martedì 29 novembre 2016

La perfidia massonica contro il Presepe



-di Davide Consonni- Fonte: http://www.radiospada.org/

Il 16 novembre, il Grande Oriente di Francia (GOdF), obbedienza massonica pubblicamente più anticattolica d’Europa, ha avuto l’ardire di contestare ferocemente il Consiglio di Stato francese (incarnazione della sulfurea tirannide giacobina) reo di aver autorizzato la presenza di Presepi in luoghi pubblici. Si badi bene che i consiglieri della più alta corte amministrativa di Francia han fornito delle motivazioni, a favore dell’autorizzazione, da far impallidire gli autori di letteratura distopica, da Bradbury, passando per Huxley e Orwell, fino ad approdare al mondialista Wells. Il Consiglio di Stato ha letteralmente motivato quanto segue: A causa della molteplicità dei significati attribuiti al presepe, i quali hanno un carattere religioso, ma anche carattere di decorazioni secolari installati per la celebrazione di fine anno , il Consiglio di Stato ritiene che la loro installazione temporanea su iniziativa di un’istituzione pubblica, in un luogo pubblico , è legale se ha carattere culturale, artistico o festivo, ma è illegale se esprime il riconoscimento di un culto o di preferenza religiosa. Agghiacciante ma per la perfida setta non è sufficiente. Per il Grande Oriente di Francia, questa decisione del Consiglio di Stato: mina il principio costituzionale di laicità in tutte le sue componenti: la neutralità degli enti pubblici nei confronti delle religioni, la libertà di coscienza e pari diritti dei cittadini di fronte alla legge. […] Questa decisione conduce ad evitare l’applicazione della legge del 1905, in particolare gli articoli 2 e 28. Consentendo una maggiore interferenza della religione nella sfera pubblica, questa decisione contribuisce a confessionalizzare la società, questo denunciamo in contrasto con la libertà di coscienza. Riconoscendo il primato delle presunte tradizioni cristiane della Francia sulla legge repubblicana, mina il principio di uguaglianza, come definito dall’articolo 1 ° della Costituzione ( “senza distinzione di origine, razza o la religione “) e porta in sé i germi di attestazioni d’identità pericolosi per la coesione nazionale. Il Grande Oriente di Francia condanna fermamente l’ambiguità semantica incoraggiata dalla decisione, vale a dire la trasformazione di un evento di culto oggettivamente in evento di festa culturale”.
La perfidia guidaico massonica s’incarna perfettamente nell’accozzaglia di bile velenosa vomitata in quest’occasione. Contro la Sacra Famiglia si scaglia da secoli la potenza infernale delle logge di mezzo mondo, nel 2017 cadrà il tricentenario della fondazione della perfida setta, 300 penosissimi anni di lotta contro la Santa Eucarestia. Dal Vaticano, invece e oramai, son troppi i decenni da cui l’Apostolica Voce non si scaglia contro queste nefandezze tutte moderne che ammorbano e scandalizzano quel che rimane della societas christiana.
 

lunedì 28 novembre 2016

Il fiumano Sigismondo Benigni



Sigismondo Benigni, fiumano nato il 15 gennaio 1855, morto a Graz il 13 ottobre 1922

Cavaiere di Muldemberg con il titolo di "Graf", promosso tenente nel 1873 dopo aver frequentato l'accademia militare tecnica, fece parte del "Genio".

Ebbe una encomiabile carriera militare terminata con il congedo nel 1911, con il grado di Feldmarschall-Leutnant; aveva fatto parte dello Stato Maggiore....

Richiamto in servizio all'età di 60 anni nel gennaio del 1915, comandò la "Brigata Benigni" ed il "Corpo Benigni" in Galizia, del quale faceva parte anche il 97 esimo Reggimento KuK.

Per i brillanti risultati conseguiti fu più volte decorato e promosso a Feldzeugmeister, dal luglio del 1918 fu comandante militare di Cracovia. I suoi discendenti vivono ancora a Graz ed in altre parti dell'Austria.



domenica 27 novembre 2016

Conferenza: Sulla deserta coltrice accanto a lui posò: il neoghibellinismo di Napoleone Bonaparte




Registrazione  della  411° conferenza di formazione militante
a cura della Comunità Antagonista Padana
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore:
parla Mattia Spaggiari, introdotto da Piergiorgio Seveso,
La conferenza è stata tenuta il 4 novembre 2016
Buon Ascolto!


