sabato 11 aprile 2015

Egone Lerch e l'U12





Egone Lerch
L'U12 era comandato da Egone Lerch, nativo di Trieste e fidanzato di "Erszi", la nipotina che aveva un rapporto molto profondo con l'Imperatore. Aveva silurato la corazzata Jean Bart, ammiraglia della flotta francese nel 1914; era in movimento, scortata ed a velocità di crociera... un colpo molto difficile.
Questo siluramento tolse di mezzo la corazzata per molti mesi e fermò le incursioni francesi nell'adriatico. Essi tuttavia bloccavano il canale di Otranto dalla loro base di Corfù, fino a quando subirono l'affondamento dell'altra nave da battaglia Leon Gambetta da parte del collega von Trapp nell'aprile del 1915. Questo gli fece "abbassare" le rotte di vigilanza, togliendo qualsiasi problema ai sommergibili imperiali che attraversavano il canale per compiere missioni e brevi escursioni in Mediterraneo. La Marina austriaca ebbe circa un mese di pace completa, prima che l'Italia desse il cambio alla Francia.
Lerch affondò un vapore greco nei pressi di Pirano, che viaggiava a luci spente contrariamente alle prescrizioni, la notizia fu tenuta segreta per non avere problemi con la Grecia, dove il vile Venizelos, stava già preparando il colpo di Stato per detronizzare il Re Costantino ed incassare i corrispettivi francesi,come premio per dichiararci guerra (non ci sono prove certe, semplice deduzione).


