domenica 3 gennaio 2016

Mondialismo e pace universale, ovvero il messianismo temporale della Sinagoga

Mondialismo e pace universale, ovvero il messianismo temporale della Sinagoga
 
Fonte: http://www.radiospada.org/
 
di Padre Louis-Marie OP. Digitalizzazione a cura di CdP Ricciotti. Dalla pagina 22 alla 28.
 
Dallo scritto: “Perché gli ebrei non credono in Gesù”, titolo originale “Pourquoi les juifs ne croient pas en Jésus”, apparso sulla rivista “Le Sel de la terre”, n° 59, Inverno 2006-2007, traduzione di un estratto (pagg. 4-46) a cura di Paolo Baroni, Ferrara 2015, Qui ut Deus?, stampato in proprio.
[…] La pace temporale non è una conseguenza diretta del cristianesimo, ma non gli è neanche estranea. Il pianeta Terra, che da secoli risuonava dello scontro delle armi e dei clamori guerrieri, sembrò calmarsi e raccogliersi quando si avvicinò la nascita del bambino-Dio. L’imperatore Augusto (63 a.C.-14 d.C.) impose la pace universale, sia all’intemo dell’impero che alle sue frontiere, chiudendo, dopo la battaglia di Azio (31 a.C.), le porte del tempio della guerra, quasi sempre aperte dalla fondazione di Roma.
Il mondo era in pace quando gli angeli vennero a cantare la notte di Natale: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà». La Chiesa cattolica divenne la custode di questa pace. Quando l’impero romano crollò sotto il peso delle invasioni barbare, la Chiesa non venne trascinata in questa fine, ma vinse pacificamente i barbari, mutando progressivamente il loro cuore; attirando gli uni ai monasteri, imponendo agli altri la «pace di Dio» o la «tregua di Dio», e, da queste orde che dovevano sommergerla, fece nascere le diverse nazioni della cristianità.
Gesù non ha mai preteso stabilire il paradiso in terra. Il loglio resta mescolato al buono grano (Mt 13, 41), e le atrocità non sono mancate anche all’interno del cristianesimo. Ma la predicazione costante della carità, e soprattutto l’esempio dei Santi, non rimasero senza frutti. La Chiesa protesse il matrimonio, e dunque le donne e i bambini. Seppe resistere ai re e agli imperatori quando si comportavano da tiranni. Essa soppresse poco a poco la schiavitù. Instaurò una società cristiana che, pur nelle sue miserie terrene, si è mostrata incontestabilmente più umana e più attenta ai deboli di tutte le civiltà pagane. Senza fornire direttamente la pace temporale, Gesù Cristo la dona in sovrappiù, nella misura in cui le nazioni si sottopongono alla Sua legge.
[…] E per concludere a proposito della profezia di Isaia, dedichiamo volentieri al rabbino Simmons l’esempio di uno dei suoi predecessori, così descritti da Tertulliano (155-230): «Paolo, da persecutore divenne Apostolo; egli, che prima versava il sangue della Chiesa, cambiò la sua spada in uno stiletto e trasformò la sua ascia in un vomere da arare» – [Schiavitù, superstizioni, sacrifici umani, tirannide dei sovrani, sop­pressione dei bambini indesiderati, sfruttamento della donna, ecc…: ecco i mali dai quali il cristianesimo ha liberato l’umanità. Occorre ricordare che la vita umana non valeva quasi nulla nell’impero romano, almeno quella dei neonati, degli schiavi o dei gladiatori? E che nessuna autorità religiosa era in grado di porre dei limiti ai capricci dell’imperatore, che giunse anche a farsi adorare come un dio?]
Quarto compito del Messia: «Diffondere la conoscenza universale del Dio d’Israele che riunirà l’umanità formando un solo popolo». Quelli che sanno distinguere la religione dalla politica […], riportano evidentemente questa promessa nell’ordine religioso. E constatano allora che essa si è realizzata, poiché una società unica che ha riunito nel suo seno tutte le nazionalità, senza mescolarle né confonderle, ha sparso nel mondo intero la conoscenza del Dio unico rivelatosi per primo a Israele. Al contrario, coloro che sognano ancora un messianismo essenzialmente temporale interpretano queste promesse di unificazione mondiale in modo umano (naturale, politico, terreno), ne concludono che ancora non sono state compiute. Per risolvere queste due interpretazioni concorrenti, è sufficiente paragonare i frutti visibili dell’una e dell’altra, così come la loro logica interna.
[…] «È meglio un uovo oggi che una gallina domani», dice il proverbio. La Chiesa cattolica ha già un grande vantaggio sul «popolo unico» atteso dagli ebrei: esso esiste già! Questa esistenza è indiscutibile poiché la Chiesa possiede un’unità esterna e un’universalità facilmente riscontrabili anche da chi non ha la fede. Storicamente parlando, il cristianesimo è la prima religione universale. Mentre ogni popolo (od ogni famiglia di popoli) aveva le sue divinità nazionali, essa li ha condotti alla fede nel Dio unico. La Chiesa ha conquistato tutta la terra, ma nella pace, senza violentare nessuno, subendo al contrario lunghe e sanguinose persecuzioni. Il paragone con l’islam (che è stata la seconda religione universale della storia, e sotto molti aspetti, una contraffazione della prima) è a questo riguardo assai illuminante. L’universalismo del cristianesimo è un universalismo di pace (da due millenni, il cristianesimo genera continuamente frutti di pace: i Santi). Si può dire altrettanto del messianismo temporale?
