lunedì 18 maggio 2015

Gli italiani ed il tesoro della Basilica di Grado



Vittorio Emanuele III visitò Grado nel giugno del 1915. Chiese a Don Tognon di mostrargli il Tesoro del Duomo, sapendo benissimo che il Tesoro era stato nascosto. Secondo informatori, la domanda capziosa gli era stata suggerita dal sindaco Marchesini, irredentista.
Don Tognon rispose che il Tesoro era stato portato via e nascosto dai pericoli bellici. Il giorno dopo gli arrivarono i carabinieri, che lo arrestarono perchè il Tesoro era stato trovato in casa del falegname Ermacora Zuliani che abitava vis a vis della casa parrocchiale. Il parroco fu internato nella fortezza di Alessandria.
I motivi dell'arresto non erano noti e Don Tognon dalla prigionia, manifestava sempre grande stupore. Il mistero fu svelato dal Corriere della Sera, che raccontava che assieme al Tesoro, era stata trovata una baionetta austriaca.
Lo Zuliani aveva costruito una botola nello scantinato di casa sua, d'accordo con Don Zuliani che riteneva inopportuno, nasconderlo nei sotterranei della Basilica. I carabinieri trovarono immediatamente la botola ed introdottosi nel vano, recuperarono il Tesoro ed altri oggetti personali dello Zuliani, tra i quali la baionetta del figlio, ufficiale austriaco.
Il Tesoro del Duomo è di inestimabile valore, composto dal Palio d'argento donato da Venezia nel 1372, l'arcella argentea dei SS Ermacora e Fortunato del 1200 (i più importanti Santi del Litorale venerati fino in Austria ed in Slovenia), croci, astili ed altri arredi sacri del 400 e del 500, piatti, smalti vitrei e le capsule per reliquie, vanto dell'oreficeria paleo-cristiana.
Gli italiani non si papparono il Tesoro del Duomo come fecero con i soldi di Barbana, forse il malloppo era troppo grosso e conosciuto, per suscitare l'appropriazione con destrezza. Però fecero di tutto per recuperarlo ed il motivo di questo comportamento non ha mai avuto spiegazione. Oltre a Don Tognon e lo Zuliani, solo una terza persona era al corrente del nascondiglio, un certo Gregori, cognato del falegname.
La Diocesi di Udine che era subentrata a quella di Gorizia, mandò a Grado uno dei suoi famosi preti "tremendi" mangia austriaci, don Giovanni Mainardis con il coauditore don Cescutti, sostituito nel 1916 da a fine anno da don Degano e poi ancora nel 1916 da don Beza. Non sappiamo chi era parroco nel novembre del 1917 quando in Duomo fu celebrata una messa solenne alla presenza della coppia Imperiale, con la città imbandierata da drappi giallo neri. Nessuno si sognò di andare sul campanile per mettere un'aquila asburgica come fecero un paio di sciocchini ben noti il 24 maggio del 1915... è risaputo che l'Austria ed i suoi cittadini, non amano le pagliacciate.
Secondo il maestro Olivotto, furono internate 100 persone, ma secondo memorie familiari, questo numero sarebbe molto riduttivo, calcolando che numerosi gruppi di cittadini erano stati spediti in Veneto e nei dintorni di Campobasso, ma che altri gradesi furono internati in tanti luoghi diversi. Tra gli internati ci fu anche il tenente Luigi De Grassi, disertore austriaco e quindi "volontario giuliano" a pieno titolo, roba da intitolargli una scuola o una via. Passato il confine non si sa dove, si recò al più vicino comando italiano per informarlo che la città di Monfalcone era sguarnita da militari e che potevano correre immediatamente ad occuparla.
Ciò strideva con le informazioni riservate in possesso degli italiani (abilmente fatte traperlare dall'Evidenzbüro) che arrestarono il De Grassi. Così iniziava a conoscere le persone che tanto desiderava, comandassero in casa sua. Fu liberato parecchio tempo dopo.

Fonte: Vota Franz Josef 

Di Redazione A.L.T.A.