giovedì 24 novembre 2016

Pola: primo intervento cardiochirurgico



Fonte: Vota Franz Josef



"Il muratore di San Giorgio di Nogaro Luigi Cazetti di 46 anni, si è procurato una profonda ferita toracica con un coltello da tasca, in stato di ubriachezza. Trasportato all'ospedale, è stato operato d'urgenza perché il cuore era seriamente danneggiato.
L'operazione ha impegnato il dr. Craglietto assistito dai dr. Franzoni e Burnaba che hanno chiuso la ferita con sei punti. L'intervento sembra essere riuscito poiché il paziente è stato... dichiarato fuori pericolo.
Questo è il primo intervento cardio chirurgico effettuato a Pola, altri due sono già stati eseguiti a Trieste, nell'ultimo era stato operato un ladro che appena dimesso, era stato nuovamente arrestato dalla polizia perchè sorpreso a rubare."
Naturalmente, non c'erano tiket e la sanità era gratuita anche per gli immigrati stagionali.

lunedì 21 novembre 2016

100° anniversario della scomparsa dell'Imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria




Il 21 novembre 1916 moriva Francesco Giuseppe I d'Austria, Imperatore d'Austria, Re Apostolico d'Ungheria, Re di Boemia, Re del Regno Lombardo-Veneto, Re di Dalmazia, Croazia e Slavonia,
Re di Galizia e Lodomiria, Arciduca d'Austria, Gran Principe di Transilvania, Conte di Gorizia e di Gradisca, Signore di Trieste, Duca di Salisburgo, Principe di Trento e Bressanone.

Nato nel Castello di Schönbrunn (Vienna) il 18 agosto 1830, figlio maggiore dell'Arciduca Francesco Carlo d'Asburgo-Lorena (figlio minore dell'Imperatore Francesco I d'Austria), e di sua moglie Sofia di Wittelsbach, Principessa di Baviera, si spense nello stesso luogo 86 anni dopo. Regnò per 68 anni, durante i quali venne messo duramente alla prova dalle avversità politiche di un Europa sovvertita dalla Rivoluzione e da drammi famigliari.





Redazione A.L.T.A.

sabato 19 novembre 2016

NON DIMENTICHERÒ MAI QUELLA SCENA!



Il 21 novembre 1916 moriva Francesco Giuseppe,
imperatore dell'Austria-Ungheria.
Qualche settimana dopo, l'istitutrice tedesca portò al cinema il piccolo Plinio
– che allora aveva otto anni di età –
a vedere il documentario sui solenni funerali a Vienna.
Ecco alcuni suoi commenti.

La mia istitutrice proveniva dalla nobiltà tedesca e conosceva, quindi, alla perfezione il protocollo della Casa d'Austria. Ricordo che, a sottovoce e in tedesco, mi spiegava passo per passo lo svolgersi della cerimonia. Io rimanevo estasiato, tale era la mia ammirazione per l'Austria.
Ricordo Carlo, il nuovo imperatore, mentre camminava molto serio. Al suo fianco, con un atteggiamento ieratico, degnissimo, l'imperatrice Zita, che era molto bella. Il lutto era imponente e Lei coperta di nero dalla testa ai piedi. In mezzo si vedeva un piccolo bambino, tenuto per mano. Aveva lunghi capelli biondi e ricci, molto ben pettinati. Domandai alla mia istitutrice: Chi è lui? Mi rispose: È l'arciduca Otto, erede al trono d'Austria.

Non dimenticherò mai quella scena! Rimasi elettrizzato di ammirazione per l'arciduca Otto. Egli è rimasto nella mia memoria come un principe da favola, un bambino che concentrava in se stesso tutto il passato della Casa d'Austria, tutte le tradizioni e tutte le speranze. L'imperatore e l'imperatrice erano attorniati da personaggi che mi sembravano, anche loro, usciti da una favola: era la nobiltà imperiale!
Tutto era accompagnato da un cerimoniale militare, ma molto diverso da quello tedesco, più prossimo al Medioevo. La maniera in cui i militari sfilavano e, di tanto in tanto, si salutavano e stavano sugli attenti gli uni verso gli altri, illustrava un misto di dignità ieratica, di vivacità giovanile e di senso storico, come se provenissero da altri tempi.
Ebbi l'impressione che si fossero unite in un insieme - una tradizione secolare, una forza militare ed una eleganza da passo di danza - per ispirargli ogni mossa ed atteggiamento, in un alto rispetto di se stessi e nella consapevolezza di possedere una missione speciale al cospetto di Dio.
Intanto, quello che ammirai in quel corteo fu, soprattutto, la maestà, contenendo in sé l'alleanza fra la nota aristocratica e monarchica, la nota sacrale e cattolica, nonché la nota militare. Tre aspetti che coesistevano magnificamente e che mi lasciavano incantato.



Plinio Corrêa de Oliveira

Fonte: http://www.pliniocorreadeoliveira.it/

giovedì 17 novembre 2016

Il Codice Penale Carlista e il crimine di Lesa Patria .