[Probabilmente si opporranno a questa affermazione i soliti luoghi comuni sull’inquisizione, sulle crociate e sulla conquista delle Americhe. Basta qui rispondere che né l’inquisizione né le crociate avevano lo scopo di convertire al cristianesimo. La prima si prodigava a proteggere la fede dei cristiani già battezzati; le seconde a liberare la Palestina – terra cristiana invasa dall’islam – affinché i pellegrini potessero recarvisi senza pericolo. Né l’una né le altre sono state delle imprese di conversione forzata. Quanto all’America Latina, essa è stata conquistata con la forza delle armi dalla Spagna e dal Portogallo, non dalla Chiesa. Quest’ultima ha diffuso il cristianesimo con la predicazione, con l’esempio e per mezzo dei miracoli, come d’altronde è accaduto ovunque. Fu grazie ai miracoli – e senza mai ricorrere alla violenza – che San Louis Bertrand (1526-1581) operò decine di migliaia di conversioni in Colombia; furono le apparizioni della Madonna di Guadalupe (1531) che convertirono il popolo messicano, ecc…] (qui approfondimenti).
[…] Quali sono, da duemila anni a questa parte, le grandi imprese universalistiche ispirate dal messianismo temporale? L’islam, di cui non si è ancora finito di censire le vittime [Sulle origini giudeo-nazarene dell’islam, vedi la tesi di É.-M. Gallez, Le Messie et son prophète. Aux origines de l’islam («Il Messia e il suo profeta. Alle origini dell’islam»), Editions de Paris, 2005. Ma indipendentemente da que­ste opere storiche, la dipendenza dell’islam dal messianismo temporale ebraico è più che evidente]; Le utopie rivoluzionarie [«La nuova Gerusalemme sarà ovunque trionferà l’idea francese della Rivoluzione», dichiarava Maurice Bloch (cit. in M.-J. Lagrange o.p., Le Messianisme chez les juifs 150 a.C. à 200 d.C., Gabalda, Parigi 1909, pag. 331)], e in particolare il comunismo, responsabile di più di cento milioni di morti [Sul ruolo degli ebrei nel comunismo, vedi in particolare A. Sol°enicyn, Deux siècles ensemble («Due secoli insieme»), vol. II, Fayard, Parigi 2003]; E oggi, l’ideologia «mondialista» (eliminiamo le frontiere!) [Vedi H. Ryssen, Les espérances planétariennes («Le speranze planetarie»), Ed. Baskerville, Levallois, 2005. Questo libro mostra molto bene come l’uto­pia del messianismo temporale insita nel comunismo, sottende oggi l’ideo­logia mondialista, ma manca di spirito cristiano. Le critiche voltairiane contro la Bibbia (pagg. 204-208) sono particolarmente sgradevoli , di cui si può dubitare ragionevolmente che faccia la felicità dell’umanità].
Ogni storico può rimanere colpito solamente dalla forza apparentemente irresistibile con la quale queste utopie mortifere – contrarie al più elementare buon senso – si impongono tutto d’un tratto come una marea montante ad una grossa porzione dell’umanità. Anche i più materialisti tra loro – gli ideologi marxisti – sembrano animati da un fervore quasi religioso, come da un soffio mistico. Il fatto è che tutti attingono più o meno direttamente la loro forza dalla speranza messianica d’Israele. Speranza di origine divina, certamente, per essere portatrice di una tale energia, ma sicuramente deviata per essere all’origine di tanti disastri. Le follie moderne non sono «idee cristiane diventate pazze» [«World full of Christian ideas gone mad» (cfr. G. K. Chesterton, Orthodoxy, 1908)], ma idee ebraiche: la speranza messianica distolta dal suo vero oggetto (la salvezza eterna) e applicata all’ordine temporale. Il peggio è che il messianismo temporale sopravvive ai disastri che genera. E continuerà a generarne di nuovi perché, secondo il rabbino Simmons che evoca su questo punto l’autorità di Maimonide, «ogni generazione contiene nel suo seno un individuo che avrebbe la capacità di diventare il Messia».
