una sconfitta nella battaglia del Cer (16-19 agosto) e obbligandoli a ritirarsi oltre frontiera. Dopo una controffensiva serba al confine con la Bosnia, sfociata nell'inconcludente battaglia della Drina (6 settembre-4 ottobre), gli imperiali del generale Oskar Potiorek lanciarono una nuova invasione il 5 novembre, riuscendo a conquistare la capitale Belgrado: Putnik fece arretrare lentamente le sue forze fino al fiume Kolubara, dove inflisse una fortunosa sconfitta alle truppe di Potiorek obbligandole ancora una volta alla ritirata; il 15 dicembre 1914 i serbi rientrarono a Belgrado, riportando la linea del fronte ai confini prebellici.
Le offensive imperiali erano costate all'Impero molto in vite umane tra morti, feriti e dispersi. Nonostante l'iniziale  vittoria la Serbia ebbe 170.000 caduti durante la campagna, perdite enormi per il suo piccolo esercito ulteriormente aggravate dallo scoppio di una violenta epidemia di febbre tifoide (che fece 150.000 vittime tra i civili) e dalla grave carenza di generi alimentari.


Sidney Sonnino firma.jpg
Sidney Costantino Sonnino

Il falso e meschino governo italiano, pur restando neutrale nonostante fosse alleato con l'Impero Tedesco e l'Impero Austro-Ungarico dal 1882, era in cerca dei migliori vantaggi territoriali in cambio di un proprio intervento: l'8 aprile 1915 offrì di affiancare in guerra le potenze centrali alle quali era già alleata per trattato se le fossero stati ceduti Tirolo, isole della Dalmazia, Gorizia, Gradisca e riconosciuto il "primato" sull'Albania. Una settimana dopo l'Austria-Ungheria rifiutò le condizioni e l'Italia sabauda  fece richieste ancora più ambiziose alle potenze dell'Intesa, che si dissero disposte a intavolare delle trattative.
Il 29 ottobre 1914  ci fu l'entrata in guerra ufficiale dell'Impero Ottomano al fianco degli Imperi Centrali. Mentre il 26 aprile 1915, il ministro sabaudo Sidney Sonnino concluse le trattative segrete con l'Intesa mediante la firma del patto di Londra, con il quale l'Italia sabauda si impegnava a entrare in guerra entro un mese. Il 3 maggio successivo, con una pugnalata alle spalle, fu rotta la Triplice alleanza,   fu avviata la mobilitazione e il 24 maggio fu dichiarata guerra all'Impero d'Austria-Ungheria ma non all'Impero Tedesco , con il quale Antonio Salandra stoltamente sperava di non guastare del tutto i rapporti.


Il fiume Isonzo con il distrutto Ponte di Salcano
 e la città di Gorizia sullo sfondo.

Dopo aver occupato il territorio di frontiera , solo e soltanto per via della scarsa presenza di soldati Imperiali impegnati su quel fronte,  il 23 giugno gli italiani lanciarono il loro primo assalto alle postazioni fortificate imperiali , attestate lungo il corso del fiume Isonzo: l'azione andò avanti fino al 7 luglio, ma a dispetto della superiorità numerica gli italiani non conquistarono che poco terreno subendo pesanti perdite . Lo schema si ripeté identico a metà luglio, e poi ancora in ottobre e novembre: ogni volta gli assalti frontali degli italiani cozzarono fallimentarmente contro le trincee austro-ungariche attestate sul bordo dell'altopiano del Carso, che difendevano Gorizia e Trieste dagli attaccanti  dell'esercito traditore.

Ritratto fotografico di Ferdinando I di Bulgaria in alta uniforme (1912).
Ferdinando I di Bulgaria

