martedì 1 novembre 2016

Il Porto di Trieste.

litografia a colori della metà del XIX secolo, (collezione Mario Froglia)



A sinistra fuori dall'immagine, si sarebbe costruito il Porto Nuovo. A destra, si sarebbe costruito il Porto Franz Joseph I.
Ogni nave che attraccava o partiva faceva un'iniezione di ricchezza alla città. I soldi erano talmente tanti che molti, non sapevano come spenderli o investirli. I cittadini di Trieste pagavano più tasse della capitale Vienna.
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Il denaro si diffondeva in mille rivoli come la pioggia e tutti ne ottenevano, anche i 38 mila immigrati italiani del 1914. Pochi di loro partivano già ricchi, la maggior parte era composta da artigiani (ad es. barbieri) e da dettaglianti (ad es. venditori di frutta e verdure). Molti partivano dall'Italia senza arte nè parte e completamente analfabeti.
Anche per loro c'era ricchezza: i facchini portuali erano una categoria benestante fino al 1990, per esercitare tale attività ai più bassi livelli, non era necessaria alcuna attitudine intellettuale. Dopo una generazione di immigrazione in Austria, il problema della miseria era risolto ed i figli sapevano leggere e scrivere.
Poi è arrivata l'Italia... oggi le navi che arrivano e partono, sono meno di 800 all'anno. La città è 7-8 volte più povera. Eppure sopravvive ancora di rendita, con oltre 1 secolo di assenza dell'Austria.
Ogni nave che manca è un salasso di sangue, tolto ad un corpo ancora attraente, ma sempre più vicino alla fine. I vampiri non mollano le prede, fino all'ultima goccia di sangue.


Fonte: Vota Franz Josef