venerdì 9 giugno 2017

Maria Teresa d’Austria e il nuovo sistema scolastico

Fonte: http://www.elbrenz.eu/

Nella seconda metà del Settecento Maria Teresa d’Austria, «sovrana illuminata», istituì un nuovo sistema scolastico che permettesse ai figli del popolo di acquisire una «mentalità onesta, sensata e lucida».


Le riforme dell’istruzione volute da Maria Teresa d’Austria furono un frutto del suo spirito d’innovazione. Dopo aver migliorato l’istruzione superiore, affrontò su vasta scala l’istruzione elementare. Maria Teresa si rese conto che era necessario migliorare in modo notevole l’istruzione elementare, per poter impiegare tutti i suoi popoli a vantaggio del regno. Non c’era nessuno spirito di egualitarismo. Lei personalmente non parlava del «popolaccio» o della «marmaglia», mai i suoi alti funzionari potevano farlo, senza venire criticati, nelle lettere e nei dispacci che le inviavano. Lei era mossa soprattutto dall’ odio verso la superstizione in ogni sua forma; non voleva dare ai figli del popolo un’istruzione superiore alla loro condizione sociale, ma era decisa a fare in modo che abbandonassero le superstizioni e acquisissero una mentalità onesta, sensata e lucida.

Le sue prime riforme erano state ostacolate dai gesuiti, che amava tanto, ma che si aggrappavano alle vecchie formule, trascurando l’insegnamento del buon tedesco a favore del latino. Ma nel 1770 Maria Teresa si rese conto che era necessario un sistema molto più radicale, e sentiva così acutamente questa esigenza che chiese a Federico di Prussia il permesso di consultare il famoso educatore, il vescovo Felbiger, i cui metodi, messi in pratica soprattutto nella sua scuola di Sagan, nella Slesia Prussiana, erano molto più avanti dei suoi tempi.  Federico accordò il permesso e l’influenza di Felbiger fu molto forte nel nuovo sistema scolastico istituito nel 1775.






Dovevano esservi tre tipi di scuola: la Normalschule, istituita in ogni Land; la Hauptschule, almeno una in ogni distretto; la Trivialschule, una in ogni paesino e in ogni parrocchia rurale. Tutti i bambini dei due sessi dovevano frequentarla tra i 6 e i 12 anni. In campagna, i bambini fino agli 8 anni dovevano frequentare la scuola estiva, da Pasqua alla fine di settembre, mentre quelli tra gli 8 e i 12 frequentavano la scuola invernale, dal 1° dicembre al 31 marzo, in modo da poter dare una mano nei lavori agricoli estivi. C’erano speciali corsi di ripasso: due ore ogni domenica dopo la messa, per i giovani fra i 13 e i 20 anni. Naturalmente, come avviene in quasi tutte le riforme, la situazione appariva più rosea sulla carta che in pratica. La scarsità di insegnanti qualificati era cronica, e spesso i genitori protestavano per quello che consideravano uno spreco di tempo. In un villaggio presso Innsbruck, l’intera popolazione rischiò di venire arrestata per aver boicottato la nuova scuola. Ma nonostante le sue deficienze , il sistema valeva quanto quello prussiano, che era il migliore d’Europa. Nonostante tutte le altre preoccupazioni, Maria Teresa s’impegnò nelle sue riforme scolastiche con la decisione con cui un tempo s’era impegnata nella guerra. E quando morì, 5 anni dopo l’istituzione del nuovo sistema, dimostrò ancora il suo interesse lasciando 100.000 gulden del suo patrimonio privato perché Felbiger li distribuisse alle scuole normali dell’Impero.

[(da Maria Teresa d’Austria, vita di una imperatrice, Mursia, Milano, 1982, rid. e adatt.)]
 
 
 
Il Regolamento nel Tirolo Meridionale (attuale Trentino)
 
 
 
 
Il 6 dicembre 1774 è pubblicato il Regolamento scolastico generale (Allgemeine Schulordnung), che resterà praticamente invariato fino a metà Ottocento. Sono interessati tutti i bambini e le bambine d’età compresa tra i 6 e i 12 anni, senza distinzioni economiche e sociali; severe sanzioni sono previste per i genitori inadempienti. I dati anagrafici sono per ora raccolti attraverso i registri parrocchiali.Dal 1775, nel giro di dodici anni, nel Tirolo italiano si attivano 69 scuole elementari, distribuite in modo capillare in tutti i distretti. Ma applicare la legge di Maria Teresa non è davvero facile. Si tratta di erigere un sistema molto complesso con fondi del tutto inadeguati. Occorre individuare gli spazi – o costruire un apposito edificio scolastico – e soprattutto preparare un corpo di insegnanti all’altezza del compito.Per quale ragione il governo di Vienna investiva tante energie nel sistema scolastico, dalle scuole elementari fino alle università? Il motivo viene spiegato nella Allgemeine Schulordnung
, secondo cui il «più importante mezzo della vera felicità delle nazioni» è proprio «l’educazione della gioventù»: per «felicità» dobbiamo intendere lo sviluppo economico dello Stato e la stabilità politica dei governi. La frammentazione e le difformità dei percorsi formativi non erano più compatibili con l’esigenza di uno Stato solido e forte, bisognoso di sudditi con un minimo di istruzione ed educati secondo modelli e valori saldamente in mano al governo centrale. La scuola, più di ogni altra istituzione, si presta a questa poderosa opera di disciplinamento e uniformazione.
 
Mandare i figli a scuola non è più una scelta delle famiglie; le aristocrazie devono abbandonare l’idea di gestire in proprio l’educazione della prole.Un manuale unico contiene le materie prioritarie e comuni a tutti i sudditi: laTabella dell’ ABBICCÌ, brevi racconti edificanti, aritmetica, Bibbia e storia della religione, il testo dettagliato dei «Doveri de’ sudditi verso il loro Monarca». L’editoria scolastica è soggetta a stretto monopolio: nel Tirolo meridionale il solo tipografo autorizzato a pubblicare i testi scolastici è Marchesani di Rovereto. Per le famiglie indigenti i manuali sono gratuiti.La Allgemeine Schulordnung teresiana introduce tre tipologie di scuole, diverse per funzione e per diffusione: triviale, ordinaria e normale. La «scuola triviale» (Trivialschule), detta anche «comune», è presente in modo sistematico e deve garantire i tre insegnamenti primari: leggere, scrivere e far di conto. È a questo livello che si registrano, almeno in una prima fase, conflitti di competenze tra le comunità, su cui gravano gli oneri finanziari, e i funzionari che rappresentano il potere centrale. Le difficoltà economiche, aggravate da lì a poco dalle guerre, consigliano di procedere con una certa gradualità: i maestri, perlopiù sacerdoti, restano spesso quelli scelti a suo tempo dalle comunità. Ma il controllo statale è rigoroso: solo nel 1869 sarà introdotta una sorta di ‘decentramento’ scolastico, che consentirà alle comunità locali di tornare ad avere voce in capitolo sulla scuola.Accanto alla «scuola triviale», a un livello superiore, si colloca la scuola ordinaria, detta anche «principale» (Hauptschule)è prevista solo nei centri più importanti. Qui il percorso formativo si articola in più materie, tra cui anche la calligrafia (ossia l’arte della bella scrittura), necessaria ai giovani che vogliano intraprendere mestieri di concetto. Infine, al vertice del sistema è la «scuola normale» (Normalhauptschule), presente nei capoluoghi: essa funge da norma e modello per le altre; tre le classi, strutturate per fasce di età.Nel Tirolo italiano la «scuola normale» è a Rovereto: costituirà un modello anche per l’organizzazione delle scuole della Lombardia austriaca. Il primo direttore della «normale» di Rovereto è il sacerdote Giovanni Marchetti (1738-1806), che la reggerà per 32 anni. Marchetti, oltre che preside, è insegnante e catechista. Ha poi un importante ruolo ufficiale: è il traduttore del Methodenbuch in lingua italiana e svolge la mansione di ispettore scolastico provinciale. A Rovereto, accanto ai corsi in lingua italiana, sono attivate anche classi di lingua tedesca: è curioso osservare che il Regolamento del 1774 sottolinea la necessità di curare la pronuncia e l’ortografia, ma non chiarisce quale debba essere la lingua d’insegnamento; solo nel 1848 verrà specificato che la lingua da usare è quella parlata dagli scolari. L’italiano dei manuali, però, è quello letterario, il toscano: tocca imparare frasi alquanto improbabili per orecchie abituate al dialetto, come «poscia sediamo in tavola» e «v’è chi si trastulla coll’andare in slitta».La «normale» deve gestire pure i corsi di abilitazione destinati ai maestri, basati anch’essi sul Methodenbuch fornito dallo Stato. Nel 1786, i maestri impegnati nelle scuole del Circolo sono 92, con classi formate in media da 80-90 scolari di diversa età (ma troviamo anche classi di 145 bambini, come a Strigno, in Valsugana).
 
