venerdì 3 aprile 2015

La storia simbolica del “Fratello” Giancarlo Elia Valori: la “vera” ragione della celebrazione dell'unità d'Italia


Giancarlo Elia Valori
Da http://radiospada.org/
Pubblichiamo questo lungo articolo di Giordano Brunettin apparso sulla rivista Instaurare omnia in Christo (Anno XL, n. 2 – Luglio-Dicembre 2011). Il contributo si sofferma su un libro del “Fratello” Giancarlo Elia Valori e sul “ruolo della Massoneria quale direttivo ideologico e collante operativo del Risorgimento e del successivo Stato unitario”. Si evidenzia, in particolare, la capillare azione delle Logge (volta a sostituire la religione cattolica con una “religione civile”, premessa alla futura fede gnostica) e il cedimento di molti cattolici al liberalismo. Il testo è suddiviso in TRE parti (a cura di Marco Massignan).
Prima parte
Una colluvie di pubblicazioni di carattere storico ha preannunciato e poi ha scandito l’anno celebrativo per il 150° della proclamazione del Regno d’Italia (1), ma il valore scientifico è pressoché inesistente. Infatti, al di là dell’indubbia opportunità di guadagno e di carriera, molti accademici e pubblicisti italiani si sono impegnati nella produzione di questi saggi per rispondere a un preciso imperativo politico – non necessariamente eteronomo – che esigeva la conferma della legittimazione del potere attuale mediante la riassunzione della mitografia risorgimentale nei principi politici e nelle finalità di governo della Repubblica italiana. Si tratta di una letteratura di contenuto celebrativo, la cui capacità di interpretazione del Risorgimento è limitata all’ideologia; nell’ipotesi migliore, ossia di un certo ritegno da parte dell’autore, si circoscrive all’esposizione di una storia prettamente “fattuale”. L’evidente debolezza fondativa che emerge dal dettato costituzionale (2) e le “fratture” che emergono nella storia dell’Italia unita (3) – soprattutto in un momento storico che vede affermarsi movimenti politici che spingono per una sostanziale revisione dell’assetto unitario o addirittura per il secessionismo (4) – impongono a chi detiene il potere una “dimostrazione” della legittimità di quel potere mediante il discorso storico, ossia secondo i criteri di quella che si può definire la “prova storica della continuità”, nella quale si accumulano sia un dissimulato concetto idealistico di filosofia della storia (storicismo) sia un prudente teleologismo – quindi autofondativo – di alcuni fatti del passato, ideologicamente selezionati. L’operazione – in linea per altro con una ben consolidata tradizione – trova la sua espressione più sintetica e autorevole nel discorso tenuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Montecitorio il 17 marzo 2011, tutto costruito su una ricostruzione – e interpretazione – storica del Risorgimento e della sua prosecuzione – realizzazione nella Repubblica italiana, la cui lettura (5) può senz’altro esimere dallo scorrere la sopraccitata colluvie saggistica, se non per pretti fini bibliografico-archivistici. Diventa esplicito nelle pubbliche dichiarazioni e nelle stesse disposizioni di legge per l’anniversario (6) l’intento celebrativo di tutto ciò: istituire una “liturgia laica” sull’altare della Nazione-Patria perché si possa veder alimentare nei cittadini una “religione civile”, dalla quale dovrebbe scaturire – anzi, scaturirà senz’altro… – un’etica civile collegata contemporaneamente ad appartenenza e a democrazia moderna, in grado di realizzare la resurrezione del Paese, ossia la sua emancipazione, cioè la sua modernizzazione. Pare piuttosto evidente in questo intento l’idea di coniugare elementi razionalistici, propri del retaggio illuministico, e elementi irrazionalistici, mutuati dal bagaglio proprio di talune forme di religiosità, quindi mostrando una contraddizione intrinseca: non si ricerca la verità attraverso la riflessione razionale sulla storia, ma si induce alla credenza, mediante l’imposizione di un mito da – doverosamente – condividere. A fronte di questo teorema, l’invito a “riflessioni, non celebrazioni” non poteva andare che a vuoto (7). Dunque, con questa impostazione, nessuna pubblicazione meritevole di menzione? Ebbene no: va segnalata e anzi analizzata la pubblicazione di Giancarlo Elia Valori Il Risorgimento oltre la storia, uscito nel marzo 2011 (8). Essa ha un duplice pregio, ossia di ribaltare la vulgata interpretativa vigente e soprattutto di infrangere una convenzione storiografica, un patto non scritto tra accademici e saggisti “istituzionali”, cioè di marginalizzare – se non proprio di eclissare – il ruolo della Massoneria quale direttivo ideologico e