giovedì 15 gennaio 2015

I FALSI DOGMI ED IL SIGNOR LE PLAY (Estratto dall'opera di mons. Delassus "Il Problema dell'ora presente" Tomo II°)





Pierre Guillaume Frédéric Le Play (1837).
Liberarsi dalle parole equivoche, ritornare alla sincerità del linguaggio, non è che un primo passo
nella via che può condurci alla Rinnovazione; il secondo, più decisivo, è il ritorno alla verità.
Bisogna purificare le intelligenze dagli errori che gli ultimi secoli vi hanno accumulato, farvi
rientrare le dottrine del Vangelo e quelle dettate dalla sapienza dei secoli.
"Se vuolsi che la liberazione sia reale, stabile, senza essere esposti a vedere le crisi, a ricominciare il
pericolo e il terrore ad ogni istante - disse Giuseppe Lémann - interessa, anzi è assolutamente
necessario, di andar diritti alla sede del male. Or, io vi domando: dov'è la sede del male?
"Nelle idee.
"Senza dubbio, il male esiste del pari nei fatti e nei costumi. I costumi sono abbominevoli, i fatti
sono orribili, i fatti sconcertano tutte le combinazioni, né si possono più dominare. Ma non siamo
così ammalati nella regione dei fatti e dei costumi, se non perché lo siamo da lungo tempo nella
regione delle idee. Noi abbiamo avuto in rivoluzione la testa, il cervello, e tutto il resto del corpo
sociale se ne risente. Negli, uni, le idee sono perverse, sataniche: odio alla verità. Negli altri, le idee
sono soppresse, diminuite: diminuzione delle verità. E, pressoché in tutti, le idee sono confuse,
mescolate: confusione d'idee e di verità. Io lo ripeto: odio delle verità, diminuzione delle verità,
confusione delle verità: ecco la sede del male. Per conseguenza, come mezzo di liberazione, ciò che
innanzi tutto ci abbisogna, è una dottrina. Secondo il mio parere, il padre Lacordiare non è stato mai
più profondo pensatore di allora che proferì queste parole: "Le rivoluzioni moderne essendo
dottrinali, non finiranno, come quelle dell'antichità, per mezzo di un uomo o di un accidente, ma
finiranno solamente per mezzo d'una dottrina".(1)
Le Play espresse cento volte il medesimo pensiero.
"In una società che si sfacela da tutte le parti - diceva già Le Play nel 1865 (15 febbraio) - si devono
innanzi tutto raddrizzare le idee. Quello che urge si è di cambiare il morale e l'intelligenza delle
classi educate, e di migliorare la sostanza delle cose colla luce dei principii. L'errore, più ancora del
vizio, perde le nazioni". E nel 1871: "Ci ha più divorati l'errore che non ci divorino al presente i
comunisti ed i Prussiani". "Quello che contrasta la mia fede nell'avvenire della Francia. si è che
l'errore ha invaso quasi completamente le classi dirigenti".
Altrove il Le Play disse al plurale "i falsi dogmi"; qui dice semplicemente "l'errore"; ciò significa
che una osservazione, anche superficiale, permette subito di riconoscere che gli errori del giorno
hanno una parentela fra loro; un esame più profondo li mostra figli d'una idea-madre, usciti da uno
stesso ed unico principio.