Il fronte serbo rimase pressoché immobile per gran parte del 1915, finché gli eventi non si svilupparono improvvisamente a favore degli Imperi centrali. Il 6 settembre 1915 lo zar Ferdinando I di Bulgaria portò il suo paese nel campo degli Imperi centrali sottoscrivendo un trattato di alleanza con la Germania. Dopo gli insuccessi del 1914 le forze imperiali sul fronte serbo erano passate sotto il comando del generale tedesco August von Mackensen e l'11ª Armata tedesca fu ritirata dal fronte orientale per appoggiare il nuovo attacco ; la situazione della Serbia era aggravata anche dal fatto che gli Alleati non riuscivano a fornirle adeguati aiuti: nel tentativo di stabilire un collegamento diretto, il 5 ottobre 1915 truppe anglo-francesi sbarcarono a Salonicco in Grecia, paese formalmente neutrale ma lacerato dai dissidi tra la fazione pro-Germania del re Costantino I e quella pro-Alleati del primo ministro Eleftherios Venizelos.
Il 6 ottobre 1915 von Mackensen diede avvio all'invasione e le forze austro-tedesche attraversarono la Sava penetrando nel nord della Serbia, mentre l'11 ottobre le truppe bulgare attaccarono da est: i serbi opposero resistenza nelle regioni montuose dell'interno ma si ritrovarono in forte inferiorità numerica e vennero progressivamente respinti verso sud-ovest; il 22 ottobre i bulgari presero il nodo ferroviario di Kumanovo, tagliando la via di ritirata serba verso sud e bloccando le truppe francesi che risalivano da Salonicco verso nord, poi sconfitte e obbligate alla ritirata nella successiva battaglia di Krivolak (17 ottobre-21 novembre) . Le truppe serbe cercarono di arrestare l'avanzata degli Imperi centrali nella regione del Kosovo ma furono nuovamente battute e il 25 novembre il generale Putnik diede ordine alle sue truppe di ripiegare oltre il confine con l'Albania, nella speranza di evacuare ciò che rimaneva dell'esercito serbo dai porti sul mare Adriatico: dopo aver perso migliaia di uomini a causa degli stenti e degli attacchi degli irregolari albanesi, i 150.000 superstiti dell'esercito serbo raggiunsero il mare e furono evacuati da navi alleate a Corfù da dove, dopo essere stati riorganizzati e riequipaggiati, furono poi destinati al nuovo fronte davanti Salonicco.

Cadorna1.jpg
Il macellaio Luigi Cadorna

Sul fronte carsico, dopo che in marzo un altro folle assalto italiano sull'Isonzo si era concluso con perdite elevate e nulle conquiste, furono gli imperiali a passare all'offensiva nel Tirolo : il 15 maggio 1916 ebbe inizio la Strafexpedition ("spedizione punitiva"), durante la quale l'esercito italiano venne attaccato tra la valle dell'Adige e la Valsugana. Nei venti giorni successivi gli imperiali conquistarono una posizione dopo l'altra, minacciando di tagliare fuori le truppe italiane sull'Isonzo; tuttavia, utilizzando come carne da cannone le divisioni di riserva, il macellaio Cadorna riuscì a fermare gli imperiali e riprendere alcune posizioni, rischiando però che un'ulteriore offensiva sull'Isonzo potesse far perdere ai suoi uomini le quasi inesistenti conquiste fino allora ottenute.


Non riuscendo a smuovere le esigue forze imperiali dal Tirolo , il macellaio Cadorna decise di concentrarsi nuovamente sull'Isonzo: il 4 agosto le truppe italiane vennero mosse all'attacco dal Monte Sabotino al mare, raggiungendo e superando l'Isonzo con gravi perdite , occupando Gorizia: la   5ª Armata imperiale ripiegò di alcuni chilometri sul Carso, cedendo terreno al nemico,  solo per posizionarsi su una nuova linea difensiva già pronta, contro la quale si infransero i nuovi avventati assalti del Cadorna. A settembre e ottobre ebbero inizio altre due battaglie, la settima (14-16 settembre) e l'ottava (10-12 ottobre) dell'Isonzo, che causarono un ingente numero di vittime tra gli italiani; causate dall'incapacità dei comandanti e dal mal contento delle truppe coscritte. Le truppe sabaude avanzarono  solo di qualche chilometro e le perdite ammontarono a 39.000 unità.

Aleksej Alekseevič Brusilov
 L'esercito sabaudo impegnato in Tirolo si lagnò con lo zar affinché agisse per diminuire la pressione sul proprio fronte. Il generale Aleksej Alekseevič Brusilov, il quale stava organizzando un attacco in luglio, anticipò l'azione a giugno per cercare di costringere gli imperiali a trasferire truppe a est. Il 4 giugno 1916 l'offensiva iniziò con un potente tiro d'artiglieria, condotto da 1.938 pezzi su un fronte di circa 350 chilometri, dalle paludi di Pryp'jat' fino alla Bucovina.
I Russi riuscirono a sfondato in vari punti le linee imperiali. Il 17 giugno presero Czernowitz, la città più orientale dell'Impero d'Austria-Ungheria.