No, non è una legge della tirannide nazionalista che tutto agglomera e tutto distrugge, cancellando identità e tradizione, ma una saggia legge emanata da S.M.C. Carlo VII di Spagna nel 1875:

ART. 135. La temptativa per destruir la independència o integritat de l’Estat serà castigada amb la pena de mort.

ART. 137. L’espanyol que prengués les armes contra la seva pàtria sota banderes enemigues serà castigat amb la pena de cadena temporal en el seu grau màxim a la de mort.


ART. 138. S’imposarà també la pena de cadena temporal en el seu grau màxim a la de mort:
1r A que facilités a l’enemic l’entrada al Regne, el progrés de les seves armes o la presa d’una plaça, lloc militar, vaixell de l’Estat o magatzems de boca o guerra del mateix. (…)


Codi Penal de Don Carlos VII, per la Gràcia de Déu Rei d’Espanya. Impremta Reial de Tolosa, 1875. Secretaria d’Estat i Despatx de Gràcia i Justícia de SMC.

Fonte: https://somatemps.me/


Di Redazione A.L.T.A.

lunedì 14 novembre 2016

Francesco Giuseppe I d'Austria ed il rispetto per le lingue locali




Franz pretendeva che i suoi sudditi sloveni di Gorizia gli parlassero nella propria lingua madre durante una visita nel Litorale. Ricordiamo che da bambino frequentò Gorizia, in visita al suo precettore e che viveva nella sua casa di Sempeter pri Gorici.
Da altre fonti sappiamo che usava questo metodo anche con i dignitari sloveni, indizio che comprendeva anche i termini più difficili. Faceva lo stesso con i croati, mentre con i ceki sapeva anche conversare.
Che provino ora i goriziani, a parlare in sloveno a Mattarella ed alla Serracchiani.


Fonte: Vota Franz Josef




domenica 13 novembre 2016

I Montecuccoli al servizio dell'Impero

Fonte: Vota Franz Josef

Questo era il figlio di Rodolfo Montecuccoli, nativo di Modena, espatriato con il padre nel 1859 all'età di 15 anni. Il padre combattè a Solferino nel 1866 con la Brigata Estense, poi la famiglia tornò a Vienna. Quelli della Brigata Estense che credettero al "perdono" dei Savoia, furono invece imprigionati e videro le loro proprietà confiscate. Non erano solo modenesi, un nutrito gruppo di ferraresi gli si era unito.
Rodolfo Montecuccoli combattè a Lissa all'età di 25 anni e si distinse. Fece una rapida carriera e dal 1904 al 1910, fu Comandante in Capo della KuK Kriegsmarine. Sotto la sua direzione, avvenne il più grande rinnovamento della nostra Marina. Non godeva di appoggi politici come nessuno nelle nostre forze armate, dove si faceva carriera esclusivamente per merito e la fortuna di essere la persona giusta al momento giusto.
Sotto la sua direzione avvenne il più straordinario programma di rinnovamento della Marina, eppure non era per niente amico di Franz Ferdinand, che era il "padrino" della nuova Kriegsmarine. Curiosamente, il suo "lascito" più noto fu il colore delle nostre navi che divenne una specie di verde oliva, più consono alla mimetizzazione in mare. Quella tinta particolare, fu chiamata "Montecuccolin" in tutte le lingue.
Suo figlio Alfons combattè e fu pluridecorato. Il padre morì nel 1922 nella sua casa di Baden vicino a Vienna. Alfons rimase in Austria e non si sognò mai di tornare a Modena. Il cognome Montecuccoli del ramo austriaco, si è estinto perché le eredi sono esclusivamente femmine.
Quando la propria terra natale viene conquistata da degli invasori, ci sono due scelte: restare sottomessi o fuggire. Questa famiglia con altre centinaia, decise di non sottomettersi al Regno di Sardegna ed andò esule in Austria, per poter continuare a vivere libera, in dignità e coerenza. Tutti i modenesi dovrebbero onorare questa gente, non iscriversi al Rotary ed ai Lyons per fare propaganda per gli invasori dei loro nonni. In cambio dall'Italia, ottengono solo briciole, rispetto a ciò che potrebbe avere avere la loro terra in un'amministrazione autonoma come quella austriaca.
Nel dopoguerra, Mussolini decise di onorare i "capitani di ventura" come se fossero stati dei "patrioti". Tra questi, c'era uno dei primi Montecuccoli, Duchi di Modena, espatriati nel medioevo da Ferrare dove avevano vinto i guelfi. L'Italia gli intitolò un famoso incrociatore della classe "condottieri". Ma quel Montecuccoli non era nemmeno "italiano", aveva casa in Austria, una moglie austriaca ed era plurilingue.
E quando i pescatori istriani e dalmati vedevano l'incrociatore Montecuccoli scorazzare tra le loro isole, dicevano: "Ara che cocoli i 'taliani: se i ghe dà el nome del Comandante Montecuccoli a un incrociator, el prossimo se ciamerà de novo Tegetehoff".
Si dice che una barca di pescatori andò a salutare l'incrociatore Montecuccoli, aveva issato a riva la bandiera della KuK Kriegsmarine e quella della Regia Marina. Sotto bordo salutarono, cantarono Giovinezza e poi l'Inno Imperiale.

mercoledì 9 novembre 2016

Il "complotto di corte" nella Spagna del 1830-1833

L'atto "cesaristico" di Ferdinando VII
(Prammatica Sanzione del marzo 1830).

