mercoledì 1 giugno 2016

TRADIZIONE: MIGUEL AYUSO, COSÌ SI COMBATTE NEL SECOLO XXI

 
(Lettera Napoletana) Mentre il processo di sconvolgimento dell’ordine naturale e cristiano che si chiama Rivoluzione sembra giunto a convulsioni estreme, tra terrorismo e sovvertimento delle tendenze intime dell’uomo, in che condizioni si trovano il pensiero cattolico tradizionale e quanti ad esso si richiamano, i tradizionalisti?
LETTERA NAPOLETANA lo ha chiesto al prof. Miguel Ayuso, docente di Scienza della Politica e di Diritto Costituzionale all’Università Comillas di Madrid, presidente dell’Unione Internazionale dei Giuristi Cattolici, e direttore della prestigiosa rivista Verbo, edita dalla Fundación Speiro.
 
D. Il Tradizionalismo, in Europa, continua ad esprimere un pensiero di notevole qualità intellettuale e a produrre studi di valore, ma ha un impatto debole sulla realtà politica-sociale. Se condivide questo giudizio, come lo spiega?
 
R. Vorrei ricordare anzitutto che il tradizionalismo è la continuità, esistenziale ed intellettuale, della Cristianità, come incarnazione sociale del Vangelo. Elías de Tejada lo ha chiarito bene parlando del Carlismo: dopo la crisi della Christianitas maior del Medioevo, la Monarchia ispanica del periodo barocco (della quale il Regno di Napoli era parte importante) costituí una sorta di Christianitas minor e, quando quest’ultima fu contagiata da idee deleterie, i suoi ideali sopravvissero nel Carlismo, in forma di Christianitas minima. È logico dunque che, se la tradizione cattolica viene abbandonata prima nella sfera politica, poi in quella sociale, il tradizionalismo (purtroppo, l’ismo è indispensabile) si riduca ad un ambito intellettuale. A questo si aggiunge un secondo problema: nella Cristianità sussistevano una serie di elementi dottrinali e di opere che dopo la sua scomparsa si sono frantumati e successivamente si sono spesso assolutizzati. Potremmo dire, ripetendo quanto Chesterton diceva parlando delle virtù, che sono impazziti. C’è chi si preoccupa esclusivamente della giusta difesa della Santa Messa tradizionale di fronte al disastro del nuovo rito, chi si dedica esclusivamente alla morale naturale familiare, trascurando gli altri ambiti del retto agire umano. E c’è chi si dedica alla politica, riducendola ad una battaglia per l’autonomia territoriale oppure alla legittimità dinastica. Il Carlismo ha subito negli ultimi decenni una drastica riduzione della sua base sociale ma, con la vera Comunione Tradizionalista, quella di S.A.R Don Sisto-Enrique di Borbone, non ha visto frantumarsi il suo patrimonio ideale.
 
D. In Italia, lo schieramento tradizionalista, già meno significativo di quello francese o spagnolo, conosce alcune clamorose defezioni ed è diviso in gruppi e singoli che sembrano interessati ad una battaglia di pura testimonianza…
 
R. Direi, se me lo consente, che un tradizionalismo vero e proprio in Italia non si è mai delineato. Ad impedirlo è stata prima l’unificazione, imposta contro il Papa e contro il Regno borbonico di Napoli, e, successivamente, nella seconda metà del XIX secolo, il modello conservatore straniero, soprattutto di reazione in senso negativo, adottato dai gruppi che facevano riferimento al tradizionalismo. Le recenti defezioni di alcuni di questi gruppi sono una conferma del suo fallimento. Altri gruppi più recenti si muovono nella prospettiva limitata della quale parlavo prima, oppure sono privi già in partenza di una visione d’insieme. Vorrei citare però in campo intellettuale – ma non slegato dai problemi reali – una figura di rilievo come il professor Danilo Castellano.
 
D. In Francia invece i tradizionalisti, nonostante le forti divisioni che pure esistono, riescono ad avere un’influenza concreta sulle vicende politiche, se pensiamo alla reazione della Manif pour Tous, oppure alla battaglia in difesa della Sovranità nazionale contro il neo-totalitarismo dell’Unione Europea. A che cosa lo attribuisce?
 