Alla fine di luglio la città di Brody, alla frontiera galiziana, cadde in mano ai russi, che subirono pesanti perdite e nell'ultima settimana di luglio von Hindenburg e Ludendorff assunsero la difesa dell'ampio settore austriaco. Ai primi di settembre Brusilov raggiunse le pendici dei Carpazi, ma lì si arrestò per le evidenti difficoltà geografiche e soprattutto perché l'arrivo di truppe tedesche da Verdun arrestò la ritirata imperiale e inflisse gravi perdite ai russi. L'offensiva volse al termine raggiungendo  l'obiettivo principale di distogliere importanti forze tedesche da Verdun e di costringere gli imperiali a sguarnire ulteriormente il fronte italiano; per converso il potenziale bellico russo calò vistosamente per problemi interni e carenze di materiali.
Eliminata la Serbia, le forze imperiali penetrarono nel Montenegro ai primi di gennaio 1916 e nonostante la sconfitta patita nella battaglia di Mojkovac (6-7 gennaio) l'obbligarono a capitolare entro la fine del mese. Lanciate all'inseguimento dell'armata serba in ritirata, le forze degli Imperi centrali penetrarono anche in Albania, in preda all'anarchia dopo che una rivolta popolare nel settembre 1914 aveva portato alla dissoluzione del governo centrale: le truppe austro-bulgare conquistarono il nord e il centro del paese entro la fine dell'aprile 1916.
L'Imperatore Carlo I d'Austria
Intanto , al Castello di Schönbrunn, la sera del 21 novembre 1916, moriva l'Imperatore Francesco Giuseppe  all'età ottantasei anni, dopo sessantotto anni di regno. Gli succedette il nipote Carlo che divenne Imperatore con il nome di Carlo I d'Austria e Re d'Ungheria come Carlo IV. Fin da subito il nuovo Imperatore cercò la pace e la salvezza dell'Impero: famoso è il tentativo del 1917 denominato "Affare Sisto".
Nel 1917 la Russia , investita dalla Rivoluzione , uscì dal conflitto e il 1º dicembre dello stesso anno una commissione bolscevica attraversò le linee tedesche a Dvinsk e giunse alla fortezza di Brest-Litovsk, dove una delegazione degli Imperi centrali li attendeva per intavolare trattative di pace.
Con la Russia fuori dal conflitto il fronte orientale si smobilitò e le forze imperiali poterono essere concentrate sul fronte occidentale.
Ma , il 4 aprile 1917, il presidente degli Stati Uniti, il gran massone  Thomas Woodrow Wilson   presentò al Congresso la proposta di entrare in guerra accusando l'Impero Tedesco di svariati crimini o presunti tali : il 6 aprile gli Stati Uniti dichiararono guerra alla Germania.
Nonostante tutto gli Imperi centrali dominavano sui campi di battaglia , e famosa fu la liberazione ad opera delle truppe austro-tedesche del Friuli a partire dal 24 ottobre 1917 (quello che gli italiani chiamano "disfatta di Caporetto); liberazione arrestata sul Piave a metà novembre dalle artiglierie anglo-francesi.
Il problema reale per gli Imperi centrali, e quindi per l'Impero d'Austria-Ungheria, era il blocco navale e la penuria di cibo che da questo derivava; ciò pesò più di quanto fece l'entrata in guerra degli USA.


Il 28 ottobre 1918 ,  l'Austria-Ungheria chiese agli Alleati di iniziare le trattative per l'armistizio e in serata dette ordine all'esercito di ritirarsi. A Praga la richiesta di armistizio provocò una decisa reazione dei sovversivi e settari cechi; il Consiglio nazionalista  cecoslovacco si riunì a palazzo Gregor, dove si era costituito tre mesi prima, e assunse le funzioni di un vero e proprio governo rivoluzionario : obbligò gli ufficiali imperiali nel castello di Hradčany a trasferire i poteri, assunse il controllo della città e proclamò l'indipendenza dello stato ceco senza autorizzazione da parte di Vienna. A sera le truppe imperiali nel castello deposero le armi. Quello stesso giorno il rivoluzionario Parlamento croato dichiarò che da quel momento Croazia e Dalmazia avrebbero fatto parte di uno "Stato nazionale sovrano di sloveni, croati e serbi"; analoghe dichiarazioni pronunciate a Lubiana e Sarajevo legarono le regioni occidentali dei Balcani all'emergente e deleteria Jugoslavia.
Il 30 ottobre, mentre il governo imperiale guidato da Carlo I continuava ad adoperarsi per giungere all'armistizio con gli Alleati , a Vienna e a Budapest divamparono rapidamente delle rivoluzioni di stampo bolscevico che si manifestarono in pieno nel loro carattere sovversivo il 1º novembre; lo stesso giorno i rivoluzionari a Sarajevo dichiararono la città  parte dello "Stato sovrano degli slavi meridionali".  Il 3 novembre il governo di Vienna firmò con l'Italia l'armistizio di Villa Giusti che entrò in vigore il 4, giorno in cui gli italiani occuparono Trento e Trieste.
L'Impero Tedesco, scosso anch'esso dalla Rivoluzione che aveva sovvertito il governo , firmò la resa nell'armistizio di  Compiègne entrato in vigore alle ore 11:00 dell'11 novembre 1918, ponendo fine alla Grande Guerra.