Qual è questo principio? Importa grandemente di saperlo, perché se certe idee sono veramente per
noi agenti di morte, colpire la loro radice, strapparle dalle menti e dai cuori, è il mezzo di far sparire
con esse tutti gli errori che ci avvelenano.
È già un mezzo secolo che il Papato ha reso questo servizio alla nostra società vacillante. Esso ha
definito il dogma dell'Immacolata Concezione di Maria. Con questo atto annunziò di nuovo la verità
sopra la quale riposa tutto lo stato sociale e colpì gli errori i quali, se avessero per più lungo tempo
libero il campo, affretterebbero la fine del mondo. Egli ricordò agli uomini che tutti nasciamo nel
peccato; non perché Dio abbia così costituita la natura umana,(2) ma perché si è perduta
nell'orgoglio e nella sensualità, dove l'ha trascinata il suo autore, il nostro primo padre. Una sola
eccezione alla trasmissione dello stato di decadenza, nel quale il fallo di Adamo ha precipitato tutta
la sua razza, è stata concessa a favor di Maria. La Madre del Redentore, del Figlio di Dio fatto
Uomo per sollevarci dalla nostra caduta, fu messa in salvo dal torrente devastatore che invade e
trasporta ne' suoi flutti tenebrosi e limacciosi tutti gli uomini a mano a mano che l'appello alla vita li
rende partecipi d'una natura decaduta e corrotta fin dalle sue origini.
L'eccezione conferma la regola. La proclamazione del privilegio che gode Maria nella sua
Concezione, affermò l'esistenza in ciascuno di noi del vizio originale.
Il misconoscere o negare questo fatto è l'errore capitale del nostro tempo.
Esso fu lanciato, un secolo e mezzo fa, da G. G. Rousseau; da esso sono derivate tutte le idee
rivoluzionarie e la Rivoluzione stessa ...
"L'uomo nasce buono, la società lo deprava", disse l'evangelista dei tempi moderni.
L'uomo nasce buono, dunque deve avere tutte le sue libertà, le quali non possono produrre che il
bene.
Gli uomini sono tutti egualmente buoni; essi sono dunque tutti eguali nei diritti.
La società deprava l'uomo; bisogna dunque distruggere la società, causa del male che soffre
l'uomo.(3)
Niente preserverà la civiltà da una finale rovina, se l'Europa non rigetta questi errori, se non ritorna
alla verità, il cui disprezzo l'ha fatta correre dietro alle libertà funeste, la eguaglianza livellatrice e il
diritto a tutte le insurrezioni; in una parola, se non presta ascolto alla sentenza pronunciata nei primi
giorni del mondo e sì opportunamente ricordata nei giorni nostri dal Vaticano.
Pio IX non ignorava che le idee rivoluzionarie sono figlie di questo falso dogma; perciò quando
volle fare un Sillabo di tutte le false dottrine del tempo presente, per insegnarci a combatterle sotto
la sua direzione, si mise sotto gli auspicii della Vergine Immacolata e scelse per denunziarlo al
mondo l'anniversario in cui aveva proclamata l'Immacolata Concezione di Maria. Ristabilendo con
questi due grandi atti il concetto della caduta e delle sue conseguenze, Pio IX colpì la Rivoluzione
al cuore, e dipende soltanto da noi che non ne segua l'effetto, cioè la morte dell'errore, la fine
dell'èra rivoluzionaria.
Ben lo sa la setta. Di tutti i dogmi cristiani, quello che la framassoneria attacca più ostinatamente, è
quello del peccato originale, perché sa che con ciò rovescia la base del cristianesimo e di tutto lo
stato sociale.