BIBLIOGRAFIA
 
Q. Antonelli - R. Filosi, I quaderni scolastici di casa Rosmini (Rovereto, 1673-1847), in «Mélanges de l’Ecole française de Rome», 109, 1997, 1, pp. 299-316; Q. Antonelli, A scuola! A scuola! Popolazione e istruzione dell’obbligo in una regione dell’area alpina (secc. XVIII-XX), Trento 2001.


Breve Cronologia della storia della scuola nel Tirolo
(attualmente Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol [I] e Nord Tirolo [A]) dal 1774 al 1919
(comparazione con la situazione scolastica italiana nel medesimo periodo)
DateLuoghi, leggi e riformeLe trasformazioni interne alle istituzioni scolastiche Tirolo e dintorni
1774 Impero d'Austria
Riforma scolastica di
Maria Teresa d'Austria.
Il "Regolamento Scolastico
Generale" istituisce le
scuole pubbliche per tutti i
territori amministrati.
Si afferma il diritto allo studio per tutti i sudditi; il diritto all'insegnamento nella lingua di ogni popolazione.
Vengono istituite:
le Scuole Triviali (scuola popolare decentrata in ogni villaggio, articolata
in classi maschili e classi femminili e a carico dei Comuni);
le Scuole Principali (finanziate dai Comuni, sorte in tutti i centri
principali);
le Scuole Normali (scuole di formazione dei docenti, finanziate
direttamente dallo Stato e presenti in ogni capoluogo regionale).
Era obbligatorio l' aggiornamento per tutti i docenti.
Nel 1775 in Tirolo furono
istituite 5 Scuole
Principali: Schwaz, Hall,
Sterzing, Reutte, Merano e Rovereto.
Nel 1777 anche a
Bolzano.
1778 Impero d'Austria
Decreto della cancelleria
imperiale
Istituzione in Tirolo delle Scuole Speciali per la preparazione dei maestri -
Musterschulen
 
1804Impero d'Austria
Programmi scolastici per le
scuole popolari
Viene utilizzato in tutti i territori in modo rigoroso il metodo di Ignaz
Felbiger
La vigilanza nelle scuole rimane affidata ai religiosi.
 
1859 Regno d'Italia:
Legge Casati
Atto di nascita della scuola nazionale, in particolare della scuola
elementare. Il suo ambito di applicazione fu esteso ai diversi territori
conquistati nel processo di unificazione italiana
Si basa sui principi di:
- obbligatorietà e gratuità dell'istruzione
- unità di indirizzo
- libertà di insegnamento
Vengono resi obbligatori due anni di scuola inferiore
Gli studi superiori comprendono: il ginnasio, le scuole normali e l'istituto tecnico
Analfabetismo in Italia nel
1859:
78% della popolazione
Iscritti alle scuole
elementari nell'a.s. 1862-
1863:
1.109
1867-1868Impero d'Austria
Riforma liberale della
scuola absbrugica
Laicizzazione della scuola
Decentramento amministrativo attraverso:
- consigli scolastici locali
- consigli scolastici provinciali
Vigilanza sulla scuola affidata allo stato e ad ispettori laici
Forte è l'opposizione dei parlamentari tirolesi: scontro tra mondo liberale
e mondo clericale.
Kulturkampf
 
1869 Impero d'Austria
Riforma generale
della scuol
Estensione dell'obbligo scolastico da 6 a 8 anni (i bambini dovevano
andare a scuola dall'età di 6 anni ai 14 anni)
La legge incontra forte opposizione soprattutto da parte dei
contadini che nei campi "avevano bisogno di braccia forti e
giovani"
Introduzione sistematica dell'insegnamento scientifico
Corsi di specializzazione per i maestri
Aumenti di stipendio per gli insegnanti
 
1877Regno d'Italia
Legge Coppino
Obbligo scolastico fino a 9 anni
Sanzioni pecuniarie per chi evadeva l'obbligo scolastico
Stanziamento di fondi per i Comuni, per indurli ad istituire scuole
Repressione del dialetto e rigoroso uso della lingua italiana nella scuola
 
1883 Impero d'Austria
Legge sulla scuola
Introduzione di modifiche alla legge generale sulla istruzione nell'impero
absburgico:
- introduzione di nuove discipline
- maggiore attenzione all'assolvimento dell'obbligo scolastico
 
1892 Land Tirol
Legge provinciale sulla
scuola
Pacificazione tra aree politiche liberali e clericali:
- viene recepita la legge di riforma generale della scuola
- la vigilanza sulle scuole viene esercitata "de facto" dal clero
Il problema maggiore rimane la condizione sociale ed economica degli
insegnanti
 
1893 Land Tirol
Mostra dei mezzi didattici
utilizzati nelle scuole del
Land Tirol
  
1899 Land Tirol
Prima Conferenza
Provinciale Ordinaria dei
maestri del Tirolo -
Innsbruck
Iniziativa provinciale per rispondere ai molteplici problemi della scuola in
Tirolo.
 
1904 Regno d'Italia
Legge Orlando
Estensione dell'obbligo scolastico dai 9 ai 12 anni di età
Obbligo per i Comuni di istituire scuola almeno fino alla quarta classe,
dopo la quale - previo esame- si passava alla scuola secondaria
Possibilità per i Comuni di stanziare fondi per l'assistenza (libri, vestiti,
scarpe) per consentire ai ceti più poveri di frequentare la scuola
Istituzione di 3.000 nuove scuole serali e festive nei Comuni dove più alta
era la percentuale di analfabeti adult
Discorso del primo
ministro NITTI alla
Camera (maggio 1907):
su 4 milioni e mezzo di
bambini obbligati a
frequentare la scuola solo
la metà vanno a scuola.
Non è solo responsabilità
dei Comuni.
Deve essere lo Stato a
gestire l'intero sistema
scolastico.
1911 Regno d'Italia
Legge Daneo-Credaro
Le scuole passano alle dipendenze dirette dello stato.
- Vengono istituiti i Provveditorati agli studi.
- Vengono istituiti, presso i Comuni, i Patronati Scolastici.
- Vengono stanziati specifici fondi:
per l'edilizia scolastica,
per l'apertura di nuove scuole,
per miglioramenti economici agli insegnanti.
per il riordino delle scuole rurali
Il territorio viene
suddiviso in circoscrizioni
da affidare ad ispettori.
Vengono inoltre istituite
scuole reggimentali (per i
militari) e scuole
carcerarie (per i detenuti
analfabeti).
Vengono assicurati i mezzi
per le scuole serali e
festive per gli adulti
analfabeti (di età
superiore ai 14 anni)
1910 Land Tirol
Legge provinciale sulla
scuola
Nonostante molteplici petizioni non viene abolito l'obbligo scolastico di 8
anni.
Aumentano le pene pecuniarie per i trasgressori.
 