collante operativo del Risorgimento e del successivo Stato unitario. E l’autore lo fa con autorevolezza e cognizione di causa: egli infatti rappresenta a pieno titolo l’attuale azione massonica all’interno dello Stato italiano ai massimi livelli (9). Come si accennava, lo scontato esito interpretativo della più recente letteratura sul Risorgimento viene ribaltato, ma direi davvero “illuminato”, perché fornisce l’interpretazione sostanziale non soltanto del processo di unificazione, ma anche dell’intera storia dell’Italia unita secondo l’ottica di chi dichiaratamente e realmente ne è stato protagonista, se non l’artefice, ossia la Massoneria (10). Inoltre il Valori interrompe le tradizionali prudenza e dissimulazione, da sempre praticate dalla produzione storica e saggistica della Massoneria, e rivendica apertamente la direzione massonica del movimento risorgimentista fin dalle sue origini, ma addirittura dell’intero processo di modernizzazione che, per comodità, si può etichettare “rivoluzione liberale”, manifestatosi in Italia a partire dalle “repubbliche sorelle” della prima calata napoleonica. Il fine ultimo, poi, dell’intero processo è di realizzare in Italia, prima, e in seguito nel Mondo una sinarchia finalizzata a realizzare la fede massonica, che è in sostanza una fede gnostica, quindi non di natura prettamente politica e sociale (11). Con questa sua presa di posizione il Valori conferma autorevolmente quanto è sempre stato sostenuto, fin dalla prima metà del XIX secolo, da autori cattolici, e in quanto tali costantemente accusati di scrivere non di storia ma di fantasia (12). Questo saggio possiede anche il merito – come osservato – di mostrare l’esistenza di un patto accademico che tende a ridurre il ruolo della Massoneria nel processo unitario e nella modernizzazione. Ben s’intenda: stante che pur sempre trattasi di opera massonica, il suo autore manda messaggi per orecchie avvertite, in grado di discernerli, mentre ad orecchie profane appaiono involuti e criptici. Proprio per questa ragione ogni affermazione va pesata e meditata attentamente, senza pensare di trovarvi precise e circostanziate indicazioni. Ecco allora che, quando Valori rivendica insieme e il ruolo centrale della Massoneria nel Risorgimento e la “rivoluzione con il popolo”, per merito proprio della stessa Massoneria, il richiamo a Alessandro Luzio diventa un momento di forte critica alla reticenza storiografica e ci offre uno spunto di riflessione sul conflitto esistente all’interno delle Logge tra due opposte strategie per far trionfare l’ideale massonico. Proviamo a esaminare la questione. Il Luzio, ancora nel 1925, coi suoi due volumi La Massoneria e il risorgimento italiano sosteneva propriamente la marginale influenza della Massoneria nel movimento risorgimentista, riservandole un ruolo cospiratorio ed elitario. Scopo del Luzio è principalmente di rivendicare la popolarità del Risorgimento in funzione anti-radicalista e anti-socialista nel contesto politico dell’instaurazione del regime fascista, che si presenta quale rivoluzione nazionale e popolare a compimento del processo risorgimentale. Valori contesta validamente questa posizione, dimostrando che le Logge operarono invece su base popolare, laddove per “popolo” si deve intendere correttamente la borghesia, anche media, che era esclusa dai processi decisionali, come è dato storico acquisito (13). Di più: proprio la capillare funzione delle Logge permise di rendere omogenea la futura classe dirigente italiana, ossia di riunire le forze borghesi, attraendole in un fine unitario – rivoluzione borghese e unità nazionale – benché esse provenissero da formazioni e da posizioni assai divergenti (14). Questa linea sincretistica avrebbe reso possibile l’attrazione nell’orbita degli ideali massonici anche di larghi settori del mondo cattolico, quelli più aperti al “progresso” e alla “libertà”, emarginati dall’atteggiamento radicale, ateo e anti-clericale delle Logge legate al Grande Oriente francese (15). Il Valori aderisce, infatti, alla linea strategica della Massoneria simbolica, spiritualista e sincretistica, che propone di riassumere il Cattolicesimo, sotto forma di catto-liberalismo, nel Grande Disegno sinarchico massonico, criticando invece la linea radicale, che si propone al contrario di combattere sistematicamente il Cattolicesimo e di cancellare la Chiesa cattolica (16). Dapprima minoritaria, la Massoneria sincretista guadagnò forza alla fine dell’800 per giungere poi alla scissione del 1908, che diede vita alla Massoneria laicistica di Palazzo Giustiniani e a quella sincretistica di Piazza del Gesù (17).