Filippo V e le sue Cortes stabilirono la Legge Salica, secondo cui le donne non possono ereditare la Corona. Le Cortes di Carlo IV (1789) proposero al Re l’abrogazione della Legge Salica, però questo progetto non ottenne la sanzione reale, per cui l’abrogazione non entrò in vigore. Ferdinando VII, mediante la Prammatica Sanzione (29 marzo 1830), sanzionò la proposta delle Cortes del 1789. Questa Prammatica Sanzione non è valida; Ferdinando VII avrebbe dovuto riunire le sue Cortes per abrogare la Legge Salica. La facoltà di stabilire queste leggi fondamentali del Regno necessità del consenso congiunto del Re e delle Cortes; è chiaro che non poteva esserci consenso attribuito alle Cortes di un regno (Carlo IV) e il re di un altro regno (Fernando VII). Lo spazio temporale relativamente breve (43 anni) tra la proposta delle Cortes e la Prammatica Sanzione, causò un quadro non sufficientemente chiaro per permettere una visione della illegittimità della procedura. Ma oltre a questo vi fu la Prammatica Sanzione strappata a Ferdinando VII, sotto forte pressione, quando venne colpito dalla grave malattia che lo privò delle sue facoltà, come riportato da Donna Eulalia di Borbone, figlia dell’Infanta Isabella “II”, che conferma certamente il complotto di corte perpetrato:
Donna Eulalia
di Borbone-Spagna

"Por ella (la reina Cristina) conocí la versión exacta y el minucioso relato del origen del problema carlista..." "...la Infanta Luisa Carlota -madre de mi padre y esposa de Don Francisco de Borbón- había jurado reiteradamente a Don Carlos, que no sería Rey de España. A PESAR DE QUE EL HIJO SEGUNDO DE CARLOS IV ERA YA PARA TODOS EL HEREDERO NATURAL DE SU HERMANO FERNANDO, que no tenía hijo varón" "..Tenaz en sus rencores la bella y caprichosa Luisa, ya moribundo mi abuelo, se las ingenió para convencerle de que firmara el Real Decreto de la abolición (de la Ley Sálica). APROVECHO PARA ESTO UN MOMENTO EN EL QUE EL REY, PREAGÓNICO CASI SIN VOLUNTAD, estaba sólo acompañado de mi abuela, PRESENTÁNDOLE EL DOCUMENTO QUE APENAS PODÍA FIRMAR Y AYUDÁNDOLE CON SU PROPIA MANO A ESTAMPAR LA AUTORITARIA FIRMA TEMBLOROSA." (1)

L'Infante Francesco di Paola
di Borbone-Spagna


I principi dell’Illuminismo prima, e della Rivoluzione Francese poi, si estesero in Spagna. Tutto il Regno di Ferdinando VII è una continua lotta tra coloro i quali difendevano l’ordine tradizionale e i liberali rivoluzionari. In seguito a ciò due tendenze si posero, da un lato Don Carlo, e dall’altro il partito della Rivoluzione, i cui membri pensavano che mettere sul Trono una bambina di tre anni avrebbe reso loro facile governare.
La massoneria appoggiò i rivoluzionari: l’Infante Don Francesco di Paula (fratello di Ferdinando VII) Gran Maestro della massoneria, e sua moglie Donna Luisa Carlotta (sorella della Regina Maria Cristina, moglie di Ferdinando VII), costituirono gli elementi principali di questo appoggio. Durante tutta questa lotta, nonostante il suo carattere, Don Carlo diede costante prova di presenza e di affetto verso suo fratello il Re Ferdinando VII.



(1) Memorias de Doña Eulalia de Borbón, Infanta de España. Editorial Juventud, S.A., Barcelona, julio 1958, págs, 17 y 18.
(2) L'ordine tradizionale è quello della monarchia cattolica spagnola ed europea, anche se con differenze significative tra di loro, denaturalizzate dalle correnti assolutistiche, ma senza ancora raggiungere una sovvertimento dei principi, venne sovvertito con la Rivoluzione francese.