Treaty of Versailles oldphoto.jpg
Le delegazioni riunite a Versailles.
Il 18 gennaio del 1919 si aprì la conferenza di Versailles, dominata dai "quattro grandi", il presidente statunitense Woodrow Wilson, il francese Georges Clemenceau, l'inglese David Lloyd George e il sabaudo Vittorio Emanuele Orlando. Si dovevano ridisegnare confini ed equilibri d'Europa dopo aver sconfitto l'Austria-Ungheria di Carlo I e la Germania di Guglielmo II. Ben presto si comprese come idealismo e speranze - consegnati alla Società delle Nazioni e ai "Quattordici punti" di Wilson per una nuova diplomazia - si fossero mortalmente abbracciati alle mire imperialistiche dei vincitori. Una "non pace" dunque, possiamo ora affermare, stipulata nei cinque trattati con Austria, Germania, Bulgaria, Ungheria e Turchia; una "non pace" dato l'enorme potenziale di violenza che il prosieguo del secolo doveva ancora tragicamente esprimere. Una "non pace", ma forse non solo quello.

Infatti, se un secolo prima a Vienna, dopo Napoleone, le diplomazie scelsero con il principio di legittimità di salvaguardare le antiche dinastie (nonostante le contaminazioni ideologiche) , a Versailles caddero gli imperi, e fra essi l'Impero Cattolico per eccellenza, l'Impero degli Asburgo che dal XIII secolo rappresentava la pietra angolare nel cuore della Mitteleuropa . Ovviamente , la distruzione dell'impero fu una decisione presa dai vincitori, non il desiderio dei popoli. Subentrarono nuove nazioni assolutamente utopistiche.
Tra il 1917 ed il 1918 scompaiono insieme all'Impero Asburgico il suo ex-alleato l'Impero Russo,  l'impero Ottomano e l'Impero Tedesco. È il concetto di impero multinazionale dinastico che veniva distrutto.


President Woodrow Wilson portrait December 2 1912.jpg
Thomas Woodrow Wilson
 La massoneria aveva la maggioranza fra politici e diplomatici francesi, ed era pure molto forte in Italia e Inghilterra. In una riunione internazionale della massoneria nel '17 si era pianificata la distruzione dell'Austria. Si voleva un Europa repubblicanizzata e grande ostacolo erano l'Austria Cattolica, il Vaticano e la Spagna. Wilson tentò un progetto federale europeo, ma i giochi nel '18 erano già fatti. Il presidente Wilson fu il vero autore dello smembramento. Si recepì in modo pazzesco il principio di nazionalità perché nessuno degli stati creati era un vero stato nazionale, e lo si capisce  osservando che Polonia, Cecoslovacchia e Jugoslavia avevano al loro interno moltissime nazionalità.
Ma allora che cosa fu quel trattato di Saint-Germain ratificato il 10 settembre del 1919 che cancellò l'impero? Fu uno degli errori più grandi della storia europea, che ha aperto poi la via al nazismo e in seguito al comunismo. Un assetto artificiale, come è chiaro dopo il crollo dell'Urss. "L'impero era un inizio di convivenza di popoli diversi sulla base del diritto e della buona amministrazione .
Versailles divenne un mostro diplomatico che diede la stura a tutti i conflitti successivi, ma questo non significa che l'equilibrio precedente, alterato dalle Rivoluzioni del secolo XIX, fosse migliore. 

L'Imperatore Carlo I , che tanto aveva fatto per raggiungere la pace e salvare l'Impero ormai  smembrato ,  venne costretto con la famiglia all'esilio, prima in Svizzera e poi nell'isola portoghese di Madera dove morì nel 1922. 


Carta dell'Europa nel 1914 (sopra) e nel 1924 (sotto)
Carta dell'Europa nel 1914 (sopra) e nel 1924 (sotto)
Sopra: l'Europa nel 1914
Sotto: l'Europa nel 1924


 
Conclusione

Così si chiusero le vicende politiche degli Asburgo e del loro Impero, decaduto in molti aspetti al suo interno dopo più di tre secoli di graduali compromessi ma ancora "pericoloso" per la Rivoluzione ed i suoi manutengoli. Da Carlo V a Francesco Giuseppe I , ogni scelta deleteria fatta in politica interna ed esterna contribuirono alla decadenza dell'idea stessa di Impero Cattolico.
Consci del fatto che la storia non si fa con i "se" o i "ma" , ho voluto semplicemente riportare la vita politica dell'Impero asburgico negli ultimi 418 anni sottolineandone gli errori, ognuno tiri le sue conclusioni.