Il 24 febbraio 1882 il Fr ... Courdavaux diceva ad Arras, alla Loggia La Constante Amitié: "La
causa liberale è intimamente collegata alla questione religiosa. Nel fondo di quasi tutte le nostre
discussioni politiche del giorno, si trova l'affermazione o la negazione della verità del cattolicismo.
Ora la base essenziale del cattolicismo è il peccato originale, senza del quale il Cristo non sarebbe
venuto. Rinnegar questo dogma, è dunque assalire il cattolicismo nel suo stesso fondamento".(4)
L'affermazione della bontà nativa dell'uomo fu non solamente la tesi di Rousseau nel Contratto
sociale, ma quella dei Costituenti nel 1789 e dei Convenzionali nel 1793; è quella di tutti i sistemi
socialisti contemporanei, e perciò il Sillabo e l'Immacolata Concezione sono oggetto delle
bestemmie della setta e delle sue continue e più insistenti recriminazioni.
Per una disposizione misericordiosa della divina Provvidenza, di fronte alla setta, e per contraddirla
su questo punto, si è levata una scuola la quale, almeno nel suo principio, si è tolto per uno de' suoi
principali còmpiti, quello di ricondurre gli spiriti alla considerazione del fatto della decadenza
umana, della prosperità dei popoli che la riconoscono e fondano su questo principio le loro
istituzioni; e quindi quest'altro fatto della decadenza visibile di coloro che la negano. Voglio parlare
della Société d'Economie sociale e delle Unions de la Paix sociale, fondate da Le Play nel tempo
stesso della definizione dell'Immacolata Concezione, ed allora ch'egli non aveva sicuramente alcuna
idea dei rapporti che questa definizione potesse avere colla sua opera.
Il generale de Lamoricière, disingannato della Rivoluzione, ne ha fatto onore a Le Play in questi
termini: "I principii del 1789 sono la negazione del peccato originale. Le Play ha tracciato così la
genesi di questo dogma: La credenza nella perfezione originale dell'uomo è un errore che fu
introdotto in Francia nel secolo XVIII dagl'Inglesi. Essa fu professata allora da G. G. Rousseau in
tutti i suoi scritti; poi propagata nei salons, e finalmente adottata come principio dai novatori del
1789, del 1830, del 1848 e del 1870".(5)
Le Play racconta che fin dal suo arrivo in Parigi nel 1824, nel momento che entrava nella Scuola
politecnica, due compagni tentarono di farlo entrare in quello che egli ha poi chiamato sì bene
"L'ERRORE FONDAMENTALE del diciottesimo secolo e del nostro", la dottrina di Rousseau
sopra "la perfezione originale dell'uomo".
Educato da una madre cristiana, dopo aver udito tutti i novatori contemporanei, egli ritornò a poco a
poco alla verità che da lei avea ricevuta perché vedeva scritto dappertutto, nei fatti, la condanna
degli errori opposti a ciò che la madre sua, istruita dalla Chiesa, gli avea insegnato.
Dal 1829 al 1853, egli visitò per tre volte ogni parte dell'Europa e le regioni contigue dell'Asia,
dimorando molti mesi nello stesso luogo, per verificare spesso i medesimi fatti e sottomettere ad un
continuo controllo le conclusioni da dedurne. La Germania, la Spagna, il Belgio e l'Inghilterra colla
Scozia e l'Irlanda; la Russia, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia, la Svizzera e l'Italia; l'Austria e
la Turchia furono sottoposte l'una dopo l'altra alle sue investigazioni. Incominciando i suoi viaggi
Le Play non avea altro scopo che di raccogliere le osservazioni che potevano tornargli utili come
ingegnere sotto il punto di vista tecnico. Ma bentosto il suo genio filosofico ed il suo amore del
bene lo portarono a rivolgere la sua attenzione allo stato sociale dei diversi popoli che visitava, e
sulle cause delle buone o cattive condizioni in cui li trovava. Le idee che aveva accettate dai suoi
contemporanei, non tardarono a modificarsi. "La reazione - egli dice - non si operò nel mio spirito
senza resistenza. Ma l'evidenza dei fatti non tardò a trionfare de' miei pregiudizi. Dacché ho
constatato l'inesattezza di molte opinioni nelle quali ero stato educato (dai suoi maestri), mi abituai
così bene a subire l'autorità dell'esperienza, che provai ben tosto più soddisfazione a scoprire i miei
errori, di quello che provassi prima nel credermi in possesso della verità".(6)