Fonte: Carlismo

martedì 8 novembre 2016

Mussolini e l'accoglienza all'Imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria


Fonte: -La Prima Guerra Mondiale-

L'Imperatore Francesco Giuseppe I
a Innsbruck nel 1909.


Franz continuò la sua visita al Tirolo, raggiungendo Bozen e Trento. Qui l'accoglienza sconvolse Mussolini, ospite di Cesare Battisti.

Il futuro "duce" scrisse che anche i politici liberal-nazionali accolsero ed onorarono l'Imperatore con affetto, amore e sincera dedizione. Aggiunse che un eventuale referendum di annessione a Trento, avrebbe visto l'Austria vittoriosa con la stragrande maggioranza della popolazione. Disse che gli "irredentisti" erano poche decine di figli di ...papà, che si limitavano occasionalmente, ad imbrattare qualche simbolo asburgico.
Riportò le scene che accadevano in occasione delle visite di leva, quando i ragazzi coscritti cantavano canzoni anti italiane come la famosa: "Co' la pel de Garibaldi noi farem tanti tamburi..."
Nella sua analisi, aggiunse che non si poteva contare per la causa italiana, nemmeno sulla classe operaia, elencando le tutele molto più avanzate delle quali godeva ed ammettendo che il socialismo austriaco era totalmente patriottico, oltre che lealista verso la Corona.
Ora, i figli del Tirolo conquistato che hanno fatto il servizio militare negli Alpini, rinnegano la loro storia e le loro radici. Dicono che gli "Schützen" sarebbero "folkloristici nei loro costumi sgargianti coi cappelli piumati", come prescrive il mantra tricoloruto.
Ma essi sputano sulle loro radici e sui loro avi. Che ciò sia chiaro, che lo sappiano se fingono di non saperlo e se sono uomini d'onore, lo ammettano. Poi si comportino come preferiscono e come consente la democrazia, ma senza ipocrisie.

domenica 6 novembre 2016

Due Germanie, due profili a confronto




Il 21 novembre ricorrono cent’anni dalla morte 
dell’Imperatore Francesco Giuseppe.
Trascriviamo questo commento sull’incontro 
del Sacro Imperatorecon il Kaiser Guglielmo II, nel 1908.

L’incontro riprodotto nel quadro si svolge nel castello di Schonbrunn, a Vienna, nel 1908. Francesco Giuseppe celebrava sessant’anni di regno. Durante buona parte del suo regno, egli era stato il Capo di tutti i popoli di lingua tedesca. Verso la metà dell’Ottocento, però, la Prussia aveva promosso un’alleanza di Stati tedeschi contro di lui, coalizzandoli poi un altro impero sotto la direzione del Kaiser.


In conseguenza di tali macchinazioni, Francesco Giuseppe – rappresentante della più antica, illustre e sacrale dinastia dell’Europa – era stato in pratica estromesso dal mondo tedesco, passando quindi a governare su una serie di Stati di lingua magiara, slava, rumena, italiana ecc., chiamati nell’insieme “Monarchia austro-ungarica”.

Nel 1908, però, il kaiser Guglielmo II aveva bisogno del suo appoggio. Passando sopra il risentimento anti-asburgico, egli organizzò una visita ufficiale a Vienna per festeggiare, accompagnato da tutti i Principi tedeschi, i sessant’anni del vecchio Imperatore. Il quadro mostra questo incontro, avvenuto nel Salone di Maria Antonietta nel castello di Schonbrunn.

È una scena altamente sacrale. Lo splendore del cerimoniale è portato a un apice di gala e di pompa, tale da condurre lo spirito alle più alte considerazioni, che poi aprono finestre per la contemplazione di Dio Nostro Signore.
Francesco Giuseppe è solo davanti a tutti i Principi tedeschi. A destra, in abito civile, vi è anche il sindaco di Amburgo, una Città libera.

Tutto è luminoso. Il salotto è immerso in una luce naturale argentea che si riflette sulle pareti e sul pavimento. Il pavimento sembra fatto di pietra preziosa. I pennacchi bianchi dei Principi aumentano la sensazione di luce, completata poi con i lampadari e gli specchi. Tutto il quadro emana luce. La luce splende nelle decorazioni, nelle spalline, nelle spade. Ovunque c’è luce e splendore.

Tutti sfoggiano un atteggiamento di grande compostezza e rispetto. Indossano quelle divise perché sanno di rappresentare una carica; in altre parole, perché hanno un altissimo rispetto di se stessi. L’idea soggiacente è quella di sublimare al massimo il Potere pubblico, lo Stato, per rispetto alla creatura umana che lo Stato è chiamato a governare.