1914-1918Prima guerra mondiale  
1919 Trattato di Saint
Germain
Annessione della parte Sud del Tirolo (dal Brennero a Borghetto [sotto Ala]) al Regno d'Italia.
 
 
 
 
 
 
 

Elenco delle vie di Trieste - nuove e quelle cambiate di nome

Fonte: Territorio Libero di Trieste - Svobodno ozemlje - Free Territory of Trieste

È assolutamente NECESSARIO tornare ai nomi originali delle strade di Trieste, per poter contribuire a chiudere definitivamente le peggiori pagine del secolo scorso e della Storia di questa città.

Un estratto dal libro "Oberdank il terrorista" de Renato De Marzi

Wilhelm Oberdank

"Tutti riportavano l'invito che la Società dei Veterani e dei Reduci rivolgeva alla popolazione di partecipare a...lla fiaccolata che si sarebbe svolta quella sera in omaggio all'Arciduca.
Dopo il tramonto moltissima gente cominciò ad affollare i marciapiedi del centro. [...]. Alcuni spettatori gettavano fiori. Il corteo si avvicinava e quando la Banda Militare del Presidio, svoltò da Via San Spiridione per immettersi nel Corso all'altezza dell'Hotel Aquila Nera il fragore degli ottoni si fece assordante. Una selva di bandiere giallo-nere seguiva la banda e, distanziata di alcuni metri, marciava la schiera dei Veterani impettiti con giubbe adorne di decorazioni. [...] Un fremito di rabbia colse Guglielmo; affondò la mano in tasca, afferrò una bomba a mano e la scagliò altissima verso le bandiere." [...]
"La mattina seguente Guglielmo tornò verso Piazza Grande. Lesse i primi giornali. Tutti i titoli, a grandi caratteri esprimevano esecrazione, sdegno, condanna per l'attentato. Un ragazzo triestino di 16 anni era morto. Si chiamava Angelo Fortis. Un altro giovane di Castelnuovo del Carso era moribondo. Altre 16 persone erano rimaste ferite e giacevano all'ospedale.
Tutti i giornali condannavano l'attentato con espressioni di indignazione e di orrore. Persino "L'Indipendente" lo definiva una folle azione criminale contro cittadini inermi e pacifici."


Fonte: Vota Franz Josef 

mercoledì 24 maggio 2017

24 maggio, il giorno della vergogna

Fonte: Vota Franz Josef 



Almeno quella volta, consegnarono la dichiarazione di guerra. Non come nel 1848 contro di noi e nel 1860 contro il Regno delle Due Sicilie. Ma non potevano fare altrimenti: i loro nuovi alleati lo pretendevano. Per non essere troppo innovativi tuttavia, gli italiani evitarono di dichiarare guerra alla Germania fino all'agosto del 1916, indispettendo soprattutto i francesi.
I tricoloruti erano convinti di fare un solo boccone di noi, dopo i disastri bellici del 1914 e dei primi mesi del 1915. Cadorna aveva pianificato di mandare la II Armata direttamente a Vienna e la III Armata a Budapest.
Per 1 settimana dopo il Patto di Londra,, l'Italia fece parte di entrambe le alleanze: la Triplice Intesa e l'Entente Cordiale di GB, Francia e Russia. Il Patto di Londra era segreto ed il principale merito storico di Lenin, fu di averlo denunciato nel 1917, quando apparve su un giornale svedese.
In uno dei più falsi discorsi della Storia, nel mese di giugno, Salandra enunciò al Parlamento i pretesti di guerra italici. Un mucchio di falsità, smentite appena nel 1917 dall'iniziativa di Lenin. Altrimenti, non sapremmo nemmeno oggi come andarono realmente le cose. E pensare che i nazionalisti italiani, ripetono come pappagalli il discorso interventista di Salandra, per spiegare al loro popolo ed ai loro bambini, che non avrebbero tradito e che quell'aggressione proditoria, sarebbe stata onorevole.
L'infamia del tradimento peserà ancora molto a lungo sull'Italia, probabilmente per sempre, visto che alcuna personalità tricolore, sembra avere intenzione di raccontare ufficialmente al proprio popolo, come andarono realmente le cose ed ammettere il tradimento.
Ma il diavolo fa le pentole, non i coperchi. Dopo il 26 aprile data dello scellerato Patto di Londra, i nostri effettuarono una controffensiva in Galizia riprendendo tutte le posizioni ed anche di più. Saladra scrisse nel suo diario che se lo avesse saputo, non ci avrebbe dichiarato guerra.
Le nostre forze armate che sembravano distrutte con quasi 2 milioni di perdite ed oltre 800 mila morti, si riorganizzarono con i pochi ufficiali di carriera superstiti e con i riservisti. E le suonarono sode ai traditori. Già poche ore dopo la dichiarazione di guerra, tutta la nostra flotta con tutte le corazzate vecchie e nuove, aveva preso il mare per bombardare una decina di obbiettivi dalla costa veneziana a quella pugliese. Fu affondato uno Zerstörer tricolore, un altro era scappato per un pelo.
Stava per iniziare l'epopea dell'Isonzo e delle Dolomiti, in attesa del glorioso 24 ottobre del 1917. Già il 27 maggio, i volontari tirolesi della Provincia di Trento impegnarono la I Armata tricolore ad Ala, rallentandone l'avanzata. Si trattava delle Compagnie Schützen di Ala e di Borghetto, con quasi 700 uomini e 170 gendarmi. Era gente più giovane di 19 anni e più anziana di 52, tutti gli uomini di leva erano già in Galizia. Volontari "trentini" che difendevano le loro case. Della quarantina di Compagnie Schützen del 1915, oltre la metà è stata oggi rifondata, a dispetto delle falsità dell'Ana e dello Stato traditore ed invasore. Subito dopo, iniziarono gli scontri sull'Isonzo ed al confine Carinziano.

sabato 13 maggio 2017

13 maggio 1717 - 13 maggio 2017: 300° anniversario della nascita di S.M.I.R.A. Maria Teresa d'Asburgo

Fonte: Trento è Tirolo - Trient ist Tirol

Maria Teresa d'Austria in un ritratto
 di Martin van Meytens, 1759.