Egli giunse a poco a poco a riconoscere che i metodi tecnici di ogni industria, oggetto professionale
de' suoi studi, erano cose secondarie. per conseguire la prosperità, che la prima condizione del
successo stava nella forza morale e che al principio morale le popolazioni erano debitrici del loro
benessere. Egli constatava che non vi ha lavoro fecondo e produttivo senza virtù; che il fondamento
della virtù è riposto nella religione.
Le osservazioni ch'egli raccolse dappertutto servirono a comporre una grand'opera, in cui egli
stabilì, coi fatti, la condizione senza la quale la società non può prosperare e divenir grande. Egli la
pubblicò nel 1855 dopo diciotto anni di ostinato lavoro, sotto il titolo: Les Ouvriers européens.
L'apparizione di questo libro fu un avvenimento, che diede origine alla Scuola da noi nominata.
Essa prosegue le sue ricerche, col medesimo fine, seguendo lo stesso metodo, quantunque, forse,
non insista quanto il suo fondatore in ciò che egli considerava come il punto capitale.
Dopo questa grand'opera Le Play ne pubblicò altre intorno alla riforma da ottenersi nella società,
nella famiglia, nella organizzazione del lavoro. Egli si applicò a descrivere le malattie che soffre il
nostro paese, a ricercarne le cause ed indicarne i rimedi, e sopratutto a far appello alle persone
dabbene, a disporle in gruppi, ad unirle nel pensiero e nella volontà di lavorare alla restaurazione o
alla difesa delle VERITÀ NECESSARIE.
Nel primo ordine delle verità necessarie alla prosperità delle nazioni e delle famiglie, egli pose la
credenza al dogma della colpa originale, la cognizione delle conseguenze ch'essa ebbe per tutte le
generazioni umane, dell'educazione ch'essa impone, delle istituzioni sociali che devono tenerne
conto. Dopo di aver letto l'opera di Le Play intitolata La Réforme sociale, Montalembert scriveva a
Cochin: "Quello che più io ammiro in lui è il coraggio che gli permise di lottare a viso aperto contro
la maggior parte dei pregiudizi dominanti del suo tempo e del suo paese, come bene ha fatto
specialissimamente nel suo eccellente capitolo sull'insegnamento, e dappertutto ove confessa così
schiettamente la caduta originaria dell'uomo, dottrina tanto ripugnante all'orgoglio servile dei nostri
contemporanei".

Note:

(1) Les nations frémissantes contre J.-C. et son Église.
(2) È detto nel libro della Sapienza, I, 14: Sanabiles fecit nationes ... "Tutte le creature erano sane
nella loro origine. Non vi era niente in loro di contagioso né di mortale, ed il regno dell'inferno non
era punto sulla terra" (Traduzione d'Allioli). Si traduce sovente: "Dio ha fatto le nazioni sanabili".
Questo non è il vero senso. Il padre Bainvel S. I., nel suo libro Les Contresens bibliques dice:
"L'autore ispirato vuol mostrare in questo passo, nel libro della Sapienza che né la morte, né il mal
fisico sono l'opera di Dio. Essi vengono dal peccato. Mosè dice ancora: "Tutto ciò che Dio avea
fatto era buono", e noi vediamo nella Genesi che fu solo dopo il peccato che l'uomo fu colpito dalla
maledizione.
"Noi non siamo quali Dio ci ha fatti. In ciascuno di noi ed in ciascuna ora della nostra esistenza vi è
il risultato dell'opera di Dio, dell'opera di Adamo e della stessa opera nostra. Ed è così non
solamente per gli individui, ma eziandio per le famiglie e per le nazioni".
(3) Nel marzo 1905, il Times pubblicò una lettera di Tolstoi, "l'anarchista cristiano", come si
battezza da se stesso, l'apostolo del cristianesimo nichilista. Egli denuncia "l'attività malefica di tutti
i governi esistenti: russo, americano, francese. giapponese o britannico". E conchiude: "Ogni uomo

ragionevole dovrà dunque fare tutti i suoi sforzi per liberarsi da ogni governo". È ciò che diceva
Weishaupt due secoli fa. Havvi, d'allora in poi, continuità di dottrine e di azione.
(4) Chaîne d'union, num. del maggio 1882.
(5) Oraison funèbre de Lamoricière, per Mons. Freppel.
(6) Réforme sociale. Introduzione.