Guardate l’aria militare dei Principi, che dà un’idea di potenza e di forza. Io potrei sintetizzare questa scena in tre parole: forza, splendore, sacralità. Qui si vede la Germania, ma una Germania dominata dalla Prussia. Il Kaiser ha un plico in mano, che certamente è il testo del discorso che sta leggendo. Francesco Giuseppe ascolta con deferenza.

Il capolavoro della scena, però, è l’imperatore Francesco Giuseppe!

Sono due modi completamente diversi. La Germania moderna, militare e industriale, è rappresentata dal Kaiser e dai Principi. La vecchia Germania, tradizionale, sacrale, nobile, illustre, guerriera ma soprattutto patriarcale, è rappresentata dall’Imperatore dell’Austria-Ungheria. Sono due diverse idee della Germania: una militare e pre-nazista; l’altra sacrale e cattolica.

Si osservi questo fatto curioso: Francesco Giuseppe è completamente solo, non si fa accompagnare da nessuno, la sua uniforme è semplice, solo tre colori, un abito bianco, pantaloni rossi con una treccia d’oro. Porta una fascia molto bella ma semplice. In mano reca l’elmo con un pennacchio verde chiaro.

Lui, da solo, ha un peso molto superiore rispetto a tutti gli altri messi insieme. Allo stesso tempo, però, egli ha una semplicità che ne svela la superiorità. Osservate, per esempio, come i tedeschi hanno la testa in alto, per dare l’idea che valgono qualcosa. Francesco Giuseppe, al contrario, è totalmente naturale. Possiede una tale distinzione, che mette tutti nella propria scarpa…al punto che si nota una sorta di vuoto che lo circonda e nessuno gli si avvicina. Analizzate la sua fisionomia. Si tratta di un uomo consapevole di non aver bisogno di ornamenti per essere sé stesso. Alle sue spalle ha secoli di storia gloriosa. Possiede un diritto innato che la forza non può violare. Perciò riceve i suoi ospiti in modo serio, gentile, ma non sorridente. Riceve ospiti nei confronti dei quali ha un rimprovero, che vela con urbanità. Con somma educazione, li guarda negli occhi  come chi dice: “Io mi presento nella mia semplicità. Ma vi ricevo nel mio palazzo, simbolo del mio potere. Se ci sarà un’altra guerra sappiate che vi accoglierò con la punta della mia spada, perché non mi lascio dominare da nessuno!”. Tutto questo, però, viene affermato con somma affabilità, dignità e distinzione.

Il mio commento conclusivo sarebbe: Vedete quanto valgono la Tradizione, il diritto secolare e la sacralità! Molto più di tutta quella ricchezza e tutto quel potere militare!

Plinio Corrêa de Oliveira - 27 Maggio 1974



venerdì 4 novembre 2016

Novembre 1918: gli Inglesi entrano a Trento e la "addobbano" per gli "italiani"





Gli italiani entrarono a Trento nel 5 novembre 1918, dopo l'armistizio e dopo l'entrata delle truppe britanniche, che firmarono la resa della guarnigione e hanno "decorato" alcune vie della città con bandiere tricolori per l'entrata "trionfale" dell'esercito italiano.
Alle 2 di mattina del 3 novembre il capo dello stato maggiore della 48ª divisione e il responsabile ufficiale del servizio d’informazione incontrarono a Trento i responsabili militari dell’alto comando austriaco della 10ª armata e chiesero la resa incondizionata degli austro-ungarici, essendo essi all’oscuro delle trattative per un armistizio fra Austria e Italia. Gli austriaci non avevano il potere di firmare una resa incondizionata, ma raggiunsero con gli inglesi un accordo scritto sostanzialmente equivalente: garantivano il libero accesso a Trento e non avrebbero più sparato. Questo incontro è confermato da diversi diari di ufficiali. Nel diario del tenente inglese Mitch Williamson si legge: “la divisione raggiunse la città di Trento, capitale del Tirolo."



Fonte: Trento è Tirolo - Trient ist Tirol

4 novembre, giorno della Dinastia Legittima delle Spagne







Il giorno 4 novembre è la festività di San Carlo Borromeo, il Giorno della Dinastia Legittima.
In suffragio di tutti  i suoi membri, specialmente dei Re e Regine legittimi e Infanti di Spagna che morirono in esilio, si offre la Santa Messa in Oviedo, Capilla Cristo Rey (C/. Pérez de la Sala, 51, bajo) oggi venerdì novembre, alle 20:30.
La Dinastía legittima, anche conosciuta come carlista, è formata dai Re successori di Ferdinando VII e di tutti i precedenti Re di Spagna. Tra il 1833 e il  1977, questi Re sono, secondo l'ordine della Corona di Castiglia: Carlo V, Carlo VI, Giovanni III, Carlo VII, Giacomo I (III di Aragona), Alfonso Carlos (il vero Alfonso XII) e Saverio I. Attualmente la Dinastia è guidata dall'Infante Don Sisto Enrico di Borbone, legittimo Reggente  della Comunión Tradicionalista e  delle Spagne.