Il 13 maggio 1717, nacque invece una bambina, Maria Theresia Walburga Amalia Christina, che tutto il mondo conoscerà come la Grande Maria Teresa, la sovrana riformatrice, che avrebbe salvato la dinastia degli Asburgo dalla decadenza.
“Basta che sia maschio”, era il ritornello che si mormorava alla Hofburg di Vienna, mentre l’imperatrice Elisabetta Cristina affrontava le doglie per dare alla luce il suo secondogenito.
Tredici mesi prima, Vienna aveva festeggiato la nascita di ...Leopoldo Giovanni, l’erede al trono degli Asburgo, ma era stata una gioia di breve durata. Il bambino, come tanti suoi coetanei, a Corte come nei bassifondi, non aveva raggiunto l’anno di vita, vittima di una febbre gastrointestinale.
Nel 1713, una costituzione imperiale, la Prammatica Sanzione, stabiliva che la corona degli Asburgo potesse essere ereditata anche per via femminile, se fosse venuta meno la linea maschile, una vera rivoluzione per l’epoca, almeno sulla carta, perché l’accettazione dei vari Paesi che facevano parte dell’impero era tutt’altro che scontata. Lo stesso imperatore Carlo VI, avrebbe di gran lunga preferito che quel documento prendesse polvere negli archivi, invece di essere applicato. La sua speranza era che già nelle ore successive ci fosse un altro maschietto a Corte.
Il padre, l’imperatore Carlo VI che per tutta la vita avrebbe continuato a desiderare un maschio, quel giorno, si presentò presso la Cattedrale di Santo Stefano, per annunciare alla folla in attesa che era nata “solo” una bambina. La madre, Elisabetta Cristina di Brunswick, che dopo Maria Teresa avrà altre due femmine, a causa delle scarse conoscenze scientifiche dell’epoca fu addirittura accusata di essere “inadatta” a generare un maschio, benché ne avesse avuto uno nel 1716.
Ambasciatori e cortigiani si auguravano addirittura che l’imperatrice morisse prematuramente, per dare modo al consorte di sposare un’altra donna che gli desse il sospirato erede maschio. Per il momento, però, la futura sovrana era una neonata che con il suo arrivo, aveva deluso tutti.
Il mondo ha visto dopo CHI fu Maria Teresa d'Austria.

martedì 9 maggio 2017

[VIDEO] Storia del Carlismo: Javier I (1889-1977), una vita al servizio della Tradizione

In occasione del XL anniversario della morte di S.M.C. Javier I di Spagna (1889-1977), avvenuta nell'ospedale di  Zizers vicino a Coira (Svizzera) il 7 maggio 1977,  in sua memoria, riportiamo questo eccelso video. Buona visione!

Redazione A.L.T.A.  


sabato 6 maggio 2017

Cinque e Quattro giornate, tante differenze in un solo giorno

 
Da sinistra: il feldmaresciallo Josef Radetzky
e il generale Fiorenzo Bava Beccaris.
 
Oggi, 6 maggio, ricorre l'anniversario (spesso dimenticato) delle cosiddette Quattro Giornate di Milano nell'ambito dei moti popolari che infiammarono l'intero regno d'Italia nel 1898. Esattamente cinquant'anni dopo le ben più note Cinque Giornate, queste collocate nella turbolenta stagione del '48 europeo.
Benché i nomi siano simili e che, curiosamente, tra i due fatti intercorra mezzo secolo esatto, i due eventi non hanno poi così tanti punti di contatto nelle premesse, nei fatti e nei seguiti.
Le Cinque Giornate furono un vero e proprio episodio di guerra, in linea con ciò che accadeva nel resto d'Europa, tra due visioni del mondo e dello stato. Si trattava di vera e propria insurrezione armata aizzata in prima linea dalla borghesia e dalla piccola-media nobiltà liberale, che però sulle barricate mandava spesso e volentieri la popolazione civile. Il Feldmaresciallo Radetzky dovette intervenire in un contesto di pura battaglia urbana, tant'è che dopo quei terribili 5 giorni di scontri i morti tra i soldati dell'esercito furono circa un migliaio.
Fiorenzo Bava Beccaris, il generale piemontese protagonista delle Quattro Giornate, invece, ebbe a che fare con una schiera di affamati e indigenti schiacciati da una classe dirigente proveniente in parte da alcune di quelle categorie borghesi e nobili di stampo liberale che strizzò l'occhio alle cinque giornate. Vi era poi, oltre alla fame, tutto il ventaglio di rivendicazioni di natura socialista, anarchica e protocomunista, pressoché assenti o per lo più marginali nel '48 lombardo.
Differenti furono anche le reazioni dei due eserciti intervenuti. Se Radetzky, conscio del ruolo strategico ed economico di Milano, agì per lo più con lo scopo di contenere la situazione non usando l'artiglieria sui civili e risparmiando la città (anche quando ebbe riuscì a rientrare), l'esercito italiano di Beccaris intervenne in modo più aggressivo. Durante i moti del 1898 i morti tra i soldati furono solamente due, uno fucilato dai suoi stessi camerati per essersi rifiutato di sparare e l'altro che si sparò da solo per errore. Tra i manifestanti presi a cannonate e assaliti da bersaglieri e carabinieri si contarono tra gli 88 e gli oltre 300 morti, senza contare i feriti e gli arresti.
Una vicenda molto differente anche negli epiloghi. Radetzky procedette con diverse amnistie del nei confronti di diversi civili e nei confronti di quella parte di esercito che disertò, non per niente il Feldmaresciallo boemo poté vivere tranquillamente senza scorta fino alla sua morte a Milano. Inoltre dopo il 1848 emerse l'idea di istituire una milizia contadina per spalleggiare l'azione dell'esercito governativo nel controllo della borghesia e della nobiltà filo-sabauda, gli alti comandi italiani nel 1898 mai avrebbero potuto concepire un progetto simile.
Purtroppo però quel retrogusto di italia umbertina rimasto nell'Italia repubblicana di oggi fa in modo che si mitizzi, al fine di costruire una identità nazionale, un triste evento come quello delle Cinque Giornate e si preferisca insabbiare qualcosa di terribile come le Quattro Giornate.
Spetta dunque a chi ha la possibilità di ricordarsi e di far ricordare queste pagine provare a far rivere e diffondere un'altra versione dei fatti, per evitare che tutto diventi una semplice data sul manuale di storia

lunedì 24 aprile 2017

Franz Innerhofer, 96 anni dopo

Fonte: http://www.unsertirol24.com/

Diverse iniziative per ricordare il mastro di Marling, assassinato dagli squadristi in camicia nera il 24 aprile 1921. Presto una via in suo nome anche a Trento?



Una domenica di sangue, quella del 24 aprile 1921 a Bolzano.   Un anno e mezzo prima della marcia su Roma, la faccia più nera dello squadrismo si toglieva la maschera, e lo faceva in Sudtirolo.   Doveva essere una giornata di festa, con la tradizionale sfilata in costume per l’apertura della Fiera campionaria, e la presenza di gruppi e bande tradizionali, partecipanti in Tracht, donne, uomini, tanti giovani e bambini.
Ma quella mattina in città, da Trento e dall’Italia,  arrivarono le camicie nere, guidate da Starace, Farinacci, De Stefani, per unirsi ai fascisti di Bolzano. Nell’assoluto immobilismo della forze dell’ordine, i futuri gerarchi guidarono l’assalto al corteo, pacifico e festante:  contro le persone inermi vennero sparati colpi di pistola e di  fucile,  addirittura lanciate bombe a mano.  Più di cinquanta  persone furono ferite gravemente, una di queste morì due mesi dopo a causa delle lesioni riportate. Il maestro Franz Innerhofer venne assassinato a sangue freddo mentre tentava di proteggere un giovane scolaro.