Note
1. Forse si tende a dimenticare che il 17 marzo 1861 venne proclamato il Regno d’Italia, non tanto l’Italia che venne presentata ufficialmente dalle Istituzioni e dalla cultura attuali.
2. Sul riduzionismo dell’autorità politica a mera effettualità del potere e sull’asservimento dello Stato all’Unico e alla sua proprietà quali principi fondativi della Costituzione italiana si vedano a mero titolo di esempio Pietro Giuseppe GRASSO, Costituzione e secolarizzazione, Padova 2002 e Danilo CASTELLANO, Ordine etico e diritto, Napoli 2011.
3. La storia dell’Italia dopo l’unificazione – secondo alcuni autori – presenta delle “fratture” – la più rilevante e problematica è costituita dal periodo del totalitarismo fascista – che vengono spiegate in termini di conflitto tra storia e memoria e perciò di “memoria divisa”, derivata dalla mancata formazione di un patrimonio “condiviso” di lettura del proprio passato e riconducibile a opposte interpretazioni di fatti storici. Nell’ampio saggio di John FOOT, Fratture d’Italia. Da Caporetto al G8 di Genova la memoria divisa del Paese (Milano 2009), la causa di questa conflittualità interpretativa è attribuita sostanzialmente a alcune ragioni di carattere contingente e di carattere ideologico: “l’esclusione per lungo tempo di alcuni resoconti dal dibattito storico”, “le guerre civili che hanno segnato la storia dell’Unità d’Italia” e “la fragilità dello Stato e della nazione dopo l’unificazione” (p. 25). La conclusione del lavoro si allinea con il problema di fondo cui rispondono i saggi del centocinquantesimo: come può l’Italia sopravvivere come nazione? Da cui l’altro problema, ossia essa “ha bisogno di una storia condivisa e di una memoria condivisa”? La risposta – piuttosto criptica, invero – sembra andare verso il riproporre l’effettuale “potere dello storico” in senso ideologico a partire dalla sintesi hegelianamente intesa delle “memorie diverse e contrapposte” (pp. 444-445).
4. Il successo di movimenti secessionisti, se ha permesso di ritagliare spazio per una revisione critica del canone storiografico ufficiale sul processo di unificazione, sul Risorgimento e sul concetto di “nazione italiana”, tuttavia sembra essere prodotto proprio dalle medesime ragioni e dai medesimi principi politici che stanno a fondamento del processo di unificazione e di legittimazione del potere.
5. Il testo integrale è disponibile nel sito internet della Presidenza della Repubblica italiana. L’interpretazione del Presidente Napolitano è più problematica che chiarificatrice, poiché glissa con grande abilità sul problema della rivoluzione fascista, che si presentava e si legittimava proprio sul completamento del Risorgimento, e sulla finalità di una comunità statuale, finalità che sembrerebbe ancora costituita da una politica di potenza, benché non più militarmente e territorialmente intesa (potenza economica, potenza diplomatica).
6. La festa nazionale per l’Unità d’Italia il 17 marzo è stata disposta mediante un procedimento che parte dal Decreto legge n. 5 del 22 febbraio 2011 e si conclude con la sua conversione nella legge n. 47 del 21 aprile 2011.
7. Cfr. l’editoriale di Daniele MATTIUSSI, “Riflessioni, non celebrazioni” in Rivista Instaurare omnia in Christo (settembre-dicembre 2010).
8. Per i tipi di Excelsior 1881, casa editrice di recente costituzione, il cui nome allude al balletto di Romualdo Marenco, che, richiamandosi alla ballata di Longfellow, inneggia alla lotta tra l’Oscurantismo e il Progresso in una prospettiva di “illuminazione” e di “movimentismo”, che negli intenti operativi – come da presentazione del sito web della casa editrice – prova il raccordo tra il movimento nichilista e istanze liberalistiche e laicistiche: “[il balletto] ha sempre celebrato il primato della ragione, della fratellanza, dell’operosità e dell’inventiva, del fare per migliorare, rappresentando un sogno, un ideale possibile, oggi, allo stesso modo, Excelsior 1881 vuole essere ancor di più un luogo, o meglio un metaluogo, in cui condividere rispetto ed equità”. Sono frasi che richiamano espressamente la metodologia e il fine – ovviamente dichiarabile – della Massoneria secondo il massone René GUÉNON, Studi sulla Massoneria (Santarcangelo di R. 2010).
