martedì 13 gennaio 2015

J. Ratzinger: ‘I Giudei non credono a Gesù genuinamente, a causa dell’oscurità dei testi’

J. Ratzinger: ‘I Giudei non credono a Gesù genuinamente, a causa dell’oscurità dei testi’

di CdP Ricciotti - http://radiospada.org/
Prosegue la “saga” dei mini-dossier dedicati al “fine teologo” J. Ratzinger. Qui una vasta carrellata. Alla luce dei fatti sino ad ora dimostrati, certamente J. Ratzinger risulta essere un “fine teologo”, tuttavia non è chiaro di quale religione.
L’articolo di oggi, semplice resoconto dei fatti coadiuvato da qualche breve ed “ingenuo” commento, si ricollega al recente «J. Ratzinger: ‘L’attesa messianica ebraica non è vana’».
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Nel suo libro «God and the World. A Conversation With Peter Seewald», anno 2000, in commercio l’edizione Agosto 2002, a pagina 209, J. Ratzinger scrive:
«È ovviamente possibile leggere l’Antico Testamento così che non sia diretto verso Cristo; non punta abbastanza inequivocabilmente a Cristo. E se i Giudei non riescono a vedere le promesse come compiute in lui, non è (assolutamente o giusto) cattiva volontà da parte loro, ma genuinamente, a causa dell’oscurità dei testi e della tensione nelle relazioni tra questi testi e la figura di Gesù. Gesù porta un nuovo significato a questi testi – eppure è lui che per primo gli dona la loro propria coerenza e rilevanza e significato. Ci sono perfette buone ragioni, quindi, per negare che l’Antico Testamento si riferisce a Cristo e per dire. No, non è ciò che egli disse. E ci sono anche buone ragioni per riferirlo a lui – che è ciò in cui consiste la disputa tra Giudei e Cristiani».
Quello che J. Ratzinger omette, come al solito, è che la ‘genuinità’ si trasformò in ‘colpevolezza’ all’epoca dei fatti. I suoi attuali interlocutori, rabbini ed alte autorità talmudiche, conoscono molto bene Cristo e la Chiesa, eppure hanno volontariamente optato per Caifa e per la sua setta. Proverbi (XXIX, 1): L’uomo che, rimproverato, resta di dura cervice sarà spezzato all’improvviso e senza rimedio.
La traduzione è a cura della Redazione, come pure quelle che seguiranno. Nelle immagini è possibile leggere la versione in lingua inglese.
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Nel suo libro «Milestones: Memoirs, 1927-1977», anno 1998, in commercio l’edizione Luglio 2005, alle pagine 53 e 54, J. Ratzinger afferma:
«Sono sempre più venuto alla realizzazione che il Giudaismo (che, strettamente parlando, inizia con la fine della formazione del canone, cioè nel primo secolo dopo Cristo) e la fede Cristiana descritta nel Nuovo Testamento sono due modi di appropriarsi delle Scritture di Israele, due modi che, alla fine, sono entrambi determinati dalla posizione che uno assume circa la figura di Gesù di [altra pag.] Nazareth. La Scrittura che oggi chiamiamo Antico Testamento è in sé stessa aperta ad entrambe le vie».
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Nel suo libro «God and the World. A Conversation With Peter Seewald», anno 2000, in commercio l’edizione Agosto 2002, a pagina 151, J. Ratzinger sostiene:
«Questo è un altro dei paradossi che il Nuovo Testamento ci mette di fronte. Da una parte, il loro No a Cristo porta gli Israeliti in conflitto con i susseguenti atti di Dio, ma allo stesso tempo noi sappiamo che essi sono assicurati della fedeltà di Dio. Essi non sono esclusi dalla salvezza, ma essi servono la salvezza in un modo particolare, e così essi stanno entro la pazienza di Dio, in cui noi, anche, poniamo la nostra fiducia».
Le due citazioni appena riportate, capolavori di modernismo, certo si prestano ad una duplice interpretazione. Una potenzialmente quasi “considerabile” (volendo essere dei bonaccioni) ed una verosimilmente “dannata”. Nel contesto degli atti e dei fatti riferiti negli studi precedenti e nei futuri, non c’è alcun dubbio a riguardo: J. Ratzinger goffamente giustifica l’attesa messianica dei Giudei, spingendosi addirittura a sostenere, come vedremo, che un Ebreo, e questo è vero per i credenti di altre religioni, non ha bisogno di conoscere o di riconoscere Cristo come il Figlio di Dio per essere salvato.
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Spiega Padre Dragone commentando il Catechismo di san Pio X, CLS, 2009, pagine 200 e 201:
«Gli ebrei sono i non battezzati che professano la legge di Mosè e non credono che Gesù Cristo è il Messia o Cristo promesso.
«Dopo il diluvio, il peccato e la corruzione si sparsero nuovamente sulla terra. Dio allora scelse i discendenti di Abramo come suo popolo, al quale manifestò ripetutamente le divine promesse, e per mezzo di Mosè diede la legge del Sinai, perché almeno il popolo eletto mantenesse viva la fede nel Redentore venturo e si preparasse a riceverlo.
«Grazie alla legge mosaica e alla speciale assistenza di Dio, gli ebrei furono l’unico popolo che conservò il culto del vero Dio e mantenne viva la fede nel Messia promesso. Ma quando il Messia giunse nella persona di Gesù, acciecati dall’orgoglio nazionalistico che speravano un Messia che desse loro potenza e ricchezze materiali, gli ebrei non lo vollero riconoscere, rifiutarono di credere in lui e non si piegarono nemmeno davanti ai più strepitosi miracoli, che proclamavano altamente la divinità e la missione salvatrice di Gesù Cristo.
Essendo privi della fede e del battesimo cristiano, gli ebrei non fanno parte della Chiesa e sono fuori della comunione dei santi. Se sono in buona fede e vivono onestamente si possono salvare, altrimenti non hanno possibilità di salvezza».
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Nei suoi testi «Milestones: Memoirs, 1927-1977» e «God and the World. A Conversation With Peter Seewald», come pure nel documento «Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana» (già analizzato) ed in vari altri suoi scritti che in futuro vedremo, J. Ratzinger cerca in tutti i modi di giustificare, invero con risultati ridicoli e di apostasia, l’incredulità (ovvero l’infedeltà), dei suoi interlocutori. Stiamo parlando di uomini di cultura e di teologi che hanno sufficientemente conosciuto la Chiesa, al punto da non avere più alcuna scusante presso Dio, così come spiega papa Pio IX nell’allocuzione «Singulari Quadam» (9 dicembre 1854) e nelle encicliche «Singulari Quidem» (17 marzo 1856) e «Quanto Conficiamur Moerore» (10 agosto 1863). Essi, i Giudei, anche per ciò che riguarda la corretta interpretazione del Testo Sacro, rifiutano deliberatamente di prendere coscienza dell’evidenza, pertanto versano in uno stato di «ignoranza vincibile» ovverosia «colpevole». Gli estremi di questo «rifiuto» sono già stati precisamente individuati ed esposti sia da Gesù che, in seguito, dalla Chiesa (Papi, Padri, Dottori, Dotti, Esegeti, etc.).
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Sinagoga Colonia
Padre Dragone, nel testo poco prima citato, riflette:
« Ci commuove la sorte degli Ebrei. La nostra compassione però non sia sterile, ma ci spinga alla preghiera e alla riparazione per questo popolo glorioso e infelice.
«Gli ebrei furono i primi nemici del cristianesimo. Dopo aver combattuto Cristo ed essersi illusi di aver trionfato contro di Lui con la sua condanna a morte, perseguitarono accanitamente gli apostoli e la Chiesa primitiva.
«Dapprima imprigionarono Pietro e Giovanni e proibirono loro di parlare di Cristo e della sua risurrezione. Temendo poi l’ira del popolo dovettero liberarli (At c. 4). Poco dopo fecero nuovamente imprigionare gli apostoli, li flagellarono e imposero loro di non parlare più di Cristo (ivi).
«In seguito suscitarono un tumulto contro il diacono Stefano e lo lapidarono; quindi scatenarono una rabbiosa persecuzione, che disperse i primi cristiani e li costrinse a lasciare Gerusalemme.
«Il persecutore più fanatico fu Saulo. Dopo aver seminato lo spavento a Gerusalemme, voleva raggiungere quelli che si erano rifugiati a Damasco. Ma sulla via, che da Gerusalemme va a Damasco, fu atterrato e convertito da Cristo. Saulo divenne l’apostolo Paolo e una delle colonne della Chiesa (v. At cc. 6-8).
«In seguito gli ebrei trovarono un buon alleato nel re Erode Agrippa, che fece uccidere l’apostolo Giacomo (il Maggiore); e con l’intenzione di farlo uccidere per ingraziarsi sempre più gli ebrei, fece imprigionare anche Pietro, che fu però liberato da un angelo (At c. 12).
Gli ebrei furono poi attivi fomentatori delle persecuzioni contro la Chiesa. Ma nei disegni di Dio anche il loro odio doveva servire, almeno indirettamente, per diffondere e consolidare la Chiesa».
Torneremo sull’argomento «J. Ratzinger ed i Giudei del Talmud» nei prossimi giorni.