Alle sue esequie prese parte una folla immensa, che con la propria presenza chiedeva giustizia. Ma la legge italiana non ha mai raggiunto i colpevoli, nonostante questi fossero ben noti. Il ricordo però non si spegne, e diversi sono i momenti solenni  in programma in questi giorni.
Sabato a Innsbruck, alla presenza di diverse rappresentanze istituzionali, fra cui le delegazioni della SF e dell’Heimatbund, numerosi Schützen e tanti semplici cittadini,  l’Andreas-Hofer-Bund Tirol ha scoperto una targa commemorativa che ha preso il posto di quella eretta nel 1923, rimossa dai nazionalsocialisti dopo l’Anschluss.

Nell’ambito delle manifestazioni per il 25 aprile a Bolzano, il corteo guidato dal sindaco  renderà onore a Franz Innerhofer  alle ore 10.00 nella Wangengasse.
A Trento, oggi pomeriggio dalle 17.00, il circolo culturale Michael Gaismayr allerstirà un gazebo dove raccogliere firme a sostegno della proposta di intitolare a Franz Innerhofer una via cittadina.

LUI NON TRADISCE I SUOI



Fonte: Trento è Tirolo - Trient ist Tirol

Questo è il Dott. Vittorio Bonapace, medico austriaco nato a Mezzolombardo (Tirolo) il 21 gennaio 1879, figlio di Antonio Bonapace e Teresa Busetti.

Medico condotto di Ravina (Trento) e Tenente del 2° Reggimento Landenschützen, caduto sul fronte orientale in Galizia il 18 marzo 1915....

Al tenente austriaco Bonapace NON vengono intitolate vie o piazze. Al cittadino Vittorio Bonapace NON vengono organizzati eventi o presentazioni teatrali. Al Dott. Bonapace NON vengono dedicati servizi televisivi o articoli di giornale.

E PERCHÉ? Perché il Dott. Bonapace non fu una spia come Cesare Battisti, non fu un deputato opportunista come Battisti, non era un traditore guerrafondaio come Battisti.

Un giorno, in una Mezzolombardo libera della retorica fascista e consapevole della propria storia, persone come Vittorio Bonapace verranno ricordate con onore e con rispetto.

mercoledì 12 aprile 2017

Briciole di memoria 1 – “Trentino”: una denominazione che non è mai esistita

Fonte: http://www.unsertirol24.com/

L’appuntamento settimanale con Massimo Pasqualini:  aneddoti, racconti, ricordi ed immagini dal Tirolo di lingua romanza.



Lo spunto è una vecchia cartolina risalente agli anni della Prima Guerra, che fa parte della ricchissima collezione dell’amico Manuel Adami.   Interessante la scritta a piè di pagina:    “Es gab kein “Trentino” und es wird nie eines geben!” – Il Trentino non c’è mai stato e mai ci sarà!”

La nostra Terra si è chiamata sempre e soltanto Tirolo.  Nell’uso comune la parte meridionale,    che corrisponde al  territorio dell’attuale provincia di Trento dove la lingua maggioritaria era ed è quella romanza,  veniva talvolta chiamata Südtirol.
Il termine “Trentino” usato come riferimento geografico e non con il significato di “uomo abitante nella città di Trento”, fu impiegato per la prima volta dal cartografo veneto Isaia Ascoli nel 1863 a Milano in una sua pubblicazione,  quando fu nominato rettore della locale università.

Briciole di memoria 5 – La nostra bandiera l’é gialla, l’é nera

Fonte: http://www.unsertirol24.com/

L’appuntamento settimanale con Massimo Pasqualini: aneddoti, racconti, ricordi ed immagini dal Tirolo di lingua romanza.

(Foto:@Enzo Cestari)
 
Castello Tesino, il mio paese, come tanti altri sulla linea di confine, nel maggio 1915 viene occupato dalle truppe italiane; gli abitanti sono già stati sfollati in luoghi più sicuri all’interno dell’Impero, gli ultimi rimasti vengono internati nel regno italico. Il 6 giugno 1916 il paese va a fuoco e brucia quasi completamente. I primi profughi rientrano in Tesino nei primi mesi del 1918, dopo la vittoria di Caporetto, e trovano solo rovine: tutto è bruciato, distrutto, saccheggiato.
Anche la bandiera imperiale è andata perduta, quella grande, gialla e nera, che veniva esposta nelle occasioni solenni, come il genetliaco dell’Imperatore: quello di Carlo è il 17 agosto, ma come festeggiarlo, senza bandiera?
Così, il 28 luglio 1918, il capocomune Giovanni Menato a nome di tutta la popolazione scrive a Vienna, direttamente all’Imperatore: “la poca popolazione rimasta da terra occupata da nemica potenza, vuole per la prima volta sotto l’auspice del nuovo monarca festeggiare con sfarzo il più possibile e passare la giornata con allegria come fosse presente l’imperatore… trovandoci tutti senza mobilia e anche senza abitazione che ci tolse il mezzo di procurarsi tale bandiera per cui tutti preghiamo questa I.R. autorità che ci regali una nuova bandiera che ne saremo riconoscenti verso l’Amato Imperatore”
Sembra un desiderio impossibile, la fame mina le radici stesse dell’Impero, tutto sta per crollare… e invece arrivano 12 metri di stoffa gialla e nera, appena in tempo per cucire la bandiera, grande e nuova, per esporla ed onorarla. E di nuovo il capocomune scrive, questa volta per ringraziare “della premura avuta nel farci avere la tanto gradita e domandata bandiera gialla e nera. La stessa popolazione con questo ringraziamento vorrebbe far pure vedere che fino a ora si sono mantenuti fedeli alla stessa e sono corsi molto numerosi per difenderla. Ora fanno voti nuovi di fedeltà alla Patria e al nostro Sire pregando l’Eterno di proteggere il valore delle nostre armi e coroni l’opera delle stesse con la vittoria onde si possa vedere ancora molti anni sventolare la bandiera gialla e nera dalla cima dei nostri campanili”.
Un auspicio che rimane sospeso nel tempo per quasi un secolo. Fino a che, nell’ottobre 2015, la bandiera imperiale torna a sventolare a Castello Tesino … ma è questa è un altra storia. Grazie a Franco Gioppi, che nelle sue ricerche ha ritrovato gli originali delle due lettere.

domenica 9 aprile 2017

Briciole di memoria 11: Il sangue dei vinti

Fonte: http://www.unsertirol24.com/

L’appuntamento settimanale con Massimo Pasqualini: aneddoti, racconti, ricordi ed immagini dal Tirolo di lingua romanza.