 


Fine...



Fonte:

Rino CAMMILLERI, Fregati dalla Scuola, Effedieffe, Milano 1999.

Un manuale per conoscere la Massoneria

—Bernard Charpentier, L'offre de paix séparée de Charles 1er d'Autriche.
http://circolopliniocorreadeoliveira.blogspot.it/
  • Luigi Albertini, Le origini della guerra del 1914 (3 volumi - vol. I: "Le relazioni europee dal Congresso di Berlino all'attentato di Sarajevo", vol. II: "La crisi del luglio 1914. Dall'attentato di Sarajevo alla mobilitazione generale dell'Austria-Ungheria.", vol. III: "L'epilogo della crisi del luglio 1914. Le dichiarazioni di guerra e di neutralità."), Milano, Fratelli Bocca, 1942-1943, ISBN non esistente.
  • James Corum, Le origini del Blitzkrieg, Hans von Seeckt e la riforma militare tedesca 1919-1933, Gorizia, Libreria editrice goriziana, 2004, ISBN 88-86928-62-9.
  • Ennio Di Nolfo, Dagli imperi militari agli imperi tecnologici – La politica internazionale dal XX secolo ad oggi, 5ª edizione, Roma-Bari, Laterza, 2011, ISBN 978-88-420-8495-2.
  • Giampaolo Ferraioli, Politica e diplomazia in Italia tra XIX e XX secolo. Vita di Antonino di San Giuliano (1852-1914), Catanzaro, Rubettino, 2007, ISBN 978-88-498-1697-6.
  • Fritz Fischer, Assalto al potere mondiale, Torino, Giulio Einaudi, 1965, ISBN non esistente.
  • Martin Gilbert, La grande storia della prima guerra mondiale, 2009ª ed., Milano, Mondadori, 1994, ISBN 978-88-04-48470-7.
  • Alessandro Gualtieri, La battaglia della Somme - l'artiglieria conquista la fanteria occupa, Parma, Mattioli 1885, 2010, ISBN 978-88-6261-153-4.
  • Bruce I. Gudmundsson, Sturmtruppen - origini e tattiche, Gorizia, Libreria Editrice Goriziana [1989], 2005, ISBN 88-86928-90-4.
  • Alistair Horne, Il prezzo della Gloria, Verdun 1916, 2003ª ed., Milano, BUR, 1962, ISBN 88-17-10759-X.
  • Basil H. Liddell Hart, La prima guerra mondiale, 4ª ed., Milano, BUR [1968], 2006, ISBN 88-17-12550-4.
  • Peter Hart, La grande storia della prima guerra mondiale, Roma, Newton Compton [2013], 2014, ISBN 88-541-6056-9 .
  • Alberto Rosselli, L'ultima colonia, Gianni Iuculano Editore, 2005, ISBN 88-7072-698-3.
  • Mario Silvestri, Caporetto, una battaglia e un enigma, Milano, BUR, 2006, ISBN 88-17-10711-5.
  • Mario Silvestri, Isonzo 1917, Milano, BUR, 2007, ISBN 978-88-17-12719-6.
  • Mario Silvestri, La decadenza dell'Europa occidentale, Vol. I: 1890-1933Dalla Belle Époque all'avvento del nazismo, Milano, BUR, 2002, ISBN 88-17-11751-X.
  • David Stevenson, La grande guerra - una storia globale, Rizzoli, 2004, ISBN 88-17-00437-5.
  • Hew Strachan, La prima guerra mondiale, una storia illustrata, Milano, Mondadori, 2009, ISBN 978-88-04-59282-2.
  • Mark Thompson, La guerra bianca, il Saggiatore, 2012, ISBN 978-88-565-0295-4.
  • Barbara W. Tuchman, I cannoni d'agosto, Milano, Bompiani, 1999, ISBN 88-452-3712-5.
  • Mario Vianelli, Giovanni Cenacchi, Teatri di guerra sulle Dolomiti, 1915-1917: guida ai campi di battaglia, Milano, Mondadori, 2006, ISBN 88-04-55565-3.
  • H. P. Willmott, La prima guerra mondiale, Mondadori, 2006, ISBN 978-88-370-2781-0.
  • J. M. Winter, Il mondo in guerra - Prima guerra mondiale, Selezione dal Reader's Digest, 1996, ISBN 88-442-0462-2.




  • Scritto da:

    Presidente e fondatore A.L.T.A. Amedeo Bellizzi.