9. È opportuno dare qualche cenno biografico del personaggio, stando a quanto compare su Wikipedia: nato a Meolo (VE) il 27 gennaio 1940 da genitori toscani legati alla D.C. (il padre Marco è compagno di scuola di Amintore Fanfani), studia economia e commercio e si trasferisce a Roma. Nel 1965 entra nella RAI prima come consulente e poi come funzionario alle relazioni internazionali: il fratello, rappresentante dell’Eni in Argentina, lo introduce negli ambienti governativi sudamericani. Intanto coltiva relazioni con la Curia romana fino ad essere nominato, nel 1963, cameriere di cappa e spada, prima onorificenza di una lunga serie. Valori sa sfruttare al massimo nella sua carriera successiva, grazie alla sua abilità diplomatica, i suoi contatti con l’estero, con gli ambienti cattolici e anche con la massoneria. Infatti si iscrive prima, nel 1965, alla Loggia Romagnosi del Grande Oriente d’Italia, poi, alla loggia P2 di Licio Gelli. Nel 1976 Valori è vicedirettore generale di Italstrade e in questo periodo stringe rapporti con personalità dei servizi segreti: Nicola Falde, ufficiale del servizio di sicurezza militare, Giuseppe Santovito, all’epoca comandante del Comiliter di Roma e in seguito direttore del Sismi (entrambi iscritti alla P2, come tanti altri amici e conoscenti di Valori, compreso il giornalista Mino Pecorelli). In un interrogatorio davanti al giudice Rosario Priore, Valori afferma, a proposito dei suoi rapporti con Santovito, “che i servizi potevano avere un ruolo incisivo circa l’apertura economico-commerciale verso i mercati esteri, in particolar modo verso Libia, Iran, Algeria, Arabia Saudita, Turchia […]. Conoscendo i rapporti che il Servizio aveva all’epoca con tutto il mondo arabo, io chiesi al generale Santovito di tenere presente, nell’ambito della legalità e degli interessi dello Stato, la società dell’Italstrade, società a capitale Iri, per eventuali lavori da compiere in quei Paesi”. Nel 1981 scoppia lo scandalo P2 e Valori compare sulle liste di Gelli come membro espulso. Sempre grazie alla sua rete di contatti internazionale, Valori contribuisce in modo decisivo alla liberazione di tre ostaggi francesi rapiti nel 1985 in Iran da estremisti islamici e rilasciati nel 1988. Durante un viaggio d’affari in estremo oriente per conto della RAI, Valori ha modo di conoscere il presidente nordcoreano Kim Il Sung, e proprio a lui si rivolge perché si adoperi a convincere i capi religiosi di Teheran a esercitare la loro influenza sui sequestratori, così da ottenere la liberazione degli ostaggi. Quando anni dopo le sue responsabilità nella vicenda vengono alla luce, il presidente francese François Mitterrand lo nomina Cavaliere della Legion d’Onore. È stato presidente di numerose società tra cui la Autostrade per l’Italia S.p.A., la società concessionaria che gestisce la rete autostradale italiana, la SME – Società Meridionale di Elettricità -, l’UIR – Unione Industriali di Roma. Dal 2006 al 2011 è stato presidente di Sviluppo Lazio, holding di controllo di tutte le società partecipate dalla regione, e dell’impresa edilizia Torno Internazionale S.p.a. Dal 2005 ricopre il ruolo di presidente onorario della Huawei Technologies Italia, è poi presidente della holding La Centrale Finanziaria Generale S.p.a., nonché dal 2009 è Presidente della delegazione italiana della Fondazione Abertis. Valori presiede anche una “Fondazione per le Bioscienze” che nel 2004 ha stabilito un patto di cooperazione scientifica a tre, con l’Università Campus Biomedico dell’Opus Dei e l’israeliano-francese Weizmann Institute France Europe of Science. Un patto stilato alla presenza di Francesco Cossiga, nella sede di Capitalia. Il 28 dicembre 2007 il giudice Luigi De Magistris, ascoltato dalla procura di Salerno nell’ambito delle vicende del processo “Why Not”, afferma che le indagini “stavano ricostruendo l’influenza di poteri occulti […] in meccanismi vitali delle istituzioni repubblicane: in particolare stavo ricostruendo i contatti intrattenuti da Giancarlo Elia Valori, Luigi Bisignani, Franco Bonferroni e altri, e la loro influenza sul mondo bancario ed economico finanziario. […] Giancarlo Elia Valori pareva risultare ai vertici attuali della “massoneria contemporanea” e Valori s’è occupato spesso di lavori pubblici”.