La fine di ogni guerra comporta soprusi orrendi contro gli sconfitti. E’ il tragico e disumano rito del “sangue dei vinti”.  Al termine della prima guerra mondiale questo accadde anche in quella parte dell’Austria (il Tirolo al sud del Brennero) che fu annessa al Regno d’Italia dopo la sconfitta dell’Impero, come conseguenza degli accordi di pace del settembre 1919.
Finita la guerra decine di migliaia di reduci dell’esercito austriaco tornarono alle loro case, chi dal fronte meridionale, chi direttamente dai monti del Tirolo dove aveva combattuto contro l’esercito italiano, chi dai campi di prigionia russi o italiani. Una pagina nera, tutta ancora da scrivere, riguarda  i primi mesi che caratterizzarono la nuova situazione nazionale di quel territorio che ben presto il fascismo avrebbe ribattezzato “Venezia Tridentina”. La pressione delle forze politiche nazionaliste non fece altro che acuire l’odio contro coloro che tornavano alle loro case dopo avere combattuto per la propria Patria, l’Austria, ora indifesi sudditi di uno Stato diverso da quello per il quale avevano militato.  Pensiamo alla storia, solo in minima parte analizzata, delle centinaia (migliaia?) di reduci  dell’esercito austriaco spediti in campi di prigionia come quello di Isernia, dove – a quanto riportano le scarse testimonianze – patirono le pene dell’inferno.
Il capitolo della cosiddetta “italianizzazione forzata” è abbastanza noto: mi riferisco a tutto ciò che fu fatto  per cancellare ogni segno dell’Austria, l’epurazione di molti lavoratori del pubblico impiego rei di avere collaborato con il “nemico”, la distruzione dei monumenti, il divieto del ricordo dei caduti in divisa austriaca, il tutto “per favorire la nascita di una memoria istituzionale, stabile e gerarchizzata, fondata sui grandi racconti della mitologia nazionale”, come ha ricordato lo storico roveretano Diego Leoni.
sangue 3Non è di questo che voglio trattare: oggi voglio parlare di un capitolo più delicato che riguarda espressamente i casi di violenza contro individui in qualche modo “colpevoli” di essere stati richiamati in guerra nell’esercito del loro Stato (l’Impero Austriaco) o perché “filotirolesi” o nostalgici della monarchia asburgica.   Ricordo di avere scorso qualche anno fa le pagine di un ampio volume della Polizia politica fascista, depositato presso l’Archivio di Stato di Trento, nel quale sono elencati migliaia e migliaia di nominativi di persone schedate in quanto “antinazionali”. Viene subito da chiedersi: che cosa dovettero subire? Quali pressioni psicologiche, minacce verbali e fisiche dovettero sopportare?
Una robusta ricerca storica, per quanto complessa e difficile, dovrebbe porre sotto la lente di ingrandimento un periodo che merita maggiore chiarezza, per aiutarci a capire quali furono le perverse dinamiche di quell’epoca e per consentirci di “rielaborare il conflitto”, di chiarire definitivamente in modo rigoroso le eventuali responsabilità, di quantificare il fenomeno.  Porto un paio di esempi concreti di casi accaduti nella nostra Terra,  limitandomi ad un territorio circoscritto alla zona tra la val di Fiemme e la val di Fassa.  Oltre a questi casi, esiste probabilmente un insieme più vasto di azioni criminose che con ogni probabilità fu abilmente insabbiato dal regime fascista e la cui memoria non è potuta giungere a noi.
 – vi era acquartierato presso l’Hotel Corona di Vigo anche un reparto di finanzieri… Non correva buon sangue tra la popolazione locale e i nuovi occupanti, vi furono anche degli scontri ma soprattutto i finanzieri italiani non vedevano di buon occhio i pompieri locali perché portavano ancora le divise austriache. La mattina del 21 ottobre il Rizzi con i suoi uomini si recò presso l’Hotel Corona per la colazione, all’interno vi erano già i finanzieri e l’aria era carica di tensione. I militari vedendo arrivare i pompieri estrassero le loro baionette, il Rizzi fu il primo ad entrare e si avventarono su di lui ferendolo gravemente
Conosciamo ad esempio il caso di Simone Rizzi (la sua storia è stata narrata da Ivan Pezzei ne “Il Pompiere del Trentino” del dicembre 2001, p. 54).    Simone Rizzi, detto Simon del Faure, era nato a Campitello di Fassa nel 1888. Di professione pittore e decoratore, nel 1914 fu richiamato in Galizia come sergente maggiore dei Landesschützen. Finita la guerra, tornato a casa, ricostituì il locale corpo dei vigili del fuoco volontari, di cui divenne ben presto comandante.  Un giorno di ottobre del 1921 scoppiò un furioso incendio nell’abitato di Vigo di Fassa. Anche Rizzi accorse in aiuto con i suoi uomini. “In quel periodo – scrive Pezzei”.
Il comandante Rizzi morì all’ospedale di Tesero di lì a poco, all’età di trentatrè anni (“vittima innocente d’un tumulto a Vigo”, scrissero allora gli amici sulla lapide).
sanguePochi chilometri più in là,  un altro tragico fatto si era verificato a guerra già conclusa, il 15 novembre 1918. Lo storico Candido Degiampietro ha narrato la vicenda nel suo volume “Briciole di storia, di cronaca e momenti di vita fiemmese”.  Ancora oggi, nei campi tra Cavalese e Tesero, vi è una lapide, dimenticata da molti. In quel luogo, una fredda notte di novembre, fu assassinato Alberto Paluselli di Tesero, 33 anni, caporal maggiore dell’esercito austriaco. Il Paluselli era stato decorato con la medaglia d’argento al valor militare per le azioni compiute in val di Sole (al contrario di quanto sostiene una certa vulgata storiografica,  non furono certo pochi i tirolesi di lingua romanza che parteciparono militarmente anche sul fronte italo/austriaco).  A guerra finita,  il Paluselli era rientrato in val di Fiemme. Ben presto arrivarono gli italiani che incalzavano gli austriaci in fuga, erano gli alpini del battaglione “Feltre”. Il Paluselli, dismessa la divisa militare dell’esercito imperiale, circolava portandosi addosso sui vestiti borghesi – era quasi inverno – il cappotto militare. La sera del 15 novembre il nostro si trovava presso l’Albergo all’Ancora di Tesero, insieme ad altri reduci, quando entrarono due alpini armati di tutto punto che prelevarono il Paluselli. Si avviarono verso Cavalese. Il suo corpo fu ritrovato la mattina successiva. Solo grazie alla coraggiosa testimonianza di numerose persone di Tesero, l’anno successivo un caporale del Battaglione Alpino “Feltre”, originario della provincia di Belluno, fu condannato a vent’anni di prigione per l’omicidio.
Quelli che ho raccontato sono solo degli esempi, dietro ai quali si ha la sensazione, per non dire  la certezza, che si nasconda uno scenario di vendette pesanti (omicidi compresi) che contribuirono a creare un clima di terrore nelle decine di migliaia di reduci dell’esercito austriaco e nelle loro famiglie.   Agli storici il compito di fare luce, non per riaprire ferite, beninteso, ma per accertare la verità e ricomporre il quadro di un’epoca che ha così pesantemente stravolto questa nostra Terra.

sabato 1 aprile 2017

Briciole di Memoria 10: Noi, Irredenti?

quando 3Questa vicenda viene raccontata da Luigi Sardi, in uno dei suoi interessantissimi libri, ricchi di documenti originali, di citazioni di testi, di precisi riferimenti bibliografici, che narrano “L’ALTRA STORIA”, quella che in Italia non si racconta mai, anzi, quella si tenta in tutti i modi di nascondere, anche al giorno d’oggi.
Nel suo libro “Quando l’Austria catturò Battisti”, Sardi cita una nota tratta dal diario di un soldato italiano, il sergente maggiore Artibano Romio del settantanovesimo reggimento fanteria della Brigata Roma:
quando 2“Alle ore 16 del 18 maggio 1916 fui fatto prigioniero. Dopo mezzora di sosta a Vanza, perché abbiamo dovuto raccogliere i nostri feriti, siamo partiti alla volta di Rovereto, scortati da poco simpatiche sentinelle. Ripartimmo per Villa Lagarina ove pernottammo in un prato all’aria aperta e la mattina per tempo, partenza per Trento. Quando si passava in mezzo ai paesetti la popolazione non faceva altro che imprecare contro di noi, dandoci dei vigliacchi e dei traditori: questi sono coloro che noi chiamiamo gli irredenti?
Aveva ragione, il sergente maggiore Romio. Peccato che questa storia, come tanti altri piccoli frammenti di verità, siano sconosciuti ai più. Peccato che la nostra vera Storia sia sempre stata nascosta e falsificata dall’Italia. Solo pochi autori di indiscussa onestà intellettuale,  raccontano in maniera corretta ciò che avvenne cento anni fa: uno di questi è proprio il giornalista Luigi Sardi,  autore di molti testi storici sulla nostra terra Tirolese.
Invito tutti a cercare i suoi libri e a leggerli con attenzione. Li scrive per noi, per raccontarci la nostra storia, quella che non possiamo non conoscere.