Di Redazione A.L.T.A.


giovedì 3 novembre 2016

Pio IX e la vittoria di Mentana


Centro studi Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 77/16 del 3 novembre 2016, Santa Silvia

Pio IX e la vittoria di Mentana

Ricordiamo la vittoria dell’esercito pontificio nella campagna dell’Agro Romano, culminata con la battaglia di Mentana del 3 novembre 1867, con un documento del Papa Re Pio IX.

Breve “Ex quo infensissimi”

Il Papa Pio IX. A futura memoria.
Da quando i funesti nemici del nome cattolico, per cancellarlo del tutto (se fosse possibile) hanno osato far vacillare il principato civile della Santa Sede, cui sottrassero floride province lasciandone a Noi solo alcune perché esercitassimo il potere civile entro angusti confini e non senza difficoltà dell’erario, uomini perfidi non hanno mai rinunciato al proposito di occupare le altre Nostre province e d’invadere perfino questa alma Urbe nella quale, per divina volontà, si è stabilita la Sede Apostolica, fondamento della religione, maestra della fede, rocca e baluardo della verità cattolica.
Da qui le macchinazioni e le frodi, da qui l’aperta violenza usata recentemente, quando cioè si accozzarono improvvisate masnade d’infima plebe, prontissime ad ogni misfatto, che si inoltrarono nelle nostre province per alzare la bandiera della ribellione: col terrore, con le rapine e con ogni sacrilega scelleratezza portarono la desolazione nei villaggi, nei paesi, nelle città senza però riuscire ad allontanare le popolazioni dalla debita fede, dall’ossequio verso di Noi e la Sede Apostolica.
Orbene, in un così difficile frangente rifulse l’eccezionale valore dei Nostri soldati. Infatti, seguendo i loro comandanti, per nulla atterriti dall’asperità del cammino e neppure affranti dalla lunghezza delle marce né svigoriti dalle fatiche, corsero alacri a rintuzzare l’impeto dei nemici. Dopo aver acceso la zuffa contro di essi, ed averla rinnovata in più luoghi, combatterono con tanto animo e coraggio che sconfissero e dispersero quelle schiere efferate e restituirono quiete e sicurezza ai borghigiani e ai cittadini.
Non molto tempo dopo, una banda in armi osò avvicinarsi alle mura di Roma per tentare un assalto allo scopo di sfogare il trattenuto furore con gli incendi, col saccheggio delle case, con la distruzione dei templi e col sangue degli onesti cittadini, non appena dai complici della loro ribalderia (che si erano furtivamente introdotti in città e avevano preparato nuovi strumenti di morte) fosse dato il segnale della congiura.
Ma i Nostri soldati non mancarono al loro dovere; scoperte le insidie, infatti, resero vana la perfidia dei congiurati e avendo sgominata e uccisa una parte di essi e un’altra parte gettata in carcere, salvarono questa sede della religione, questa dimora delle arti belle dall’imminente sterminio.
Alla milizia Nostra poi si presentò un’altra occasione di mettere in luce il proprio valore. Un’accozzaglia di armati, raccolti ovunque nella vicina provincia Sabina, aveva occupato Monterotondo; ivi commise molte azioni indegne e, accesa di sfrenata cupidigia, meditava una nuova aggressione contro Roma; senonché contro il nemico furono inviate truppe Nostre e truppe ausiliarie Francesi, per assalirlo.
Esse, ingaggiata battaglia presso Mentana, diedero prova di tanta forza, ardore e costanza nel combattere che domarono e sbaragliarono quella colluvie di predoni benché superiore di numero. Ne ferirono e uccisero molti; ne condussero nelle prigioni tanti altri, e misero in fuga i rimanenti con il loro audacissimo condottiero, riportando quindi una splendida vittoria. Le schiere vincitrici poi, rientrate in Roma, ebbero una trionfale accoglienza: la cittadinanza andò loro incontro, e con grida e con applausi festeggiò la bella impresa di quei valorosissimi uomini