10. Cfr. p. 19. È bene precisare: anche altri storici massoni, come A.A. MOLA, La liberazione d’Italia nell’opera della Massoneria (Foggia 1990) o La Massoneria nella storia d’Italia (Torino 1980), sostengono che esiste una correlazione assai stretta tra Massoneria e Risorgimento, per cui le Logge contribuiscono al movimento risorgimentista, ma il Valori si spinge ben oltre, ossia afferma che la Massoneria ha promosso, ispirato, reso possibile e infine guidato il movimento risorgimentista, al di là del fatto che poi esso sia riuscito o meno a realizzarsi secondo gli intendimenti massonici (tanto da chiedersi se il “Risorgimento mancato” non sia abile slogan inventato e propalato proprio dalle Logge).
11. Cfr. quanto annota GUÉNON, Studi sulla massoneria (cit., p. 39) sul senso della simbologia massonica, che non nasconde soltanto concezioni politiche e sociali, bensì un mistero altrimenti inesprimibile, assimilabile ai misteri del rito eucaristico. Quale sia poi il mistero inesprimibile potrebbe raccontarcelo nel suo saggio padre Florindo GIANTULLI, L’essenza della Massoneria italiana: il naturalismo (Firenze 1973).
12. Cito soltanto Jacques CRÉTINEAU-JOLY, L’Eglise romaine en face de la révolution (Parigi 1859) e Enrico DELASSUS, Il problema dell’ora presente. Antagonismo tra due civiltà (voll. 2, Roma 1907), poiché in passato la storiografia cattolica era semplicemente ostracizzata. Fra gli storici recenti possiamo citare Angela PELLICCIARI, Risorgimento da riscrivere. Liberali e massoni contro la Chiesa (Milano 1997); IDEM, L’altro Risorgimento. Una guerra di religione dimenticata (Casale Monferrato 2000); Massimo VIGLIONE, Libera Chiesa in libero Stato? Il Risorgimento e i cattolici: uno scontro epocale (Roma 2005).
13. Cfr. pp. 34-35.
14. Cfr. p. 36.
15. Da notare che anche in Francia compare una tendenza simbolica o sincretistica, che vide tra i suoi affiliati anche l’abate Fauriel, col quale ebbe amicizia Alessandro Manzoni. Appare significativo che la conversione del liberale e ateo Manzoni avvenga in Francia, a seguito dei contatti col Fauriel. Valori sospetta la vicinanza del romanziere cattolico con la Massoneria simbolica (p. 35).
16.La considerazione tattica della Massoneria sincretistica è molto semplice, ce lo esprime il Valori stesso (p. 34): “la scelta di gran parte delle Obbedienze muratorie di lavorare all’interno di una rete complessa e frastagliata di associazioni e gruppi politici è legata a due valutazioni fondamentali: l’Italia è un Paese cattolico, e quindi i Fratelli debbono operare in politica, e per l’Unità d’Italia, attraverso strutture non direttamente correlate alle Logge, e questo, peraltro, permette al Risorgimento massonico di non essere solamente […] una “rivoluzione senza popolo”, e di avere come referente tutta quella parte della classe media e della borghesia che, per limiti culturali o per scelta ideologica, non ha alcun interesse per la Vera Luce dell’Oriente”.
17. Sulle circostanze e sul significato della scissione si veda l’interpretazione un poco di parte di Aldo A. MOLA, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni (Milano 2006, pp. 325- 331). All’opposto il Valori fornisce una lettura più articolata del fatto: “e sarà l’anticlericalismo, come accadrà nella scissione del 1908, a caratterizzare il dibattito politico della Libera Muratoria italiana, tentata da un rapporto istituzionale con le classi moderate che hanno vinto la partita risorgimentale, e quindi da una rivisitazione del laicismo esoterico e politico della Massoneria, o da una penetrazione laicista in un ceto medio che molti leggono, allora, come elemento rivoluzionario in mancanza delle masse e nella carenza di un movimento di riforma interna nella Chiesa Cattolica” (p. 62).
Fine prima parte