Fonte: http://www.unsertirol24.com/

giovedì 23 marzo 2017

I nostri bravi Tirolesi!






Questo è Eugenio Rossaro, comandante della Standschützenkompanie Vallarsa-Trambileno.
Durante la Grande Guerra e dopo la dichiarazione di guerra (tradimento) del Regno d'Italia contro l'Impero Asburgico, lui ha combattuto assieme ai suoi Schützen per la difesa del Tirolo contro le truppe tricolorute (alpini).
...
Eugenio Rossaro fu un pluridecorato medaglia d'oro dell'esercito austriaco per la fedeltà dimostrata al Tirolo, patria dei suoi genitori, dei suoi nonni e dei suoi (nostri) avi.


Fonte: Trento è Tirolo - Trient ist Tirol
 

domenica 19 marzo 2017

FESTA DI SAN GIUSEPPE






Il 19 marzo ricorre la Festa di San Giuseppe, nominato Patrono del Tirolo da Maria Teresa nel 1772 con il decreto imperiale “Sanctus Josep...hus Tirolensis Patronus". In quel giorno i nostri paesi esibivano sempre la bandiera tirolese. A Trento, la grande fiera di San Giuseppe.
Anche questa festività religiosa è stata abolita dallo stato italiano con la legge del 5 marzo 1977 n.54. Da allora il giorno di San Giuseppe divenne in Tirolo un giorno come tutti gli altri.
In 98 anni lo stato italiano ha cercato in ogni modo di cancellare la nostra secolare storia e le nostre tradizioni austriache.
Ma siamo Tirolesi! Abbiamo memoria e identità e non molliamo!


Fonte: Trento è Tirolo - Trient ist Tirol

venerdì 17 marzo 2017

CIVITELLA DEL TRONTO NON TI ABBANDONEREMO MAI: 47° INCONTRO TRADIZIONALISTA DI CIVITELLA DEL TRONTO



Civitella del Tronto in questi giorni mostra le ferite di un territorio colpito prima dal sisma, poi da calamità naturali (neve e frane del terreno) alle quali si è aggiunta la mancanza di acqua e luce elettrica per più tempo.  Abbiamo pregato e siamo stati solidali con l’amministrazione comunale che si è prodigata oltre ogni immaginabile aspettativa per il bene della Comunità Politica e Sociale.  Quest’anno, perciò, il nostro ritorno a Civitella del Tronto assume il maggiore significato di una presenza fisica che vuole testimoniare la volontà di non abbandonare per nessun motivo al mondo una terra che è per noi sacra. Sulla sua piazzaforte nell’inverno del 1860 – 61 si consumò l’ultima battaglia della Tradizione contro la Modernità, proprio come in Spagna lo stesso fenomeno si verificò a Montejurra.   

Civitella del Tronto: non ti abbandoneremo mai. Con questa volontà, la S. V. Ill.ma è invitata a partecipare al 47° Incontro Tradizionalista di Civitella del Tronto nei giorni di Sabato 18 e Domenica 19 marzo 2017.
 
Sabato 18 marzo 2017.
L’Incontro si aprirà Sabato alle ore 16 con il Convegno di Studi presso la Sala Polivalente di Palazzo Rosati messa gentilmente a nostra disposizione dall’Amministrazione Comunale. In apertura del Convegno sarà commemorato l’editore di Controcorrente, Pietro Golia, recentemente scomparso. A seguire, presentazione del pamphlet edito per il 47° Incontro Tradizionalista dall’Associazione Nazionale ex Allievi Nunziatella: Opinioni del Morning – Post intorno all’esercito Napolitano, del generale Antonio Ulloa, a cura del suo presidente onorario dott. Giuseppe Catenacci
Il convegno, sotto la presidenza del prof. Paolo Caucci von Saucken, affronta il seguente tema: 
Le conseguenze del protestantesimo e l’attualità della tradizione a cinquecento anni dalle tesi di Lutero ed a cento anni dalla nascita di Elias de Tejada. Civitella del Tronto quale simbolo della resistenza di un mondo legato alla Tradizione. 
con il seguente o.d.g.:
Prof. Miguel Ayuso, Dalla Cristianità al Carlismo nell’opera di Elías de Tejada.
Dott. Edoardo Vitale. La militanza antiprotestante di Napoli nella visione di Elías de Tejada.
Prof. Giovanni Turco, Soggettivismo religioso e soggettivismo politico. Le conseguenze del protestantesimo.
Prof. Gianandrea de Antonellis, Indagine tra i prodromi del modernismo: il Sinodo di Pistoia. 
Dott. Giovanni Salemi, Per la memoria storica del nostro antico Paese contro l’oblio.
Dott. Pasquale Sallusto, Civitella del Tronto, l’ultimo assedio.
Dott. Francesco Maurizio Di Giovine, presentazione delle seguenti novità editoriali:
  • Ernesto il disingannato;
  • A Civitella del Tronto con i soldati del Re.
  • Carlo di Borbone.

Al termine del Convegno ci sarà la cena comunitaria presso l’Hotel Zunica.

Domenica 19 marzo 2017.
A causa della inagibilità della Fortezza, il programma abituale subirà le seguenti modifiche:
Ore 10,00 Celebrazione della Santa Messa  in memoria dei Martiri della tradizione presso la Chiesa di Santa Maria degli Angeli.
Ore 11,00 Concentrazione dei partecipanti all’Incontro il Piazza Filippi Pepe per portare, in corteo, la corona di Alloro sul monumento a Matteo Wade a ricordo dei Caduti di Civitella del Tronto.
Ore 11,30 Commemorazione del sacrificio di Matteo Wade che sarà tenuta dal dott. Fernando Riccardi.
Ore 13,00 Pranzo dell’arrivederci presso i ristoranti di Civitella.

SISTEMAZIONE ALBERGHIERA
Hotel Zunica, Tel. 0861/91319 – fax 0861/918150
Camera singola: €. 55; doppia €. 70; tripla €. 90; quadrupla €. 100
Hotel Fortezza, Tel. 0861/91321 – fax 0861/918221
Camera singola: €. 40,00; doppia €. 50,00; tripla €. 60,00; quadrupla €. 70,00


 

Ci auguriamo che vi rechiate numerosi a Civitella del Tronto per onorare i martiri del legittimismo, del Trono e dell'Altare e rammentare la buona politica.