L'U12 
L'U 12 era uno dei nostri migliori sommergibili, pur essendo una carretta infame, come tutti essi. Quando von Hersing dell'U 21 visitò l'U 5 di von Trapp, disse che nessun marinaio tedesco, avrebbe accettato di imbarcarsi su quelle trappole. Erano veramente delle trappole infernali; l'U 12 aveva un motore a petrolio, o meglio a cherosene che lasciava lunghe colonne di fumo bianco... sempre meglio che nere.
I vapori del cherosene non erano velenosi come quelli dei motori a benzina ma i miasmi interni erano comunque mortali, arricchiti dall'idrogeno delle batterie che evaporava naturalmente (non esistevano batterie "stagne") e dall'acido cloridrico che scaturiva non appena queste venivano raggiunte dall'acqua di mare della sentina, oltre che dall'anidride carbonica che veniva solo parzialmente assorbita dalla calce viva (un sacco che durava pochi giorni). Von Trapp chiamò quell'atmosfera, "stupor diesel" (avevamo anche due imbarcazioni a gasolio) ed erano numerosi i casi, di azioni che furono sospese dagli ultimi due o tre uomini coscienti, che lanciavano un'emersione rapida per salvarsi la vita.
In emersione si cambiava l'aria (quella viziata non veniva mai estratta completamente, per una questione fisica che colpisce anche i più moderni sommergibili) ma specie in condizioni di mare mosso, l'equipaggio rimaneva sottocoperta per quasi tutta la missione, che poteva durare anche parecchi giorni. Quando alla fine riemergevano, bisognava trattenerli o legarli, perchè l'improvviso afflusso di ossigeno dopo tanti giorni di anossia, provocava come minimo, dei pericolosi giramenti di testa, esaltati sulle banchine dal "mal di terra" che conoscono tutti i marinai.
Le sindromi dei sommergibilisti, che olte all'atmosfera velenosa dovevano sopportare un'umidità pazzesca che faceva letteralmente piovere la condensa degli scafi sopra di loro, erano diverse. Le più comuni facevano parte dei sintomi di avvelenamento con vomito, febbre e diarrea; nei diari medici sono citate anche come "catarro intestinale". Le riserve d'acqua erano limitate, il liquido era sempre caldo ed i cibi "freschi" si esaurivano dopo un paio di giorni; tra i nostri erano molto popolari i limoni dalmati da succhiare.Il mal di mare colpiva tutti indistintamente; non esistono persone immuni dal mal di mare, ma solo persone che lo possono sopportare meglio degli altri.
Con il maltempo, i nostri scafi rollavano ampiamente anche a 30 metri di profondità,mentre vicino alla superficie o in emersione, era impossibile stare seduti o in piedi, si sprecavano le contusioni e qualce piccola frattura. Il riposo era carente per tutti, solo il primo ed il secondo ufficiale avevano una specie di cabina, che tuttavia sulla serie dell'U 12 era talmente piccola, che non potevano dormire distesi. Gli altri dormivano a turo sul pagliolo, solo l'U3 ed l'U4 a gasolio, avevano abbastanza spazio da creare alcune cuccette,molto strette e sempre inzuppate. Accadde anche che muovendo i piedi, un ufficiale dell' U5 azionò inavvertiamente una leva che faceva parte delle manovre di immersione.
L'alccol era proibito, ma spesso gli uomini si imbarcavano con i postumi della baldoria della notte precedente, specie se erano reduci dal "giro d'onore" del golfo di Cattaro, in caso di successi conseguiti. In quelle occasioni, i festeggiamenti finivano invariabilmente nelle osterie, o quella piccola di Porto Rose prima del trasferimento nella prospicente Gjemovič o nella loro birreria preferita, quella di "Schneider" a Castelnuovo. Ci sono cronache di baldorie memorabili, di generali dell'esercito che protestavano per varie mancanze, di arresti di massa e di immediati perdoni.
Nei diari di medici britannici di marina, si dice chiaramente che gli equipaggi e specie gli ufficiali che spesso non avevano mai un cambio completo, facevano ricorso alla cocaina per poter resistere alle continue missioni. Non ci sono indizi che anche i nostri usassero degli stimolanti, tale ipotesi è tuttavia abbastanza probabile, almeno per quelli di Pola che avevano più possibilità di procurarsene con l'aiuto di qualche medico comprensivo.
Anche se piccolo e pericoloso, l'U 12 aveva tuttavia qualcosa di buono: uno scafo genialmente progettato, che aveva ottime capacità di navigazione, come l'U 5 e l'U 6 chiamati "okarina" per la forma molto idrodinamica del loro scafo. Navigavano bene anche con mare mosso, cosa che i più grandi sommergibili italiani facevano con difficoltà, tanto che non esistono dei loro diari di navigazione in condizioni di burrasca. Degli ufficiali inglesi fecero rapporto che le alette di profondità degli italiani si piegavano con le onde. Dicevano che i loro sommergibili a vapore presenti a Venezia erano molto più robusti di quelli diesel italiani, ai quali tuttavia riconoscevano una ottima qualità delle batterie, che permetteva loro di navigare in immersione molto più a lungo di loro.
Anche i francesi avevano stanziato in adriatico, dei grandi sommergibili a vapore. Non erano delle "caffettiere", il gasolio o meglio un olio pesante, alimentava una turbina, che oltre a caricare le batterie dei motori elettrici, costituiva una notevole riserva di aria compressa che veniva utilizzata per le pompe di bordo ma anche per fornire direttamente potenza all'elica, sembra che non esistessero dei riduttori di giri dalla turbina all'elica.
I sommergibili austriaci a cherosene erano anche capaci di immersioni molto rapide, togliendo gli equipaggi dai guai, numerose volte e di una "discreta" (in confronto agli altri) velocità in immersione rapida che si completava in circa 1 minuto o poco più. I rudimentali scafi non avevano dispositivi per scaricare in immersione l'atmosfera interna, che si arricchiva di vari gas provenienti da fonti diverse (anche dai serbatoi del combustibile) e si surriscaldava grazie al calore di molte decine di gradi (alcune cronache citano anche 65°).
L'Arciduchessa Maria Valeria
Pertanto, l'atmosfera interna era di parecchi bar di pressione, superiore a quella esterna e bisognava fare attenzione quando si apriva il passo d'uomo della torretta appena riemersi, per il risucchio. Volarono diverse suppellettili e pericolosi cappelli, che avrebbero potuto far identificare le minacce dal nemico. Ma una volta, il risucchio stava facendo decollare un comandante, che fu trattenuto a bordo dai suoi uomini che gli presero al volo i piedi, appendendovisi con tutto il loro peso.
Lerch e tutto l'equipaggio scomparvero durante una temeraria azione di penetrazione a Venezia; le loro ossa furono recuperte con il relitto dopo diversi mesi e sono ancora tutti sepolti lì... pochi si ricordano quando sono a Venezia, di portare loro un fiore.

L'Arciduchessa Maria Valeria (Erszi, che fu anche imprigionata in un manicomio dai nazisti) fu disperata per la scomparsa del caro Egon; il loro amore era stato tanto forte, da far saltare tutte le convenzioni di Corte e della Marina.
Lerch ebbe la medaglia d'oro, la seconda più alta onoreficenza triestina di Marina, dopo l'Ordine di Maria Teresa di Banfield.




Fonte: Vota Franz Josef



Di Redazione A.L.T.A.