R. Non credo che in Francia il tradizionalismo abbia una influenza effettiva sulla politica. Certo, la Manif pour Tous è stata un successo dei cattolici perché ha dimostrato la loro capacità di reazione, ma non si può inquadrarla solo in ambito tradizionalista. Anche in Spagna il governo Zapatero suscitò una reazione forte, ma la definisco più conservatrice che tradizionalista. Direi che questi episodi di reazione sono stati una mobilitazione di cattolici conservatori, innescati però abilmente da elementi tradizionalisti. Accade lo stesso con la battaglia contro l’Unione Europea, espressione di una corrente di pensiero sotterranea in Francia, che emerge periodicamente e non è costituita solo da tradizionalisti. Non mi soffermo sul concetto, che considero errato, di Sovranità nazionale. Non è alla logica della Sovranità (in ambito maggiore o minore) che dobbiamo fare riferimento, ma a quella del bene della Comunità politica, che rispetta gli enti minori ed è aperto ad integrazioni da parte di quelli superiori. In sintesi, in Francia il tradizionalismo è riuscito a collegarsi in parte con le aspirazioni di un’ampia area liberal-conservatrice, cosa che non è avvenuta in Italia o in Spagna. Ma, nonostante la presenza di un ambiente tradizionalista più esteso che in Spagna o in Italia, non mi pare che il tradizionalismo francese esprima un pensiero più acuto o sia più lungimirante nell’analisi della situazione presente e del futuro. Vorrei citare, come esempio di lucidità la rivista Catholica diretta da Bernard Dumont, che supera, per profondità ed acutezza di analisi la storica Itinéraires.
 
D. In America Latina, dove svolge un’intensa attività di seminari nelle Università e di incontri con giuristi e studiosi del pensiero politico, vede prospettive migliori per la Tradizione?
 
R. Ci sono Paesi come il Messico, dove resiste una fede popolare vigorosa, nonostante la sovrastruttura laicista del Paese, che risale alla secessione e soprattutto alla Rivoluzione del secolo scorso. Il movimento tradizionalista, però, non è significativo. In Colombia c’è ancora una devozione mariana molto viva, ma il Partito Conservatore, al quale hanno aderito personalità di area tradizionalista, è ormai un partito liberal-conservatore in tutto e per tutto, come è logico che sia, poiché, mantenendo le leggi rivoluzionarie, il governo diventa sempre più liberale. C’è una personalità straordinaria, quella del Procuratore Generale Alejandro Ordoñez, che dispone di un grande potere ed è la terza o quarta autorità del Paese. Lui sarebbe capace di cambiare le cose. Neanche in Perù, un Paese ancora sociologicamente cattolico, c’è una forza tradizionalista apprezzabile. Paradossalmente l’Argentina, un Paese molto più secolarizzato, vede la presenza di un tradizionalismo che, per quanto diviso e mescolato con il nazionalismo ed altri errori moderni, ha un certo peso intellettuale e sociale. Si tratta, però, di un ambito di influenza che non incide sulla società nel suo complesso. La stessa situazione del Cile, aggravata da un individualismo che impedisce la nascita di gruppi o movimenti e riduce il tradizionalismo a singole personalità di valore. Resta il Brasile…. Concludendo, nell’America ispanica ci sono piccoli gruppi tradizionalisti, spesso di grande qualità, ma il panorama complessivo non è molto diverso da quello europeo. La Comunión Tradizionalista, attraverso il suo braccio culturale, che è il Consiglio di Studi Ispanici Filippo II mantiene i contatti con i leader ed i gruppi più interessanti ed ha propri delegati in gran parte del Continente e non solo.
 
D. LETTERA NAPOLETANA pubblica il suo numero 100. Si tratta di un’iniziativa idealmente gemella ad altre Lettere d’Informazione pubblicate on-line in Spagna, sul modello di Agencia FARO, in Francia, in Portogallo. Che importanza attribuisce a questa battaglia di informazione e controinformazione? I piccoli mezzi d’informazione, animati da buona dottrina, possono servire a contrastare i “battaglioni della grande stampa, come sosteneva Ploncard d’Assac, della Tv e di Internet?
 
R. Siamo molto soddisfatti del ruolo che si è ritagliato Agencia FARO, che si è affermata come un importante mezzo di comunicazione del tradizionalismo spagnolo, con l’attenzione rivolta all’Ispano-America, ma anche all’Europa ed agi Fa informazione, ma fornisce chiavi di lettura e di interpretazione degli avvenimenti. Seguo con interesse anche altri piccoli media di diversi Paesi, in particolare la vostra eccellente Lettera Napoletana. Ad essere sincero mi pare che ci troviamo di fronte ad un fenomeno a due facce: da un lato si ha l’impressione di poter contrastare, con mezzi molto limitati i grandi mass-media che diffondono, grazie ad ingenti investimenti, l’ideologia dominante del nichilismo globalizzato. Dall’altro però dobbiamo prendere atto che un singolo, davanti ad un computer, può essere in grado di distruggere gruppi organizzati e con una lunga tradizione alle spalle. Certamente dobbiamo approfittare della tecnologia elettronica che, a differenza di quelle meccanica della prima rivoluzione industriale, è decentralizzata. Nello stesso tempo però, dobbiamo renderci conto che, oltre ad darci la possibilità di opporci ai grandi mezzi d’informazione, essa può aumentare la dialettizzazione tra quanti ad essi resistono. In ogni caso dobbiamo continuare a combattere. Al meglio delle nostre forze. (LN100/16)