Le norme antisismiche vigenti nel Regno delle Due Sicilie

 
 
 
LE NORME ANTISISMICHE 1#001
LE NORME ANTISISMICHE 2#001
LE NORME ANTISISMICHE 3#001
LE NORME ANTISISMICHE 4#001
LE NORME ANTISISMICHE 5#001
LE NORME ANTISISMICHE 6#001
LE NORME ANTISISMICHE 7#001

venerdì 10 marzo 2017

Il soldato Viktoria Savs

Fonte: Vota Franz Josef



Viktoria Savs (Bad Reichenhall, 27 giugno 1899 – Salisburgo, 31 dicembre 1979) è stata una donna militare austriaca.Durante la prima guerra mondiale si arruolò nell'esercito Austro-Ungarico fingendosi uomo, allo scopo di rimanere accanto al padre soldato.A quattro anni Viktoria restò orfana di madre e fu cresciuta dal padre,Peter Savs,ad Arco (Trento).
Prima della grande guerra si trasferirono a Merano (Bolzano),ma nel 1914,all'inizio del conflitto, Peter fu chiamato alle armi sul fronte orientale,nel corpo dei Kaiserjäger.Ben presto riportò gravi ferite; ciononostante, dopo la sua guarigione, decise di ripresentarsi come volontario presso il Landsturm (traducibile in "milizia territoriale austriaca").
Viktoria, come donna, poteva partecipare al conflitto solo come ausiliaria,ma essendo molto attaccata al padre dalla morte della madre e grazie all'autorizzazione personale dell'Arciduca Eugenio d'Asburgo, il 10 giugno 1915 fu arruolata, con il nome di Viktor Savs, nel battaglione di fanteria Innsbruck II del Landsturm dove il genitore era stato assegnato con il grado di caporale. Solamente una ristretta cerchia di soldati sapeva che in realtà Viktor era una donna.
La soldatessa Viktoria, grazie alla sua abilità come portaordini, soprattutto mediante l'utilizzo degli sci, e conduttrice di muli, portò a termine numerose missioni.Il 1º dicembre del 1916 fu trasferita come ordinanza presso il comando del settore Tre Cime sotto il comando del capitano Demian, dove combatté al fronte. L'11 aprile 1917, assieme ad un gruppo di soldati fece irruzione nel Sasso di Sesto (Sextenstein) nelle Dolomiti di Sesto, dove catturarono venti soldati italiani, che lei sola scortò dietro la linea del fronte sotto il fuoco dell'artiglieria nemica.
Il 27 maggio 1917, durante una missione di portaordini, una granata nemica esplose sulla parete rocciosa al di sotto della quale la giovane soldatessa stava passando, provocando il distacco di un masso di grosse dimensioni, che le schiacciò il piede destro.
Viktoria estrasse il suo coltello e tranciò i tendini, che tenevano il piede ancora attaccato alla gamba. Prigionieri di guerra russi, che facevano la guardia, la riportarono indietro; Viktoria lottò contro la morte per tre mesi ricoverata nell'ospedale militare del campo di Sillian.Qui subì l'amputazione della gamba destra al di sotto del ginocchio, sopravvivendo alla difficile e rischiosa operazione.In quell'occasione fu palese il reale sesso del soldato.
Per il suo comportamento esemplare e coraggioso avuto in battaglia ebbe più onorificenze militari, tra cui una medaglia di bronzo al valor militare, la croce al merito dell'imperatore Carlo I d'Austria e una medaglia d'argento di I classe al valore militare.Non più idonea per il fronte, Viktoria Savs prestò servizio come crocerossina in quello stesso campo, dove ricevette un'ulteriore onorificenza: la croce d'argento al valore della Croce Rossa.
Nel dopoguerra era solita partecipare ai raduni dei reduci.La'Heeresunteroffiziersakademie (HUAk,accademia austriaca per sottufficiali) ha intitolato al suo nome il corso del 1999. Morì il 31 dicembre 1979 a Salisburgo all'età di 80 anni e venne sepolta con tutte le sue decorazioni nel cimitero di quella città.

Lo Schütze Hauler

Fonte: Vota Franz Josef

Maria Amalia Anna von Hauler
"Lo Schütze Hauler"


L'11 novembre 1917, a Longarone, nella giornata di riposo che venne concessa al Württembergisches Gebirgsbataillon il battaglione da montagna del Württemberg per la presa del paese, il maggiore Sprösser, comandante del reparto, convocò nel salone del palazzo dove aveva posto il suo comando lo Schütze Hauler.
Non appena lo vide comparire sulla porta, lo aggredì, non con una semplice domanda, ma con un'imperiosa affermazione: "Schütze Hauler, lei è una ragazza!".
Così venne smascherata Maria Amalia Anna von Hauler.
Maria nacque il 16 luglio 1893 da Otto von Hauler, ufficiale dell'imperiale e regio esercito austro-ungarico e da Vilma von Matachich-Dolanski di nobile famiglia croata.
Crocerossina volontaria a partire dai giorni della mobilitazione generale dell'impero, si era distinta per coraggio ed abnegazione.
Per i suoi meriti le venne conferita nel 1916 la medaglia d'argento e nell'ottobre del 1917 la medaglia d'oro della Croce Rossa, assieme alla croce al merito di servizio con spade.
Dopo la morte del padre, nel marzo del 1917, Maria aveva ben chiaro il disegno del suo futuro di soldatessa.
Fino al giugno del 1917 prestò servizio presso l'ospedale da campo 407 di Opicina, ma tanto fece finché non venne trasferita nella zona di Tolmino.
Prima dell'offensiva austro-ungarico tedesca, Maria venne assegnata al königlich-bayerischen Infanterie-Leib-Regiment, reggimento della guardia reale bavarese, in qualità di interprete.
Solo il due novembre Maria si presentò al Württembergisches Gebirgsbataillon e fino a Longarone aveva partecipato a tutte le fatiche, le marce e ai combattimenti affrontati dai suoi commilitoni.
Nessuno si era accorto di niente.
Fino ad allora si era fatta chiamare Wolf Hauler e prestava servizio nelle file della compagnia trasmissioni del battaglione come interprete.
I commilitoni, che ne intravedevano la debolezza fisica ed i lineamenti da bambino, l'avevano soprannominato Büble (bambinetto), ma, dopo Longarone, si resero conto di avere una Madle (ragazzina) come compagno delle loro fatiche belliche.
II maggiore Sprösser, dopo le rivelazioni di Longarone, aveva tentato in tutte le maniere di trasferire Maria al comando di Feltre.
Nulla da fare!
Immancabilmente l'interprete del battaglione si faceva trovare puntuale alle adunate della compagnia trasmissioni, anche in prima linea.
La troviamo a Quero nel periodo di preparazione alla conquista del monte Fontana Secca e sul monte Tomba alla fine di dicembre del 1917, nelle ultime battute della permanenza del battaglione sul fronte italiano, quando venne intossicata dal gas.
Per i problemi insorti ai polmoni Maria sarà costretta a passare da un ospedale da campo all'altro.
Fino al 28 gennaio rimarrà in zona di guerra, poi verrà trasferita all'ospedale n. 131 nei pressi di Udine.
Vi rimarrà fino al 18 marzo del 1918. Una ricaduta riporterà Maria all'ospedale di Leutkirch, dal 5 maggio al 9 luglio 1918.
Durante questo periodo di ricovero, la notizia che una donna faceva parte del glorioso battaglione del maggiore Sprösser scoppiò improvvisa ed incontrollata e i comandi trovarono grosse difficoltà a circoscriverla.
La lunga e penosa malattia polmonare si risolse soltanto a guerra finita, quando Maria poté lasciare il sanatorio di Überruh.
Il maggiore Sprösser l'aveva proposta per il conferimento della medaglia d'argento al valor militare, ma la pratica non avrà seguito.
Conosciuto un diplomatico giapponese, Maria lo seguirà nel paese del sol levante, a Tokio, dove diventò la signora Saka.
Dopo il 1940 di lei si perse ogni traccia.