[…] Dopo i frutti (di pace da un lato, di morte dall’altro), paragoniamo la logica interna dell’universalismo cattolico con quella del messianismo temporale. La speranza del rabbino di «riunire l’umanità formando un solo popolo» conduce immediatamente ad una domanda: il popolo ebraico è dunque chiamato a fondersi con le altre nazioni per formare un po­polo unico? In questo caso, come conserverà tutte le prerogative cui il rabbino si mostra così attaccato? Ma se rifiuta di mescolarsi agli altri, cosa sta ad indicare questo «popolo unico»? In questo caso, diventa palpabile la formidabile contraddizione interna della speranza messianica ebraica. Ed è stato necessario, in realtà, che Dio stesso in­tervenisse per risolverla, facendo comprendere agli Apostoli che la Chiesa non poteva aprirsi all’umanità intera che abbandonando le particolarità ebraiche (At 10 e 11). «Non vi è più giudeo né greco – esclama San Paolo – […] ma tutti voi siete uno solo in Cristo Gesù. E se voi siete di Cristo siete seme di Abramo, eredi secondo la promessa» (Gal 3,28-29). In altre parole, i criteri di appartenenza al popolo eletto non sono più razziali (la discendenza fisica da Abramo), ma spirituali (l’incorporazione mistica a Cristo – Abramo fu cristiano in voto, NdR). La Sinagoga ha rifiutato questa realtà, temendo soprattutto di perdere il suo statuto speciale. E allo stesso tempo ha rinnegato la profezia del «popolo unico». L’attuale giudaismo rimprovera vivamente alla Chiesa di proclamarsi il «nuovo Israele». Per esso si tratta di una pretesa inammissibile. Ma questa «pretesa» manifesta proprio la splendente realizzazione della profezia messianica. E nella Chiesa (il «nuovo Israele») che si avvera l’oracolo di Zaccaria: «Gerusalemme sarà priva di mura, per la moltitudine di uomini e di animali che dovrà accogliere. Io stesso – parola del Signore – le farò da muro di fuoco all’intorno e sarò una gloria in mezzo ad essa» (Zc 2, 8-9).
Augustin Lémann, un illustre convertito dal giudaismo, commentava: «Questa metafora indica che la vecchia Gerusalemme era solamente la figura di un regno che sarebbe stato assai diverso, poiché la sua superficie non potrebbe essere determinata in modo umano. Essa avrà il suo compimento nella Chiesa di Cristo, regno spirituale e universale» […]
[…] Se l’universalismo messianico degli ebrei è intrinsecamente contraddittorio (e dunque irrealizzabile), l’universalismo cattolico può sembrare, a prima vista, del tutto paradossale. Ma esso ha l’immenso vantaggio di essere un paradosso realizzato, un paradosso vivente. La Chiesa costituisce una vera società universale (in greco, «cattolico» significa «universale») dotata di una solida unità di governo, di dottrina e di culto [note distintive oggi messe in discussione dalla crisi innescata dal vaticanosecondo, non a caso concordato con la Sinagoga, NdR] – [Mentre tutte le altre società religiose si mettono rapidamente al servizio del potere politico, come le chiese scismatiche orientali (i cosiddetti «ortodossi»), gli anglicani, i protestanti, i musulmani, ecc…, la Chiesa cattolica è sempre riuscita a liberarsi dai poteri che tentavano di asservirla]; i suoi membri gli sono più attaccati che alla loro patria terrena, e persino di più che alla loro vita; e tuttavia, lungi dallo sciogliere le nazionalità, la Chiesa cattolica ne ha fatto nascere numerose. Charles Maurras (1868-1952), un teorico nazionalista che non aveva la fede, ha dovuto riconoscere che questa società sovranazionale, lungi dal nuocere alle nazioni, le aveva largamente beneficate; egli l’ha definita anche come «l’unica internazionale che valga» [quello che, invece, hanno dimostrato di non aver mai accettato o capito anche i politici nostrani, NdR]. Il fatto è che la Chiesa si trova su di un altro ordine rispetto alle nazioni temporali. Il suo sviluppo non potrebbe dunque disturbarle, ma al contrario esse approfittano della sua azione moralizzatrice.
A chi obiettasse che la Chiesa non ha ancora riunito tutta l’umanità nel suo seno, bisognerebbe dare due risposte distinte.
Innanzi tutto, nulla impedisce, prima della fine del mondo, un trionfo universale della santa Chiesa che realizzerebbe completamente la profezia messianica (senza tuttavia stabilire il paradiso sulla terra, giacché gli uomini resteranno peccatori e la Chiesa minacciata dalla tiepidezza). Gli ebrei stessi raggiungeranno in questo momento l’unica Chiesa. Ma anche coloro che rifiutano questa speranza dovranno convenire che la Chiesa è già una società universale evoluta presso tutti i popoli del mondo. E dunque, essa realizza già la profezia del popolo unico [Si può notare che, globalmente, malgrado le persecuzioni e le diverse crisi che possono essere interpretate come «variazioni stagionali», ininfluenza della Chiesa sulla terra è sempre stata crescente]. «Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio» (Is 52,10; SI 97, 3).
di Padre Louis-Marie OP. Digitalizzazione a cura di CdP Ricciotti. Dalla pagina 22 alla 28.
Dallo scritto: “Perché gli ebrei non credono in Gesù”, titolo originale “Pourquoi les juifs ne croient pas en Jésus”, apparso sulla rivista “Le Sel de la terre”, n° 59, Inverno 2006-2007, traduzione di un estratto (pagg. 4-46) a cura di Paolo Baroni, Ferrara 2015, Qui ut Deus?, stampato in proprio.