Ma affinché il ricordo di questa vittoria che non senza l’aiuto di Dio è stata ottenuta, e ovunque è stata celebrata e lodata, possa perpetuarsi in tutte le età, abbiamo fatto coniare un fregio d’argento in forma di croce ottagonale, nelle cui estremità sia scritto Pius PP. IX. An. MDCCCLXVII. Al centro vi sia una medaglietta la quale nel dritto rechi gli emblemi della dignità pontificia con la scritta Fidei et Virtuti, e nel rovescio abbia la croce con la scritta Hinc Victoria.
A tutti e singoli i soldati presenti del Nostro esercito concediamo di portare questo fregio d’argento nel lato sinistro del petto, sospeso ad un nastro di seta bianca distinto con cinque righe celesti; e per maggiore compenso dell’impresa concediamo agli stessi che sia loro sottratto un anno dal tempo stabilito per ottenere paghe più alte e per ottenere altri benefici secondo le regole militari.
Inoltre facciamo dono dello stesso fregio d’argento, da portare alla sinistra del petto, a tutti e singoli i soldati dell’esercito Francese che presso Mentana combatterono al fianco delle Nostre truppe contro le torme ostili.
Infine, affinché quei valorosi che offersero il sangue e la vita per difendere i Nostri diritti e per scacciare da Roma il furore degli empi, ricevano da Noi una solenne proclamazione di valore e di lode, con questa lettera pubblichiamo e dichiariamo che essi hanno acquisito grandi meriti presso di Noi, presso l’Apostolica Sede e il mondo Cattolico: proclamazione di cui nulla è più onorifico, più glorioso, più idoneo a rendere immortale il loro nome.
Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 14 novembre 1867, anno ventiduesimo del Nostro Pontificato.

martedì 1 novembre 2016

Il Porto di Trieste.

litografia a colori della metà del XIX secolo, (collezione Mario Froglia)



A sinistra fuori dall'immagine, si sarebbe costruito il Porto Nuovo. A destra, si sarebbe costruito il Porto Franz Joseph I.
Ogni nave che attraccava o partiva faceva un'iniezione di ricchezza alla città. I soldi erano talmente tanti che molti, non sapevano come spenderli o investirli. I cittadini di Trieste pagavano più tasse della capitale Vienna.
...
Il denaro si diffondeva in mille rivoli come la pioggia e tutti ne ottenevano, anche i 38 mila immigrati italiani del 1914. Pochi di loro partivano già ricchi, la maggior parte era composta da artigiani (ad es. barbieri) e da dettaglianti (ad es. venditori di frutta e verdure). Molti partivano dall'Italia senza arte nè parte e completamente analfabeti.
Anche per loro c'era ricchezza: i facchini portuali erano una categoria benestante fino al 1990, per esercitare tale attività ai più bassi livelli, non era necessaria alcuna attitudine intellettuale. Dopo una generazione di immigrazione in Austria, il problema della miseria era risolto ed i figli sapevano leggere e scrivere.
Poi è arrivata l'Italia... oggi le navi che arrivano e partono, sono meno di 800 all'anno. La città è 7-8 volte più povera. Eppure sopravvive ancora di rendita, con oltre 1 secolo di assenza dell'Austria.
Ogni nave che manca è un salasso di sangue, tolto ad un corpo ancora attraente, ma sempre più vicino alla fine. I vampiri non mollano le prede, fino all'ultima goccia di sangue.


Fonte: Vota Franz Josef

Anche questo fa parte del "Risorgimento"


Fonte: Vota Franz Josef



Ma Benigni in TV, non ne parlò. Non c'è su alcun libro di testo scolastico, non ci sono logge massoniche che se ne vantino sui loro siti web, RAI "STORIA" non ne farà mai un servizio speciale.
Si tratta della rivolta di Genova del 1849. Contro i Savoia ed il loro Regno di Sardegna, non contro l'Austria. Esattamente come 102 anni prima: la rivolta del "Balilla" era sempre contro i Savoia... l'Austria c'entrava solo come alleata del Reg...no di Sardegna, non esisteva alcuna occupazione austriaca e nessun desiderio di "possedere la città".
Bravo il Comune di Genova (i lettori ci scrivono). Anche se questo placcato non farà mai pari con i monumenti risorgimentali. Compresi i 6 "monumenti" restaurati dal Grande Oriente (*) sezione di Genova. Un "Risorgimento" che iniziò con stragi di genovesi e distruzioni cittadine, proprio da parte dei Savoia.
Ci rendiamo conto, è assurdo e non comprensibile. Ma fa parte dei "misteri" e dei "dogmi" risorgimentali. Importante è che i genovesi siano contenti di essere italiani e che permettano alle caste massoniche, di continuare a fare la bella vita sulle loro spalle.

(*) monumento di Mazzini; busti di Mosto, Burlando, Saffi, Abba e Rubattino,

Raccolta fondi per pubblicare epigrafi del centenario della morte di Franz Jospeh sui quotidiani.





Testate coinvolte: Messaggero Veneto, Piccolo e Primorski Dnenvik; su richiesta anche altre. Eventuali resti di donazioni in eccesso, saranno devoluti a Medici senza Frontiere. Per informazioni sui propri versamenti o sul bilancio della raccolta, consultare la Pagina FB "Vota Franz".